Anime & Manga > Rossana/Kodocha
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Autore: ReginadeiSogni    21/01/2015    8 recensioni
< Si sono Akito il fratello di Natzumi, ma penso che tu lo sappia già! > rispose lui freddo e distaccato, girandosi verso la chiesa. I suoi occhi si bloccarono sull’immagine dei due sposi felici che sorridevano, per il riso che la gente tirava addosso a loro. Tra quelle grida mancava la risata della sua Sana, mancava lei con la sua chioma ramata e il suo dolce profumo.
“Oh Sana.. mi senti? Ho bisogno di Te…” pensò Akito guardando il cielo.
****
Nello stesso momento due occhi color cioccolato stavano fissando lo stesso cielo, per un attimo avvertì un brivido e poggiò la mano al cuore, come se quella richiesta fosse arrivata fino a lei. Ma nessuno dei due poteva sapere che, le loro strade si sarebbero incrociate di nuovo.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akito Hayama/Heric, Fuka Matsui/Funny, Natsumi Hayama/Nelly, Nuovo Personaggio, Sana Kurata/Rossana Smith | Coppie: Sana/Akito
Note: Lime, OOC, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Triangolo
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Come ogni mattina da due mesi, si sveglia, si veste e si guarda allo specchio. Quello che vede sono due occhi color cioccolato, troppo grandi per il suo viso cosi piccolo e pallido, e capelli ramati troppo lunghi per il suo fisico minuto. Come ogni giorno oltre ai suoi occhi non vede niente, il vuoto.
Non si riconosce più, non sa chi è, non sa come si chiama realmente, perchè il nome che ha non lo sente suo, e abita con due persone che dicono di essere i suoi genitori.
L'unico motivo per cui crede a quelle due persone, sono le foto che ritraggono loro tre insieme. Ma in quelle foto lei è sorridente, i suoi occhi sono felici.. Ora chi era? Dov'era finita quella ragazza?
Dopo essersi fatta le solite domande, si ricordò che quello era il giorno della sua visita mensile all'ospedale, prese la borsetta e si avviò alla porta.
Quello che trovò una volta aperta la porta, era lo spettacolo più bello che avesse mai visto. La neve ricopriva la città, e baciata dal sole sembrava quasi brillare.
Camminando sentiva le urla dei bambini che giocavano e ridevano, voleva essere come loro, felice e senza pensieri. Chiuse gli occhi e respirando l'aria fresca che quella giornata regalava,fece un grande sospiro e cercò di eliminare i brutti pensieri.
Persa nei suoi pensieri, si dimenticò di essere in mezzo alla strada, e prima di poter riaprire gli occhi andò a sbattere contro qualcuno o qualcosa. Rimase immobile, e quando sentì due braccia avvolgere il suo piccolo corpo, non trovò il coraggio di alzare il suo viso e guardare chi si trovasse di fronte a lei.
< Tutto bene? > una voce roca e profonda la risvegliò.
Tra quelle braccia si sentiva così bene, mai nessuno l'aveva abbracciata cosi, e il profumo del suo salvatore era buonissimo. Non voleva più dividersi, sembrava stesse vivendo un sogno ,e per la prima volta si sentì viva.
< Tutto bene? >  questa volta la sua voce era preoccupata e risvegliò i suoi pensieri , cosi riuscì con le poche forze che l'erano rimaste a sciogliersi da quell'abbraccio. Ma quando alzò gli occhi e lo guardò rimase ancora una volta in silenzio.
Era un angelo, non pensava esistesse tanta bellezza, neanche la neve che accarezzava la città era bella come lui.
"Che figura! Forza parla! "
< Ehm.. S-Si tutto bene. Perdonami non ti avevo visto! >
Lui le sorrise e lei pensò che quello era il sorriso più bello che avesse mai visto.
< Tranquilla! Sicura che vada tutto bene? >
" Penserà che sono pazza! Bè io lo penserei! "
< Si davvero. Sto bene grazie! >
Rimasero secondi o minuti, non lo sapeva con esattezza a guardarsi, quando poi i suoi occhi caddero sull'orologio di lui.
"E' tardissimo! Devo andare".
< Scusami adesso devo proprio andare! Grazie ancora! >
Era la prima volta che qualuno le rivolgeva la parola al di fuori di casa sua e dall'ospedale. E ora che si doveva dividere dal suo angelo misterioso, iniziò a sentirsi di nuovo vuota e sola.
Lui le sorrise e lei arrossì < Non preoccuparti! Buona giornata. >
Le loro strade si divisero e lei sperava davvero di poterlo rincontrare un giorno, e per la prima volta anche se dentro di lei il vuoto era immenso, sorrideva.
Era stato un incontro buffo, ma non lo avrebbe mai dimenticato.
Con il sorriso sulle labbra poco dopo arrivò all'ospedale, si sentiva diversa ed era una sensazione bellissima. Come poteva un semplice incontro con una persona che neanche conosci renderti cosi felice?
                                     ****
Come ogni mese l'aspettava la lunga fila per ritirare il suo numero, non c'era mai nulla di nuovo nella sua vita, solo casa, televisione, mangiare quel poco che riusciva e ospedale.. il resto era vuoto e insignificante.
 Quando finalmente dopo venti minuti di pensieri negativi riuscì a prendere il suo numero , si guardò intorno per cercare una sedia libera.
Tutto quel camminare, le emozioni forti, l'avevano fatta stancare e aveva bisogno di riposare.
Quando stava per arrivare alla sedia, la sua testa iniziò a girare e le sue gambe erano diventate gelatina, non vedeva più niente.. la sua vista diventò sfocata.
"Oggi non è la mia giornata! " pensò cercando di non cadere e arrivare alla sedia.
Stava per cadere a terra , ma per la seconda volta in quella giornata due braccia l'aiutarono a reggersi in piedi e una voce familiare la fece arrossire.
< Ci incontriamo di nuovo! > i loro occhi si incrociarono di nuovo.. e lei si ritrovò ancora tra le sue braccia.
< Già. E io sono un disastro! >
La testa le continuava a girare, era ancora molto debole, ma con il suo aiuto arrivarono alla sedia e lei finalmente poteva sedersi e trovare un pò di pace.
Lui si era seduto accanto a lei e la guardava preoccupato. Era la seconda volta che l'aiutava e gia la prima volta notò la sua bellezza. Ma adesso che poteva osservarla meglio, era ancora più bella di come se la ricordava.
< Sono Roxie. E Grazie. >
Non sapeva se presentarsi cosi fosse giusto, ma a lui non diede fastidio, perchè le sorrise e strinse la mano nella sua. Un gesto mai provato, ma visto soltanto nei film.
< Il piacere è mio. Sono Brian >
Roxie si perse nei suoi occhi verdi e profondi, e nella sua ingenuità sperava che l'angelo seduto accanto a lei non l'abbandonasse mai.  
                                  
                                        *****


Era passata una settimana dal matrimonio di suo fratello, era stato a Tokio per aiutare la sua famiglia con i preparativi del matrimonio e non aveva più avuto la possibilità di vederla. Quella mattina finalmente l’avrebbe rivista. In quei due mesi l’aveva osservata spesso da lontano, andava spesso all’ospedale, si sedeva alla solita panchina e i suoi occhi fissavano sempre un punto invisibile, erano cosi vuoti e spenti, poi si alzava e andava via. Non si era mai avvicinato per paura di spaventarla, era sempre sola e faceva sempre attenzione a non avere nessun contatto con le persone attorno a lei , ma quella mattina mentre percorreva il solito percorso,e la vide immobile in mezzo al parco con gli occhi chiusi e il viso rivolto verso il cielo, dentro di lui sentì il bisogno di conoscere quella ragazza cosi sola. Stava cercando un modo per avvicinarsi a lei, ma quando la vide incamminarsi ancora con gli occhi chiusi, capì che l’unico modo fosse quello di farsela finire addosso, solo così finalmente le avrebbe parlato. Era capitato tutto troppo infretta che lei gia era scappata via, ma non avrebbe mai immaginato che ora seduta vicino a lui ci fosse proprio lei. Da lontano le era sembrata gia una bellissima ragazza, ma da vicino era tutta un'altra cosa, aveva due occhi color cioccolato , e una chioma rossa lunghissima, il tutto in un piccolo corpo esile e carnagione chiara. Era una visione meravigliosa.
Erano passati ormai dieci minuti , e ancora non si erano parlati. Lei stava li a fissare la gente che entrava e usciva dalla sala dei prelievi, con il solito sguardo vuoto. Brian voleva sentire ancora la sua voce, doveva trovare un argomento di cui parlare.
< Ora va meglio? > le chiese Brian, sapendo che fosse una domanda davvero stupida. Lei si risvegliò da quello stato di vuoto e si girò arrossendo verso di lui.
< Oh si certo!Molto meglio, sei stato molto gentile! > Brian si perse in quei due occhi cosi grandi e belli. La vedeva cosi piccola, quelle due pozze cioccolato sembravano chiedere aiuto.
< Lo avrebbe fatto chiunque! Ma sono contento che tu stia bene Roxie! > rispose Brian , ricevendo da lei un dolce sorriso.
Roxie si girò di nuovo, ma lui voleva parlarle ancora. Ora che era li con lui non poteva farsi scappare questa occasione.
< Come mai qui? >
< Esami di routine! E tu? >
< Esami per la palestra! Anche se ammetto che in questo momento vorrei essere ancora nel letto, che vedere un ago! >. Non aveva mai detto a nessuno della sua fobia per gli aghi, a parte i suoi genitori e Damon. I suoi amici lo avrebbero preso in giro a vita e non poteva sopportarlo. Non sapeva neanche lui il perché glielo avesse detto, ma il sorriso che apparve sul volto di Roxie, gli fece capire di cosa lei avesse bisogno.
< Davvero hai paura degli aghi? > le chiese con un sorriso che le fece iluminare anche gli occhi.
< Già! Da quando sono piccolino! Pensa che una volta sono scappato, e mia mamma mi ha rincorso per tutto l'ospedale. > lei scoppiò a ridere, ma la sua risata era dolce e timida.
< Non fa ridere sai! >
< Perdonami, ora smetto subito! > detto ciò iniziò di nuovo a ridere. Per quanto questa storia lo rendeva davvero ridicolo, il volto felice di quella ragazza gli fece dimenticare persino il motivo per cui fosse li, e anche lui fu contagiato dalla sua risata.
I numeri di Roxie e Brian apparirono sullo schermo del televisore, e in quell'istante lui si rabbuiò. Erano anni che non vedeva un ago e la nausea iniziò a farsi sentire. Seguì la ragazza verso le sale dove i dottori li stavano aspettando e dopo aver compilato i soliti fogli, si trovarono anche li seduti vicini. Brian stava iniziando a sudare, sarebbe voluto scappare via, chiamare Akito e dirgli che in palestra non ci sarebbe più andato, ma in quel momento i suoi occhi si bloccarono sulla figura di lei, senza un velo di paura in volto, senza un sorriso, come se tutto fosse cosi naturale per lei. Iniziò a chiedersi cosa stava passando nella mente di quella ragazza, quale fosse il suo tormento, ma in quel turbine di domande sentì chiamarsi. Girandosi notò l'espressione seria del dottore che molto gentilmente lo stava mandando via, non si era neanche accorto dell'ago che gli bucava la pelle, della fobia che per una vita l'aveva tormentato solo grazie alla ragazza misteriosa che ora camminava accanto a lui verso l'uscita.
< Grazie per la compagnia. Ora devo proprio andare! >
< Non mangi nulla? > Voleva ancora passare del tempo con lei, magari non l'avrebbe più vista, magari era fidanzata, ma non gli importava voleva solo stare un po con lei.
< Oh si beh. >
< Bene allora ti porto a mangiare qualcosa! >
< E perchè mi vorresti portare a mangiare qualcosa?! >  Il suo sguardo era spaventato, proprio come tutte le volte che l'aveva osservata.
< Voglio solo assicurarmi che tu torni a casa tutta intera! > Lei annuì con il capo e iniziarono ad incamminarsi verso il bar vicino all'ospedale.
Dopo aver ordinato iniziarono a chiacchierare, lui le raccontò che il fratello di sua cognata l'aveva praticamente obbligato ad andare nella sua palestra. Ma che non era stato proprio un obbligo, perchè erano entrambi ubriachi al matrimonio.Aveva accettato comunque l'offerta anche se l'aver detto di si, significava farsi mezzora di macchina fino a Tokio, e la cosa non lo faceva impazzire. Lei per tutto il tempo sorrideva e annuiva, e diventava ancora più bella ogni volta che i loro occhi si incrociavano e le sue guancie si tingevano di rosso.
< Be sto parlando gia da troppo tempo! Cosa mi dici di te? >
Con quella frase il sorriso, il rossore e quella scintilla nei suoi occhi svanirono. E davanti a lui tornò la ragazza triste, e si diede dello stupido per quella domanda troppo invadente.
< Be non ce niente di speciale da dire su di me. Ora scusami si è fatto molto tardi. Ciao e ancora grazie > Alzandosi lasciò una banconota sul tavolo e scappò via, senza dargli il tempo di dirle che avrebbe pagato lui.
Dopo aver pagato si avviò verso casa, continuando a darsi dello stupido per aver rovinato tutto. Aveva fatto spegnere quella bellissima luce nei suoi occhi, in pochi secondi con una semplice frase. Ma alla fine lui che colpa ne aveva? Le era sembrata la domanda più semplice, ma era stata proprio quella peggiore e lui davvero non capiva il perchè! Era diversa da tutte le ragazze che aveva conosciuto, proprio quel mistero che l'avvolgeva lo incuriosiva. I suoi pensieri vennere interrotti dal suono del suo cellulare.
< Si pronto? >
< Sono Damon non leggi il destinatario quando rispondi? > La dolcezza infinita di suo fratello era unica.
< Fratello sei sempre di buon umore e! Cosa ti serve alle 9 del mattino? >
< Stasera sei invitato a cena. E non dire no perché Natzumi ti uccide! >
< Ok! Ti saluto! >.
Senza farlo rispondere Brian aveva gia staccato il cellulare, doveva ancora cambiarsi e raggiungere suo padre in ufficio. E mentre si ritrovò davanti allo specchio per indossare il suo abito di giacca e cravatta come ogni giorno, iniziò a pensare a quanto odiasse tutto ciò. Odiava lavorare in quell’agenzia immobiliziare di proprietà del padre, odiava avere a che fare tutto il giorno con un computer, girare il paese per far vedere delle case che mai nessuno comprava. Damon aveva esaudito i suoi sogni diventando un grande avvocato, a Brian invece senza poter dire nulla era toccato seguire le orme del padre. Ma chi odiava di più era proprio suo padre, ogni cosa che faceva non andava bene, i suoi sogni soprattutto quello di diventare uno scrittore per i suoi genitori era stupido, perché non avrebbe mai avuto successo e che doveva smettere di fare il ragazzino. Si voltò verso la sua scrivania e accarezzò il suo quaderno, li era nascosto il suo sogno e prima o poi lo avrebbe avverato, doveva solo aspettare il momento giusto. Chiuse per un attimo gli occhi per riprendersi, e una volta aperti prese le chiavi della macchina e uscì di casa pronto ad affrontare un'altra giornata di lavoro.
                                        
                                         *****
 
Roxie stava correndo verso casa e il suo viso era rigato dalle lacrime. Sapeva di non essere stata molto educata, ma a quella frase cosa poteva rispondere? Nulla perché di lei non sapeva nulla, non aveva hobby, non aveva sogni , non ricordava nulla della sua vita passata, e non voleva assolutamente avere rapporti con le persone. In quei due mesi nessuno l’aveva notata, ma quella mattina quei due occhi verdi l’avevano ipnotizzata non riusciva a non guardarli e l’averlo vicino le dava serenità, e si era lasciata andare. Ma lei cosa poteva dare alle persone? Nulla. Sapeva a malapena che aveva 23 anni, si chiamava Roxie e abitava in un modesto quartiere di Osaka. Doveva dire questo a quell’angelo che l’aveva salvata? Forse avrebbe dovuto, ma non poteva raccontargli nulla, non sapeva quali fossero i suoi sogni, non sapeva quale fosse il suo carattere, non sapeva nulla e i suoi genitori le sapevano solo dire che con un po’ di tempo tutto sarebbe tornato a galla. Ma lei continuava a chiedersi cosa doveva tornare? Perché non l’aiutavano? Roxie voleva uscire da quell’incubo ma era sola, e nessuno lo capiva. Senza rivolgere parola ai suoi genitori che stavano facendo colazione in cucina, corse in camera sua e si chiuse dentro.
Una volta sola nella sua stanza accese la radio, l’unica compagnia che la liberasse dai tormenti e si mise come ogni giorno davanti allo specchio, aveva occhi gonfi, guancie rosse per la corsa e capelli in disordine. Si mise le mani sugli occhi e si lasciò andare in un pianto disperato. Roxie aveva sentito in qualche trasmissione che la musica a volte parla proprio di te, e cosi che in quel momento lei trovò la sua canzone.
 
Specchio che sai ricordarmi quello che sembro,
ma non sai guardare dentro di me.
Non puoi trovare tu per me,
tutte le cose che sento distanti,
anche se son le stesse che non dimentico mai.
Se chiudessi gli occhi amerei ogni parte di me,
una vota per tutte potessi far la pace con me,
e con questo specchio che non fa che chiedermi di essere
qualcuno che non c’è.*


Mentre quelle parole riempivano la sua stanza, lei si chiese come una canzone potesse leggere dentro le persone. Non credeva a quelle ragazze alla radio che ogni giorno alla radio facevano partire le loro richieste, per la loro canzone. In quel momento si sentì proprio come loro, ma con una sola differenza che qualcosa attraverso il suo riflesso andasse oltre, che lei ancora non si spiegava.

Adesso cammino da sola con me,
tra le pozzanghere, li vedo parlare quei riflessi di me
un altro passo ma restano li
a sussurrarmi un attimo a scuoterli.
Non sono quella che sembro quando tu mi guardi cosi,
quella che sembro quando mi guardi cosi.
Se chiudessi gli occhi amerei ogni parte di me
Una volta per tutte poter far la pace con me,
e con questo specchio che non fa altro che chiedermi,
di sembrare qualcuno che non c’è.
*
 
Ne aveva ascoltata di musica in quei due mesi, ma mai nessuna descriveva il suo stato proprio come quella che era appena finita. Le lacrime non avevano ancora smesso di rigarle il viso e quella canzone non l’aveva aiutata, le aveva semplicemente ricordato la verità, proprio quello che faceva il suo riflesso ogni giorno che si guardava allo specchio. La ragazza che lei vedeva era proprio qualcuno che lei non si sentiva di essere, chi era davvero? Avrebbe mai avuto risposte alle sue infinite domande?Il flusso dei suoi pensieri furono interrotti da un bussare insistente alla porta.
< Voglio stare sola Misako. >
< Cos’è successo cara? Aprimi perfavore. > Si asciugò le lacrime e si alzò per aprire la porta.
Misako era una donna bellissima, lunghi capelli scuri e due occhioni scuri. Non la conosceva, anzi non se la ricordava e in quei mesi le poche parole che avevano scambiato, non l’avevano aiutata a sapere com’era il suo carattere.
< Non ho nulla, sto bene. >
< Vieni con noi a fare colazione. Devi mangiare qualcosa >
< Ho gia mangiato Misako. Sono stanca voglio riposare >. Roxie aveva notato che negli occhi della madre, ogni volta che la chiamava per nome diventavano tristi e spenti. La sua vita era cosu confusa che non si fidava nessuno, e non li sentiva i suoi genitori. Anche se quella sofferenza che leggeva negli occhi dei suoi genitori era bruttissima, non poteva farci nulla perché loro le stavano negando i pezzi della sua vita, rispondendo ogni volta le stesse cose. Chiuse la porta e si buttò nel letto con gli occhi rivolti al soffitto, e posò una mano sul cuore. Dopo quel giorno il suo cuore e la sua mano non si erano più toccati, si era sentita diversa quella volta, quel gesto le aveva donato serenità. Ma poi più nulla come se quel qualcuno la fuori che credeva avesse bisogno di lei, l’avesse dimenticata.
 


 
 Ciao ragazze finalmente! Questo capitolo è concluso. Tra le feste e le mangiate il tempo era sempre poco, e il mio bimbo non mi da mai tregua e posso solo scrivere di notte. E a volte sono talmente stanca che la voglia di aprire il pc e pari a zero! Ma poi trovo le forze e mi impegno! Penserete che questi capitoli siano solo tristi, ma purtroppo e cosi che deve essere. Prometto che gia dal prossimo inizieranno le svolte, le risate e ci saranno molti molti cambiamenti! Spero che anche questa lettura sia piacevole, e che vi faccia emozionare! Ma soprattutto che arrivi il dolore, l’amore, la speranza dei miei personaggi! Ringrazio tutti voi che seguite la mia storia, ma soprattutto le mie ragazze per aiutarmi sempre Miky Love Kodocha Lolimik. Ora vi saluto e buona lettura! Un grosso bacio e Buonanotte cari lettori e lettrici! Saretta <3 Regina dei Sogni.

* Riflessi di me ( Francesca Michielin) Vi consiglio di ascoltarla perchè è davvero descritta la mia Sana! Besos <3
 
 
 
  
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