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Autore: LuceBre    21/01/2015    1 recensioni
Correre per lei era fondamentale. Era come l'aria. Correva e si perdeva in se stessa.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti. Volevo dare fin da subito un piccolo chiarimento. Questa storia l'avevo già pubblicata parecchio tempo fa, ma l'ho dovuta cancellare in quanto ho provato a partecipare ad un concorso di scrittura creativa e non volevo rischiare che potessero accusarmi di plagio di un racconto che ho scritto io. E perciò rieccomi qui a pubblicare di nuovo sperando che comunque ci sia qualcosa di interessato.
Buona lettura,
Bre'



Correre per un grazie

 

Ci teneva al suo corpo. Voleva che fosse la parte più bella di lei. Era consapevole di avere un carattere difficile. Voleva che alla prima impressione gli altri rimanessero colpiti positivamente da lei.
Voleva apparire.
Sapeva che prima o poi la sua bellezza sarebbe sfiorita. Data la sua giovane età voleva però tenersela ancor stretta, cercando comunque di non allontanare quei pochi che avevano ignorato o semplicemente messo da parte il suo carattere scontroso.

Correre per lei era fondamentale. Era come l'aria. Correva e si perdeva in se stessa.
La musica a volume costante nelle orecchie. La coda nera che oscillava ad ogni passo. Il respiro che pian piano si faceva più pesante. Affaticato. I chilometri che aumentavano sotto le sue scarpe bianche da ginnastica. Scarpe che puliva esternamente tutti i giorni e che metteva in lavatrice una volta a settimana. Il mercoledì.
Correva con qualsiasi tempo. In qualsiasi periodo. Non le importava se fosse estate o inverno, se ci fossero trenta o cinque gradi. Non le importava se ci fosse il sole, il vento o la pioggia. Lei correva.
Correva per avere un fisico tonico e sodo. Correva perché era pure una fonte di sfogo.
Trattava male gli altri. Rispondeva male. Ma non si sfogava con loro.
Quello era il suo carattere. La sua normalità. Non una stranezza. Non una particolarità. La sua quotidianità.
Avrebbe voluto urlare. Urlare, urlare e urlare. Avrebbe voluto urlare i suoi problemi, ma non ci riusciva.
Odiava i posti affollati o le discoteche. Odiava il rumore troppo forte. Odiava quando le voci diventano uno strillo acuto. Odiava quando la musica le fracassava i timpani. Odiava quando un rumore nascondeva i leggeri brusii che la circondavano. La televisione in camera sua non superava mai il volume dodici mentre la sua famiglia la guardava spesso a volume quaranta. L'ipod era sempre a volume cinque su sedici. Quando parlava non alzava mai il tono. Mai. Anche per questo amava correre.
La corsa le permetteva di sfogarsi. La corsa urlava al suo posto i suoi problemi. Urlava all'aria. Urlava a chiunque si fosse fermato a fissarla.
Nella corsa metteva tutto ciò che non faceva vedere nella realtà.

La sua corsa non era solo cattiveria. La sua corsa era pure dolcezza. Era dolce quando nelle giornate di primavera correva sulla strada circondata da campi di erba e grano. Da campi di girasoli.
Il regalo migliore che le si potesse fare era un mazzo di quei fiori gialli. Sorrideva. Sorrideva come una bambina davanti all'albero di Natale. Quel sorriso che nascondeva agli altri. Quel sorriso che nessuno poteva vedere. Quel sorriso che solo i girasoli e la corsa conoscevano.
Correva non solo per apparire più bella. Correva per se stessa.
Non era una persona superficiale. Si rendeva conto che prima o poi tutto quello sarebbe svanito. Che quella bellezza apparentemente molto importante avrebbe lasciato un vuoto. Un buco dentro di lei. Per questo motivo cercava di essere il più possibile socievole con quelle due, tre persone che la ritenevano un'amica. Se voleva sapeva pure esserlo. Ascoltava, dava consigli, era diretta. Non mentiva. Mai. Non faceva parte di lei. Raramente diceva cose dolci. Se una cosa non le interessava lo diceva apertamente senza farsi molti problemi. Era volgare. Tanto. Spesso esagerava, ma non riusciva a porsi un limite, non riusciva a smettere.

A scuola era tutta un'altra persona. Era tutta un'altra situazione. Durante le lezioni non interveniva. La si sentiva parlare solo durante le interrogazioni. Le interrogazioni migliori della classe.
Tutte le volte sembrava fosse stata presente a tutte quelle guerre, sembrava avesse scritto lei tutte quelle poesie, sembrava avesse scoperto lei tutte quelle formule matematiche, sembrava che l'inglese fosse la sua lingua madre. Pure con il latino non aveva alcuna difficoltà.
Per gli insegnanti era una perla rara.
I suoi compagni di classe erano invidiosi, ma tutte le volte rimanevano ammaliati dalle sue parole. Sembrava quasi che ci giocasse con quelle parole. Come una musa. Faceva sì che tutti si concentrassero su quello che diceva e che non potessero fare altro se non ascoltarla.
Le prime volte che aveva dovuto convivere con questa cosa, non aveva saputo come reagire. Le piaceva perché l'attenzione di tutti era concentrata su di lei. Lo odiava perché vedevano in lei qualcosa di diverso dalla persona che lei si riteneva di essere. E non lo voleva. Non voleva che vedessero altro in lei.
Col tempo aveva iniziato a conviverci e aveva smesso di preoccuparsene. Inizialmente molte persone venivano da lei e le facevano i complimenti. Lei non aveva mai ringraziato. Si limitava a rispondere con un semplice e coinciso “Lo so”. Col tempo avevano smesso di andare da lei e avevano iniziato a crederla una snob. Una snob con immense capacità scolastiche però.
Nessuno di loro sapeva che amava correre. Nessuno di loro sapeva che correre era il suo tutto. Tutto ciò che veramente importava. La corsa era sua. Solo sua. Niente poteva entrare a farne parte. Niente poteva separarla da lei. Niente poteva essere più importante di lei.

Era un venerdì come un altro. Era un giorno come un altro. Un banale primo ottobre. Una banale giornata di inizio autunno. Niente di particolare era successo fino ad allora. Niente aveva stravolto la sua quotidianità.
Come sempre correva. Come sempre trattava male gli altri. Come sempre ignorava ciò che la circondava. Come sempre non sorrideva.
Seguiva il suo solito percorso. Non più velocemente, non più lentamente. Correva ad un'andatura costante. Non sembrava neppure che facesse fatica. Guardandola sembrava quasi intenta a fare la cosa più naturale del mondo. La più ovvia.
Per lei lo era.
Conosceva il paesaggio a memoria, essendo abituata a farlo quasi tutti i giorni. Raramente cambiava tragitto. Nella sua quotidianità lei stava bene. Era come indossare il vestito più comodo e più bello di sempre.
Nulla sembrava attaccare quella normalità. Nulla. Né una macchietta né un oceano di problemi, di persone, di coincidenze. Correva e basta.
Gli alberi correvano contrari a lei. Le venivano incontro e si allontanavano. Così ogni singolo albero, fiore, sasso. La strada era deserta. Non c'era anima viva. Nessuno che passeggiava. Nessuno che andava a fare la spesa. Nessuno che correva. Nessuno. Erano solo lei e ciò che la circondava.
La sua mente viaggiava. Non era veramente lì presente. Nulla le interessava veramente quando correva. Nulla attirava la sua attenzione. Correva e basta.
La musica continuava ad andare. Non la stava veramente ascoltando. Serviva solo da sottofondo. Correva e basta.
Correva e insieme a lei un bigliettino aleggiava nell'aria. Un fogliettino piccolo.
La sua attenzione venne catturata da quel pezzo di carta. Non era curiosa per natura, semplicemente non riusciva staccargli gli occhi di dosso. Sembrava quasi chiamarla. Sembrava quasi invocarla. Pregarla di prenderlo e leggerlo. Farlo in qualche modo suo. Assimilarlo. Diventarne parte.
Presa da questa strana sensazione si fermò e lo prese. Era un piccolo rettangolo. Non era piegato. Sembrava quasi trattato con cura. Cosa ci faceva allora lì? Seguendo di nuovo quella strana sensazione lo lesse.
Grazie.
Grazie? Grazie per cosa? Perché scrivere “Grazie” su un biglietto di carta e poi buttarlo via? E se magari avesse avuto un grande significato affettivo? E se fosse stato perso? E se fosse stato l'inizio di una possibile storia adolescenziale tra ragazzi? Il bigliettino di partenza. E se fosse stata la figlia a ringraziare la madre per averle fatto una ricarica o per averle comprato quelle caramelle tanto desiderate? E se fosse stato il fratello a ringraziare la sorella per averlo difeso davanti ai genitori? E se fosse stata una simpatica signora a ringraziare il proprio vicino di casa per averle annaffiato le sue piante?
Chi ringraziava ancora con un fogliettino?
Scosse le spalle. Fece cadere il foglio a terra. Riprese a correre. Riprese a correre come se niente fosse successo. Come se niente l'avesse toccata. Come se non si fosse mai fermata. Perché l'unica cosa che a lei interessava era correre. Correre e basta.

   
 
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