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Autore: PuccaChan_Traduce    21/01/2015    10 recensioni
(Nota dell’autrice) Questa avrebbe dovuto essere una piccola e tenera oneshot, ma quando ho raggiunto le 11,000 parole mi sono detta, “Ok, forse è meglio che la divida in più capitoli.” E’ dedicata alla carissima IRREL (la trovate su Tumblr! --> http://irrel.tumblr.com/), che mi ha gentilmente fornito il prompt da cui partire: "Cosa sarebbe successo se Smaug non fosse mai esistito e Kili fosse cresciuto come Principe di Erebor mentre Tauriel fosse rimasta Capitano delle Guardie Reali, e i due si fossero scoperti attratti l'una dall'altro?"
DISCLAIMER: questa fanfiction è una TRADUZIONE che viene effettuata con il permesso del legittimo autore; tutti i personaggi citati appartengono ai rispettivi autori.
Genere: Fantasy, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Fili, Kili, Tauriel
Note: Traduzione, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Autrice: ChasingPerfectionTomorrow (Tumblr / FanFictions AO3)
Fandom: Lo Hobbit (film)
Coppia: Kìli/Tauriel

~

Parecchi giorni dopo – Kìli aveva costantemente l’impressione di camminare sollevato a un metro da terra – giunse il momento in cui gli Elfi avrebbero fatto ritorno alla loro patria, e una grande festa era stata organizzata per salutarli degnamente. Kìli si sarebbe sentito a pezzi se non fosse stato così sicuro che Tauriel sarebbe rimasta; erano promessi, dopotutto.
Si vestì con più attenzione e cura di quanto avesse mai fatto in vita sua, spendendo molto più tempo di quanto avrebbe mai ammesso a scegliere l’abbigliamento perfetto per l’occasione e tuttavia sentendosi completamente inadeguato. Fìli lo trovò che si lisciava la tunica davanti allo specchio: Kìli vi vide riflesso lo sguardo del fratello maggiore e notò che era turbato e come diffidente. Ricordando la scena accaduta qualche tempo prima a colazione, si sentì sommergere dalla vergogna.
“Kìli, dobbiamo parlare...”
“Mi dispiace moltissimo, fratello,” lo interruppe Kìli raggiungendolo e stringendogli le braccia. “Non avrei dovuto parlarti in quel modo. Mi perdoni?”
Fìli esitò, ma poi gli sorrise brevemente. “Certo, ma non è per questo che sono qui.”
Gli indicò le seggiole davanti al focolare e si sedettero l’uno di fronte all’altro. Nella stanza come sempre regnava il più completo disordine – Kìli avrebbe proprio dovuto decidersi a sistemare quel caos di frecce, pugnali, abiti sporchi e briciole, prima o poi – ma in qualche modo si adattarono.
“Ascolta, Kì, dobbiamo parlare di... beh, di qualunque cosa stia accadendo tra te e l’Elfa.”
Kìli represse un sospiro insofferente. “Non c’è nulla da dire...”
“Vuoi starmi a sentire, per una volta?” sbottò suo fratello. “Lo zio comincia ad essere sospettoso e irritato.”
Kìli fissò accigliato i propri stivali. “E allora? Lascia che si irriti.”
Fìli sbuffò esasperato. “Questo capriccio deve finire, Kìli, interferisce con i negoziati di pace e –”
“Non è un capriccio,” mormorò Kìli, facendo tacere il fratello. “Io...” esitò, le mani che stringevano la stoffa dei pantaloni. “Credo di amarla... anzi, so di amarla.”
Fìli gemette incredulo e si lasciò ricadere sulla sedia. “Non puoi dire sul serio! Giuro che tra tutte le stupidaggini che hai fatto questa è sicuramente –”
“Ehi!” protestò lui offeso, ma suo fratello lo ignorò.
“Nostro zio non acconsentirà mai, Kìli. Mai.”
Kìli si sentì ribollire di rabbia e scattò in piedi. “Non mi interessa avere il suo consenso.”
“Lei è un Elfo! Sono immortali, non muoiono mai...”
“So cosa vuol dire essere immortali, Fì, grazie tante!”
Fìli balzò in piedi a sua volta e lo afferrò per le spalle, costringendolo a guardarlo in faccia. “E cosa accadrà quando un giorno tu morirai e la lascerai? Ci hai pensato? La abbandonerai senza il conforto del suo popolo – nè tantomeno del nostro? La condanneresti a un simile destino?”
Kìli scosse la testa ostinatamente. “Non puoi saperlo! Non sai cosa proviamo l’uno per l’altra...”
“E tu?” gli chiese il fratello con serietà, guardandolo fisso. Kìli lo spinse via con rabbia.
“Lei mi fa sentire vivo, Fì!” esclamò. “Prima che arrivasse a Erebor tutti i giorni erano uguali per me, non avevo alcuno scopo, alcun obiettivo, se non quello di vivere all’ombra di mio fratello maggiore.” Fìli trasalì a queste parole, ma Kìli non vacillò. “Non ho chiesto io di provare questi sentimenti, ma non farò finta che non esistano. Tutti meritiamo di essere fautori del nostro destino.”
Fìli sospirò e si passò una mano tremante sulla barba. “Tu sei mio fratello e io desidero solo la tua felicità, ma questo... questo è sbagliato, Kì, sono certo che lo sai anche tu.”
Kìli riflettè attentamente su quelle parole; c’era del vero in esse, ma la verità insita nel suo cuore gridava più forte. “Se l’amore è sbagliato, Fì, allora cosa ci resta? Se veniamo costretti a tradire il nostro cuore, cosa mai potremo fare di buono della nostra vita?”
Fìli continuò a fissarlo e nel suo sguardo si leggeva un conflitto tremendo; poi gli si avvicinò e lo strinse in un rude abbraccio. “Ti prego, ritrova la ragione: nostro zio ti bandirà, il nostro popolo ti disprezzerà. Non farlo, fratello mio.”
Kìli chiuse gli occhi e rispose all’abbraccio, mentre un dolore improvviso gli stringeva il cuore come una morsa. “So quello che provo, Fì, e non ho paura. Mi dispiace, fratello, ma è già troppo tardi.”
 
~
 
Avia lo trovò non appena entrata nella sala da ballo e ci volle tutto l’autocontrollo di cui Kìli era capace per impedirsi di gemere ad alta voce. La figlia di Dàin Piediferro era una ragazzona grande e grossa, con un’espressione perennemente acida in volto come se avesse mangiato un limone troppo aspro e una personalità in perfetta sincronia.
“Che piacere rivederti, cugina,” la salutò Kìli a denti stretti e desiderando disperatamente di fuggire. Avrebbe potuto rifugiarsi da Fìli, ma Briala aveva già catturato la sua attenzione e non c’era da sperare di ricevere alcun aiuto da quella parte. Avia era l’ultima persona che avrebbe voluto vedere quella sera. Aveva sperato che il signore dei Colli Ferrosi non sarebbe arrivato in tempo per il ballo – una speranza vana, a quanto sembrava. Tutti sapevano che la figlia di Dàin gli teneva gli occhi addosso da tempo e che sollecitava costantemente il padre ad organizzare un’unione tra loro due; per fortuna Thorin sembrava diffidare di Avia almeno quanto lui, ma sapeva che molti invece favorivano quel matrimonio.
Avia gli sorrise sbattendo rapidamente le ciglia come una specie di cervo impazzito. “Il piacere è tutto mio, mio Principe,” rispose rocamente posandogli con fare possessivo una mano sul braccio; Kìli dovette reprimere l’urgenza di scrollarsela di dosso. “Balliamo, mio signore?” gli chiese ancora lei timidamente guidandolo verso la pista, dove suo fratello e Briala già volteggiavano sorridenti.
In quel momento però l’ingresso in sala degli Elfi giunse a salvarlo. Lo sguardo di Kìli si spostò subito su una massa ardente di capelli e su occhi di smeraldo, come una falena attirata da una lampada. Gli sembrò che i suoi polmoni si svuotassero completamente dell’aria. Lei era sempre bella, anche quando indossava la semplice uniforme da Capitano della Guardia ed era tutta scarmigliata dopo una sessione di allenamento, ma quella sera era splendida più della luna, più ancora dell’Archengemma. Indossava un leggero abito di seta verde e tulle che le lasciava le spalle nude e aveva i capelli sciolti fino alla vita, senza alcuna acconciatura; in più aveva la collana che lui le aveva donato e che brillava luminosa intorno alla sua gola elegante.
In quel momento Kìli seppe di essere perduto. Seppe, mentre gli occhi di lei cercavano e si posavano sui suoi, che avrebbe dato via il suo titolo, i suoi privilegi, perfino la sua casa pur di stare con lei; seppe che l’avrebbe seguita fino ai confini della Terra di Mezzo e oltre, se solo lei gliel’avesse chiesto.
Aveva attraversato mezzo salone prima ancora di rendersene conto, a malapena conscio dello sguardo irato di Avia e non curandosene affatto.
“Miei signori,” disse chinando brevemente il capo. Re Thranduil chinò la testa a sua volta, con un’aria vagamente divertita, mentre Legolas gli rivolse un’occhiata fulminante; Kìli lo ignorò.
Si girò poi verso Tauriel, trovandosi ancora una volta a corto di fiato. Vista così da vicino era ancora più bella, la sua pelle era luminosa come fosse composta da nient’altro che luce e bellezza. Lui le sorrise e lei gli restituì il sorriso e di nuovo c’erano solo loro due. Lui le prese la mano e depose un bacio leggero sulle nocche, e lei vibrò impercettibilmente trasmettendogli una scarica di calore fin nelle viscere.
“Mia signora,” mormorò Kìli contro la sua pelle.
Tauriel s’inchinò, gli occhi che le brillavano timidi. “Altezza.”
La musica iniziò e, anche se il Principe aveva l’aria di volerlo trafiggere sul posto e suo zio gli lanciava sguardi affilati come pugnali attraverso la sala, Kìli non avrebbe potuto curarsene di meno. Avevano convenuto di dover fare attenzione, di agire solo in segreto, ma in quel momento voleva che tutto il mondo sapesse che lei era sua e lui suo.
“Mi concedi l’onore di questo ballo?” le chiese in tono quasi di sfida. È questo che vuoi?, sembrava dire. Sei abbastanza coraggiosa da compiere questo passo con me?
Gli occhi di lei scandagliarono i suoi, leggendovi le stesse domande; Tauriel deglutì. “L’onore sarebbe mio,” gli rispose.
Anche se lei era più alta, stavano bene insieme. Lei gli posò una mano sulla spalla mentre lui gliela mise sulla vita, stringendola di riflesso al calore che filtrava attraverso la stoffa leggera; poi le prese la mano libera con l’altra e si sentì ancora una volta completo. Aveva detto a Fìli che lei lo faceva sentire vivo, ma c’era molto più di questo: lo faceva sentire eterno, invincibile, in grado di fare qualsiasi cosa.
La melodia era lenta e semplice ma era evidente, dal modo in cui le sue dita gli stringevano la spalla, che Tauriel non conosceva i passi. Kìli le sorrise incoraggiante, col cuore che gli batteva forte.
“Non ti preoccupare,” sussurrò. “Basta che segui me.”
Lei annuì e s’inumidì le labbra nervosamente mentre lui la guidava. Tauriel poteva anche non conoscere il ballo, ma la sua grazia innata compensava egregiamente la mancanza di esperienza. Era come una fiamma viva tra le sue braccia, come una stella che orbitava attorno al proprio sole; gli occhi di lei non lasciavano mai i suoi.
“Questo è sbagliato,” mormorò mentre volteggiavano, gli occhi ancora luminosi.
Kìli si sentì stringere il cuore. “Lo pensi davvero? Perchè per me... niente è mai stato più giusto.”
La sentì rabbrividire e se la tirò più vicino mentre la musica continuava a trascinarli. “Oh, Kìli,” mormorò ancora Tauriel. “Non c’è futuro per noi, di certo lo sai anche tu...”
“No,” disse lui con durezza. “Non parliamo di questo adesso. Adesso... balla con me. Fingiamo ancora un altro pò.” Il suo tono si era fatto implorante.
Lei gli rivolse un sorriso gentile, stringendogli la spalla con fare rassicurante, e annuì. “Come vuoi, ma solo un altro pò.” Ma nelle sue parole c’era la promessa di un tempo molto più lungo, e nei suoi occhi lui vedeva tutte le epoche che ancora dovevano venire.
 
~
 
“Cosa accadrà se ci scoprono?” chiese Tauriel mentre scivolavano attraverso il cancello in ferro battuto all’interno del Giardino della Regina. Erano riusciti a sgattaiolare via non visti nel corso di un turbolento limerick eseguito nientedimeno che da un Balin ubriaco fradicio; Kìli sapeva che non sarebbe durato a lungo, ma comunque gli permetteva di trascorrere alcuni momenti con lei.
“Beh, per prima cosa ci frusteranno ben bene, poi ci faranno bollire e ci scuoieranno, e infine useranno le nostre pelli come decorazioni per la galleria principale,” le rispose tutto serio.
“Esilarante.”
“Non temere, posso infilarmi o uscire da qualsiasi luogo io voglia,” affermò Kìli alzando le sopracciglia, e Tauriel gli diede una spintarella divertita.
Si addentrarono nel corridoio buio, lasciandosi alle spalle la luce delle torce; Tauriel stese una mano e intrecciò le dita alle sue. Il ricordo delle sue labbra era per Kìli commovente e intrigante al tempo stesso e le fece scorrere le dita lungo il braccio, beandosi del sussulto e del lieve ansito che ottenne in risposta.
“Dovrebbe essere così buio?” chiese allora Tauriel facendolo tornare alla realtà.
“Aspetta qui,” le rispose stringendole la mano prima di addentrarsi a tentoni nell’oscurità. Erano passati anni dall’ultima volta che era stato nel Giardino, ma lo conosceva come le sue tasche. Da bambino era il suo posto preferito, vi trascorreva ore mano nella mano con sua madre o suo fratello, prima che la Regina morisse e la luce negli occhi di suo zio si offuscasse.
Trovò facilmente il meccanismo di illuminazione e girò la maniglia arrugginita, grugnendo per lo sforzo. Si sprigionò una scintilla che accese i grandi bracieri che correvano lungo tutte le pareti dell’ambiente; Kìli si girò e vide la meraviglia sul volto di Tauriel. Lei fece un passo avanti, esitante, gli occhi spalancati fissi sulla volta della grotta sopra di loro che riluceva in una perfetta imitazione del cielo notturno. Faceva quasi male guardarla, era così bella, e Kìli non riusciva a credere che quella fosse davvero la loro ultima notte insieme. Di certo Mahal e tutti i Valar non potevano essere così crudeli.
Le venne vicino e lei lo guardò, gli occhi che ancora le scintillavano di meraviglia. “E’ bellissimo,” disse piano, quasi intimorita. Kìli stese una mano e le accarezzò il viso, la linea definita delle sue guance fino alla mandibola e alle labbra dischiuse.
“Sapevo che ti sarebbe piaciuto.”
Lei sorrise e lui le prese di nuovo la mano guidandola in avanti. Statue d’oro e di marmo erano poste lungo tutto il viale, oscurando un pò il percorso ma comunque bellissime. Al centro del Giardino stava una grande statua d’oro di Mahal, completa di incudine e martello. Tauriel la fissò per un lungo momento in silenzio, il viso pensieroso come stesse ricordando qualcosa d’importante.
“C’erano fiori qui una volta,” disse Kìli distrattamente. “Bellissimi fiori dai petali che sembravano di cera e che mio zio aveva portato qui dalle grotte dell’estremo sud.”
“Com’era la Regina?” chiese lei mentre continuavano la loro passeggiata, oltrepassando aiuole vuote e panchine scavate nella roccia.
Kìli dovette pensarci a lungo. “Ero appena uscito dall’infanzia quando è morta, ma ricordo il suo sorriso e la sua gentilezza. Mi ricordo anche di un’altra volta in particolare: lei era arrabbiata con mio zio per non so più cosa e lo sfidò davanti all’intera corte.”
Tauriel ridacchiò. “Dubito che Re Thorin l’abbia presa bene.”
Kìli rise a sua volta e scosse la testa. “Secondo mia madre divenne così rosso che Balin temette potesse andare a fuoco, ma alla fine venne fuori che la Regina aveva ragione.”
“E tuo zio era ancora arrabbiato?”
“Oh sì, e lo rimase per settimane, ma poi ammise le sue colpe ufficialmente e da quel momento non alzò mai più la  voce.”
“Deve averla amata molto... com’è morta?” chiese ancora Tauriel esitante.
Kìli le rivolse un sorriso triste mentre raggiungevano una grande piattaforma che sorgeva accanto a un piccolo laghetto sotterraneo. “Dando alla luce mia cugina. Thorin, lui... beh, non è stato più lo stesso da allora. La sua morte, subito dopo quella di mio nonno, lo ha reso più duro, più freddo.”
Qualcosa di oscuro attraversò il viso di Tauriel e inconsciamente intrecciò più forte le dita alle sue. Kìli la aiutò a salire i fatiscenti gradini di pietra della piattaforma, avvertendo un fremito come di apprensione in lei.
L’area, un tempo cosparsa di comodi divani e cuscini, era ora quasi uniformemente coperta di morbido muschio. Era più buio lì, le torce erano un pò più lontane, e sembrava quasi di trovarsi all’esterno, sotto la luce delle stelle. Kìli, sentendosi stranamente nervoso – aveva le mani calde e sudate – la fece sedere accanto a lui.
“A cosa pensi?” le chiese piano mentre lei fissava le placide acque del laghetto. Gli occhi di lei erano come distanti e si era seduta un pò staccata da lui; le pieghe del suo abito si stagliavano nette nell’oscurità.
“A come la mia vita prima di incontrarti sembri stranamente... remota e indistinta,” gli rispose con calma, senza guardarlo. “Come se non fosse nemmeno più la mia.”
Kìli si schiarì la gola. “Hai dei rimpianti... voglio dire... su di noi?” Quasi si strozzò a pronunciare quelle parole, improvvisamente certo di non voler sapere la sua risposta.
Lei si girò finalmente verso di lui, con un sorriso malinconico venato da una punta di tristezza. Senza parlare allungò una mano e gli toccò il viso, sfiorandogli con le dita le guance e la mandibola. “Gli uomini del mio popolo non hanno la barba,” mormorò mentre lui sentiva come un fuoco laddove lei lo toccava.
“Ti dà fastidio?” le chiese rocamente.
Lei scosse piano la testa. “No, mi piace. È ruvida... ma anche morbida. Come te.” Il suo sorriso diventò più vivace mentre la mano continuava la sua esplorazione, passando lungo i contorni della sua gola e fermandosi poi sulla vena pulsante del suo collo. Kìli rabbrividì, il respiro che gli si strozzava in petto. Le dita procedettero poi sui suoi capelli, accarezzandogli deliziosamente lo scalpo fino a fargli fremere ogni singolo muscolo del corpo; strinse i pugni lungo i fianchi. Alla fine le dita trovarono la loro promessa segreta e Tauriel, con gli occhi socchiusi, svolse la treccia da sotto la fascia che lui portava.
“Non potrei mai avere rimpianti su di te, Kìli.”
Senza rendersene pienamente conto, egli si spostò in avanti fino a inginocchiarsi sopra di lei e le prese il viso tra le mani. Si perse per un istante nei suoi occhi – che lo fissavano profondi da dietro le palpebre socchiuse – e nella contemplazione delle sue labbra semiaperte e delle sue guance arrossate prima di baciarla, a lungo. Le mani di lei scivolarono sulla sua schiena mentre un gemito le sfuggiva di bocca, dandogli un assaggio del piacere, del desiderio che sentiva per lui. Kìli aveva l’impressione di annegare e fece scorrere le mani sul suo collo e sulle spalle nude, sentendo che tutto quel desiderio stava per farlo impazzire.
Le mani di lei si spostarono poi sul davanti, scorrendo lentamente e deliziosamente sul suo stomaco fino a raggiungere i lacci del suo gilet: Kìli guardò disorientato le agili dita che correvano lungo il filo argentato per liberarlo dalle sue sedi.
“Tauriel,” gemette con voce roca mentre le dita si facevano strada tra i lembi della camicia, fino ad esporre la pelle nuda del suo petto.
“Shh,” mormorò lei, piegandosi in avanti per baciare il punto che le sue dita stavano accarezzando e lasciandolo senza fiato. Le dita di lui salirono tra i suoi capelli e trovarono a sua volta la treccia della promessa, accuratamente ripiegata e appuntata sulla nuca; la liberò mentre le labbra di lei risalivano lungo il suo petto e la sua gola.
“Nessun rimpianto,” mormorò Tauriel sulla sua pelle, facendogli scivolare la camicia giù dalle spalle.
 
~
 
Qualche tempo dopo, quando i loro respiri si erano fatti più lenti e rilassati, Kìli si girò su un fianco e depose un bacio delicato su una cicatrice sopra il suo seno sinistro – e ci volle tutto il suo autocontrollo per impedirsi di indugiare.
“Hai molte più cicatrici di me,” osservò mentre Tauriel gli passava languidamente una mano tra i capelli.
“Hmm,” mugugnò lei, spostandosi in modo da appoggiargli la testa su una spalla e osservandolo da sotto le ciglia abbassate. Aveva i capelli scompigliati, le guance arrossate, le labbra leggermente gonfie; Kìli si morse un labbro per trattenere un gemito. Ogni volta che pensava che non avrebbe potuto essere più bella, più perfetta di così, lei gli dimostrava che si sbagliava.
“La maggior parte è dovuta all’addestramento; quella credo che me l’abbia lasciata una recluta particolarmente goffa.”
Lui abbassò la testa e passò il pollice su un’altra cicatrice sul suo fianco.
“Un’imboscata di orchi,” rispose lei baciandogli il collo con voluttà; poi fece vagare la mano su una grande cicatrice che gli attraversava il petto fino all’ombelico. “E questa? Un altro scherzo andato storto?” ironizzò. Kìli ridacchiò, ma smise subito quando i ricordi gli affollarono la mente.
Lei dovette accorgersene, perchè si sollevò un pò. “Cosa c’è?”
Lui scosse la testa senza riuscire a guardarla, scostandole i capelli da una spalla. “E’ che... beh, è successo il giorno in cui mio padre è morto.”
“Oh, Kìli,” ansimò Tauriel, “mi dispiace, non sapevo–”
“Non importa, amore mio,” le rispose baciandola. “Non scusarti.”
Ci fu un momento di silenzio mentre lei tornava ad appoggiare la testa al suo petto e lui le poggiava la guancia sui capelli. Avrebbero dovuto tornare indietro da tempo, ormai la loro assenza doveva essere stata largamente notata, eppure Kìli non riusciva a muoversi. Non avrebbe mai più voluto muoversi, di fatto, e sapeva con certezza assoluta che se avesse potuto rimanere lì per sempre, con la sua tunica a far loro da materasso e il mantello da cuscino e il corpo nudo di lei stretto al suo, sarebbe stato l’uomo più felice del mondo.
“Eravamo usciti per una battuta di caccia, io, Fìli e nostro padre,” si ritrovò a dire, mentre lei tracciava con le dita simboli immaginari sulla pelle del suo petto e del suo stomaco, apparentemente affascinata dalla peluria che li ricopriva. “Era solo la terza volta per me ma, come al solito, io credevo di sapere già tutto.” Tentava di apparire spensierato ma sapeva di non riuscirci, perchè lei gli si strinse un pò di più.
“Stavamo seguendo un manzo e io mi ero portato più avanti, troppo avanti: volevo essere io ad ucciderlo per potermene vantare con mio fratello.” S’inumidì le labbra e si accorse che i ricordi erano più dolorosi del solito, che la vicinanza di lei lo rendeva emotivo, indifeso, come se gli fossero stati rimossi diversi strati di pelle. “La tana era ben nascosta e io non vidi il Mannaro fino a che non mi fu quasi addosso. Ricordo di aver urlato, prima il nome di Fìli e poi quello di mio padre, mentre la bestia mi caricava. Riuscii a schivare il suo assalto, ma non ad evitare che mi artigliasse il petto – e infatti ho ancora questa cicatrice a dimostrare quanto poco mi sia mancato alla fine. Mio...” si bloccò esalando un respiro tremante, ma le dita di lei continuavano la loro azione lenitiva sul suo petto, incoraggiandolo a continuare proprio come una volta aveva fatto lui con lei. “Mio padre mi ha salvato, affondando la spada nel petto della bestia, ma non prima che lei lo azzannasse ad un fianco. Fili ed io lo riportammo a casa... e lui morì tre giorni dopo.”
Tauriel gli sussurrò qualcosa nella sua lingua, parole di conforto alcune delle quali egli comprese e altre no, ma il cui significato era comunque chiaro. “E’ stato tanto tempo fa,” concluse, ricacciando indietro le lacrime.
“Alcune ferite non guariscono mai, meleth,” mormorò lei, chinandosi a baciargli la cicatrice. “Alcune siamo destinati a portarle per tutta la vita.”
Lui la fece risollevare e la baciò, cercando di mettere in quel bacio tutta la dolcezza e l’amore che sentiva per lei. “Dovremmo tornare indietro,” disse quando si staccarono.
“Sì,” concordò lei con riluttanza.
Si aiutarono a rivestirsi a vicenda, ciascuno indugiando sul corpo dell’altro per prendere quanto più tempo possibile. Kìli fece per nasconderle di nuovo la 'loro' treccia tra i capelli, ma lei gli fermò la mano.
“Adesso non possiamo più tornare indietro, meleth; forse il tempo dei segreti è finito.”
Kìli deglutì, mentre paura e aspettativa si fondevano in egual misura in lui. “Se sei pronta tu, sono pronto anch’io.”
“Qualsiasi cosa accada, Kìli, voglio che tu sappia che il tempo trascorso con te è stato il più felice di tutta la mia vita.”
“Beh, anche se tu hai qualche centinaio d’anni in più, per me è lo stesso.”
Risero entrambi, brevemente, poi lei lo baciò sulla fronte prima di risistemargli la coroncina; in qualche modo, era come se gli stesse già dicendo addio.
 
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Scivolarono tra i corridoi tenendosi per mano e ridacchiando come fanciulli birichini, per niente preparati a ciò che li aspettava dietro l’angolo.
Kìli si bloccò di colpo e Tauriel andò a sbattergli dietro, e quasi caddero entrambi a terra davanti ai rispettivi Re. Legolas era accanto a suo padre con una luce omicida negli occhi; la madre di lui stava aggrappata al braccio di suo zio, il viso contratto in un’espressione di profondo stupore, e alle loro spalle c’era suo fratello, chiaramente sconvolto.
“Non volevo credere che fosse vero,” disse piano Thorin, scuotendo la testa incredulo.
“Zio, io...” cominciò Kìli, impappinandosi; non sapeva cosa dire e non avrebbe mai pensato di dover rivelare la loro relazione in maniera tanto... pubblica.
“Dimmi che non ti sei promesso a questo... questo Elfo, nipote,” sbottò Thorin mentre la rabbia gli andava tingendo il viso di un’allarmante tonalità di rosso. Re Thranduil, da parte sua, sembrava più divertito che sorpreso e li osservava con occhi in cui si celava qualcosa di stranamente misterioso.
Kìli fece un respiro profondo e poi un altro quando sentì che Tauriel intrecciava le dita con le sue; gli diede coraggio. “E’... è così, zio. Siamo promessi,” rispose con quanta più fermezza possibile. Aveva l’impressione che un enorme fardello gli fosse stato tolto dalle spalle e si sentì molto più sicuro: ciò che stava facendo era giusto, non aveva il minimo dubbio.
La furia divampò negli occhi di Thorin. “Sei un folle!” sbraitò. “Non ti rendi conto di quello che hai fatto!” Si liberò dalla stretta della sorella e avanzò minaccioso verso di lui; Kìli non retrocesse, anche se gli costò uno sforzo farlo, la mano di Tauriel stretta nella sua come un' àncora nel mare in tempesta. Non aveva mai visto suo zio tanto infuriato.
“Tu sei un figlio di Durin! Secondo in linea di successione dopo tuo fratello! Come hai potuto farlo, come puoi essere tanto egoista?”
“Egoista io?” sbottò Kìli, perdendo l’autocontrollo. “L’egoismo è starcene rintanati qui a contare le nostre ricchezze mentre il mondo all’esterno viene ingoiato dall’oscurità. L’egoismo è voltargli le spalle come se non ne facessimo parte anche noi. E tu accusi me di essere egoista quanto il tuo odio e la tua avidità ti hanno reso così cieco da non vedere niente o nessuno al di là di questa monta–”
Lo schiaffo arrivò tanto improvviso da fargli perdere per un attimo la visuale; Kìli si massaggiò la guancia scioccato e perse la presa sulla mano di Tauriel, che emise un gridolino strozzato, altrettanto sconvolta. Si leccò le labbra, avvertendo il sapore del sangue, e fissò suo zio cercando di ricomporsi.
“Thorin!” esclamò sua madre con voce colma di incredulità e timore mentre il fratello muoveva un altro passo verso il nipote, e in quel momento Tauriel si frappose con decisione in mezzo a loro.
“Basta, mio signore,” disse con voce rotta. “Me ne andrò.”
“Cosa? No,” balbettò Kìli scuotendo la testa.
Lei si girò dalla sua parte: il suo viso era stravolto da dolore e impotenza. “Questo è il tuo popolo, meleth; non permetterò che tu lo perda per causa mia.”
“Tauriel, no,” insistette lui; il cuore gli batteva tanto forte in petto da eclissare il dolore al viso.
Una lacrima scivolò lungo la guancia di Tauriel. “Nessun rimpianto, Kìli... ma questo è stato solo un bellissimo sogno, l’abbiamo sempre saputo. Tu hai i tuoi doveri qui, ed io i miei. Non lascerò che tu venga bandito dalla tua terra e dalla tua famiglia per me.”
Lui le afferrò disperatamente una mano. “Rinuncerei a questo e altro per te.”
Lei gli rivolse un sorriso che gli spezzò il cuore. “So che lo faresti, lo so. Ma come posso dire di amarti se ti porto via tutto ciò che ti è più caro al mondo? No, è... è meglio così.”
Ritirò la mano e fu come se qualcosa di puro e luminoso morisse in lui.
“Tauriel,” disse in quel momento Legolas, ricordandogli che non erano soli; Kìli lo fissò come istupidito. Era tutto surreale, era come se stesse osservando quegli eventi attraverso uno specchio distorto. “Vieni,” comandò il principe elfico con occhi colmi d’ira e voce venata di dolore e tradimento; Kìli sospettò che il suo cuore non fosse stato il solo a venir infranto, quella notte.
Tauriel si chinò in avanti e nel silenzio più totale lo baciò sulla fronte, mormorando il suo amore per lui nella sua lingua; poi se ne andò dietro al suo Principe, le spalle curve e scosse dai singhiozzi. Re Thranduil lo osservò per un momento con curiosità, come rimuginando qualcosa, dopodichè scomparve a sua volta.
“Tauriel!” gridò allora Kìli lanciandosi in avanti per seguirla; ma suo zio lo bloccò stringendogli un braccio.
“Hai già fatto abbastanza danni per oggi, non peggiorare la situazione,” ringhiò Thorin. “Ritìrati, nipote. Parleremo di nuovo quando gli Elfi se ne saranno andati.”
Kìli si liberò con uno strattone e fissò duramente suo zio. “Non ti perdonerò mai per questo,” disse con voce incolore; poi si allontanò lungo il corridoio ignorando i richiami di sua madre.
 
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Suo zio gli aveva espressamente proibito di essere presente alla partenza, ma lui avrebbe rischiato tutto pur di rivederla anche solo un’ultima volta. Arrivò proprio mentre se ne stavano andando, intrufolandosi tra Balin e Dwalin; suo zio si accorse di lui quasi subito e gli lanciò un’occhiata che avrebbe incenerito un drago, ma Kìli trasse un respiro profondo e gridò il suo nome, correndo in avanti e schivando la presa di suo fratello.
Tauriel incontrò il suo sguardo e nei suoi occhi c’era una tale infinita tristezza ch’egli avrebbe fatto qualsiasi cosa, scalato qualsiasi montagna, affrontato qualsiasi impresa, pur di rivedere il suo sorriso. Lei scosse la testa, con occhi che lo imploravano silenziosamente di non renderle quella prova più difficile di quanto già non fosse, e si voltò senza dire una parola, seguendo il suo Re.
Con un basso ringhio, Kìli mosse un passo verso di lei.
“Kìli!” La voce di suo zio era carica di avvertimento ma lui lo ignorò; la raggiunse e la afferrò per un polso. Tauriel si girò a malincuore, gli occhi pieni di lacrime. Le premette qualcosa nel palmo della mano e lei battè le palpebre sorpresa, tracciando col dito le rune incise sull’oggetto e scuotendo la testa.
“Cosa –”
“E’ una promessa: tienila e sappi che io verrò da te.” La voce di lui non lasciava spazio a discussioni di sorta. Non era mai stato più sicuro di qualcosa in tutta la sua vita. Aveva trascorso la notte nel Giardino della Regina, spremendosi le meningi alla ricerca di una soluzione impossibile al loro problema e sapendo comunque che non esisteva al mondo che si separasse da lei così.
“Kìli,” gemette Tauriel, “non lo permetteranno mai...”
“Non m’importa di cosa permetteranno, io ti amo e non avrò pace finchè non saremo di nuovo insieme.”
Tauriel trattenne il fiato alle sue parole, anche se le guance le si arrossarono e i suoi occhi sembrarono più luminosi. Kìli le chiuse le dita intorno alla pietra runica e poi, sentendosi particolarmente baldanzoso, la tirò verso di sè per un rapido, tenero bacio.
“Costi quel che costi, Tauriel,” sussurrò quando si separarono, mentre tutti quelli intorno al loro mormoravano scioccati.
Lei tirò su col naso e gli sorrise, cedendo. “Costi quel che costi,” ripetè; poi, con un ultimo sguardo, si separò da lui.
“Beh,” disse in quel momento Fìli alle sue spalle, con disinvoltura forzata. “E’ stata certamente una scena rivelatrice.”
“Già; suppongo che dovremo iniziare a fare i dovuti preparativi,” aggiunse tranquillamente sua madre. Kìli si girò scioccato, mentre Thorin fissava la sorella come se le fosse spuntata una seconda testa.
“Non puoi dire sul serio...” cominciò, ma Dìs lo mise a tacere con un’occhiata fulminante.
“Il loro legame può essere il ponte tra i nostri due popoli, Thorin.”
“Può darsi, ma non è mai successo prima...”
“E che ne sappiamo? In passato i nostri popoli convivevano in perfetta amicizia, come possiamo sapere che non sia già successo?”
“Di certo una simile notizia sarebbe giunta sino a noi, almeno un accenno...”
“Tu credi?” rispose Dìs, chiaramente intenzionata a non lasciarsi influenzare. “Gran parte delle nostre antiche conoscenze è rimasta sepolta a Khazad–Dûm e il resto sotto pregiudizi ancora più antichi.”
Thorin scosse ostinatamente il capo. “Non voglio saperne. Nessun Principe di Durin sposerà mai una qualche... fatina dei boschi.”
Kìli strinse i denti. “Allora io non sono più un Principe.” Fìli si voltò verso di lui con un gridolino strozzato, ma egli proseguì. “Rinuncerò al mio titolo, ai miei privilegi e a tutti i miei beni. Se devo averli al prezzo del mio cuore, allora non li voglio.”
Thorin gli lanciò un’altra occhiata fulminante. “Ascoltami bene, ragazzo –”
“Non sono un ragazzo, zio,” sbottò Kìli. “Sono un Nano adulto e so benissimo cosa provo. Se non acconsentirai alla nostra unione, me ne andrò.”
Cadde il silenzio mentre Thorin lo fissava come se volesse fulminarlo sul posto, ma Kìli non cedette di un millimetro. Non avrebbe potuto parlare più seriamente e non aveva alcuna paura. Se ne sarebbe andato quella notte stessa, avrebbe preso con sè il minimo indispensabile e l’avrebbe pregata di andare con lui. Avrebbero potuto dirigersi a nord, verso i boschi che contornavano le Montagne Blu, e le avrebbe costruito una piccola capanna da qualche parte e avrebbero potuto avere una vita tranquilla ma felice, soltanto loro due...
“Re Thranduil ci ha già offerto la sua mano,” disse infine Thorin, visibilmente sconfitto.
“C–cosa?” balbettò Kìli; doveva aver sentito male.
“E’ venuto da me dopo... l’incidente di ieri sostenendo che sarebbe stata un’unione fruttuosa e benedetta per entrambi i nostri popoli,” ammise suo zio, mentre la madre aveva tutta l’aria di volerlo spingere giù dal ponte.
“Allora,” intervenne Fìli, spostando il peso del corpo da un piede all’altro. “Si farà un doppio matrimonio?”
Thorin si girò verso di lui. “Cosa vorresti...?”
Fili si schiarì la gola imbarazzato e Briala sorrise abbassando la testa mentre il viso di suo padre s’illuminava di consapevolezza: sembrava quasi che Durin in persona fosse apparso a offrirgli un boccale di birra e a dargli una pacca sulla schiena.
“E’ vero?” domandò rivolto alla figlia che rialzò gli occhi con un sorriso ancora più luminoso, ed ecco che improvvisamente la treccia della promessa faceva bella mostra di sè sulla sua spalla destra.
Hah!” Thorin perse finalmente la sua compostezza e li strinse entrambi in un abbraccio da orso; Kìli sorrise partecipe vedendo che il fratello restava quasi senza fiato. Il loro zio si fece indietro e stampò un grosso bacio sulla guancia di entrambi, con un sorriso che gli andava da un orecchio all’altro.
Fìli lanciò un’occhiata al fratello e fece un respiro profondo, ergendosi in tutta la sua altezza. “Ho solo una richiesta, zio,” disse girandosi verso la sua promessa sposa, che gli prese una mano.
“Da parte di entrambi,” aggiunse Briala, assumendo un’espressione molto simile a quella di sua zia.
“Devi dare il tuo consenso al matrimonio di Kìli e Tauriel, perchè sarebbe un bene per la nostra gente e perchè... beh, lui è mio fratello e merita di essere felice come tutti.”
Kìli sentì di non aver mai amato suo fratello come in quel momento e, forse per la prima volta, realizzò che un giorno sarebbe stato Re; ed era certo che sarebbe stato un grande Re.
Thorin contrasse la mascella per un attimo, gli occhi ardenti come quelli di un drago, prima di sospirare e abbassare le spalle. Si rivolse a Kìli. “Sei proprio sicuro che è questo che vuoi? Non sarà facile per la tua sposa elfica vivere in mezzo a noi e potrebbero essere in molti a sentirsi offesi dalla vostra unione...”
“Ti riferisci a Dàin?” intervenne sua madre roteando gli occhi. “Sua figlia non è che una piccola scrofa isterica, lascia che si agiti e strida quanto vuole.”
“Sì,” concordò cupamente Thorin, “ma potrebbe non essere la sola ad agitarsi o stridere. Questa unione scuoterà tutto il regno fin nelle fondamenta e io non acconsentirò che avvenga se prima non avrò la certezza che Kìli ci ha pensato bene.”
Kìli fece un respiro profondo e s’inchinò davanti a suo zio. “Non sono mai stato più sicuro di qualcosa in tutta la mia vita, zio. Farei di tutto per dimostrartelo.”
Thorin si passò una mano sul viso, borbottando qualcosa tra sè e sè. “Molto bene, nipote: hai la mia benedizione.”
Ci fu una lunga pausa piena di sconcerto, e poi Kili corse da suo zio e lo stritolò in un forte abbraccio. “Grazie, zio, grazie!” esclamò, talmente felice e sollevato che tremava da capo a piedi.
Thorin sospirò e gli diede qualche colpetto sulla schiena. “Sì, beh, sono certo che me ne pentirò; cerca solo di prendere i tuoi doveri più seriamente d’ora in poi, d’accordo?”
“Certo, zio, tutto quello che vuoi! Grazie!”
Thorin si fece indietro e lo fissò con un sopracciglio sollevato, mentre sulle sue labbra aleggiava qualcosa di molto simile ad un sorriso. “Ebbene?”
“Ebbene cosa?” domandò Kìli, ancora scombussolato al punto da non riuscire a mettere insieme due pensieri di fila.
“Non hai intenzione di recuperare la tua promessa sposa?”
Gli occhi di Kìli brillarono mentre si lasciava andare ad una gran risata. “Grazie, zio, grazie!” ripetè, incapace di dire altro.
“Sparisci, prima che cambi idea,” sospirò Thorin roteando gli occhi.
Kìli si voltò verso il fratello, lo abbracciò e poggiò la fronte sulla sua, esprimendo anche a lui tutta la sua gratitudine. “Tu avresti fatto lo stesso per me,” disse Fìli sorridendo.
“Mille volte,” rispose Kìli, e poi sollevò tra le braccia la futura cognata facendole fare un paio di giri; Briala emise un gridolino di sorpresa e rise mentre lui la baciava su entrambe le guance, tra il divertimento di Fìli.
Infine si rivolse a sua madre che, in maniera più contenuta, lo baciò sulla fronte; gli occhi però le brillavano pieni d’amore per lui. “Và, mio spericolato e incorreggibile figliolo. Sono fiera di te.”
“Grazie, madre,” rispose Kìli baciandola sulla guancia; poi si precipitò giù per la scalinata, urlando che sellassero un pony immediatamente.
 
~
 
Non aveva mai cavalcato con più impeto in vita sua, ma presto scoprì che non ce ne sarebbe stato bisogno, perchè la vide venirgli incontro a mezza strada per Dale.
Mentre le si avvicinava notò che aveva sul viso un’espressione molto particolare e il cuore cominciò a battergli forte di apprensione. Scese dal pony e si precipitò al suo fianco mentre anche lei smontava.
“Cosa c’è? Cos’è successo?” le chiese concitatamente.
Tauriel gli prese una mano tra le sue. “Muoviamoci,” bisbigliò, gli occhi spalancati e pieni di frenesia. “Possiamo andare a nord, o anche a sud se vuoi, non m’importa, ma andiamocene. I–io non posso sopportare di separarmi da te, e non lo farò. Ho sofferto abbastanza perdite in vita mia e farò di tutto per non soffrirne più.”
Finalmente Kìli comprese le sue parole e un gran sorriso gli spuntò in volto: se Mahal avesse deciso di fulminarlo in quell’istante, sarebbe morto felice. Stese una mano e le carezzò il viso, ma lei la tolse con un sospiro tremante.
“Non c’è tempo per questo, dobbiamo andarcene... un momento, ma dove stavi andando? Va tutto bene? Tuo zio ti ha forse punito?” Ad ogni domanda appariva più sconvolta.
Il sorriso di Kìli si allargò ancora di più. “Beh, qualcuno forse la considererebbe una punizione.”
Tauriel aggrottò le sopracciglia, confusa. “Cosa? Non capisco... non ti avrà bandito, vero?! Oh, Kìli... mi dispiace così tanto!”
Amrâlimê,” sussurrò lui con affetto, scuotendo la testa. “Ci ha dato la sua benedizione.”
“Credo che se cavalchiamo abbastanza veloci possiamo raggiungere le Montagne Grigie in tre giorni e poi costeggiando il fiume... un momento, cos’hai detto?” Tauriel arrossì mentre l’incredulità le faceva di nuovo sgranare gli occhi.
Lui le prese il viso tra le mani e la tirò verso di sè baciandola a lungo e con voluttà, visto che oramai avevano tutto il tempo del mondo. Quando si scostò, gli occhi di Tauriel erano ancora colmi di perplessità.
“Commissionerò subito una nuova serie di stanze,” disse Kìli, “con balconi e un ampio giardino; a meno che tu non preferisca vivere tra la tua gente, ma dubito che il tuo Principe riuscirà mai a prendermi in simpatia...”
“Re Thorin ha davvero dato la sua benedizione?” lo interruppe lei.
Lui le sorrise mentre le mani scorrevano lungo le sue braccia fino a trovare ancora una volta le sue. “Sì e con la benedizione del tuo Re, a quanto pare. Secondo mio zio, è stato Re Thranduil ad offrire la tua mano.”
Tauriel scosse la testa incredula. “Mi sembrava strano che non mi avesse impedito di partire...” Deglutì a fatica. “I–io non so cosa dire...”
“Non vorrei farti pressioni, ma magari un ‘Sì, Kìli, mi piacerebbe sposarti e trascorrere il resto dei miei giorni al tuo fianco’ sarebbe appropriato.”
E allora Tauriel rise, una risata di pura gioia il cui suono cristallino riempì tutta la vallata e il cuore di Kìli. “Sì,” rispose senza esitazioni. “Sì, Principe Kìli, mi piacerebbe sposarti.”
La tirò giù per un altro bacio appassionato, tra la polvere della strada che vorticava intorno a loro e i cavalli che scalpitavano impazienti. Lei si tirò indietro e appoggiò la fronte sulla sua, il suo respiro caldo sulle sue labbra. “Ad una condizione, però.”
“Qualunque cosa,” rispose lui con molto entusiasmo e stupidità.
 
~
 
“E così...” disse Kìli dopo quello che era probabilmente stato il silenzio più lungo e imbarazzante della sua vita.
“...Già,” rispose il principe Legolas incrociando le braccia sul petto e mettendo il broncio.
Dall’esterno della piccola stanza giungevano musiche e canti festosi – era la festa del suo fidanzamento, in effetti. Però era stato loro proibito di uscire da lì senza prima aver appianato le loro divergenze, pena una morte lenta e atroce.
“Tu non mi piaci molto,” aggiunse Kìli con ovvietà, puntando i gomiti sul tavolo tra loro.
“E tu mi piaci ancor meno,” rispose secco il principe Legolas.
“E mi sembra chiaro che non usciremo mai da questa stanza come amici.”
“Sembra chiaro anche a me.”
“Ma se non andiamo d’accordo, Tauriel ne sarà contrariata,” gli ricordò Kìli.
Legolas annuì cupo. “Pare sia questo il problema.”
“E, a quanto pare, la amiamo entrambi,” aggiunse Kìli, cercando di non indurire troppo la voce.
Legolas non disse nulla, ma aggrottò la fronte.
“Stando così le cose, vedo solo due soluzioni.”
“Che sarebbero?”
“La prima, e la mia preferita, combattiamo fino alla morte di uno di noi. Sfortunatamente però il sopravvissuto dovrebbe vedersela con l’ira di Tauriel per il resto della sua vita, e sappiamo bene che uno di noi due ha un’aspettativa di vita molto più lunga dell’altro.”
Legolas grugnì e Kìli notò che sembrava un pò troppo deluso per i suoi gusti. Non che avesse paura di lui, ovviamente; era solo che uno di loro aveva avuto chissà quanti secoli di tempo per perfezionarsi nell’arte del combattimento, mentre l’altro no.
“Oppure... potremmo semplicemente fingere.”
Legolas sollevò un sopracciglio. “Fingere?”
Kìli annuì con entusiasmo. “Proprio così. Fingere di andare d’accordo, almeno quando Tauriel è nei paraggi.”
“E non pensi che potrebbe scoprirlo?”
Gli occhi di Kìli scintillarono per il piacere della sfida. “Io posso metter su una scenetta se ce la fai tu, Elfo.”
Legolas socchiuse gli occhi fino a che non furono ridotti a due fessure. “Ci sto, Nano.”
 
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Tauriel corse da lui in un turbinio di seta e di capelli profumati, più radiosa di quanto egli non l’avesse mai vista. Gli prese il viso tra le mani e lo baciò a lungo, del tutto incurante della folla riunita intorno a loro. Kìli avrebbe potuto giurare di aver visto con la coda dell’occhio Ori che sputava il vino in un occhio di Nori per la sorpresa, e aveva il sospetto che Thorin avesse stretto il calice di vetro tanto forte da romperlo; ma in quel momento non avrebbe potuto curarsene di meno.
“Sono così felice che tu e il Principe Legolas siate riusciti a superare le vostre divergenze,” disse lei entusiasta, staccandosi da lui; ma Kìli le mise un braccio intorno alla vita e se la tirò più vicina. Se dovevano provocare uno scandalo, tanto valeva farlo per bene.
“Qualsiasi cosa per te,” rispose seriamente, gli occhi che brillavano.
Lei mandò un’esclamazione gioiosa e lo strinse in un forte abbraccio. Oltre le sue spalle, tra la fitta cortina dei suoi capelli, Kìli scorse Legolas che li fissava accigliato da dietro il bordo del suo calice di vino. Sempre sorridendo, gli fece un gestaccio che il Principe gli restituì graziosamente.
Tutto era perfetto.
 
~~~

(Note dell’autrice) Ecco fatto. Perdonatemi per tutto il mal di denti che vi ho causato con questa fiction, io ci ho provato...!

(Note della traduttrice) Meleth e Amralime significano, rispettivamente nella lingua degli Elfi e dei Nani – e semplificando un po' – 'amore mio'.
Spero che questa fiction vi sia piaciuta! Presto ne tradurrò un’altra sempre della stessa autrice e sarà un pò diversa da questa, più cupa in un certo senso... ma non meno bellissima. E con protagonisti sempre Kìli e Tauriel, ovviamente~ continuate a seguirmi! Alla prossima! ;)
 
  
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