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Autore: Walter_Larini    20/01/2015    2 recensioni
A volte un dettaglio della tua infanzia, prima sfocato, si fa nitido, e acquista enorme importanza.
Un cancello, una musica, una storia..
Ricorda..
Genere: Avventura, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tolgo il dito dal campanello, dal meccanismo scattante, come pensato in precedenza. Non succede nulla. Rido fra me e me. L’immaginazione corre, vola, plana e, quando si incontra con la realtà, si schianta a terra, strusciando la faccia contro l’asfalto.  Mi giro, faccio due passi diretto verso casa, quando la sento.
Una melodia di campane, come quella che si sente nelle chiese, ma diversa. A tratti triste, a tratti felice, a tratti cupa.. Non ho mai sentito nulla del genere.
Dagli alberi si levano stormi di uccelli diversi, spaventati da quel suono. Si propaga giù per la collina, scivolando sul versante destro, verso il paese. La musica è bellissima, ma smette troppo presto. Sembra interrotta da qualcosa, come se avesse un seguito, andato perduto nel tempo.
Incantato, noto a malapena che qualcosa è stato messo in moto, all’altezza delle mie ginocchia, nella colonna di destra.
Guardo in basso e vedo un cassetto di pietra che esce dalla colonna, con una lentezza irritante.
Rumori metallici, a scatti, escono dalla colonna, e se appoggio le dita contro il muro, sento vibrare il meccanismo che sta aprendo il cassetto.
Smette di aprirsi, rimane sospeso, attaccato alla colonna.
Dentro, una chiave.
La raccolgo e la guardo. Esistono artigiani che fabbricano chiavi su misura?Ma soprattutto, esistono artigiani che decorano chiavi?Io non ne ho mai sentito parlare. Con tutte le porte blindate di oggi, non dev’essere un lavoro cosi proficuo, anche se assolutamente affascinante. Quindi chi ha scolpito quella chiave?
Descriverla non è facile: è interamente realizzata in bronzo, o almeno cosi sembra dal colore. L’impugnatura è decorata, e raffigura un labirinto quadrato, composto da 4 quadrati uno dentro l’altro, sempre più piccoli, le cui mura escono dalla chiave, in rilievo. La porta del labirinto è rivolta verso l’estremità della chiave, e si fonde con il resto, che si assottiglia mano a mano. C’è una bambina, sul’altra estremità , rivolta verso il labirinto, che sta camminando. Quella bambina rappresenta l’unicità della chiave: sarebbe impossibile duplicarla.
Con la chiave in mano guardo il cancello.
Beh, a questo punto…
Inserisco la chiave nel lucchetto arrugginito, ma non entra. La bambina è troppo alta, e la chiave è troppo grossa per quel buco. La chiave non apre quello.
Aah, la mia curiosità. Ripenso alla mia casa, a mia madre, ai compiti che ho lasciato sulla scrivania, alla mia ragazza che potrebbe stare in pensiero, al fatto che fra poco farà buio e ancora più freddo…
Poi prendo un sasso e rompo il lucchetto.
Atterra pesantemente al suolo, sollevando alcune foglie. Il cancello ora è libero di muoversi. Lo spingo con una mano e sento i cardini opporre resistenza. Spingo più forte, e questa volta si apre verso l’interno, con un cigolio degno dei migliori film dell’orrore, spalancandomi di fronte il bosco. Non avevo visto male: davanti a me, per almeno cinquecento metri, si espandono alberi e piante, su un terreno coperto di foglie marroncine, gialle e rossicce. Con un po’ di timore faccio il primo passo avanti. È sempre il primo passo il più difficile, poi spesso  la strada è in discesa, e il secondo arriva da solo, e poi il terzo, e poi il quarto, e poi stai correndo e non sai perché. Ed è proprio quello che stavo facendo: corro veloce in mezzo agli alberi, facendo slalom fra gli arbusti che a tratti mi graffiano la pelle, appendendomi ai rami più bassi con un salto, giocando come un bambino. Questo luogo sembra carico di una energia infantile e spensierata, che si respira con l’aria. Erano anni che non mi sentivo cosi felice.
Guardo il cielo e ruoto su me stesso, i rami interrompono la luce del sole, che a tratti mi scalda il viso. Ridendo cado a terra e chiudo gli occhi. Respiro profondamente e cado un sonno profondo.
La risata di una bambina in lontananza..
“Luce…..Luce!Torna qui Luce, non correre!” dice giocosa una forte voce maschile, che ride e sembra correre mentre parla..
“Tanto ti acchiappo Luce, tanto ti acchiappo!”
Una voce femminile inizia ad intonare un canto con voce dolce e lieve..
Ma io ho già sentito questa melodia, cos’è?
è ovunque, sono circondato..
La voce della bambina e dell’uomo si allontanano ridacchiando, mentre la canzone si fa sempre più forte, fino a rimbombare nelle mie ossa..
Me la sento dentro, si fa largo fra i miei organi..
“Ricorda.”

Mi sveglio bagnato in mezzo alle foglie. Sopra di me, il cielo nero e coperto di stelle. Tutto intorno assolutamente buio.
L’ansia mi assale. Quanto ho dormito?Che ore sono?Dov’è il cancello?
Avete presente quella paura irrazionale che vi prende le caviglie e i polmoni ogni volta che avete una strana sensazione?Una paura folle, che vi fa battere il cuore a mille quando non siete padroni della situazione?
Improvvisamente la mia testa iniziò a creare mostri, riempiendo lo spazio fra gli alberi di artigli dalle dita appuntite, pronte ad afferrarmi e dilaniarmi le carni.
Con fatica mi metto in piedi, e mi tasto le tasche: Cristo non ho il cellulare!La torcia del flash mi avrebbe aiutato a ritrovare il cancello, e soprattutto avrei chiamato casa per dire che ero vivo e stavo bene.
Per ora.
Chi ha detto per ora??Io non sono stato. Devo tornare indietro, alla svelta.
Ma la strada non esiste, e ho corso troppo per orientarmi. Ma cosa mi era preso, correre cosi, come uno stupido. Come un bambino.
Disperato mi guardo intorno, cercando qualcosa che mi risulti famigliare.
Poi vedo una luce davanti a me.
Non era proprio una luce, era più il riflesso della luna su qualcosa.
La luce brilla proprio come il sole sul vetro delle finestre in estate, ma più pallida, perché proveniente dalla luna. Che sia davvero una finestra?
Mi guardo alle spalle, e vedo le tenebre più totali. Non so quanto sia grande il giardino, potrei perdermi, potrei vagare in tondo senza nemmeno accorgermene, passando davanti al cancello innumerevoli volte. L’unico punto fermo ora è il riflesso strano, l’unico obiettivo possibile.
Chissà quanto sarà preoccupata mia madre. E la Claudia! Mio Dio la Claudia sarà disperata! Perché non ho portato il cellulare?? Sono un incosciente.
Si ma fa freddo, e l’umidità mi ha completamente bagnato i vestiti. Se anche solo c’è una mezza speranza che quella sia una finestra, devo andare a controllare. Se non sarà cosi, deciderò sul da farsi.
Quindi muovo  un primo passo verso il bagliore. Non è distante, probabilmente duecento metri, ma impiego quasi mezz’ora a percorrerli, osservando guardingo tutto quello che mi circonda, tendendo le orecchie per captare il minimo suono. Ogni volta che un rametto si spezza sotto il mio peso, il mio cuore accelera, e il mio cervello urla di correre via all’impazzata. Stare calmo si rivela più difficile del previsto.
Ma dopo 10 minuti, gli alberi si aprono in una piccola radura, e la luce della luna staglia davanti ai miei occhi l’edificio da cui proviene quel bagliore: un’enorme villa. 
   
 
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