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Autore: Gaia Bessie    19/01/2015    2 recensioni
N è riuscito a cambiare il mondo, esattamente come aveva programmato. O, almeno, è riuscito a cambiare Unima: la regione è adesso attraversata dal Muro, che divide gli uomini dai Pokémon. In un governo del terrore, dove ogni abitante vive nell'incertezza e nella possibilità di essere preso e usato come cavia per spaventosi esperimenti, N si trova troppo in alto per mollare ogni cosa e fuggire.
Touko è una ragazza in fuga. Oltre il Muro c'è una realtà che l'attrae come una calamita, una pace che a Unima non si prova più da tempo. Ma è in fuga anche dalle idee, da quel regime che le nega la sua vera essenza, quella di Allenatrice.
N continua a temere quella fitta al cuore, che gli annuncerà che lei è morta. Che non arriva. E lui vorrebbe soltanto andare a cercarla. Non sapendo che, in realtà, Touko è fin troppo vicina.
[Ferriswheelshipping]
Genere: Angst, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: N, Nuovo personaggio, Touko
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Manga, Videogioco
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Note iniziali (sì, sempre quelle che sarebbero da leggere):
  • Sui personaggi: qui abbiamo un grande, grandissimo problema. Ve lo dico subito, anche perché sono reduce dalla stesura del capitolo 3 e quindi conosco l'andamento della storia. Il grande, grande problema dei capitoli a venire sarà lui, N. Mano a mano, vi accorgerete che, beh, c'è qualcosa che non va. Cosa? Ecco il problema. Io non ve lo dico, ma fateci caso, per piacere, se non in questo capitolo, in quelli a venire. Anzi, per essere precisa, nella giuntura. Fra questo capitolo e il terzo, fra il terzo e il quarto. E fra il quarto e il quinto. Sapevatelo.
  • Sulle tematiche: attenzione. Alto tasso di mera cattiveria in questo capitolo. Mea culpa.
  • Sugli aggiornamenti: ricordo che si aggiornerà di lunedì, ogni due settimane. Dovessi dimenticarmene, sentitevi liberi di linciarmi.
  • Sui riferimenti: vedere a fine capitolo.



N Sinfonia

Primo movimento

Introduzione (#2) - Marchiata




 

La mattina seguente, Touko rimase ferma davanti allo specchio, immobile, con gli occhi spalancati, ancora. Aveva dormito, quella notte, non farlo sarebbe stato semplicemente una colossale idiozia, ma, il suo primo pensiero da appena sveglia, era stato quello: controllare i danni. Allo specchio, l'inclemenza del suo riflesso la fece quasi barcollare. Non ce la fece, non subito, a guardare direttamente e nuovamente il cranio tosato e graffiato. Così, iniziò dai marchi. Con le mani che tremavano, scostò appena la maglietta, rivelando la carne ancora arrossata. Cercò di non sfiorarla nemmeno, Touko, con le mani che tremavano sulla maglietta. Perfino l'aria sembrava riuscire ad ampliare la sua sofferenza, come coltelli nella ferita. La sera precedente non era riuscita a farci caso, era impossibile notare qualcosa che non fosse il suo stesso dolore, ma quella mattina lo vide. Quello che le era sembrato, nel momento stesso in cui lo avevano impresso come uno sfregio nella sua carne, adesso acquistava un senso, una sorta di significato. E lei si ritrovò a trattenere le lacrime. S'impose di non toccarla, sarebbe già stato un mezzo miracolo se non si fosse infettata senza averla toccata, mentre continuava a fissarla con gli occhi pieni di lacrime. Senza nemmeno guardarla, in quel momento Touko ebbe la certezza che sulla coscia, nella parte interna, quella più delicata, dimorasse lo stesso identico marchio. Non ebbe il coraggio di controllare. Continuava a fissare la sua carne rovinata, arrossata, dal momento in cui le avevano impresso una singola lettera, come una bestia da marchiare. Si lasciò sfuggire una lacrima, Touko. Seguita da molte altre.
Si accovacciò in un angolo, cercando di non muoversi troppo – la pelle tirava e bruciava seguendo il profilo spigoloso di quelle N – e di non fare rumore. Era la prima regola, e forse anche l'unica: non urlare, non fare mai troppo rumore, altrimenti. Altrimenti, Touko non le voleva immaginare, le conseguenze. Si sfiorò il capo, in una sorta di tic nervoso, come faceva dalla sera prima. Continuava ad aspettarsi di trovare la resistenza morbida della sua coda, ma non la trovava mai. Si lasciò sfuggire un respiro più rumoroso degli altri. Non erano nemmeno passate ventiquattro ore, pensò. O, almeno, per quello che lei poteva constatare. Non lo sapeva misurare, il tempo, in quel luogo apparentemente staccato dal resto del mondo. L'unica cosa che scandiva la giornata era l'arrivo del pasto, con uno dei gemelli e la sua, loro, falsa cortesia. Un brivido di freddo la scosse, facendola sobbalzare nel dolore delle ferite ancora fresche. In quel momento esatto, e forse sarebbe anche stata maledetta da una lunga fila di fantasmi, pensò che, chi sostiene che è meglio essere torturati piùttosto che essere violentati, era uno sciocco. Lei avrebbe preferito essere sbattuta sul terreno bruciato davanti al Muro, anche più volte, in cambio di quello che le avevano preannunciato. Ma non esistono compromessi con il fato, solo ricatti. Touko non alzò nemmeno lo sguardo, nell'agonia dei cardini che preannunciava un visitatore. B le sorrise, viscido, prima di farle segno di alzarsi. Lei abbassò lo sguardo.
«Per favore...» soffiò, ripensando alla sera precedente. Ci aveva passato ore, sul tavolo, come un cadavere vivisezionato da due scienziati. L'avevano marchiata, tagliata, graffiata. Per favore, pregò Touko, basta. Ma non l'avrebbero mai lasciata andare, questo ormai era dolorosamente chiaro. Era qualcosa da nascondere, un segreto, la Voce non avrebbe mai permesso che la lasciassero andare. E non l'avrebbero uccisa. Touko, in quel momento, desiderò di poter sparire nel nulla.
«Su, miss, quello di ieri sera non era niente» la liquidò B, scoprendo i canini. «Cerca di non pregare subito, o mi toglierai tutto il divertimento».
La trascinò nella stessa sala della sera prima, la sollevò per la vita – e casualmente riuscì a sfiorare entrambe le bruciature – e la posò sul tavolo, come una bambola di pezza. «Devi aver fatto qualcosa di davvero grave, per essere trattata così, miss» disse B, facendole segno di rimanere seduta. «Ti andrebbe di dirmi cosa, miss?».
Lei lo guardò, dritto negli occhi. «Non ho fatto nulla» disse, semplicemente. «La mia vicina sostiene che io le abbia rubato un pendente». Una confessione, quella non gliel'avrebbe fornita mai. Non ne aveva, in fondo. B le rise in faccia, mentre trafficava con una bacinella, che posò sul tavolo, a pochi centimetri da Touko.
«I ladri rimangono a casa con una mano mozzata, miss» osservò B, scuotendo il capo. «Abbiamo una pena per tutto, qui. Ma con te abbiamo avuto istruzioni ben precise, miss, segno che devi aver fatto qualcosa di veramente grave. O che sei troppo scomoda per il governo». Osservò la bacinella con aria pensosa, prima di prenderla nuovamente fra le braccia. «Vedi, miss, il Grande Capo ci ha fornito una serie di limiti, se vogliamo metterla in questi termini» alzò una mano, come per contare. «Niente amputazioni, e, a quanto pare, non possiamo nemmeno ucciderti. Niente stupri. E, soprattutto, non possiamo usare tutte le nostre attrezzature: non puoi uscire di qui».
«Non ho fatto nulla» mormorò Touko, stringendo le mani fra di loro, come se avesse voluto staccarsele. «Non ho niente da confessare».
«E non possiamo rovinarti quel bel faccino che ti ritrovi, inoltre» completò B, soppesando la bacinella che teneva fra le braccia. «Non in via definitiva, almeno» rise, appena, avvicinandosi alla tavola. «Stenditi, miss. Durerà poco. Se mi eviterai inutili piagnistei, forse ti eviterò il secondo round, eh?».
Touko si stese. «Cosa è?» sussurrò, con l'ombra di B che incombeva su di lei.
Lui non la degnò di uno sguardo. «Chiudi gli occhi, ragazza» disse scrollando le spalle. «Altrimenti ti andrà negli occhi e, davvero, ti assicuro che preferiresti essere scuoiata viva». Touko chiuse gli occhi, serrandoli. «Cerca di non urlare, miss» sussurrò B. «Non ti lascerà segni, quando la pelle l'avrà assorbito. Te lo assicuro, l'abbiamo testato sulla mia, di pelle, quest'acido. Fa soltanto male».
Lei rabbrividì. Il secondo dopo, la secchiata urticante la prese in pieno. E fu come essere immersa in una vasca di lava incandescente.

 

***

 

Quell'acido le squamò la pelle, rendendola una sorta di rettile con le ossa spezzate, rannicchiato su sé stesso. Pelle che si squamava e cadeva a pezzi, come una parodia di fiocchi di neve e sangue, ustionata. La carne viva bruciava in maniera terribile, come se le avessero estratto le viscere e riempite di sale grosso e pezzi di vetro. L'acido le distrusse e rimodellò le ossa, spezzandole, saldandone. Si depositò nei marchi, incendiandoli. Touko svenne per il dolore. Quando si svegliò, era già sopraggiunta la febbre, ma lei non aveva nemmeno la forza per rendersene conto. Si svegliò su quella stessa tavola dov'era rimasta per tutto il tempo, senza accorgersene. Si svegliò con i gemelli che vagavano per la sala, chiacchierando a bassa voce. Fu come se le avessero strappato le palpebre, rigate di acido, all'imbrovviso. Sentì di non poter piangere: se l'avesse fatto, probabilmente, avrebbe sentito ancora più dolore. A le rivolse uno sguardo divertito, mentre il fratello si avvicinava.
«Ben svegliata, miss» disse B, con aria estremamente divertita. «Sembra che tu non sia forte come sembri, solitamente le nostre cavie hanno un minimo di resistenza in più» scosse il capo. «Noi siamo stati i campioni di resistenza» A annuì, contemporaneamente al fratello. «Non sono riusciti ad ammazzarci».
Da colletto del camice, come serpenti che si annodavano fra di loro, in una matassa impossibile da sciogliere, cicatrici serpeggiavano sotto i bottoni. A rise, ad alta voce. «Pensavano fossi un po' più resistente ma va bene così, lady» ridacchiò. «Forse dovevamo aspettarcelo». Ammiccò in direzione del fratello, che aveva già preso ad affaccendarsi dietro qualche calderone, annuendo distrattamente. «Lo vuoi sapere un segreto, lady?».
Touko non aveva nemmeno la forza di guardarlo. Lui rise, chinandosi sopra di lei, come per proteggerla. In realtà, si limitò a sfiorarle il lobo con le labbra, mascherando un sorrisetto soddisfatto. «Ti abbiamo mentito, piccola lady» mormorò. Le accarezzò il viso, facendole venire le lacrime agli occhi per il bruciore. Una lacrima seguì il suo percorso sul viso di Touko, togliendole il fiato per il dolore. A rise appena. «Non eravamo autorizzati a torturarti, dovevamo solo tenerti nascosta. Ma, la verità, è che volevamo capire perché ti reputano tutti così importante. Non sei particolarmente forte, non è vero?».
B affiancò il fratello. «Oh, non piangere, miss, ti farai solo più male» rise appena. «Apri la bocca, su, da brava bambina».
A le sfiorò le labbra con le dita, separandole, mentre B le insinuava un imbuto fra i denti. «Non credo che ci vedremo più, miss» osservò B, inclinando una tanica sull'imbuto. «Ma sappi che è stato un onore. Non capitano mai, persone così stupide da fidarsi di ciò che diciamo. Ti conviene chiudere gli occhi».
Lei li tenne spalancati, con ostinazione. B rise. Poi le versò il contenuto della tanica in gola e non ci fu più nulla di divertente. Touko spalancò gli occhi, mentre soffocava, mentre l'acido le scendeva giù per la gola, ustionandola, riempendola di bolle. Una serie di lacrime le scivolarono sul viso, ma non le sentì nemmeno.

 

***

 

Come in una sorta di limbo, di un luogo senza tempo e senza spazio, Touko cominciò a fluttuare. Nelle sue sensazioni alterate, finì per non sentire nemmeno dolore, le orecchie recepivano appena i suoi provenienti dall'esterno. Avrebbero potuto marchiarla altre mille volte: non avrebbe sentito assolutamente nulla. Semplicemente, si era distaccata dal mondo terreno, con uno strappo, e fluttuava. Era come essere sott'acqua, con il mondo che diventa placenta e i suoni confinati nell'aria. Solo che non soffocava, non annegava. Era come in una situazione di stallo perenne, galleggiava nella sua stessa attesa. Ogni volta che la voce di uno dei due gemelli bucava quella sorta di Muro con cui aveva cinto la sua mente, Touko si rinchiudeva ancora di più. Cercava di tenerli fuori, almeno quello. Se li avesse sentiti ridere o parlare, sarebbe morta. Come se, alla fine, non fosse stata quella, l'unica fine possibile. Perché, fuori dal suo corpo, A e B si agitavano. Se Touko avesse avuto la forza di ascoltarli, forse avrebbe deciso di bucare la bolla. Ma lo sapeva già, anche senza udire le loro precise parole, che stavano decidendo come sbarazzarsi di lei. E, come in un flash, le tornò in mente tutta quella serie di storie che la nonna di Ellie era solita a raccontare, terrorizzando madri e figli. I Gemelli maledetti, i Guardiani. Non avevano mai trovato un cadavere, nelle loro mani. Mai. Probabilmente erano usciti di testa dopo essere stati torturati, o forse erano sempre stati così: nessuno aveva mai saputo perché fossero stati catturati. La nonna di Ellie diceva sempre che era una storia orribile, quella, molto più di tutte le altre. Grida confuse fuori dalla sua testa. “È un sacrilegio, bambina mia, è un sacrilegio”. E taceva, la nonna di Ellie, per non proseguire la storia. Come lo sapesse, però, era un mistero. Alla nonna di Ellie mancavano tre dita nella mano sinistra e nessuno aveva mai capito chi le avesse mozzate. Soprattutto perché sembravano staccate di netto, a morsi. E forse era per questo che tutti l'ascoltavano: sembrava assolutamente impensabile che fosse in grado di raccontare bugie, quando fissava la mano mutilata e cominciava a tremare. Touko si sforzò di pensare ad altro, di chiudere fuori il dolore. Ma quello continuava a tornare, a ondate, sempre più forte. Cominciava a dolerle la testa, per il freddo, per la febbre. La carne era gonfia, attorno ai marchi, infetta. E le lacrime scavavano solchi dolorosi nella carne. Aveva gli occhi spalancati, Touko, come se le avessero strappato le palpebre, ma non vedeva nulla. Era una massa goffa di sensazioni e dolori che s'accavallavano in un disordine continuo, confuso. L'acido si stava assorbendo, nelle sue viscere, in una sofferenza indicibile. Non l'avrebbe uccisa quello, lo sapeva: era soltanto una tortura come un'altra, che lasciava in vita, ma con dolori indicibili. Tossì, quando le tolsero l'imbuto dalle labbra. Non si accorse di aver sputato sangue. Uno dei due gemelli, non vide quale, si chinò sul pavimento, in modo tale che il suo viso fosse parallelo al suo corpo inerme, steso sulla tavola. Le scoprì un fianco. Touko urlò.

 

***

 

Prima di quel momento, aveva sempre preso sul serio l'unica regola, non urlare, non urlare per nessun motivo al mondo. Ma, tanto, sarebbe morta in ogni caso: valeva la pena di infrangere quella regola e gridare, gridare con quella poca forza che le era rimasta. Touko serrò gli occhi, mentre i Guardiani si affannavano per trovare qualcosa con cui farla stare zitta. Come se fosse servito a qualcosa: quando finalmente reperirono uno straccio, Touko non aveva più nemmeno la forza di pensare a gridare, figurarsi a urlare sul serio. B sorrise, scuotendo il capo con aria divertita. «Ci hai provato, miss» mormorò, tornando alla sua maglietta. «Ed è un peccato che tu l'abbia fatto. Adesso non potrò più essere clemente con te: avrei voluto tagliarti la gola, prima».
Touko inghiottì un grosso grumo di lacrime e ansia. Si promise di non chiudere gli occhi, per nessun motivo al mondo. Almeno questo lo doveva a sé stessa, vedere come sarebbe morta, per quanto fosse disgustosamente spaventoso. Le uscì un grido ovattato dallo strofinaccio che le avevano infilato in bocca e che rischiava di soffocarla a ogni respiro. Poi, semplicemente, la porta si spalancò con il rumore sordo dei cardini che cedevano. Da qualche parte, Touko, trovò la forza di girare la testa.
Per un momento, per un momento pieno di terrore, pensò che non l'avesse riconosciuta e che l'avrebbe lasciata lì, a morire. Ma sentì i Gemelli ritrarsi e capì che, forse, per una volta aveva semplicemente avuto fortuna. Due braccia fin troppo note la sollevarono, portandola via da lì, mentre i due Guardiani chiocciavano dietro di Lui come galline terrorizzate. Lui li scacciò con una semplice occhiata. Abbassò lo sguardo sulla ragazza fra le sue braccia, sorridendo a disagio, alla vista della sua pelle squamata.
Touko soffocò un singhiozzo. Non l'aveva riconosciuta.


 


​Riferimenti:
  • Il marchio con la "N": originariamente era una "V" ed era il marchio che si faceva sulla spalla dei ladri (Francia di età moderna).
  • L'acido: questa è una mia (stupidissima) invenzione. Se non fossi stata abbastanza chiara, ve ne spiego il funzionamento con qualche noticina in più: è un veleno estratto dai Tentacool (e per questo estremamente raro -> oltre il Muro) e che non uccide subito, ma brucia soltanto. Inoltre è temporaneo, non sfigura per sempre, ma tende a essere assorbito dalla pelle. Conseguenze da vedere in seguito.
  • "C'è gente che dice che, piuttosto che essere stuprata preferirebbe (...)" da "Lucky", Alice Sebold
   
 
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