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Autore: histattooedarms    21/01/2015    2 recensioni
“Lei non era mai stata una di quelle ragazze che si faceva mettere i piedi in testa, lei era sempre stata sicura di se stessa, non aveva mai avuto paura di niente, ma questa volta era diverso perché quando si trattava di lui riponeva le armi, abbassava la guardia e si lasciava andare a qualsiasi cosa. Lui aveva il suo completo controllo, lui era il suo punto debole”
Genere: Malinconico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Matthew Shadows, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Incompiuta, Tematiche delicate
Capitoli:
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L’indomani Beatrice si svegliò di buon umore. Quella sera stessa sarebbe partita per la Germania e non poteva far altro che essere felice.
«Dai Beatrice alzati che abbiamo una giornata impegnativa, tu devi ancora prepararti la valigia» la svegliò sua madre mentre le apriva le imposte e le scaraventava addosso gli abiti.
«Sì mamma, LO SO!» sbottò acida
«Allora alzati, cosa fai ancora a letto! Alle 6 abbiamo l’aereo» iniziò ad urlare sua madre sempre più in prede all’agitazione, era una maniaca del controllo.
«Mamma rilassati, sono le dieci del mattino. Se parti così arriviamo a Berlino che sei già ben che schizzata» le schernì lei e andò a vestirsi per la grande giornata di shopping che la attendeva.
Dopo aver fatto colazione si diresse con sua madre al centro commerciale per comprare dei vestiti che potessero tenerla al caldo dall’altra parte del mondo dato che ad Huntington Beach le temperature invernali giravano attorno ai 20°C.
La giornata passò così velocemente che ad Julia, la madre di Beatrice, venne quasi un infarto perché non erano ancora arrivati in aeroporto.
«Mamma rilassati, siamo in orario. Mi fai venire il mal di testa» sbottò Oliver ad un certo punto del viaggio
«Sì Julia, calmati perché qui mi fai fare un incidente, dannazione!» continuò Joseph, suo marito.
Beatrice si stava tranquillamente ascoltando la musica con il suo lettore CD portatile e non stava ascoltando una parola di quello che le stava succedendo attorno, era così emozionata che quasi non stava nella pelle.

 

 


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Dopo l’imbarco Beatrice e Oliver si addormentarono e dormirono fino all’arrivo a Berlino.
Arrivati alla casa del nonno, Beatrice e suo fratello si sentirono di nuovo bambini e corsero fuori a giocare con la neve.
Quante volte avevano sognato di tornare a Berlino, quante lacrime avevano sprecato appena trasferitisi. Sarebbe stato il natale più felice di tutta la loro vita.
Beatrice telefonò ai ragazzi in California e disse loro che il volo era stato tranquillo e che si stava divertendo un mondo; c’era molto freddo, ma era tutto così fiabesco e meraviglioso, gli amici erano felci di sentirla e le augurarono un buon Natale.
Quella notte Beatrice e Oliver non riuscirono a dormire, adrenalina e fuso orario continuavano a tenerli svegli così decisero di fare il gioco del “Ti ricordi” al quale non giocavano più da molti anni.
Quel viaggio fu un’esperienza grandiosa per entrambi perché riscoprirono il piacere di fare le cose insieme come dei veri fratelli: le mattine andavano in giro per negozi o ai musei, la sera uscivano e andavano nelle Kneipe più famose della città o al cinema a vedere film in tedesco che non esercitavano più tanto spesso.
Quando arrivò il giorno della partenza a Beatrice le si strinse il cuore, come poteva abbandonare tutto quello che amava ancora una volta.
Salutò suo nonno con le lacrime che continuavano a rigarle il viso, le mani che le tremavano, il respiro che si faceva sempre più debole e i singhiozzi che diventavano sempre più regolari.
Che strazio, come può essere già finito tutto. Rimarrei qui per sempre se avessi anche i miei amici non tornerei mai più in California.”

 


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Giunti in aeroporto i due ragazzi si erano calmati, avevano pianto tanto quanto avevano lasciato la città per la prima volta. Il susseguirsi di emozioni che avevano provato in quei pochi giorni li avevano resi due persone nuove, diverse e giurarono a loro stessi che non avrebbero mai più perso tempo inutilmente.
Faceva un gran freddo e il loro volo partiva tra poche ore, erano eccitati all’idea di tornare in California e rivedere i propri amici per raccontargli della splendida vacanza appena trascorsa.

«Ebbene si parte» disse Joseph appena si sedette al suo posto affianco alla moglie
«Mi mancherà questa città» rispose sospirando e facendo trasparire una tristezza tipica del ritorno a casa, una tristezza mista a nostalgia.
«Dai Julia, possiamo sempre tornarci l’anno prossimo… i ragazzi sono grandi e sapranno autogestirsi.» concluse il marito poggiandole la mano sulla spalla «Te lo prometto».
La donna si rincuorò, prese alcune pastiglie per conciliare il sonno e si addormentò.
Nello stesso momento, pochi posti indietro stavano Beatrice e Oliver che avevano già iniziato a discutere su quello che avrebbero potuto fare il giorno seguente; lei invitò il fratello ad uscire con la sua compagnia dato che i ragazzi ed Oliver avevano la stessa età e il fratello non aveva più molti amici.
«Ho messo la maglia dei Pantera che mi ha regalato Matt, così appena mi vedrà capirà che l’ho pensato durante tutto il viaggio e che ho voluto tenerlo accanto a me»
«Certo che tu sei proprio strana, sai… Ti voglio bene, sorellina
«Anch’io Oli»
Eccitato all’idea di conoscere nuove persone e conoscere il ragazzo della sorella, Oliver si addormentò poche ore dopo la partenza da Berlino, come Beatrice.
Il volo trascorse tranquillo per la maggior parte del viaggio, mancavano ormai pochissime ore all’aeroporto di Huntington Beach quando la voce dell’hostess svegliò i passeggeri per avvisarli di una turbolenza improvvisa, niente di pericoloso aveva assicurato, erano in buone mani.
Senza alcuna preoccupazione i passeggeri avevano seguito le istruzioni dettate dall’assistente di volo, ma quando si addentrarono la turbolenza era assai più violenta di quello che si pensava: improvvisamente l’aereo perde 600 piedi di quota; nell’aereo si scatena il panico. Le assistenti di volo continuano a ripetere di mantenere la calma, ma era impossibile. Il mezzo era soggetto ad una turbolenza severa, il comandante cercava di mantenere il sangue freddo, ma le condizioni continuavano a peggiorare, il mezzo era diventato quasi ingestibile; la pioggia imperversava sull’aereo e il vento era talmente tanto forte da far sbandare a destra e a sinistra il mezzo. La situazione cominciava ad aggravarsi.
«Dobbiamo girare a destra, 30 gradi» ordinò il capitano al copilota, questo malgrado fosse stupito dalla richiesta del maggiore si limitò agli ordini
«Qui South Jet 224 dobbiamo rigare 30 gradi a destra per il meteo
«30 gradi approvati, riportare il South Jet 224  in linea» la voce del ente di controllo del volo approva la richiesta del copilota.
«Stiamo lasciando  novemila, ci avviciniamo alla massima velocità»
«Capitano siamo in overspeed!» la voce del copilota giunge terrorizzata, ma il capitano cerca di tranquillizzare il compagno di volo.
Dopo svariati minuti di puro terrore durante i quali uno dei 102 passeggeri sviene la situazione torna alla normalità e i passeggeri applaudono al capitano per il lavoro svolto con grande professionalità.


Il capitano annuncia dalla cabina di comando che stanno per raggiugere la meta
«Atterreremo ad Huntington Beach tra meno di quaranta minuti, rilassatevi e godetevi il viaggio».

«Oli, Oli sei sveglio? Tra quaranta minuti arriveremo»
«Ho sentito Beatrice! Lasciami dormire in pace, cazzo» le risponde sgarbatamente.
Odio quando mi risponde così, cosa gli avrò mai fatto?! Proprio non capisco, a volte è peggio di una donna col ciclo!”
“Non vedo l’ora di atterrare ad Huntington così posso riabbracciare i miei amici e Matt, cavolo quanto mi è mancato. Non avrei mai immaginato di potermi innamorare così di una persona, se questo è l’amore voglio che duri per sempre. Appena arriverò in aeroporto gli dirò che lo amo e che non voglio perderlo per nulla al mondo, devo dirgli tutto quello che provo perché è diventato una parte troppo importante per me. Io ho bisogno di lui
.”

«Nessun controllo comandante, nessun controllo!» annuncia con voce angosciata il copilota
«Fate allacciare le cinture di sicurezza!» ordina il capitano alle assistenti di volo
«Capitano, il mezzo non risponde! Stiamo precipitando»
«Huntington Beach South Jet 224, siamo in una discesa non controllata. Stiamo perdendo quota. Il mezzo non risponde» la voce del capitano riecheggia nella cabina di pilotaggio, la tensione cresce.
«Signori e signore mantenete la calma e allacciate le cinture di sicurezza, dobbiamo optare per procedura di emergenza, abbiamo un guasto» la voce della hostess cerca di riportare la calma, ma le urla dei passeggeri la sovrastano.
«Oliver, ho paura. Che sta succedendo»
«Non lo so, non lo so. Dannazione!» Oliver stringe la mano della sorella che scoppia in un pianto isterico, l’aereo comincia a perdere quota sempre più velocemente. È la fine.
«South Jet 224 abbiamo perso il controllo verticale, stiamo precipitando» annuncia il capitano all’ente di controllo «Dobbiamo rallentare» si rivolge poi al compagno.

«Posizione di emergenza. Giù la testa e piegatevi in avanti» ordina l’hostess.
Il panico è crescente e incontrollabile, i passeggeri sanno che la fine è vicina. Sarà una catastrofe inevitabile. Beatrice si rassegna, sa che la sua vita è finita. Manca poco alla fine.

«Stiamo lasciando i quindicimila, capitano non ho controllo dalla mia parte.» urla terrificato il copilota
«Dobbiamo riprendere quota e atterrare all’aeroporto più vicino»
«Capitano non ce la facciamo, il prossimo aeroporto è tra… oddio no! Vedo solo case»
«Dobbiamo rallentare la picchiata, molla il carburante!»
«Carburante»
«Ok, abbiamo guadagnato tempo. Vedo un campo. Huntington Beach qui South Jet 224 vedo un campo, atterreremo lì»
«South Jet 224 atterraggio consentito»
I passeggeri iniziano a pregare, ogni singola persona su quell’aereo inizia a pregare, rivolge i loro ultimi saluti ai propri cari per poi lasciarsi andare a quel triste destino.
«Stiamo planando, continuiamo a planare» annuncia il comandante «Posizione di emergenza!»
Pochi secondi dopo l’aereo si schiantava al suolo, un guasto meccanico. Sei morti in totale: quattro passeggeri e due dell’equipaggio, 96 vite salvate e tre famiglie distrutte.
«Oliver! Beatrice!» fu l’urlo straziato di Julia quando vide i corpi dei suoi due figli trasportati sulla barella
«Signora se ne vada, lasci fare ai medici» fu la richiesta di un uomo addetto alla sicurezza.
Julia e Joseph ne uscirono illesi, qualche ferita più o meno grave, ma i suoi due figli furono trasportati d’urgenza all’ospedale più vicino.

 

 


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La notizia si diffuse capillarmente in tutto il Paese nel giro di pochi minuti, gli amici di Beatrice accorsero all’ospedale dove erano ricoverati Beatrice, Oliver e altri passeggeri del South Jet 224.
In sala d’attesa più in ansia che mai c’erano già Julia e Joseph, la sorte dei loro due figli era appesa ad un filo sottile come una ragnatela. Julia piangeva ininterrottamente da qualche ora e Joseph cercava di fare del suo meglio per consolarla, ma come poteva; erano anche i suoi figli, il sangue del suo sangue.
«Ecco Julia e Joseph» disse indicando i genitori dell’amica, Estelle.
Gli otto amici si precipitarono dai due genitori chiedendo informazioni, ma apprendendo di essere nella stessa barca; nessuno sapeva nulla.
Gli occhi di tutti iniziarono ad inumidirsi, l’attesa era straziante. Ognuno continuava a ripetersi che non poteva essere successa veramente una disgrazia del genere. Non a loro, non adesso.
Nessuno aveva il coraggio di parlare; Estelle piangeva abbracciata a Scarlet che non aveva smesso un secondo di singhiozzare, le lacrime di Faith sgorgavano dagli occhi come due cascate, lei stringeva la mano di Brian e di Zacky pregando che quello non fosse realmente accaduto. Johnny e Jimmy se ne stavano in piedi con gli occhi gonfi, stanchi di chi ha pianto per ore ma non smette di sperare. Matt era seduto affianco a Scarlet che fissava il vuoto davanti a sé, le lacrime scendevano dai suoi occhi che iniziavano a bruciargli ormai appannati, iniziava ad accusare un gran mal di testa, lentamente le sue palpebre si chiusero lasciando scendere ancora lacrime di disperazione.
“Le avevo promesso che l’avrei riabbracciata. Dio, se realmente esisti, non portarcela via. Tutti noi abbiamo bisogno di quella persona che sia sincera con te. Dio ti supplico, non strapparla via da questa vita, lei non lo merita”

 

 


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«I signori Schölter?» domandò un medico dopo sei ore di straziante attesa
«Sì, siamo noi» rispose il padre, Julia scoppiò in lacrime nuovamente.
«Suo, cioè vostro, figlio ha riportato notevoli lesioni agli arti, tre costole rotte e una fratturazione alla tibia sinistra. Siamo riusciti a stabilizzarlo ed è fuori pericolo.» informò il medico
«Santo cielo. E mia figlia invece? È stata trasportata qui assieme ad Oliver» chiese ansioso il padre.
Il medico sfogliò la cartella che teneva stretta in grembo e la richiuse dopo una breve lettura
«Beatrice, lei aveva molti più danni rispetto al fratello. Ha perso moltissimo sangue ed inoltre aveva un femore spezzato, colonna vertebrale spostata ed un polmone forato a causa di una costola rotta. Abbiamo fatto il possibile, ma purtroppo non siamo riusciti a fare molto per poterla salvare. Mi dispiace molto, ma Beatrice non ce l’ha fatta.» spiegò il medico e poi si congedò lasciando amici e familiari soli col proprio dolore.
Le urla di Julia riempirono il corridoio della sala d’attesa, urla spezzate solo dai singhiozzi e da varie imprecazioni, un dolore troppo grande per essere descritto.
Gli amici si strinsero tutti in un grande abbraccio, piangendo, singhiozzando e maledicendo ogni cosa per aver distrutto un’altra famiglia, per aver privato il mondo di una persona così altruista, così buona e semplice, una persona così speciale che non si meritava altro che la vita. Lei con il suo ottimismo aveva reso le persone che le erano state accanto delle persone migliori. Lei che era il ritratto della felicità non si meritava per nulla una fine così tragica.

 

 

 

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I funerali delle sei vittime si svolsero tre giorni dopo l’incidente aereo. La cattedrale era gremita di gente sia all’interno che all’esterno. Giornalisti e fotografi stavano in ogni angolo pronti a scattare foto per completare l’articolo migliore di ogni giornale di tutta l’America. Non c’era più rispetto nemmeno per coloro che soffrono e che si portano sulle spalle un dolore talmente grande da non poter essere nemmeno immaginato. I ragazzi arrivarono quasi alle mani con alcuni giornalisti che senza alcun ritegno cercavano in ogni modo di ottenere più informazioni possibili.
Nei primi banchi sedevano i parenti delle vittime, poi amici e conoscenti. Tutti avevano gli occhi stanchi, gonfi e arrossati di chi ha pianto per molto tempo e che continuerà a farlo per altrettanto tempo.
C’era chi aveva perso una madre e una moglie, chi una fidanzata, chi un figlio o una figlia e chi aveva perso un’amica.
Amici e parenti recitarono alcuni versi in memoria dei loro defunti, per Beatrice recitò Faith, forse perché tutti compresa lei stessa credevano che non sarebbe scoppiata a piangere dopo la prima parola, a nome di tutti e otto
«Abbiamo scritto un elogio funebre per Beatrice, ma non riuscirò a leggerne nemmeno una parola senza scoppiare in un pianto isterico, quindi mi limiterò a dire che era una persona meravigliosa, e chiunque le sia stato accanto può confermarlo. Lei era il ritratto della felicità, del divertimento; l’unica persona che io abbia mai conosciuto che ti spronasse così tanto per raggiungere i tuoi obbiettivi. Lei poteva tirarti su il morale anche solo con uno dei suoi sorrisi, era anche tremendamente testarda e forse è anche grazie a questo che è arrivata così in alto. Noi tutti la ammiravamo. Era un’amica, una figlia, una fidanzata ed una sorella speciale, ma soprattutto era una persona che non avrebbe mai dovuto essere privata della vita perché lei sì sapeva come vivere.» iniziò a piangere «Scusatemi, ho finito» concluse lasciando libero il posto ad un’altra persona.
Si precipitò tra le braccia delle amiche e tutti ricominciarono a piangere.
Quando una persona ti viene strappata via senza una ragione precisa lascia una voragine attorno a chi rimane in vita, una ferita che difficilmente potrà rimarginarsi. Questa era la fine, la fine di un amore iniziato come una guerra, e finito con una catastrofe.
Se si muore una sola volta, io sono già morto. Il mio cuore è in quella bara con lei, il mio più grande amore che mi è stato strappato via.”



The End
 

 

Nota dell'autrice:

Ebbene sì, siamo giunti alla fine, la tristezza sta prendnedo piede nel mio cuore perchè concludere una storia mi mette sempre una gran malinconia e, inoltre, spero tanto di non venir odiata da tutti voi, ma la fine di questa storia era già scritta da molto tempo, forse è stata l'unica parte certa di tutta la fanfiction. Per descrivere la scena dell'incidente aereo mi sono ispirata ad un film che ho visto a scuola e che mi ha lasciato notevolmente affascinata.
Volevo ringraziare tutti coloro che hanno seguito questa storia perchè mi avete spronato ad andare avanti; torneò presto con un'altra delle mie fan fiction, ma per adesso è meglio che vada a rifugiarmi in un luogo isolato. Ho deciso all'ultimo di non pubblicare l'epilogo perché mi piace il fatto che la storia si sia conclusa così senza dover aggiungere altro. Grazie ancora per il sostegno e spero vogliate ancora leggere le fan fiction che pubblicherò in seguito.
- Beatrice
 

   
 
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