Libri > The Maze Runner
Segui la storia  |       
Autore: Rachel_Daae    22/01/2015    1 recensioni
Nella mia mente, Teresa non è stata l'unica ragazza ad entrare a far parte dei Radurai. Poco prima di lei, Pearl ha inseguito il suo passato ed i suoi ricordi, correndo nell'intricato Labirinto nel quale si è trovata prigioniera. Divisa tra la voglia di libertà e ricordi confusi e spaventosi che la legano ad un raduraio, Pearl cercherà la sua via di fuga. | Ispirata molto liberamente al primo romanzo della saga di Dashner.
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gally, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Our time apart, like knives in my heart.'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Eccomi qui!
Diversamente da quanto avevo detto, ho deciso di dividere ulteriormente la storia, così da ottenere più capitoli brevi, invece che due parti molto lunghe, un prologo ed un epilogo ridicolmente corti, e poter aggiornare la storia due volte a settimana. Diciamo pure che non resistevo e che non mi sembrava giusto lasciarvi con il prologo privo di contenuti nuovi.
Come vedrete, ho fatto una precisa scelta di stile nel raccontare la vicenda che ho in mente, perciò vedrete i fatti principali volare via e il racconto soffermarsi di più su altri aspetti della vita nella Radura. Dopotutto abbiamo tutti letto il libro e abbiamo tutti, credo, visto il film, quindi mi è sembrato una perdita di tempo soffermarmi troppo su alcuni eventi.
Fatemi avere qualche parere se volete!
Ciao bellissimi Pive! 
Rachel
Parte 1
 
Mi svegliai all’interno della sferragliante Scatola, in ascesa verso l’ignoto. Ricordo di essermi aggrappata a quello che avevo trovato, ben poco, a dire il vero, non appena aperti gli occhi, e che il senso di salita mi provocò vertigini e nausea. A stento trattenni il vomito, senza neanche sapere se il mio stomaco fosse pieno o meno. Avevo addosso una sensazione di vuoto, non solo causata dalla salita vertiginosa, ma anche dal fatto che non avevo alcuna memoria di me e della mia vita. L’unica cosa che sapevo era il mio nome: Pearl.
Una sirena squillante accompagnò la mia “emersione” dalle profondità dalle quali provenivo.
Smarrita ed accecata dal sole, davanti a me avevo un gruppo di volti oscurati dalla luce e sentivo voci dai toni sorpresi e stupiti.
- E’ una ragazza!- diceva qualcuno.
- E ora che ne facciamo?- chiedeva qualcun altro.
Una sagoma si staccò dal gruppo e si mosse saltando agilmente nella Scatola. – Fate silenzio, teste di sploff! La spaventerete!- intimò agli altri, prima di avvicinarsi a me e mostrarsi.
Era un ragazzo piuttosto alto e dall’aspetto sano e forte. Pelle scura ed occhi vivaci.
- Benvenuta nella Radura, Fagio. Io sono Alby, vieni con me…-. Mi aiutò a sollevarmi e mi portò fuori, all’aria aperta.
Davanti a me si estendeva una pianura verdeggiante costellata di costruzioni rudimentali, piccoli orti, un bosco e…delle mura. Altissime mura grigie tutto intorno alla natura rigogliosa, interrotte soltanto da altrettanto enormi aperture, come porte spalancate.
Tutto ciò che riuscii a dire, in quel momento, fu che mi chiamavo Pearl, non Fagio, e questo causò l’ilarità di tutto il gruppo, che sembrava molto divertito nel vedere quanto fossi spaventata e disorientata.
Persino Alby, che prima li aveva rimproverati, rise con loro, battendomi amichevolmente una mano sulla spalla. – Piacere di conoscerti Pearl. Purtroppo per te qui sei nuova, quindi fino al mese prossimo sarai la nostra Fagio, pivella.-
Risero di nuovo tutti, meno un grosso individuo dall’aspetto corrucciato che rimase a breve distanza dal gruppo, con le braccia incrociate al petto, osservando concentrato il mio arrivo.
Al momento, e per i seguenti mesi, non me ne spiegai il motivo, ma la vista di quel ragazzo che, come me e come gli altri presenti, poteva avere al massimo diciannove anni, con le sopracciglia aggrottate e l’espressione severa che mi scrutava, mi provocò un improvviso moto d’ira.
Presa da una cieca foga scattai, lasciando Alby e gli altri interdetti ed incapaci di intercettarmi per tempo, corsi fino a raggiungere il ragazzo, il quale aveva sciolto le sue braccia e mi guardava allarmato.
Quello che seguì è ancora piuttosto confuso. Lo aggredii. Ricordo che sferravo calci e pugni e che gridavo ingiurie verso di lui, che opponeva una certa resistenza al mio impeto, ma non rispondeva né alla mia violenza fisica né a quella verbale.
Probabilmente lo fece perché ero una ragazza e perché, me ne resi conto solo dopo, superato lo choc iniziale, ero anche la prima, forse l’ultima, ragazza che entrava nella Radura.
Avrebbe potuto ridurmi a piccole briciole, ma non lo fece. Si limitò ad afferrarmi, frenando la mia aggressività e tenendomi ferma per i polsi, dopo aver fatto passare le mie braccia dietro la mia schiena, in modo da impedirmi di toccarlo ancora.
Tra i denti, con disprezzo misto ad una  ironia, disse ai compagni: - Guardate un po’, la nuova Pive vuole farsi già bandire dalla Radura. Direi che come primo giorno non è male! Che ne dici, Alby, una notte in gattabuia le farà bene?-.
Nel parlare non mi guardò mai in viso, mentre io, per quello che mi era permesso di fare, immobilizzata come ero, osservai bene l’espressione seria del suo e iniziai a chiedermi perché lo avevo aggredito e perché la sua presenza mi provocava così tanto disagio ed astio.
Alby mi condusse in gattabuia, una piccola cella costruita appositamente per punire chi non rispettava la semplice ma fondamentale legge della Radura: non far del male ai compagni, fai il tuo dovere, non fare troppe domande. (La regola primaria del gruppo, quella la conobbi solo più tardi…)
Passai la mia prima notte nella Radura transitando dal pianto al sonno, sfinita e sconvolta per quello che mi era successo. Nessuno si era preoccupato di portarmi qualcosa da mettere sotto ai denti e nessuno si era preso la briga di spiegarmi dove mi trovavo e perché.
Perché non sapevo altro che il mio nome? Dove ero capitata? Perché questi ragazzi vivevano in uno stato poco più avanzato rispetto a quello degli uomini della pietra? Che razza di linguaggio usavano? Come mai se ne stavano così tranquilli? Cosa erano quei muri colossali che segnavano il perimetro della Radura?
- Buongiorno, Fagio.- fu un altro ragazzo a svegliarmi il giorno seguente. Era alto, biondo, e aveva un fisico meno costruito di quello di Alby e del raduraio che avevo aggredito, ma almeno aveva un’espressione molto più amichevole.
- Mi dispiace di non avere un’ambasciatrice del gentil sesso da mandarti, ma a quanto pare i Creatori ieri ci hanno giocato un bel tiro mandandoti su con la Scatola. Una ragazza! Chi se lo immaginava? E per di più aggressiva come un gattino spaventato!- disse, prima di aprire la porta della cella che mi teneva isolata dal mondo esterno.
- Non ti sei comportata bene ieri, eh? Hai fatto rincaspiare Gally, lo hai riempito di graffi e Alby ha dovuto davvero farti chiudere in gattabuia. Per il futuro ricordati di non aggredire nessuno qui, d’accordo?-.
Annuii, ancora confusa a causa delle informazioni che il ragazzo mi stava dando così rapidamente.
I Creatori? Probabilmente le persone che ci avevano messo qui. Una ragazza? Allora ero davvero l’unica componente femminile del gruppo. Avevo in qualche modo rivoluzionato il loro equilibrio sbucando da quella Scatola?
E poi Gally? Era quello il nome del ragazzo su cui avevo riversato con tanto slancio la mia rabbia immotivata?
- Io sono Newt. Dai, vieni, ti mostro la Radura.-
Durante il breve tour del luogo, Newt mi informò circa ciò che mi sarebbe stato utile conoscere sul gruppo e sul suo stile di vita. Mi presentò ai membri che incontravamo strada facendo, dicendomi che la maggior parte di loro li avrei conosciuti col passare del tempo.
La loro, anche se avrei dovuto dire nostra, piccola società, si suddivideva in gruppi di lavoratori, guidati da intendenti che li rappresentavano nelle riunioni importanti.
Newt era parte del gruppo degli Agricoltori, e braccio destro di Alby, il capo del gruppo, nonché il primo ad essere salito nella radura con la Scatola; L’intendente degli Agricoltori era Zart; poi c’erano gli addetti alla cucina, con Frypan alla loro testa, i Medicali, che si occupavano di guarire i feriti, i Macellai per il bestiame, gli Spalatori, i Costruttori, di cui Gally era l’intendente, ed infine i Velocisti.
Appresi che il loro ruolo era quello di percorrere ogni giorno ciò che il grande muro separava da noi: un immenso labirinto del quale nessuno aveva mai trovato l’uscita. Il loro intendente era Minho, un ragazzo asiatico molto prestante, amichevole quanto lo era Newt.
Minho ogni giorno portava un gruppo di velocisti nel Labirinto, tornava prima di sera e si chiudeva con loro nella sala delle mappe, un edificio al quale solo loro avevano accesso, per segnare su fogli di carta il percorso quotidiano e studiarlo.
- Sai, potresti anche diventare uno di loro.- mi disse Newt ad un certo punto. – Una velocista, sì. Non che qui un posto da Velocista sia tanto ambito, ma il tuo scatto di ieri su Gally non è stato affatto male. Sono sicuro che Minho ti terrà d’occhio.-
Non compresi se si stesse prendendo gioco di me o se dicesse sul serio. Appresi da lui soltanto che il mio compito per i giorni seguenti, sarebbe stato quello di affiancare un intendente per volta nel suo lavoro, alla ricerca della vocazione che mi avrebbe fatto trovare il mio posto in quel microcosmo che era la Radura.
- Newt, cosa ci facciamo qui? Cosa c’è là fuori, nel Labirinto? Perché non ricordo nulla di me?- non riuscii a trattenere la mia curiosità. Dopotutto il ragazzo mi aveva spiegato tutto meno ciò che davvero mi interessava.
Lui mi guardò severamente.
- Non devi per nessun motivo allontanarti dalla Radura. Il Labirinto, toglitelo dalla testa. Non ci puoi entrare, chiaro?- sbuffò, poi tornò a sorridere. – Basta con le domande per oggi, devi riposarti. Domani inizia la tua nuova vita da raduraia.-

 
***
 
Quella sera presi parte ad una festa. Appresi che i radurai organizzavano spesso queste riunioni sotto il cielo stellato, con lo scopo di alleggerire le tensioni dovute alla loro situazione.
Comunque, più che dire che partecipai alla festa, dovrei dire che la osservai da lontano. Non avevo ancora tutta questa voglia di mescolarmi al gruppo di maschi inneggianti davanti al fuoco. Molti di loro ridevano, altri cantavano, altri ancora bevevano e gozzovigliavano, ma io non avevo nessuna intenzione di unirmi a loro. Ero una ragazza ed ero ancora spaventata.
Newt mi raggiunse a più riprese per portarmi del cibo o farmi compagnia, ma non insistette mai sul farmi partecipare alla festa, cosa della quale gli fui grata.
- Alby dice che dovresti iniziare provando a lavorare con i Costruttori…- fece lui, interrompendo il filo dei pensieri nei quali mi ero persa, osservando il fuoco da lontano. -…ma secondo me non è una buona idea, dopo quello che è successo con Gally ieri.-
- Gally mi fa paura.- fu tutto quello che riuscii a dire.
Newt rise di gusto e finse persino di strozzarsi con la bevanda che stava sorseggiando da una bottiglietta di plastica. – Sei seria, Fagio? Non avevo mai visto nessuno aggredire Gally in quel modo. Oggi ti ho presa in giro dicendoti che sembravi un gatto, ma la verità è che sei sembrata a tutti molto forte e che quelli che hai procurato a Gally non erano graffi innocenti, ma lividi.-
- E questo cosa dovrebbe significare?- chiesi scettica e confusa.
Newt ammiccò. – Che secondo Alby potresti essere utile come costruttrice.-
- Non intendevo quello. Cosa significa…quella cosa che hai detto su Gally?-.
- Oh, beh…che Gally non è tipo da farsi aggredire. Lo hai colto alla sprovvista. Non l’ho mai visto così confuso. Gli ci è voluto un po’ prima di reagire. Ma forse era solo perplesso perché sei una ragazza. Dopotutto non avrebbe potuto dartele di santa ragione.-
- Già.- concludo io, ancora non troppo convinta dalla sua spiegazione.
Tornata ad osservare la scena della festa, mi accorsi che il soggetto della nostra conversazione non si trovava tanto distante da noi.
Gally, il torso scoperto ed i piedi nudi, era in piedi al centro di un cerchio di sabbia contornato da lanterne rudimentali, l’espressione trionfante, i muscoli tesi e lucidi di sudore. Steso a terra a pochi metri da lui c’era un ragazzo che si teneva lo stomaco, contorcendosi e prodigandosi in espressioni di dolore. Attorno a loro vi era un gruppo di radurai che ridevano ed incitavano il ragazzo a terra ad alzarsi.
- Come vedi, Gally non è un tipo delicato.- mi disse Newt, probabilmente dopo essersi accorto di cosa aveva attirato la mia attenzione.
Pensai che prima o poi avrei dovuto sistemare la situazione nella quale mi ero messa il giorno precedente e, comprendendo che quello di Gally nel cerchio di sabbia non era che un gioco, decisi di approfittare dell’opportunità che mi veniva offerta. Dopotutto ero una raduraia anche io, no?
Mi alzai e mi diressi a passo deciso verso il cerchio, con Newt che sbraitava chiedendomi spiegazioni e tentando di starmi dietro. Non mi era improvvisamente venuta voglia di partecipare alla festa. Le mie intenzioni erano diverse.
Mi posizionai in mezzo al cerchio, sotto gli occhi di tutti, pronta a misurarmi con Gally che ancora mi voltava le spalle, intento a pulirsi le mani con della sabbia appena raccolta da terra. Non so per quale motivo, ma sentivo di poterlo fronteggiare ad armi pari.
Il gruppo, fino a quel momento rumoroso, si zittì al mio arrivo, ma lui non se ne accorse.
Presi un respiro e parlai:
- La prossima sono io, Gally.-
Vidi le sue spalle irrigidirsi al suono della mia voce. Il ragazzo si voltò, rosso in viso ed affannato per la fatica appena compiuta, ma anche palesemente infastidito dal mio intervento.
- La nostra Fagio vuole il secondo round!- sentii qualcuno gridare.
- Non se ne parla.- disse Gally, categorico. – La Pive femmina non può partecipare a questi giochi.-
- E quale regola lo vieta?- chiesi io, sbeffeggiandolo. Forse, se l’avessi provocato, lui avrebbe cambiato idea. Non avevo paura di misurarmi con lui, oltretutto più tempo passavo guardando il suo viso, più in me cresceva l’astio che avevo percepito la prima volta che lo avevo visto e con esso cresceva anche la smania di rompergli un osso o due. Sentivo che avrei potuto metterlo al tappeto e che, se l’avessi fatto, lo avrei allontanato da me per sempre e mi sarei liberata di questo problema.
- La mia regola lo vieta!- gridò lui, battendosi il petto.
- Hai paura che ti faccia male?-.
Gli sfuggì una risata sarcastica che fu seguita dal suo scuotere la testa, segno che stava cercando di mostrare a tutti quanta pena gli facessi. Io, la nuova arrivata, debole e stupida, che lo sfidava nella lotta libera a quel modo.
- Ok, basta così!- fu Alby ad interrompermi prima che potessi reagire e dire a Gally il fatto mio. – La festa è finita, tutti a dormire!-.
- Ah, avanti, Alby! Vogliamo vedere la Fagio che fa un occhio nero al nostro costruttore!- gridò qualcuno dei presenti.
Gally scoppiò: - Non avete sentito Alby?! La festa è finita! Andatevene tutti, prima che sia io a fare neri voi!-
Il cerchio si svuotò presto. I radurai, Gally e Newt compresi, mormoranti andarono verso i loro giacigli, nel dormitorio accanto ai campi ed io rimasi sola.
Quella sera Minho, l’intendente dei Velocisti, mi accompagnò al mio giaciglio, un angolo riparato ben lontano dal luogo in cui dormivano gli altri radurai, ma abbastanza vicino da consentir loro di tenermi d’occhio in caso mi fosse successo qualcosa o in caso avessi deciso di nuovo di aggredire qualcuno.
Era proprio vero: avevo sconvolto il loro ordine. Non sapevano nemmeno dove mettermi a dormire.
Prima di darmi la buona notte, Minho mi intimò di non provocare mai più Gally, se le mie intenzioni erano quelle di sopravvivere nella Radura e di vivere in pace con tutti.
Visto che con Newt avevo esaurito la scorta di domande, tentai di farmi illuminare dal Velocista:
- Perché Gally si comporta così?-.
- Così, come?- chiese lui, fingendo indifferenza. – Oggi ha solo tentato di evitare che ti facessi male. Dopotutto sei stata tu a farlo nero, ieri.-
- E’ scostante, sembra spietato, mi intimorisce.- confessai.
Minho scosse la testa abbassando lo sguardo. Lo sentii respirare più rumorosamente, segno che forse le mie domande lo avevano stufato.
- Non era così prima.-
- Prima di cosa?-
Minho sbuffò. – D’accordo, te lo dirò. Ma tu prometti di tacere e di non provocarlo per i prossimi giorni?-
Annuii, troppo curiosa per non abboccare.
Il ragazzo indicò il grande muro. Lo osservai attentamente: le porte non c’erano più.
- Laggiù, dentro il Labirinto, ci sono i Dolenti. Nessuno di noi sa cosa siano davvero. Sappiamo solo che sono letali e che nessuno che abbia passato una notte nel Labirinto è sopravvissuto ad essi. I Creatori probabilmente un po’ ci amano, perché ogni sera, al tramonto, chiudono le porte che separano la Radura dal Labirinto. Forse te ne sei accorta, è successo anche oggi.-
Non mi ero accorta di nulla, presa come ero nello sforzo di ambientarmi e capire qualcosa della situazione in cui ero capitata, ma annuii per indurlo a continuare.
- In questo modo i Dolenti non ci raggiungono mentre riposiamo. Noi Velocisti percorriamo il Labirinto ogni giorno, ma di giorno i Dolenti non si fanno vedere, né nel Labirinto, né qui fuori… Tuttavia fanno eccezione degli episodi sporadici. Gally lavorava nei pressi della porta occidentale quando un Dolente lo ha sorpreso e lo ha punto in pieno giorno, avvelenandolo. Fortunatamente i Creatori ci muniscono anche di alcune dosi di siero contro il veleno dei Dolenti, ma ciò che succede a chi subisce quella che noi chiamiamo la Mutazione, cambia il soggetto per sempre. C’è addirittura chi dice che la Mutazione ci faccia vedere come era la nostra vita prima della radura. Ecco perché Gally si comporta così. Nessuno sa cos’abbia visto durante la sua Mutazione. Lui non ne parla, ma quello che è certo è che lo ha cambiato moltissimo.-
Subito dopo mi mandò a dormire, dicendomi che l’indomani mi avrebbe aspettato una giornata insieme a lui, poiché ero una Velocista in prova.

 
***

Lavorai una settimana, passando di intendente in intendente. Alla fine conquistai un posto come Velocista, un po’ perché me la cavavo e un po’ per la simpatia che Minho provava nei miei confronti.
Alby volle comunque indirizzarmi verso i Costruttori e, sebbene non fossi tanto male nemmeno in quel settore, Gally non ne volle sapere di avermi con sé. Disse che se nel gruppo doveva esserci una “Pive femmina inutile” non voleva di certo averla lui addosso come un peso morto.
Quando seppe che ero entrata a far parte dei Velocisti, ebbe ulteriori polemiche da snocciolare, perché secondo lui ci avrei messi tutti nei guai.
Cercai di ignorarlo per quanto mi era possibile. Dopo il racconto di Minho mi ero convinta a lasciarlo perdere, a non provocarlo. Se Gally voleva vivere in pace, chi ero io per rompere il suo equilibrio? Non avevo intenzione di essergli amica, ma mi era passata quasi subito la voglia di infastidirlo, anche se in me ancora si manifestava quella strana e violenta sensazione ogni volta che incrociavo il suo sguardo.
Man mano che il tempo passò, mi ambientai nella Radura, feci conoscenza con tutti i membri del gruppo e mi adattai ai ritmi di vita del posto, esattamente come avevano fatto gli altri prima di me.
I primi tempi da Velocista furono duri, ma non entrai mai nel Labirinto, perché ero l’ultima arrivata e la meno esperta. Per più di un mese non feci altro che correre e correre lungo il perimetro della Radura, allenandomi, a volte aiutando gli altri intendenti nei loro lavori. Mi veniva concesso di assistere alla mappatura del Labirinto e passavo molto tempo ad essere istruita da Minho, ma nulla più di questo.
 

 
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > The Maze Runner / Vai alla pagina dell'autore: Rachel_Daae