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Autore: TheSlayer    20/01/2015    3 recensioni
Mary Jane Watson ha un nome che la rende il bersaglio di battutacce da parte di tutte le persone che conosce. E la gente non sa nemmeno il vero motivo per cui si chiama così (fortunatamente, perché le battute orribili potrebbero solo peggiorare). Frequenta la Washington University a St. Louis, nel Missouri, e ha una cotta enorme per il suo professore di Scrittura Creativa: Harry Styles.
E se anche il professore mostrasse un interesse particolare nei suoi confronti? Oppure Mary si sta immaginando tutto?
***
Dalla storia:
"Che vita difficile. Avevo un professore che, nella migliore delle ipotesi, era un idiota e non si rendeva conto dell'effetto che faceva sulla gente. E, nella peggiore, era un maledetto diavolo tentatore e faceva apposta a torturarmi in quel modo."
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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SECONDA PARTE
 
Capitolo 23 – Three Years Later
 
“Sono stressata.” Dichiarò Laurel, sedendosi sul suo letto e sospirando. “Mi avevano detto che lo spettacolo finale del corso di Teatro di questa università era tosto, ma non pensavo così tanto. E Tomlinson mi sta attaccato al didietro e mi corregge ogni minimo sbaglio, perché è terrorizzato dall’idea che la sua protagonista faccia qualche cazzata e rovini tutto.” Continuò.
 
Alzai lo sguardo dallo schermo del computer, dove stavo scrivendo l’ultimo capitolo del mio primo libro  (o, almeno, di quello che avrei voluto fosse il mio primo libro. Dovevo ancora revisionarlo tutto e cominciare a mandarlo a tutte le case editrici conosciute all’umanità. E poi dovevo sperare che a qualcuno piacesse, ma avevo le aspettative davvero basse). Rimasi in silenzio, perché sapevo che Laurel, in quel momento, aveva semplicemente bisogno di sfogarsi a ruota libera e non voleva che nessuno la interrompesse. Ci conoscevamo da quasi quattro anni, alla fine. Era strano pensare di conoscere una persona così bene, dopo che avevo passato tutta la mia vita a fare fatica a legarmi alle mie compagne di classe, per via dei miei continui spostamenti.
 
“Però mi ha fatto un complimento, sai? Mi ha detto, per la prima volta in tutta la sua vita, che gli è piaciuto il modo in cui sono entrata nel personaggio e l’ho capito fino in fondo. Verrai a vedere lo spettacolo, sì? Perché me la sto facendo sotto. E spero che per te non sarà imbarazzante rivedere Tomlinson quando verrai a salutarmi nel backstage, ma alla fine chissenefrega, no? Probabilmente sarai impegnata a tenermi i capelli quando vomiterò anche l’anima perché sarò nervosa.”
 
“Laurel?” La interruppi. Certo, doveva sfogarsi, ma in quel momento aveva bisogno di qualcuno che la fermasse, altrimenti la sua mente avrebbe cominciato a sfornare centinaia di scenari catastrofici di quello che avrebbe potuto andar male durante quello spettacolo.
 
“Se Tomlinson ti ha fatto un complimento è perché sei migliorata davvero, altrimenti non avrebbe scelto te per fare la protagonista dello spettacolo, non credi? E poi non sarà imbarazzante rivederlo, non ci parliamo da tipo tre anni, dubito che si ricorderà chi sono.” Risposi.
 
“Ma eravate diventati molto amici in quel periodo.” Ribatté la mia amica, riferendosi al primo anno, a quando avevo cominciato a uscire clandestinamente con il mio professore di Scrittura Creativa, cioè il migliore amico di Tomlinson.
 
Abbassai lo sguardo e ripensai a quello che era successo dopo che avevo lasciato Harry. A quelle settimane di nebbia, confusione e dolore in cui due persone che si amavano ed erano state costrette a lasciarsi avevano dovuto cercare di ricominciare le loro vite. Era stato difficile superare la rottura. Per un grande periodo di tempo avevo considerato Harry l’amore della mia vita, anche se eravamo stati insieme relativamente poco. C’erano giorni in cui mi riferivo a lui ancora in quel modo, anche se non lo facevo ad alta voce. Laurel mi avrebbe considerata una pazza e le altre mie amiche non avevano mai scoperto della mia storia con un mio professore.
 
Ripensai a Louis, alla notte che avevo passato a casa sua sul divano, ai consigli che mi aveva dato quando stavo con il suo migliore amico e ai suoi tentativi di farmi cambiare idea dopo che avevo lasciato Harry. Un giorno Laurel era tornata al dormitorio e, con le guance rosse, mi aveva detto: “Questa è la cosa più imbarazzante che mi sia capitata in tutta la mia vita. Tomlinson vuole parlarti, ma non sa come raggiungerti, quindi ha chiesto a me di darti il suo numero – anche se sa che ce l’hai – e mi ha detto di dirti di chiamarlo, per favore.”
Avevo abbandonato il biglietto con il suo numero nel cestino e l’avevo ignorato. Avevo cambiato strada per un paio di volte quando l’avevo incontrato per strada per sbaglio e dopo un po’ aveva smesso di cercare di contattarmi e mi aveva lasciata in pace.
 
“Non importa, è passato tanto tempo.” Dissi. Chiusi il coperchio del computer e sospirai. Per quel giorno l’ispirazione aveva fatto le valigie ed era andata da qualche altra parte, era inutile tentare di concentrarsi. La mia mente era troppo occupata a rivivere il primo anno all’università.
 
“Ci pensi mai?” Mi chiese la mia amica. Sapevo cosa stava facendo. Lo faceva sempre prima di uno spettacolo o di qualcosa che la rendeva nervosa. Mi stava facendo parlare della mia vita per distrarsi dalla sua.
 
“A chi? Tomlinson?” Domandai, provando a fare finta di non aver capito.
 
“No, parlavo di Harry. Pensi mai a lui? Non ti chiedi mai che fine abbia fatto?”
 
Chiusi gli occhi e sospirai. Sì, certo. Era il mio ultimo pensiero prima di andare a letto tutte le dannate notti da tre anni. C’era un secondo del giorno in cui riuscivo a non pensarci ed era la mattina, appena mi svegliavo. C’era un solo secondo in cui aprivo gli occhi ed ero tranquilla e felice, perché non mi ricordavo. E poi mi tornava tutto in mente. Il primo incontro, il primo bacio, la prima volta che eravamo andati a letto insieme, il momento in cui avevo scoperto che aveva una moglie, il momento in cui avevo capito che lo amavo troppo per lasciarlo andare, le foto con cui Courtney ci aveva minacciati, lo sguardo di Harry quando l’avevo lasciato. Mi tornavano in mente i messaggi che mi aveva inviato durante le prime settimane, dopo l’incontro nel suo ufficio. Quelle poche frasi disperate che mi avevano fatto ribaltare lo stomaco e mi avevano fatta piangere seduta sul pavimento del dormitorio, aggrappata alle coperte del mio letto.
 
“Mary Jane, ti prego, non puoi farmi questo.” “Mary, rispondi al telefono, dannazione!” “Ti amo.” “Ho solo bisogno che tu mi spieghi cosa diavolo è successo.”
 
Era stato difficile ignorarli e non rispondere. Tutto quello che volevo fare era tornare nel suo appartamento, saltargli in braccio e baciarlo, ma non potevo.
“Sì.” Dissi dopo quelle che mi sembrarono ore. “A volte ci penso.” Continuai.
E come potevo non farlo? La storia con Harry era stato l’evento che aveva lasciato una cicatrice profonda nel mio cuore. Come potevo non pensare a come era stato orribile tornare a lezione dopo che l’avevo lasciato? Avevo pensato di fregarmene della borsa di studio e di non frequentare più, ma sarebbe stato un controsenso. L’avevo lasciato proprio per non perdere quella maledetta borsa di studio e perché non lo licenziassero, non potevo buttare via tutto in quel modo.
 
“E non sei curiosa di sapere come sta o dove si è trasferito?” Mi domandò ancora la mia amica, distogliendomi da quei pensieri.
 
Mi costrinsi a scuotere la testa, anche se, in realtà, ci pensavo praticamente ogni giorno, da quando mi ero presentata nel suo ufficio e l’avevo trovato vuoto.
Era l’inizio del secondo anno di università e, per qualche motivo, avevo pensato che, visto che per me il suo corso era finito – perché insegnava solo agli studenti del primo anno ed io frequentavo il secondo – avrei potuto andare a trovarlo e parlarci. Non sapevo nemmeno io che cosa sarebbe successo. Certo, nei miei sogni avrei scoperto che aveva finalmente chiesto il divorzio a Courtney, che eravamo ancora follemente innamorati l’uno dell’altra e saremmo tornati insieme. La dura realtà fu che avevo trovato il suo ufficio vuoto. C’era un solo scatolone sulla scrivania e apparteneva al professor Riley, che aveva sostituito Harry e aveva iniziato a insegnare Scrittura Creativa a quelli del primo anno da poche settimane.
 
Non avevo mai più avuto notizie di Harry. Non sapevo nulla. Né dove si era trasferito, né cosa stava facendo. Niente. E forse, in un certo senso, era stato meglio così, perché la sua assenza mi aveva permesso – almeno un po’ – di andare avanti con la mia vita e di concentrarmi sugli studi. Ma non c’era stato un giorno, non da quando l’avevo lasciato, in cui non avevo pensato a lui nemmeno una volta. Era un pensiero fisso e, anche quando non ci stavo pensando di proposito, sapevo che era lì, nel retro della mia mente.
 
“Nella mia immaginazione si è trasferito in Europa, magari a Londra, è diventato un autore di parecchi best seller ed è felice.” Dissi, sperando che quella risposta mettesse la parola fine a quella conversazione.
 
“Beh, ma se avesse pubblicato dei best seller ne avremmo sentito parlare anche qui. Magari ci avrebbero fatto anche dei film. Invece pare che non abbia fatto uscire nemmeno un libro dall’ultimo che ha scritto prima di insegnare nella nostra università.” Ribatté Laurel.
 
Cercai di ignorare la stretta allo stomaco e il senso di colpa che si stava impossessando di me e scossi la testa.
 
“Non lo so, Laurie.” Dissi. “Cerco di non pensarci, perché è meglio così.” Aggiunsi.
 
“Scusa, è che sono agitata e…” Cominciò a dire lei.
 
“Lo so.” La interruppi. “Lo so, non preoccuparti.”
 
“Quindi oggi pomeriggio vai a trovare Jasper?” Mi domandò ancora la ragazza, particolarmente decisa a non tornare sull’argomento dello spettacolo.
 
“Sì.” Replicai.
 
Jasper si era laureato quando io avevo appena finito il primo anno di università ed era stato reclutato dai Rams, la squadra di football di St. Louis. Giocava nella National Football League ed era la persona più felice del mondo. Almeno fino all’incidente. Pochi mesi prima, durante una partita, aveva fatto una brutta caduta e si era rotto i legamenti crociati della gamba destra. Aveva subito un intervento e aveva cominciato la fisioterapia riabilitativa, ma i dottori non erano sicuri che sarebbe riuscito a giocare di nuovo professionalmente, perché l’operazione non era andata come speravano e la riabilitazione si stava rivelando più difficile del previsto.
 
Era ironico pensare che tre anni prima avevo considerato Jasper quasi come un nemico, perché aveva iniziato a tormentarmi dopo che l’avevo lasciato per Harry. Dopo la sua laurea eravamo rimasti in contatto, ci vedevamo spesso ed eravamo diventati migliori amici. Qualche volta, quando eravamo entrambi single, finivamo a letto insieme, soprattutto dopo serate particolarmente cariche di alcool, ma sapevamo che tra noi non avrebbe mai potuto esserci altro.
 
Una sera, poco dopo l’inizio del mio secondo anno, complice qualche bicchiere di troppo, ero finita a raccontargli tutto quello che era successo, per filo e per segno e lui mi aveva abbracciata. Mi aveva detto che mi capiva e che aveva sempre sospettato che ci fosse qualcun altro, qualcuno di cui mi ero innamorata così profondamente da farmi quasi perdere la ragione e mi aveva detto che mi aveva perdonata tanto tempo prima e che gli dispiaceva per come si era comportato e per quello che mi aveva fatto passare. Quella era stata la sera in cui eravamo diventati migliori amici. Avevamo passato la notte a parlare e tra noi si era formato un legame solido e indistruttibile.
 
Andavo a trovarlo a casa quasi tutti i giorni e, a volte, riuscivo anche ad accompagnarlo alla clinica di riabilitazione e rimanevo con lui per tutto il tempo, sostenendolo e restandogli vicina.
 
Era difficile vederlo in quello stato, perché per Jasper il football era tutta la sua vita. Quell’infortunio l’aveva cambiato profondamente e c’erano giorni in cui era ottimista, ma c’erano anche giorni, soprattutto all’inizio, in cui era perso. Si sentiva come se non avesse più uno scopo e allora finiva a piangere sulla mia spalla ed io rimanevo con lui finché non si sentiva almeno un po’ meglio.
 
“Sai che ho visto Liam questa mattina?” Mi domandò Laurel improvvisamente, riportandomi al presente.
 
Per la mia migliore amica e Liam le cose erano andate a gonfie vele per un anno e mezzo dopo che si erano messi insieme. Poi lui si era laureato, aveva trovato un appartamento e aveva cominciato a lavorare in uno studio legale. Aveva resistito esattamente due settimane, poi aveva capito che quella non era la strada che voleva intraprendere e aveva deciso di seguire il sogno della sua vita. Si era iscritto all’Accademia dei Vigili del Fuoco di Wellstone ed era diventato un pompiere.
 
Laurel aveva cercato di supportare il suo ragazzo, ma quando aveva intrapreso il suo primo turno e la mia migliore amica aveva scoperto che la sua squadra aveva dovuto spegnere un incendio e salvare delle persone intrappolate all’interno di un edificio, aveva fatto una scenata. Gli aveva detto che aveva paura e che non voleva vivere tutta la sua vita in ansia.
 
La prima litigata era finita a letto e i due avevano seppellito la discussione. Dopo la seconda litigata Liam aveva chiesto a Laurel di andare a vivere con lui e lei aveva accettato. Avevano passato un mese turbolento nello stesso appartamento. La mia amica non riusciva più nemmeno a concentrarsi sulla sua carriera scolastica, perché aveva costantemente paura che Liam venisse chiamato per un’emergenza e che gli succedesse qualcosa di brutto.
 
Dopo un mese di litigate e riconciliazioni, la rottura finale era avvenuta dopo un turno particolarmente pesante per Liam. In un edificio alla periferia di St. Louis era scoppiato un incendio enorme ed erano state chiamate più squadre per cercare di spegnerlo e per salvare tutte le persone ancora intrappolate al suo interno. L’incendio era stato così grande da essere ripreso da tutte le reti televisive locali principali, che avevano cominciato a riportare quello che stava succedendo in diretta. Dopo aver sentito la notizia che due pompieri erano rimasti bloccati sotto le macerie, Laurel era impazzita. Aveva cominciato a inviare messaggi a Liam, che ovviamente non poteva rispondere perché stava lavorando. Poi si era presentata sul luogo dell’incidente e aveva cominciato a piangere e a urlare, perché voleva vedere il suo ragazzo.
 
Quando i pompieri erano finalmente riusciti a spegnere l’incendio e a salvare tutti, Laurel aveva abbracciato Liam, poi gli aveva tirato uno schiaffo e gli aveva detto che non poteva più vederlo, perché non poteva vivere tutta la sua vita in quel modo. La mia migliore amica si era ritrasferita nel dormitorio con me e non si erano più visti da quel giorno.
 
“Vi siete parlati?” Domandai, spostandomi dalla scrivania al mio letto. Mi sedetti di fronte alla mia amica. Tanto, per quel giorno, non sarei più riuscita a scrivere nulla.
 
“Più o meno.” Disse lei. “Ci siamo salutati e la nostra conversazione è stata molto corta, molto fredda e molto formale. Insomma, non sembra nemmeno che siamo stati insieme per quasi due anni.” Aggiunse, scuotendo la testa. “Ma alla fine è stata colpa mia. Mi rendo conto di essermi comportata da pazza isterica, ma… non lo so, abbiamo condiviso qualcosa di speciale. Il nostro incontro mi ha resa abbastanza triste.” Concluse.
 
“Posso immaginare.” Risposi. “Però in che altro modo avreste potuto comportarvi oggi? Voglio dire… sì, siete stati insieme per quasi due anni e avete condiviso qualcosa di davvero speciale, ma è anche finita abbastanza male. Quello che voglio dire è che è normale che ci sia dell’imbarazzo tra di voi.”
 
“Hai ragione, ma è pur sempre una cosa brutta.”
 
“Già.” Concordai. Poi rimanemmo in silenzio per qualche minuto, ognuna assorta nei propri pensieri.
 
La mia mente cominciò a vagare proprio dove non volevo che andasse. Cominciai ad immaginare un eventuale incontro con Harry, dopo tre anni dalla conclusione della nostra breve – ma intensa – storia. Come sarebbe andata? Cosa ci saremmo detti? Sarebbe stato imbarazzante? Cosa stava facendo in quel momento? Si era ripreso dalla nostra rottura? Aveva chiesto il divorzio a Courtney o aveva provato a tornare con lei e si erano trasferiti in un’altra città per ricominciare da capo? Magari avevano avuto il bambino che desideravano. O magari si erano lasciati definitivamente e Harry aveva incontrato il vero amore della sua vita e adesso vivevano insieme, felici.
No, dovevo smettere di pensare a tutte quelle domande. Tanto non avrei mai avuto risposta. Anzi, dovevo alzarmi da quel letto e prepararmi, perché dovevo andare a trovare Jasper e dovevo accompagnarlo dal fisioterapista per fare riabilitazione.
 
***
 
“Mary Jane Watson, signore e signori!” Esclamò Jasper, sorridendo. Girò il braccio, puntandomi contro il mignolo, l’indice e il pollice e imitando con la bocca il suono di una ragnatela che usciva dal polso. Ormai era diventato un gioco tra noi due. Avevamo cominciato a ridere di quella volta che l’avevo lasciato a bocca asciutta perché aveva fatto una battuta su Spiderman che non mi era piaciuta e quello era diventato un modo divertente per salutarci. Avevo finalmente accettato di essere chiamata come un personaggio dei fumetti e non solo: per Halloween, l’anno prima, Jasper ed io eravamo andati ad una festa vestiti da Spiderman e Mary Jane.
 
“Dacci un taglio, Peter. Non sei in costume.” Scherzai, chiamandolo con il vero nome del supereroe.
 
“Dannazione, hai ragione. L’ho dimenticato in lavanderia!” Esclamò lui.
 
Scoppiammo a ridere entrambi e mi sedetti sul divano, di fianco a lui. Sembrava di buonumore, il che era un cambiamento piuttosto radicale rispetto al giorno prima.
 
“Ehi, che ne dici se dopo la riabilitazione andiamo da In-N-Out e ci mangiamo due hamburger grossi come una casa?” Proposi, sistemando un cuscino dietro la mia schiena e appoggiandomici pesantemente.
 
“Oh, è uno di quei giorni?” Domandò lui, scrutandomi attentamente.
 
“Sì.” Ammisi, abbassando lo sguardo. Jasper era diventato l’unica persona, oltre a Laurel e mia madre, a cui avevo detto di Harry. “Laurie me l’ha nominato e non riesco a smettere di pensarci. Sai, è una di quelle giornate in cui comincio ad analizzare ogni cosa e a farmi mille domande a cui non posso e non voglio rispondere.” Confessai, scuotendo la testa.
 
“Mary, ne abbiamo già parlato. Sai che non puoi farti questo.” Rispose lui. “Le cose sono andate così ed è passato tanto tempo. Devi solo accettarlo.”
 
“Ma io l’ho accettato.” Ribattei. “O almeno… l’ho accettato per la maggior parte del tempo. Poi ci sono giorni come questo in cui vorrei tornare indietro e rifare tutto.”
 
“Lo so. Dio solo sa quanto lo so.” Rispose Jasper, appoggiandomi una mano sul ginocchio e stringendolo. Non passava un solo giorno in cui non mi diceva che avrebbe voluto tornare indietro e non giocare quella maledetta partita.
 
“Mi dispiace, Jas. Mi sto comportando da insensibile.” Dissi.
 
“Ehi, qualcuno deve pur farlo, no?” Esclamò. Sorridemmo entrambi, poi mi alzai e recuperai le chiavi della sua auto dalla mensola all’ingresso.
 
“Forza, andiamo. Stasera viene anche Chloe?” Domandai, passando le stampelle al mio amico. Da qualche settimana aveva cominciato a uscire con una ragazza che aveva conosciuto durante la fisioterapia – era una volontaria - e le cose sembravano andare abbastanza bene.
 
“Non lo so, forse questa sera deve fare da babysitter a sua nipote, ma non ne sono sicuro. Comunque la vedo in clinica e ti dico.”
 
“Perfetto, allora andiamo.” Dissi.
 
Durante le prime sedute di riabilitazione Jasper mi aveva chiesto di entrare in studio con lui e di tenergli la mano. Ed io l’avevo fatto e gli ero stata vicina per tutto il tempo, accarezzandogli i capelli e mormorandogli parole di supporto. Nelle ultime settimane, però, aveva iniziato a sentirsi più sicuro e più forte, quindi mi aveva detto di aspettarlo in sala d’attesa – ed io avevo il sospetto che non volesse che Chloe mi scambiasse per la sua ragazza – così anche quel giorno mi ero messa comoda e avevo preso il primo giornale che avevo trovato sul tavolino di fronte a me.
 
Sapevo che la seduta sarebbe durata parecchio e non avevo voglia di scrivere – come facevo a volte – così avevo optato per qualcosa di molto leggero e su cui non avevo bisogno di concentrarmi: un giornale di gossip.
 
Lo sfogliai svogliatamente e distrattamente, leggendo qua e là i titoli degli ultimi scandali e commentandoli in silenzio: “Justin Bieber è insicuro sul suo taglio di capelli” (wow, notizia degna della prima pagina del New York Times!) o ancora “Angelina Jolie e Brad Pitt: il litigio furioso sul balcone dell’hotel” (ma non si erano già lasciati?). Sbuffai e girai pagina. Quando vidi una foto minuscola di Harry mi bloccai e tornai indietro, convinta di essermi sbagliata. No, non poteva essere lui. Cosa ci faceva su un becero giornale di gossip? Rimasi con la pagina a metà per qualche minuto, indecisa su cosa fare. Avevo le allucinazioni? Poi mi decisi a guardare il punto in cui mi sembrava di aver visto la foto e rimasi a bocca aperta. Era proprio lui.
Nell’angolo in alto a sinistra della sezione dedicata ai libri c’era un piccolo ritratto del mio ex e, sotto, una breve intervista.
 
“Mary Jane, cos’è quella faccia? Sembra che ti abbiano detto che Spiderman non è reale.” Scherzò Jasper, tornando in sala d’aspetto accompagnato da Chloe.
 
“Ehi, Mary.” Mi salutò lei. Era una ragazza estremamente educata e dolce e mi piaceva molto. Speravo che durasse con Jasper, perché era esattamente il tipo di persona che lui aveva bisogno nella sua vita.
 
“E-ehi.” Dissi distrattamente.
 
“Che succede?” Mi domandò il ragazzo, strappandomi il giornale dalle mani e guardando il punto che stavo fissando come se avessi visto un fantasma. “Oh.” Commentò.
 
“Oh.” Ripetei.
 
Avevo fantasticato tanto su come sarebbe stato incontrare di nuovo Harry e su cosa avrei potuto dirgli, ma non avevo mai pensato alla possibilità di vedere una sua foto su un giornale e di reagire in quel modo. Sembrava che l’avessi incontrato faccia a faccia. Quella minuscola foto aveva riportato alla luce un miliardo di sentimenti diversi e non sapevo cosa pensare o come comportarmi.
 
Ma forse non era stata solo la foto a farmi bloccare così, ma il contenuto dell’intervista. Harry aveva detto al giornalista che il suo nuovo libro sarebbe uscito quel mese e, quando il tizio del giornale gli aveva chiesto di cosa parlava, lui aveva risposto con poche parole, ma che erano arrivate dritte al mio cuore: “è un thriller incentrato sulla vita di un professore universitario che ha una storia clandestina con una delle sue studentesse.”

 


Ecco il nuovo capitolo! La decisione di dividere la storia in due parti è stata la migliore che abbia mai avuto, perché sono riuscita a ricominciare a scrivere e ho già pronti tre capitoli (e sono piuttosto sicura che oggi scriverò il quarto)!

Questa seconda parte ricomincia tre anni dopo quello che è successo nell'ultimo capitolo. Mary ha quasi finito l'università e nella sua vita ci sono stati parecchi cambiamenti. E tutto sembra andare abbastanza bene, almeno finché non vede quell'intervista sul giornale. Cosa succederà? Mary lo contatterà? Leggerà il libro?
Nel prossimo capitolo scopriremo tutto!

Grazie per essere passate, per aver letto la storia fin qui e per i commenti! A martedì per il nuovo capitolo!

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