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Autore: shioren    21/01/2015    1 recensioni
Questa storia è di mia invenzione, mi ero iscritta con l'intenzione di fare fan fiction, ma alla fine ho optato, almeno per ora, ad iniziare un racconto originale. E' tanto che non scrivo più e voglio mettermi un pochino alla prova per vedere se riesco ancora a scrivere qualcosa di decente.
Spero vi piaccia, aspetto le vostre impressioni.
Ogni riferimento a fatti, persone, luoghi è puramente casuale.
Genere: Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Eccovi l'ultimo capitolo della storia, grazie per aver seguito fin qui le avventure di Sara e Karl. Spero che il finale vi piaccia, mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate. Grazie a tutti :)


Sara riaprì gli occhi, si sentiva spossata ed il fatto che era ancora stretta tra le braccia di Craulad non la turbava  anzi, era convinta che se in quel momento non l’avrebbe sorretta colui che riteneva un suo nemico, sarebbe caduta a terra senza forze. In quelle visioni aveva visto un Craulad diverso, con degli atteggiamenti molto più umani, che contrastavano terribilmente con l’attuale creatura che da giorni li stava dando la caccia.
“Sara” chiamò il padre sofferente. Non era ancora riuscito a liberarsi dalla lancia del nemico. Lei lo guardò con sguardo vacuo, quasi faceva fatica a distinguere l’uomo che aveva davanti con l’uomo che le era rimasto impresso negli occhi, ma una cosa era ben chiara nel suo cuore,suo padre le aveva occultato diverse cose e, soprattutto, non le aveva detto la cosa più importante: lui aveva ucciso sua madre.
“Perché?” mormorò infine la ragazza, “perché non mi hai detto della mamma? Perché non mi hai detto che anche lei era un vampiro? Perché…?” si bloccò, la rabbia, la frustrazione e l’amarezza erano così grandi che le morivano le parole in gola. Suo padre per anni le aveva fatto credere che sua madre fosse morta di malattia, lei stessa aveva ricordi del momento in cui spirò, la corsa frenetica in ospedale, il funerale, tutto… era tutto falso. Erano ricordi che le aveva impiantato per coprire il suo scempio, per coprire la sua colpa. Era cosciente del dolore che aveva provato, aveva visto coi suoi stessi occhi la sofferenza che il padre aveva provato in quei momenti, eppure la consapevolezza di aver convissuto per anni con una menzogna, le faceva dimenticare tutto il resto. Cos’altro c’era di falso nella sua vita? Cos’altro le stava nascondendo grazie all’immenso potere di cui disponeva. Era disgustata.
“Che cosa hai visto?” le chiese a fatica continuando ad estrarre la lancia dal suo corpo.
La ragazza gli rivolse uno sguardo freddo come il ghiaccio, ma non rispose, poi si voltò verso Craulad: “mi lasci andare ora, per favore” disse con tono calmo e pacato. L’altro sorrise compiaciuto ed allentò la presa quanto basta per permettere alla giovane di muoversi liberamente.
“Voglio sapere di Thyra o dovrei dire Rhith?” chiese.
“Sara non…” scattò Karl, ma lei lo zittì: “sta zitto!” urlò fuori di se, “non è a te che l’ho chiesto, non voglio sentire altre menzogne uscire da quella bocca, quindi ti prego di tacere!” concluse stizzita. “Allora?” si voltò verso Craulad, “chi era Thyra?”. L’uomo si posizionò con le spalle ad una parete, si accese una sigaretta e rimase in silenzio quel poco che bastava per riordinare le idee, poi iniziò a parlare con tono calmo e pacato: “lei era la mia signora, la mia sposa”. Espirò. “Ci conoscemmo secoli fa, in un mondo dove creature come me e tuo padre, regnavano incontrastati su terre e regioni. Io sono un vampiro di nascita, un barone per l’esattezza e lei era la figlia di alcuni stallieri venuti in visita al mio castello. Quando la vidi, capii subito che lei sarebbe stata mia un giorno o l’altro. Le sue guance rosee, la sua pelle candida e profumata erano per me un invito che non potevo certo ignorare. Aspettai la notte, la invitai nelle mie stanze. Fu facile. La la corteggiai, la presi e la feci mia, lei non oppose resistenza. Si lasciò amare come se fosse la cosa più naturale del mondo” sorrise continuando il suo racconto. “Quella donna era già morta nonostante fosse ancora in vita. Lo capii subito che non ero il primo uomo con cui aveva giaciuto, ma ormai avevo deciso che sarei stato di certo l’ultimo”.
Sara annuì invitandolo a continuare.
“Le chiesi che cosa desiderasse in quel momento e lei mi rispose: la morte! Mi raccontò che suo padre la vendeva ai lord dei vari castelli in cui cercavano rifugio per la notte e, dopo che la violentavano, il padre passava a chiedere soldi in cambio del silenzio”.
“Ma è orribile” si lasciò scappare Sara. Karl gemette spostando la lancia di qualche centimetro.
“Non per l’epoca. La gente moriva e veniva venduta per molto meno. Chi è nato in un periodo di pace come te, non può minimamente immaginare di quali orrori si macchiavano le persone per un tozzo di pane o una moneta d’oro” sbuffò. “A me quella risposta bastava. Una creatura che non ha nulla da perdere, è un perfetto schiavo, così la vampirizzai per fare di lei la mia regina. Il mondo degli umani l’aveva delusa, ma quello delle tenebre l’avrebbe accolta con tutti gli onori. E sai quali furono le sue prime vittime?” chiese a Sara che scosse il capo meccanicamente. “Furono proprio i suoi genitori, si divertì a smembrarli ma senza bere neanche una goccia del loro sangue, diceva che non avrebbe voluto sporcare quella nuova vita con il sangue marcio di suo padre e sua madre” sorrise completamente avvolto dalla nostalgia che quei ricordi gli trasmettevano. Fece alcuni passi posizionandosi alle spalle della ragazza che non smetteva di seguirlo con lo sguardo. Per quando apprezzasse il fatto che aveva deciso di raccontarle tutta la verità su sua madre, non riusciva a fidarsi ciecamente di lui. D’altro canto come avrebbe potuto? Ormai non si fidava più di nessuno, neanche di se stessa, non dopo aver scoperto che parte dei suoi ricordi erano menzogne create dal potere del padre.
“Io e Thyra regnammo per decenni sulle mie terre, finché non scoppiò la guerra tra vampiri. Una guerra voluta dagli umani stessi che si erano introdotti nel nostro modo di essere con l’intento di cambiarci” digrignò i denti visibilmente scosso. “La prima preoccupazione di noi sangue puro, fu quella di mettere al riparo le nostre spose, le uniche in grado di dare alla luce dei figli ed è così che Thyra finì tra gli umani e divenne Rhith” concluse gettando a terra il mozzicone di sigaretta. Rimase in silenzio, il capo leggermente inclinato ed alcuni ciuffi biondo platino gli scesero lungo il collo bianco. “Il resto lo dovresti sapere” sorrise guardando Karl. Sara si voltò verso il padre, che continuava a dimenarsi con le poche forze che gli erano rimaste in corpo.
“Quindi lei incontrò mio padre, si sposarono e nacqui io” mormorò dando le spalle a Craulad.
“Esattamente”.
“Ma perché lei non ricordava di essere un vampiro?” chiese.
“Per evitare che venisse scoperta, le avevo sigillato la memoria. La cercai per anni, era tra gli umani e come tale emanava il vostro stesso odore non era facile rintracciarla, ma poi la vidi per caso in un giorno di pioggia” fece una pausa prendendo uno ciocca di capelli di Sara ed iniziando a giocherellarci, “prima di mandarle i giusti impulsi, la seguii per diversi giorni e quando finalmente mi convinsi che era lei, la risvegliai spezzando il sigillo. Purtroppo subito dopo fui attaccato da un vampiro che mi teneva sott’occhio da un po’, mi allontanai dal villaggio per timore di coinvolgerla nella lotta, ma quando tornai lei era già morta” concluse lasciando andare la giovane che si risistemò i capelli.
“Ascolta Sara…” mormorò a stento Karl, “le cose non sono andate come ti ha detto lui” tossì, “ascoltami ti prego” concluse ansimando.
“Taci!” urlò Craulad colpendolo con una raffica di vento che gli provocò una profonda ferita dalla spalla al petto. Karl urlò di dolore.
“Aspetta!” s’intromise Sara, “so quello che provi, ma anche se uccidi mio padre la mamma, volevo dire, Thyra non tornerà indietro. La vendetta è una cosa inutile!” concluse facendo da scudo al corpo del padre.
“Sara, spostati” ansimò Karl tossendo altro sangue. Lei lo guardò con la coda dell’occhio. Gli faceva pena. Anche se era arrabbiata con lui, anche se probabilmente non si sarebbe più fidata, non riusciva a restare indifferente alle molteplici sofferenze che il padre stava provando in quel momento.
“Sei molto coraggiosa, piccola Sara” sorrise Craulad avvicinandosi di un passo, “mi ricordi terribilmente tua madre, lo sai? Si, in te io vedo la mia amata Thyra. Sai cosa vuol dire?” sorrise. Lei s’irrigidì facendo cenno di no col capo.
“Craulad sta lontano da lei!” tuonò Karl estraendo la lancia dal suo corpo e cadendo a terra.
“Sei riuscito a liberarti, ma ormai è troppo tardi” sorrise, “Osserva la mia vendetta! Ho insidiato il dubbio nel cuore di tua figlia che, grazie alle tue imprese passate, non si fiderà mai più di te. Ormai tua figlia non ti seguirà più ciecamente ne ti sarà più devota come un tempo. Lei ora ti odia, dico bene Sara?” sorrise compiaciuto, mentre la ragazza abbassò lo sguardo.
“Sara?” sussurrò Karl sconcertato. “E’ vero quello che dice?” chiese con voce tremante, ma lei continuò a tenere lo sguardo rivolto al terreno e le labbra serrate. Non riusciva a confermare quello che Craulad aveva detto, ma di certo non poteva smentirlo. L’aveva delusa. Per la prima volta, si sentiva davvero ferita dall’atteggiamento del padre che, per quando aveva agito mosso da buone intenzioni, le aveva distrutto ogni sua certezza.
“Sara?”.
“Non hai ancora finito, Karl?” scoppiò a ridere l’avversario. “E’ finita! Ormai sei solo! Lei ormai è mia!” urlò cingendole la vita con un braccio, ma lei si dimenò.
“Non ho mai detto di essere tua!” precisò con occhi carichi di disprezzo. “E’ vero, non posso più fidarmi di mio padre, ma questo non vuol dire che ora mi fidi di te. Come posso sapere che quello che mi hai raccontato è davvero la verità. Io non ci capisco più nulla! Tu volevi la tua vendetta, mio padre voleva la sua libertà ed io sono finita in mezzo a tutto questo, perché?” sbraitò Sara rossa di rabbia.
“Vieni con me, Sara. Farò di te la mia nuova sposa” le propose Craulad porgendole la mano.
“Sara, non lo fare…” supplicò Karl ancora a terra, probabilmente indebolito dalle molteplici emorragie.
“Smettila di dirmi quello che devo o non devo fare!” scattò rivolta al padre, “tu ormai non conti più nulla per me! Mi hai tradito! Hai tradito la mia fiducia e quella della mamma, tu hai ucciso la mamma!” l’accusò con le lacrime agli occhi.
Karl non riuscì a ribattere, le parole della figlia gli facevano più male delle ferite che aveva sul corpo, ma non aveva il coraggio di controbattere, perché l’aveva sempre saputo. Erano anni che temeva il giorno in cui Sara avesse scoperto la verità, conosceva la sua bambina meglio di chiunque altro e sapeva che lei odiava le bugie più di qualsiasi cosa al mondo.
“Però…” riprese la ragazza, “nonostante tutto, sei anche l’unico parente che ho e non posso perderti” bisbigliò col viso arrossato. “Quindi ti darò un’altra possibilità: se accetterai di raccontarmi tutta la tua verità senza occultare più nulla, forse ti perdonerò” concluse con un sorriso.
“Va bene, lo farò” rispose Karl alzandosi sulle ginocchia. Non aveva altra scelte, se il prezzo per continuare a stare con lei, era dire la verità, l’avrebbe fatto. Sara era troppo importante, non poteva e non voleva perderla per nulla al mondo.
“Che quadretto commovente” mormorò stizzito Craulad alle spalle della giovane. Lei non fece neanche in tempo a voltarsi che il fendente del vampiro balenò come un lampo su di lei trapassandole il petto da parte a parte.
 “Papà!” mormorò Sara allungando le mani verso di lui.
“Sa..ra…” sussurrò Karl tendendo anch’esso la mano per afferrarla. La giovane cadde a terra in una pozza di sangue. Una rosa color porpora, si aprì sotto il suo corpo martoriato, mentre i gemiti e le convulsioni la scuotevano con forza. Aveva ancora gli occhi aperti anche se lo sguardo sembrava spegnersi ad ogni istante che passava. Il battito del cuore appena percettibile, scandiva i minuti che ancora le restavano da vivere mentre una lacrima fece timidamente capolino sulla guancia per poi morire tra le labbra.
Karl rimase impietrito, il volto contratto in un misto di dolore, sofferenza e pazzia. Non voleva soltanto uccidere, ma distruggere, smembrare colui che aveva fatto del male alla sua bambina con tanta facilità. Non poteva credere che fosse successo, riusciva ancora a rivedere la sua piccola corrergli incontro, sorridergli, abbracciarlo. Il suo corpo caldo, le sue guance rosee, il suo viso leggermente imbronciato…erano tutte cose che ormai lui non avrebbe mai potuto rivedere. La sua Sara non gli avrebbe più sorriso, non l’avrebbe più rimproverato. Avrebbe voluto piangere, sentiva la rabbia e la disperazione montarli su per la gola, eppure i suoi occhi erano asciutti. I vampiri non possono piangere. I vampiri non possono amare. Eppure in quel momento sentiva il cuore spezzarsi per sempre.
“Si è questa l’espressione che volevo vedere” incalzò Craulad ridendo a squarciagola.
“Sara?” sussurrò avvicinandosi al corpo della giovane, le accarezzò il viso, le chiuse gli occhi e le asciugò con un bacio le lacrime. Fino all’ultimo non era stato in grado di proteggerla.
“Perché non la trasformi? Avanti, falla diventare una di noi, forza!” incitò con viso distorto dalla follia.
“No, lei non sarà mai una bambola senza anima” mormorò, “lei ora è libera” concluse sfilandosi coi denti l’anello che gli aveva regalato Rhith ed infilandolo all’anulare della mano della giovane. “Tieni, questo ormai non mi serve più” concluse annusando profondamente l’aria intorno a se. Improvvisamente i suoi occhi avevano cambiato espressione, il suo sguardo inferocito scrutava Craulad dalla testa ai piedi come se fosse la prima volta che lo stava osservando davvero.
“Cos’è quell’anello?” gli chiede il vampiro facendo un balzo indietro e mettendosi sulla difensiva.
“Quello era il mio sigillo. Se finora non ho mai attaccato nessuno è solo perché lo portavo sempre con me. Fu Rhith a forgiarlo usando la sua stessa ombra mischiata al suo sangue. È stato il suo ultimo regalo per Sara, senza quell’anello, il mostro che c’è dentro di me, si sarebbe scatenato tanto tempo fa e, con molta probabilità, non sarei riuscito a resistere al richiamo del sangue di mia figlia ed a vivere sotto il suo stesso tetto” rispose Karl leccandosi del sangue da una ferita che aveva sul braccio.
“Vuoi dirmi che Thyra è morta da umana? E che in punto di morte il suo ultimo pensiero era rivolto a quella ragazzina?” sbraitò l’altro visibilmente irritato.
“Pensala come vuoi, la cosa non mi riguarda minimamente” concluse Karl facendo un balzo verso il suo rivale che indietreggiò evitando l’attacco. Karl non sembrava minimamente sofferente, continuava a cercare di colpire il suo avversario con affondi diretti e precisi, mentre quest’ultimo lottava per non soccombere sotto il peso della nuova potenza del suo avversario.
“Come puoi essere così forte?” scattò ansimante.
“L’anello. Portarlo significava rinunciare alla mia forza e potenza, un prezzo più che giusto se mi avrebbe permesso di vivere accanto a mia figlia senza rischiare d’aggredirla, ma ormai non mi serve più tenere il sigillo, ormai lei non c’è più e sei stato tu ad ucciderla” spiegò Karl aumentando la velocità dei suoi colpi. Craulad appariva in difficoltà, non riusciva a credere che si trattava dello stesso vampiro che aveva più volte sconfitto in passato riducendolo in fin di vita.
“Volevi vedermi così?” chiese Karl colpendolo ad un braccio spezzandolo, “è questo il Karl che volevi vedere?” continuò a colpirlo con raffiche di pugni dati ad una velocità sorprendente. Craulad indietreggiava sopraffatto, non aveva mai provato tanto dolore e terrore in vita sua. Solo in quel momento capì di aver commesso un grande sbaglio. La prima volta che affrontò Karl, egli aveva già l’anello con se pertanto non aveva idea dell’immenso potere che celava al suo interno. Thyra l’aveva reso un agnellino per il bene della loro bambina? Impossibile! Thyra era la sua donna! Non avrebbe fatto nulla che potesse nuocere al suo sovrano eppure era successo. L’idea che la sua amata avesse anteposto il bene di quell’insulsa umana al suo gli faceva ribollire il sangue. Un dolore lancinante lo fece trasalire, il suo campo visivo fu oscurato da una colonna di sangue che schizzava dalla sua spalla, nel punto dove una volta c’era il braccio, ora vi era solo sangue e brandelli di carne e tessuto sfilacciato.
“Fermati!” ordinò cadendo inginocchio.
“Perché?” ribatté Karl con freddezza, “non era questo ciò che hai sempre desiderato?” chiese lanciando il braccio tranciato in terra. L’uomo non era cambiato solo nella forza e nel carattere, ma anche nell’aspetto. Il suo corpo aveva acquistato vigore, i suoi capelli si erano leggermente allungati ed erano completamente bianchi, il viso più scarno trasmetteva tutto il dolore che si portava dentro l’anima, un dolore che si nutriva dei suoi silenzi e che lasciava cicatrici indelebili in quel cuore non più umano.
Afferrò Craulad per la gola e lo scagliò contro una parete sfondandola, poi lo riprese e lo rilanciò con ancora più forza. “Karl, fermati” implorò con voce tremante. Lo temeva, temeva la sua forza ma, soprattutto, temeva il suo sguardo scarlatto, non aveva mai visto in un vampiro uno sguardo del genere.
Karl non rispose ma gli piazzò una pedata in pieno petto per assicurarlo al terreno, poi afferrò l’altro braccio che gli era rimasto e lo strappò via come se fosse stato fatto di carta. Craulad urlò.
“Soddisfatto ora?” gli chiese Karl lanciando l’arto lontano da loro.
“Uccidimi” supplicò l’avversario ricoperto dal proprio sangue. “Uccidimi, non sopporto più questo dolore” mormorò ansimante.
“Perché dovrei? Potrei lasciarti in questo stato. Senza braccia non potrai di certo procurarti il cibo e morirai di stenti o di pazzia” ci pensò su, “e direi che la seconda sia la morte più adatta a te” sorrise leccando il sangue dell’avversario che gli era rimasto sulla mano. Craulad scoppiò a ridere così forte da far nascere in Karl l’esitazione. “Ho creato un mostro!” ghignò, “per anni non ho fatto altro che umiliarti, ferirti, torturarti, spronarti, volevo che tu diventassi un mostro come me, volevo vedere quell’espressione fredda e imperturbabile” tossì, “eppure ora capisco che non avrei dovuto. Tua figlia aveva ragione: qualsiasi cosa faccia Thyra non tornerà da me e neanche la morte potrà unirci, perché quelli come noi spariscono e basta” sorrise con guardo vacuo. L’emorragia l’aveva indebolito, ormai sentiva la fine farsi vicina e stranamente non la temeva più di tanto, aveva vissuto secoli, aveva dominato popoli, aveva conosciuto l’amore per poi perderlo eppure sentiva di essere in pace con se stesso.
“Non vorrai farmi il sentimentale proprio ora?” scattò Karl tirandolo su per il collo. “Tu mi hai fatto diventare quello che sono ed ora vorresti dirmi che ti dispiace per caso?” urlò stringendo la presa. L’altro rise: “si, Karl continua così. Non esitare e uccidimi” mormorò.
“Io non ti ucciderò!”.
“Si che lo farai, perché è ciò che più aneli nel tuo cuore” mormorò con un filo di voce.
“Ti ho portato via l’amata…”.
“Smettila!”.
“Ti ho costretto ad una vita da fuggitivo…”.
“Ho detto sta zitto!”.
“Ed ho ucciso l’unica tua ragione di vita…”.
“Smettila di parlare!” urlò Karl digrignando i denti fino a far sanguinare le gengive. L’altro rise nuovamente: “però è stato uno spettacolo! Uccidere un umano ha sempre il suo fascino. La carne morbida, il sangue caldo e vischioso… il rumore delle ossa che vanno in pezzi” socchiuse gli occhi.
“Craulaaaaaaaaaaaaaad!!” urlò Karl fuori di se. Strinse con ancora più forza la presa intorno al collo del nemico finché non sentì un rumore assordante seguito da un secco tonfo. Del liquido vischioso e freddo lo travolse, gli occhi, i capelli ed i vestiti erano pieni di sangue. Il corpo di Craulad cadde in ginocchio ai suoi piedi, mentre la testa del vampiro rotolava a pochi passi da lui. L’incubo era finito. Craulad era riuscito fino alla fine a condurre quel macabro gioco guidandolo attraverso l’emozioni in una spirale d’eventi inevitabili. Si guardò le mani tremanti. Aveva ucciso una persona con le sue stesse mani, per la seconda volta nella sua vita, un’esistenza era stata stroncata per mano sua. Con passo infermo si avvicinò al corpo di Sara, cadde in ginocchio accanto a lei e la sollevò con delicatezza. Alcune ciocche le coprivano la fronte, ma lui le spostò di lato per vedere il volto della sua bambina ancora una volta. Prese la mano della fanciulla e la baciò, poi le baciò la fronte ed infine i capelli, non c’erano parole per descrivere il suo dolore, così la strinse forte a se scoppiando in un pianto senza lacrime.
“Sara” mormorò tenendola stretta a lui, “la mia piccola Sara” concluse con voce rotta dal dolore.
“Papà?” si sentì chiamare, “papà così mi fai male” mormorò. L’uomo si scostò di soprassalto cercando di vedere il volto della giovane che aveva aperto gli occhi e lo guardava debolmente.
“Sara?” chiese incredulo. L’aveva vista morire, come poteva essere ancora viva? Quello doveva essere per forza un miracolo, pensò. “Sara?” mormorò con voce spezzata dall’emozione. “Sara!!”. Lei sorrise: “perdonami papà se ho dubitato di te, ora so la verità”.
“La verità? Di cosa stai parlando?” chiese.
“Ho visto la mamma, lei mi ha raccontato tutto. Mi ha detto che quella sera quando l’hai abbracciata, per alcuni istanti aveva ripreso il controllo del suo corpo e…” ansimò indebolita.
“Aspetta, smettila di parlare. Dobbiamo andare da un dottore!” scattò lui.
“No, non ne ho bisogno, papà” gli rispose leccando il sangue ancora fresco che l’uomo aveva in volto.
Karl la scostò dolcemente, esaminò la ferita che la giovane aveva nel petto e si rese conto che essa era sparita magicamente. Com’era possibile? Era sicuro di aver visto Craulad che trapassava da parte a parte il corpo della sua bambina, l’aveva vista cadere in terra in una pozza di sangue, ricordava perfettamente i suoi ultimi rantoli di dolore, eppure ora non vi era più traccia di nulla. “Ma com’è possibile?” si lasciò sfuggire sconcertato.
“E’ stata la mamma” sorrise, “ecco, ora te lo mostro” concluse alzando la mano e mostrando l’anello che portava al dito ormai ridotto ad un sottilissimo filo d’argento. Un bagliore avvolse Karl e Sara trasportando entrambi nel passato, qui i due videro nuovamente la scena in cui Rhith senza controllo si era accanita sul marito ormai trasformato in vampiro.
“Perché mi stai facendo questo?” chiese lui in lacrime. Lei ansimava col capo appoggiato alla spalla di lui, costretta in un abbraccio che le impediva al minimo i movimenti.
“Aiutami” mormorò infine.
“Rhith?” s’illuminò Karl. Allentò la presa per permettere alla donna di tirarsi su col busto scoprendo il viso contratto dal dolore e rigato di lacrime.
“Rhith” mormorò.
“Uccidimi!” ordinò la donna alzandosi da terra.
“No!” ribatté lui mettendosi seduto a fatica. “Non puoi chiedermi questo, non posso farlo”.
“Non abbiamo molto tempo. Non so per quanto potrò mantenere il controllo, quindi ti prego non esitare”.
“No! Ci dev’essere un’altra soluzione, io non …”.
“Non c’è e tu lo sai” sorrise la donna, “ma prima …”. Si morse l’indice della mano fino a farlo sanguinare, poi chiuse le mani in modo congiunto come se stesse pregando. Un bagliore uscì tra un dito e l’altro seguito da un fumo denso color porpora, quando riaprì le mani, sui suoi palmi apparve una fede nuziale color argento. “Indossala e portala sempre con te, questa eviterà che tu aggredisca la nostra bambina” sorrise infilando l’anello dal dito del marito, poi gli accarezzò il viso e lo baciò dolcemente. Rimasero abbracciati per un breve istante, poi Rhith iniziò di nuovo a dimenarsi: “Presto!” incalzò rivolta all’uomo.
“No, non posso farlo” mormorò Karl facendo cenno di no col capo.
“Devi, ti prego!” ansimò lei, “non ce la faccio più a trattenerla, tesoro!”.
“Non posso …”.
“Uccidimi! Uccidimi Karl ti prego!” urlò. In quell’istante l’uomo chiuse gli occhi e si scagliò su di lei strappandole il cuore dal petto, quello era l’unico modo che l’istinto gli aveva suggerito. La donna ebbe un mancamento, ma lui fu pronto a prenderla tra le braccia.
“Rhith?” sussurrò.
“Sei stato bravo” sorrise, “prenditi cura di Sara, proteggila ed amala anche per me” pronunciò con un filo di voce.
“Perdonami” mormorò Karl sconvolto, “Rhith …”. Lei gli regalò un ultimo sorrise, socchiuse gli occhi e cadde in un sogno senza risveglio.
 
 
“Cos’è stato?” mormorò Karl perplesso.
“E’ un ricordo” rispose una voce femminile alle sue spalle, si voltò e vide Rhith in piedi dinnanzi a lui e Sara che era rimasta accovacciata tra le braccia del padre, col viso nascosto nel suo petto.
“Rhith?” sgranò gli occhi.
“Sei stato bravissimo, caro. Non solo hai tenuto fede alla parola data, ma hai protetto e cresciuto nostra figlia con tanto amore, sono davvero orgogliosa di te” sorrise.
“Rhith, com’è possibile?” mormorò incredulo. Avrebbe voluto alzarsi per andarle incontro, ma non voleva in alcun modo separarsi da Sara. Lei non rispose, ma indicò l’anello che aveva al dito la ragazza. Karl lo guardò notando che non solo aveva acquisito uno strano bagliore che ricordava i riflessi lunari, ma era diventato ancora più sottile.
“Quando quell’anello si romperà, io sparirò per sempre” annunciò. “Ma prima è giusto che tu sappia che se la nostra piccola è ancora viva lo deve unicamente a te. Tu le hai donato il mio anello quando il suo cuore era ancora caldo e pulsante. Esso l'ha condotta qui, nella mia dimensione dove per anni ho tenuto a bada il vampiro che era in te”.
Lui la guardò, ma non proferì parola.
“Non riesci a capire, vero?” sorrise. “Quando mi hai uccisa, la mia magia si era già trasferita in quell’anello. L’hai detto anche tu, no? L’anello era stato forgiato dalla mia ombra mista al mio sangue. Ovviamente non mi era possibile manifestarmi materialmente, ma potevo darti un supporto nel caso di bisogno”.
“Quindi quella volta col neonato ed anche quand’ho aggredito Sara nel cantiere … “.
“Si, sono stata io a farti riprendere il controllo, anche se comunque mi è stato possibile, solo perché anche tu ti sei sempre ostinato a non rinunciare alla tua natura umana. Non fraintendere, ho amato tanto il mio signore, ma non potevo abbandonare colui che mi ha fatto rinascere come un essere umano e come donna. Io vi ho amato entrambi in due modi completamente diversi e poi ho amato lei” sorrise posando gli occhi su Sara che ricambiò il sorriso. “Lei è tutto ciò che avrei voluto ed anche se ho potuto passare pochissimo tempo con lei, lo amata dal profondo del mio cuore”.
“Cos’è successo a Sara?” chiese Karl anche se ormai aveva iniziato a capire.
“Lei è mia figlia, nelle sue vene scorre anche sangue di vampiro e, nel momento in cui le hai messo l’anello, ho risvegliato in lei quel potere sopito” sorrise, “il suo corpo umano è morto ed è rinata come un vampiro. Resterà bella per l’eternità”.
“Ma così non sarà mai felice” scattò Karl stringendo a se la figlia.
“Ti sbagli papà, se posso stare con te, io sono la persona più felice del mondo” gli sorrise.
“Sara …” mormorò Karl con una punta di dolore. Non era certo questo il futuro che avrebbe voluto per sua figlia. A cosa erano serviti tutti quegli anni di sofferenza? Certo,  era sinceramente felice di non averla persa per sempre, ma non poteva rallegrarsi del fatto che ormai anche lei era condannata ad una vita di tenebre e dannazione.
“Il mio tempo sta per scadere” annunciò Rhith, “sono felice di aver potuto rivedervi per un’ultima volta. Vi amo” sorrise, poi l’anello si polverizzò in una nuvola d’argento, la luce abbagliante che li aveva avvolti, si dissolse ed i due ritornarono tra i resti della casa diroccata.
Una leggera pioggerellina stava lavando via le tracce di quella guerra sanguinosa che si era consumata tra i resti della villa, ora non avevano più nulla da temere, Craulad era morto ed anche le sue ombre erano sparite per sempre, Karl e Sara erano di nuovo liberi di ritornare alla loro vecchia vita, anche se ormai non erano più li stessi. Oramai Sara era una creatura delle tenebre esattamente come il padre e questo avrebbe comportato dei cambiamenti nella sua vita di tutti i giorni, ma di una cosa era certa: da quella sera, suo padre non l’avrebbe più lasciata sola in casa per sgattaiolare fuori alla ricerca di cibo, ora la caccia si sarebbe svolta in coppia.
“Papà sei arrabbiato per quello che è successo?” chiese Sara guardando la pioggia che cadeva incessantemente.
“No, non importa che tu sia vampira o umana, tu sarai sempre mia figlia” le sorrise stringendola a se. Lei sorrise lasciandosi abbracciare. Una nuova vita, una nuova realtà l’attendeva.
“Io vorrei vivere qui, in questo paesino incastonato tra le montagne, dove tu e la mamma avete vissuto giorni felici” disse rimettendosi in piedi. “Tu che ne dici? Possiamo?” sorrise voltandosi per guardalo in volto. Lui le sorrise dolcemente: “certo, possiamo trasferirci qui se ti fa piacere”.
“E se dovessimo imbatterci in altri vampiri?” chiese con una nota di timore.
“In quel caso li affronterò. Non permetterò a nessuno di distruggere questo posto e far del male alla gente di qui”.
“Ed io ti darò una mano” sorrise assumendo un’espressione decisa. Karl rise: “prima dovrai imparare a cacciare i topi, poi ne riparliamo” disse incamminandosi.
“Topi?” scattò Sara con una smorfia, “non possiamo cacciare qualcos’altro? Mi fanno senso i topi!”.
Lui rise nuovamente e senza rispondere si avviò per la collina che aveva fatto da sfondo  a quella cruenta battaglia. Non sapeva cosa gli avrebbe ancora riservato il futuro, ma era certo che qualsiasi cosa sarebbe successa d’ora in poi, lui e Sara l’avrebbero affrontata insieme. Le nubi si diradarono facendo spazio ad una Luna piena meravigliosa, che illuminò il loro cammino. Una nuova vita li attendeva e con essa un nuovo futuro tutto da scrivere e da vivere.
 
                                                                                                                                                                                            FINE
  
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