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Autore: Roof_s    22/01/2015    4 recensioni
"Io... Io sono solo curioso."
Summer si tirò di nuovo su in piedi e mi guardò dritto negli occhi. "Curioso di che cosa?" domandò.
"Del perché mi hai aiutato" risposi, sincero.
Summer si guardò attorno e poi rise. "Non c'è un perché, l'ho fatto e basta."
"Tu non...?" provai a chiederle.
Lei alzò le sopracciglia, confusa. "Io non... che cosa?"
Gesticolai a caso, poi mi fermai. Ma che diavolo stavo combinando?
"Tu non hai alcun interesse per...?"
Lasciai cadere la domanda a metà, sperando di coglierla in flagrante con un improvviso rossore del viso o con fulminee smentite. Ma la mia interlocutrice rimase impassibile, aspettando che continuassi.
Sbuffai, messo alle strette. "Tu non hai alcun interesse per me?" domandai.
La sua reazione mi fece sentire immediatamente un imbecille: Summer scoppiò in una vivace risata e io non potei fare a meno di arrossire.

IN SOSPESO
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Influenza negativa



La notte era appena scesa sopra i tetti della città quando io misi piede fuori dalla porta di casa. Fui immediatamente salutato dal vento freddo di quel quattro marzo, mentre rinfilavo le chiavi di casa in tasca e uscivo dal cortile. Siccome mi aspettava ancora un'ultima tappa in centro città prima di poter mettere la parola fine a quella lunga giornata, non avevo posteggiato la mia automobile in garage. Percorsi il marciapiede fino ad arrivare alla Peugeot parcheggiata davanti al mio cancelletto e salii. Accesi il riscaldamento e attesi qualche minuto nella speranza che l'abitacolo si facesse un po' più caldo. Non avevo proprio voglia di guidare al freddo, di scendere di nuovo dall'auto e sentirmi nuovamente schiaffeggiare dal vento notturno. Non avevo voglia di uscire, punto e basta.
Quando avevo parlato a Niall e a Louis dell'appuntamento che mi aspettava per quella sera, non avevo fatto alcuno sforzo per nascondere il mio scarso entusiasmo. Questo atteggiamento aveva dato adito a nuove accuse da parte di Louis, il quale mi aveva prontamente fatto notare come la mia voglia di mettere il naso fuori di casa aumentasse ogni volta che c'era di mezzo Summer.
"Non mi dire che non te n'eri accorto! Tra un po' basterà pronunciare il suo nome per farti scattare sull'attenti."
Non potevo negare a me stesso che se la mia amica avesse accettato di uscire con me, quella sera sarei stato decisamente più entusiasta. Ma Summer mi aveva messo i bastoni tra le ruote: non solo era stata lei a costringermi a uscire con Bethany, ma aveva pure evitato di rispondermi quando avevo provato a capire quali fossero i suoi piani per la serata.
Misi in moto l'auto e partii dal vialetto, guidando lentamente per non raggiungere troppo in fretta l'abitazione di Bethany. Me la immaginavo già pronta dietro la porta di casa, vestita di tutto punto, evidentemente eccitata all'idea di avermi tutto per sé per un'intera serata.
Quando raggiunsi il primo semaforo rosso, la mia mente tornò alla mattinata precedente e a Summer. Rividi la sua espressione sfuggente e quasi intimorita, riascoltai le parole che mi aveva mormorato con incertezza.
Perché Summer non aveva voluto dirmi dove si sarebbe recata quella sera?
Non appena la luce del semaforo ritornò di un verde cangiante, accelerai con decisione. Ero troppo distratto dall'affastellarsi dei pensieri nella mia mente per badare alla velocità. Mi accorsi solo qualche secondo più tardi che mi stavo avvicinando al quartiere dove abitava Summer. Per un istante ebbi addosso la smaniosa tentazione di invertire rotta e dirigermi a casa sua: se fossi riuscito a trovarla, avrei potuto almeno capire che cosa si nascondesse dietro i suoi strani comportamenti.
Smettila! Smetti immediatamente di ragionare come un bambino!, m'imposi mentalmente.
Che cosa mi prendeva? Perché davo così tanta importanza agli affari privati di Summer?
Mi rilassai, allungando bene le braccia tese verso il volante. Controllai di sfuggita che ore fossero sul mio orologio da polso, sospirai. Non c'era nulla di sbagliato o strano nel comportamento di Summer. Era giusto che lei avesse i suoi spazi e non potevo di certo pretendere che condividessimo ogni pensiero od ogni notizia.
Se lo vorrà, ti spiegherà come stanno le cose, mi tranquillizzai.

***

Il viaggio fino al Club 8 fu lungo e incredibilmente silenzioso. Da quando Bethany salì in auto fino al momento in cui entrambi scendemmo nel silenzioso parcheggio davanti al pub, le parole che scambiammo furono pochissime. Negli ultimi tempi mi ero abituato a un altro tipo di passeggeri: o erano i miei amici, con cui i discorsi non venivano mai a mancare, oppure si trattava di Summer, l'unica ragazza con cui accettassi di uscire senza avere secondi fini.
Bethany si era presentata esattamente come me l'ero aspettata: truccata in modo alquanto evidente, vestita come una vera e propria modella, ma anche impossibilitata ad andare oltre ai soliti noiosi argomenti riguardanti noi due o la scuola.
Avevamo preso posto ad uno dei tanti tavolini che riempivano le tre sale del locale. Avevo lasciato che Bethany si accomodasse sulla poltroncina addossata al muro, mentre io mi ero sistemato di fronte a lei. Inizialmente era stato difficile rompere la barriera del silenzio: lei alzava spesso gli occhi sul mio viso, ma non appena io provavo a stabilire un contatto visivo, tornava a guardare altrove. Bethany mi era sembrata molto più decisa e sfacciata quando ci eravamo incontrati al Tokyo Bradford.
Quando la cameriera del locale arrivò al nostro tavolino, notai subito che si stava concentrando un po' troppo insistentemente su di me. Tirò fuori il blocchetto su cui segnava le ordinazioni e mi fissò apertamente aspettando che parlassi.
"Una birra bionda media" dissi.
Spostai lo sguardo sulla mia accompagnatrice, la quale fissava la cameriera con aria di superiorità. Ordinò un succo e riconsegnò il proprio listino alla ragazza, che prima di andare via mi lanciò un'altra fugace occhiatina.
"Un succo?" ripetei per scherzare.
Bethany sembrò immediatamente contrariata dalle mie parole. "Sì, perché?"
Tornai serio: non avevo creduto che certi scherzi potessero ferirla.
"Io... no, niente... Solo che pensavo a quanto fosse bizzarro" spiegai. "Sono abituato ad amici che bevono parecchio."
Bethany arricciò le labbra in un sorriso che mi parve decisamente sforzato. "Io non amo l'alcol."
Annuii. "L'avevo notato."
Bethany mi squadrò in modo strano, mi sentii denudato dalla sua occhiata penetrante. Avrei dovuto fare più attenzione alle parole che sceglievo di usare: sembrava una tipa abbastanza permalosa.
"Comunque, hai fatto caso alla cameriera?" mi chiese poi lei, curiosa.
Decisi di mentire spudoratamente: le ragazze come Bethany andavano trattate con cautela per evitare scenate di gelosia.
"No, che cos'ha?" feci.
Bethany produsse una risatina beffarda. "Ti osservava come se non avesse mai visto niente di altrettanto meraviglioso nella sua vita."
Ridacchiai, messo alle strette. "Non l'avevo proprio notata."
Bethany distolse nuovamente lo sguardo e appoggiò i gomiti sulla superficie del nostro tavolino.
"Entro che ora dovrai ritornare a casa?" le chiesi, imbarazzato dal suo essere così silenziosa.
Bethany si riscosse. "Stai già pensando alla fine di questa serata, Zayn?" mi stuzzicò.
Scossi il capo in tutta fretta. Non avevo alcuna voglia di peggiorare la situazione facendola arrabbiare.
"Stavo solamente pensando al fatto che domani dovrò svegliarmi presto... Sai, pratico jogging ogni mattina" dissi.
Lei annuì, rigida come se fosse una statua. "Tutta la scuola l'ha notato."
"Dovevo dare una svolta alla mia vita" continuai pur di tenere in piedi quel discorso.
Bethany sorrise. "Sei anche a dieta?"
"Cerco di non esagerare quando sono a tavola."
La ragazza di fronte a me lasciò scivolare per un attimo gli occhi sul mio petto. Poi tornò a guardarmi negli occhi e disse: "Emily Wood ha avuto un ottimo effetto su di te, non c'è che dire."
"Non credo sia stata Emily a farmi questo" smentii; non mi piaceva il fatto che Bethany si prendesse la libertà di parlare di me e la mia ex.
"Senza di lei, saresti rimasto il vecchio Zayn Malik" puntualizzò lei.
In quel momento ebbi voglia di alzarmi dalla sedia e lasciare Bethany da sola. Parlava mantenendo un'espressione superba, come se avesse il diritto di giudicare la persona che ero stato prima della rottura con Emily. Di certo prima di incontrare Louis non avevo brillato in quanto ad affabilità, ma Bethany era l'ultima ragazza che poteva permettersi di commentare i miei precedenti.
"Non era poi così male il vecchio Zayn Malik" ribattei.
Bethany sorrise e mosse la mano destra in un gesto che sembrava voler scacciare la mia affermazione. "Eri una persona anonima, Emily aveva il controllo su di te e sulla tua vita. Ora sei un altro ragazzo, sei rinato, Zayn. L'intera scuola ti osserva, piaci a tutti, non lo vedi?"
Rimasi zitto e la guardai senza battere le palpebre, come se perdere anche solo un secondo della sua immagine potesse rovinare tutto.
Bethany si allungò un po' di più verso di me, le maniche della sua camicetta bianca strisciarono sul tavolo. Lei puntò i suoi occhi chiari nei miei, con la luce soffusa della sala che illuminava solo un lato del suo viso mentre l'altro rimaneva leggermente in penombra.
"I ragazzi simpatizzano per te: sei riuscito a prenderti una bella rivincita su quella stronza della tua ex. Le ragazze... be', non c'è bisogno che ti dica come ti vediamo noi ragazze, no?" proseguì a voce bassa. Poi Bethany tornò ad appoggiarsi allo schienale della propria poltroncina e di lì a breve la cameriera ritornò con le nostre ordinazioni: posò davanti a noi la birra e il succo e ci lasciò lo scontrino col conto. Tirai fuori il mio portafoglio e le consegnai una banconota da dieci sterline.
"Grazie mille, Zayn" cinguettò la mia accompagnatrice, portando il bicchiere alle labbra.
Alzai il mio in alto a mo' di risposta e bevvi, soffocando le parole che avrei voluto rivolgerle. L'immagine che avevo dato di me stesso mi piaceva, ne ero soddisfatto. Ma in quel momento mi tornarono alla mente le parole usate da Summer per descrivermi.
"Hai inventiva, non ti manca la voglia di fare, eppure mi sembri come confinato in un mondo d'indecisione e timore. Come se non facessi le cose per paura del risultato."
Quale delle due definizioni mi rappresentava meglio? Ero davvero solo quel bell'involucro che tutti a scuola vedevano, oppure c'era qualcosa di valido anche in me?
"Comunque, non fossilizziamoci su questi noiosi discorsi..." riprese Bethany, mettendo da parte il proprio bicchiere e tornando a guardare me. "Ho saputo che tra Harry Styles ed Emily Wood le cose non vanno più troppo bene."
Sorrisi con aria di scherno. "Lo so, li ho visti litigare più di una volta."
Bethany parve sorpresa: batté leggermente le mani sul tavolo e si lasciò sfuggire un'esclamazione. "Allora sono davvero sfacciati se si permettono di litigare davanti ai tuoi occhi!"
"Quando si discute non si fa troppa attenzione a chi ascolta" li difesi mio malgrado. "Sono solo curioso di sapere per quale motivo sono già in crisi dopo nemmeno un anno."
Bethany alzò le spalle. "Io so solo ciò di cui tutta la scuola sta iniziando a parlare. Però credo che la colpa sia di Emily."
La guardai di sbieco: come poteva accusare Emily se nemmeno conosceva le cause dei litigi che la stavano allontanando da Harry?
"Come fai a dirlo?"
Bethany si prese qualche secondo prima di rispondere. Infine disse: "È sempre lui che rincorre lei per chiederle scusa. Ed è sempre lui quello che si fa calpestare pur di non peggiorare la situazione. Queste, a mio parere, sono prove a tutti gli effetti."
Sbuffai e guardai altrove: non sopportavo l'idea di basare i nostri discorsi su ciò che si sentiva dire. Non volevo giustificare né Harry né tantomeno Emily, ma non mi piaceva ficcare il naso in mezzo alle loro questioni private senza conoscerne i dettagli. Avevo lottato a lungo per lasciare quei due fuori dalla porta del mio cuore, e adesso che c'ero riuscito ecco che Bethany compariva con i suoi gossip indesiderati.
Sorseggiai un altro po' della mia birra bionda e pensai con amarezza a Louis e a Niall, a quanto avrei voluto che i miei amici fossero lì con me a ridere delle parole di Bethany. E poi pensai anche a Summer: con lei non mi ero mai sentito in obbligo di parlare per paura che i discorsi mancassero, che si creassero quei fastidiosi silenzi pieni d'imbarazzo. Con lei le parole uscivano automaticamente, e se restavamo in silenzio non ci sentivamo a disagio: era giusto così, saremmo potuti restare zitti anche per ore senza problemi.
"Zayn?" mi richiamò Bethany, insospettita dal cambiamento nel mio atteggiamento.
La guardai distrattamente. "Scusami, stavo... pensando a quello che hai detto" mentii.
Bethany annuì, bevve un sorso del suo succo ai mirtilli e poi fece schioccare le labbra con un rumore secco. La guardai e finalmente lei ricambiò la mia occhiata. Lei era bella e io ero annoiato: sapevamo entrambi come si sarebbe conclusa la serata, ma nonostante ciò lei non sembrava infastidita.
"E dimmi, Zayn: come vanno i lavori col gruppo extrascolastico?" domandò poi Bethany, ignara di ciò che davvero passava per la mia testa.

***

Intravidi la casa di Bethany in lontananza. Quella era una zona tranquilla e nemmeno troppo distante dal nostro liceo. Rallentai la velocità, mentre lei al mio fianco cominciava a chiudersi il cappotto e a stringere la sciarpa attorno al suo collo magro.
E adesso?, mi chiesi automaticamente.
Avevo passato una serata normale in compagnia di una ragazza normale. Bethany non era antipatica e aveva cercato di coinvolgermi in ogni sua conversazione, dalla più frivola alla più impegnativa: non potevo di certo dire di essermi divertito da matti, ma come persona non mi dispiaceva e non avrei voluto trattarla scortesemente.
Fermai l'auto sul ciglio della strada, proprio di fianco al marciapiede di fronte a casa sua. Bethany non scese subito: si voltò prima verso di me e tirò fuori un timido sorriso.
"Spero che sia stata una bella serata per te" disse.
Annuii con convinzione. Sapevo di mentire, sapevo che lei avrebbe pensato mi fossi trovato benissimo in sua compagnia, ma non avrei potuto fare altrimenti.
Bethany si sporse nella mia direzione e avvicinò il proprio viso al mio. Mi baciò, dapprima con delicatezza come se temesse di risultare sgradita. Poi decise di prendersi qualche libertà in più e premette la propria bocca sulla mia. Ricambiai il bacio, ma sentii che il trasporto della nostra prima volta era sparito. La baciai meccanicamente, tenendo persino gli occhi semiaperti.
Bethany si staccò da me dopo qualche istante e mi sorrise maliziosamente: non si era accorta del mio distacco.
"Ti va di salire?" mi chiese.
Distolsi lo sguardo dai suoi occhi chiari e fissai le mie mani. "Bethany, io... non..."
Mi sentii accarezzare una guancia. Bethany aveva allungato una mano nella mia direzione, senza preoccuparsi di ciò che stavo per dirle: che il mio fosse un rifiuto o meno, a lei non importava in quel momento.
"Mio padre fa il turno di notte" sussurrò lei con atteggiamento complice.
Sospirai e lanciai un'occhiata sfuggente all'orologio sul cruscotto della mia automobile: era appena mezzanotte e di fianco a me sedeva una bella ragazza bionda che mi stava invitando a trascorrere la notte in sua compagnia.
Girai le chiavi nel quadro dell'auto e questa si spense. Tirai il freno di stazionamento e rivolsi un sorrisetto incerto a Bethany.
"Mi hai convinto" le annunciai.
La ragazza di fianco a me mi stampò un nuovo bacio appassionato, dopodiché scese dall'auto e mi accompagnò per mano fino alla porta di casa.

***

"Ehi, campione! Fammi indovinare: sei mezzo nudo, in una casa che non è la tua e questa mattina non ti dovrò aspettare per andare a correre. Ci ho azzeccato?"
Era inevitabile che scoppiassi a ridere di fronte a messaggi simili: ecco il modo in cui Summer Wayne dava il buongiorno ai suoi amici.
Scossi il capo, sorridendo ancora come un ebete, e le scrissi una breve risposta: "Ciao, simpaticona! Non ti dirò nulla per messaggio, ma siccome mi sono appena svegliato, credo non riuscirò a esserci per colazione. Ci vediamo a scuola?"
Mi alzai dal bordo della vasca da bagno di Bethany e mi misi di fronte allo Zayn Malik che mi fissava dallo specchio: avevo i capelli ancora spettinati e sì, effettivamento portavo addosso solo i miei boxer. Summer aveva indovinato. Mi ero svegliato prima di Bethany e avevo raggiunto di soppiatto il suo bagno, che fortunatamente si trovava proprio davanti alla sua camera da letto. La piccola casetta dove abitava con suo padre era silenziosa, segno che probabilmente eravamo ancora soli. Guardai l'ora sul mio telefonino: era ancora presto per andare a scuola, ma tardi per jogging e colazione in compagnia di Summer.
Riaprii la porta del bagno e m'infilai nella stanza dove Bethany dormiva ancora profondamente. Tirai via i miei vestiti dalla sedia a fianco del suo letto e mi rivestii silenziosamente, sempre controllando che lei non si svegliasse. Mi avviai poi verso la porta ma, proprio mentre facevo per spalancarla, mi ricordai di un piccolo dettaglio: la prima volta che ero fuggito da casa sua senza avvertirla, Bethany non aveva apprezzato il gesto. Me lo aveva confessato la sera precedente in un impeto di sincerità.
Tornai sui miei passi e mi piegai sulla sua piccola scrivania disordinata. Cercai una matita nel portapenne aperto e afferrai il primo foglio bianco che trovai.
Ciao, Beth. Ti auguro un buon risveglio e ti ringrazio della bella nottata passata insieme. Sono dovuto scappare perché mia madre mi ha chiamato per una commissione urgente. Ci vediamo a scuola. Un bacio, Zayn.
Tornai alla porta e mi guardai alle spalle un'ultima volta prima di andare: Bethany dormiva in una posizione da bambina, con le cosce piegate in direzione del petto, che si alzava e abbassava delicatamente al ritmo del suo respiro. Lei era bella e io ero annoiato, ecco tutto. E forse lei sarebbe stata furiosa, un giorno; ma ormai io ero la bugia scritta sul foglio sopra la sua scrivania, ero quella persona che fuggiva senza far rumore alle prime ore del mattino, ero quel desiderio irrealizzabile.
E no, quel ruolo non mi dispiaceva.
Uscii sul corridoio fuori dalla camera e avvicinai la porta con delicatezza. Scesi le scale e attraversai l'ingresso. Misi mano alla porta, uscii nel suo giardino e raggiunsi il cancello: la mia macchina aveva i vetri appannati per via delle basse temperature notturne. Montai a bordo e girai la manopola dell'impianto di riscaldamento fino al massimo: stavo battendo i denti dal freddo.
Misi in moto e partii dal vialetto, le mani aggrappate al volante che sembravano due pezzi di ghiaccio. La Tong High School non era distante da dove mi trovavo io: decisi quindi di fare prima una tappa in un bar qualsiasi per un caffè caldo. Ne individuai uno in prossimità dell'incrocio tra Broadstone Way e Tong Street, quindi parcheggiai e scesi dall'auto. Entrai nel bar senza alzare lo sguardo dai miei piedi e presi posto a uno dei primi tavolini vicino alla vetrina del locale. Tirai fuori il cellulare e lo posizionai di fronte a me. Ne illiminai lo schermo ma non c'erano nuovi messaggi da leggere: Summer probabilmente stava ancora correndo. Oppure era tornata a casa e si stava preparando per uscire.
Sospirai, scacciando dalla mia testa sia l'immagine di Summer sia quella di Bethany addormentata.
"Zayn!"
Alzai il viso di scatto: Melanie era in piedi di fronte a me, un quotidiano appena acquistato in una mano e il portafoglio nell'altra.
Boccheggiai, sorpreso da quell'incontro e tutto ciò che riuscii a dire fu: "Ehm... Ciao."
Io e Melanie non ci eravamo più visti o sentiti dal momento della sua sfuriata nella mia macchina: io ero stato abbastanza categorico nel non volerla più incontrare e lei si era offesa.
"Tu... Sei solo?" domandò lei, riacquistando subito tutto il suo contegno.
Annuii e allora lei mosse un altro passo in direzione di un tavolino poco lontano dal mio. Poi però si bloccò e tornò a spiare nella mia direzione.
"Melanie..." provai a parlarle. Presi una pausa perché non sapevo esattamente come affrontare la situazione: sentivo il suo risentimento graffiarmi la pelle come se fosse una presenza fisica e avrei desiderato mettere fine a quella situazione di disagio.
"Che c'è?" domandò lei di scatto.
"Scusa se... l'ultima volta sono stato troppo... duro."
Melanie non mutò la propria espressione crucciata. Rimase impalata al centro del bar e infine tornò verso di me. Indicò la sedia libera e io le feci segno di accomodarsi.
"Come stai?" mi chiese.
"Abbastanza bene."
"È insolito trovarti da queste parti al mattino."
"Generalmente vado a scuola con un'amica, ma oggi... lei aveva da fare" mentii.
Melanie alzò gli occhi quando pronunciai 'un'amica' ma non replicò. Chissà che cosa pensava ora di me e del mio ultimo rifiuto.
"Un'amica?" domandò dopo qualche secondo.
Annuii, immobile e imbarazzato. Melanie si alzò in piedi prendendomi alla sprovvista.
"Vado ad ordinare. Che cosa prendi tu?" fece poi, impassibile.
"Un caffè macchiato, grazie."
Guardai Melanie allontanarsi ancheggiando come un'adolescente. Si vestiva e si comportava come se per lei il tempo non fosse mai passato e stesse per entrare in classe in veste di alunna e non di professoressa.
Quando tornò con i due caffè, io la ringraziai una seconda volta. Lei mosse il capo ma non parlò: afferrò una bustina di zucchero e la versò nella propria tazzina.
"Allora, sei ancora arrabbiato con me?" riprese a parlare, mescolando lo zucchero.
"Io no, ma tu?" risposi.
Melanie sorrise con aria provocatoria. "In un certo senso sì, ma che cosa posso fare? Hai messo le cose in chiaro, no?"
Sospirai, in difficoltà: se Melanie avesse ricominciato a protestare, io non sarei riuscito a tenerle testa.
"Sono troppo piccolo per te, Melanie" le sussurrai.
"L'età è una scusa" smentì lei. "Ho visto uomini di quaranta anni fidanzarsi con ragazze della tua età."
"E con quale coraggio mi presenteresti ai tuoi genitori?" la sfidai io. "Oppure ai tuoi figli? O meglio ancora, a tuo marito!"
Melanie mi fulminò con un'occhiata rovente. "Io non ho più un marito."
"Non ha importanza, Melanie. Tu hai trentacinque anni, io ne ho diciotto. Tu insegni in un liceo, io il mio devo ancora finirlo. Come puoi vedere un futuro per noi due?"
Lei restò in silenzio per un attimo, gli occhi bassi sulla tazzina che teneva tra le mani. E io, in quel momento, mi sentii estremamente fiero di me stesso: ero finalmente riuscito a parlarle con una certa decisione. Melanie non avrebbe potuto tentarmi col sesso in un bar e in pieno giorno e io sarei riuscito a spiegarle il mio punto di vista.
La donna posò la propria tazzina con un sordo rumore e mi guardò leccandosi le labbra. "Se non vuoi una relazione seria, perché allora non facciamo finta che queste discussioni non siano mai esistite? Perché non torniamo a divertirci come facevamo all'inizio?"
Scoppiai in una risatina nervosa. "Perché non possiamo, Melanie! Io non mi sento più come prima."
Lei ridusse i propri occhi scuri a due fessure. "Hai conosciuto un'altra, vero?"
"No, io ho... paura!" sbottai.
"Di che cosa dovresti aver paura, Zayn? Nessuno sa di noi due!"
"Per adesso! E poi? Quando questa storia arriverà a due mesi? O a tre? Che cosa faremo a quel punto?"
Melanie prese la mia mano tra le sue, ma io la liberai subito.
"Zayn, tu mi piaci davvero" confessò lei.
"Non mi conosci nemmeno" risposi bruscamente.
Lei sorrise. "Allora lasciati conoscere."
"Melanie, non tornerò indietro questa volta."
"Io penso che tu abbia conosciuto un'altra ragazza, ma non vuoi ammetterlo. Lei è più giovane di me? È più bella di me?"
Sbuffai e alzai gli occhi al cielo. Odiavo quando le ragazze - o le donne, come in quel caso - si comportavano in quel modo. Certe volte dubitavo dell'età di Melanie: agiva come se fosse una ragazzina e non capisse il momento in cui i giochi finivano.
"Non sto uscendo con nessuna ragazza" mentii.
"E chi è la tua amica con cui vai a scuola?" volle sapere.
"Dacci un taglio, Melanie" le intimai.
La donna non disse nulla, forse offesa dal mio tono freddo. Avevo finito per trattarla nuovamente male: non era colpa mia se lei non sapeva mettere un freno alla sua smania di invadere la mia vita privata.
Bevvi il mio caffè tutto d'un sorso e ne assaporai il retrogusto amaro. Dopodiché mi alzai dalla sedia e dissi: "Ora devo andare a scuola."
Melanie non si mosse dal proprio posto ma alzò gli occhi. "Vuoi un passaggio?"
"No, sai che non possiamo farci vedere insieme" le ricordai.
Melanie sorrise con aria sprezzante. "Siamo insieme adesso e ci troviamo in un bar, Zayn."
Le rivolsi un sorriso cortese e alzai la mano in segno di saluto. "Grazie della compagnia, signora Crashwell. Mi ha fatto piacere rivederla e le auguro una buona giornata" pronunciai a voce alta di modo che chi mi sentisse non si facesse strane idee.
Melanie sembrò infastidita da quelle mie cerimonie, ma non smascherò la farsa e rispose con un sorriso glaciale.
"Ciao, Zayn. Buona giornata" salutò, afferrando il giornale e dispiegandolo sul tavolino.
Pagai il mio caffè e uscii dal locale tirando un grosso sospiro di sollievo. L'inaspettato incontro con Melanie andava per caso interpretato come un cattivo presagio? Che cosa mi sarei dovuto aspettare dalla giornata appena cominciata?

***

Ma, al contrario delle mie aspettative, la mattinata scolastica non fu affatto disastrosa. Dal momento in cui misi piede in classe la noia mi assalì come una bestia feroce: le lezioni erano sempre uguali a se stesse, i professori mantenevano il loro tono soporifero incentivandomi a dormire e nessuno dei miei amici si fece vivo con messaggi che potessero distrarmi.
L'unica cosa particolare che mi colpì fin dall'arrivo a scuola furono le occhiate che quel giorno mi attiravo addosso: negli ultimi mesi mi ero abituato ad essere seguito con lo sguardo lungo i corridoi, ma ciò a cui non ero affatto abituato era essere scrutato ossessivamente da ogni ragazza del liceo. Tutte le studentesse che incrociai sul mio cammino quella mattina si voltarono per spiarmi con aria assolutamente invadente, come se il solo squadrarmi da capo a piedi costituisse un metodo efficace di leggere nella mia mente.
Anche in aula non fui lasciato in pace dalle mie compagne di classe: cercai di evitare di voltarmi verso una qualunque di loro, perché ora la faccenda iniziava a farsi fastidiosa. Non solo scattavano ogni volta che io compievo un movimento, ma ridacchiavano anche in modo stupido se capitava che io per caso incontrassi i loro sguardi puntati su di me.
Che cos'era cambiato rispetto al giorno precedente?
Temetti che, tra le varie spiegazioni possibili, ci fosse anche la notizia delle mie scappatelle con Melanie Crashwell: se la verità fosse venuta a galla, io avrei perso tutta la mia credibilità.
Per avere finalmente una risposta dovetti attendere l'arrivo dell'intervallo. E di Louis e Niall.
Attesi i miei amici nel corridoio in cui si trovava la mia aula e quando li vidi avvicinarsi mi staccai dal banco sul quale ero seduto. Louis fu il primo a venirmi incontro allargando le braccia e assumendo un'espressione trionfale. Che cosa voleva dire tutto ciò?
"Ciao, ragazzi" salutai con voce incerta.
"Zayn! Mancavi solo tu al magnifico trio" annunciò Niall.
"Ecco, dal momento che voi sembrate sapere più di me: che cosa sta succedendo?" domandai, sempre più perplesso.
Louis sogghignò e si scambiò uno sguardo d'intesa con Niall.
"Ti riferisci per caso al fatto che la scuola sembra adorarci?" chiese Louis.
"Le ragazze della scuola" lo corressi.
Niall fece un gesto di noncuranza. "Ti sei chiesto perché?" indagò.
"È tutta la mattina che ci penso" confessai.
"Bene" fece Louis, battendo le mani. "Tutti a scuola sanno della band."
Spalancai gli occhi e lasciai vagare lo sguardo dall'uno all'altro. Non sapevo se definirmi incredulo oppure infastidito.
"Che cosa?!" esclamai.
Louis sorrise. "Ci siamo premurati d'intrattenere delle pubbliche relazioni adeguate al nostro nome."
Scossi il capo, senza parole. "Louis, sei un deficiente! Abbiamo a malapena idea di che cosa canteremo durante le prossime prove, come puoi già spargere voci sulla band?!"
"Rilassati, Zayn. Non abbiamo fatto nulla di male" intervenne Niall, che a quanto pareva trovava la situazione alquanto intrigante. "È meglio che la scuola sia informata fin da subito dei nostri piani."
Allargai le braccia. "Ma per quale motivo? Che cosa c'entra la scuola con noi?"
Louis sbuffò e lanciò un'occhiatina misteriosa a Niall: probabilmente i miei due amici si erano già preparati ad affrontare quelle discussioni. Ero così prevedibile?
"Finché resteremo confinati nello scantinato di Niall, non saremo mai nessuno. Dobbiamo preoccuparci di creare aspettative nel nostro pubblico, far sì che attenda con ansia la nostra prima esibizione dal vivo" spiegò Louis col suo solito modo di fare magnetico e persuasivo.
Distolsi lo sguardo dal suo volto magro, perché sapevo che se lo avessi ascoltato con calma avrebbe finito per convincermi. Louis funzionava in quella maniera: avrebbe potuto avere torto marcio o assoluta ragione, ma in ognuno di questi casi se la sarebbe sempre cavata con le sue frasi da profeta.
"Il pubblico è la spina dorsale della nostra band" continuò Louis, toccandomi la spalla affinché mi girassi.
Lo guardai brevemente e mi lasciai scappare una risatina. "Siete davvero incredibili! Avrei dovuto immaginare che dietro le occhiatine ambigue delle mie compagne ci foste voi due."
Niall rise a voce alta e annuì. "Vedrai come ci acclameranno quando suoneremo per loro."
"Ehi, Zayn, forse non saremo mai al livello dei Queen, ma possiamo almeno tentare di farci conoscere in città" aggiunse Louis.
Annuii, ormai convinto. Non mi sarei potuto opporre a lungo, o almeno non finché fossi stato solo contro loro due. E in fondo, che cosa c'era di male nello sbandierare ai quattro venti il fatto che io facessi parte di quello che con ogni probabilità sarebbe stato il gruppo più cool dell'intera scuola?
"E per quanto riguarda le tue paranoie di ieri...?" ripresi a parlare.
Louis m'interruppe con uno strano gesto della mano; chiuse gli occhi in segno di riflessione e disse: "Ho capito molte cose la scorsa notte."
"Sì, la prima è stata come nascondere i fazzoletti dopo essersi divertito col suo arnese" sogghignò Niall rivolto a me.
Risi insieme al mio amico e Louis riaprì gli occhi per pizzicarci con le sue occhiate pungenti.
"Quello mi riesce già molto bene" replicò.
"Non mettiamo in dubbio il fatto che tu sia esperto di masturbazione, credimi" scherzai.
Louis alzò gli occhi al cielo, poi ci obbligò a chiudere bocca. Riprese a parlare solo quando si fu assicurato il più completo silenzio.
"In ogni caso, anche se ho a che fare con due cretini, ho capito che questa storia della band si può risolvere senza difficoltà. Non c'è nulla di sbagliato in noi tre" annunciò.
Niall alzò le spalle. "E quindi?" domandò. "A quale soluzione sei giunto?"
"Il genere musicale!" esclamò il nostro amico con fare eccitato. "Il problema e la sua soluzione stanno nel genere musicale! Noi siamo partiti in quarta con le nostre banali cover degli Oasis e degli Arctic Monkeys, ma ci siamo davvero chiesti se fossero adatte?"
Io e Niall ci guardammo, per niente sorpresi di essere entrambi ancora in attesa di risposte concrete: Louis aveva un talento innato nel tergiversare.
"Non lo sono!" risolse Louis da sé. "Noi dobbiamo darci a ben altro."
"Intendi musica country?" lo interruppe Niall, e io scoppiai immediatamente in uno sciocco risolino.
Louis, però, non sembrò apprezzare l'interruzione. "Ragazzi, concentratevi! Vi ricordo che stiamo decidendo le sorti di quella che potrebbe essere la più grande band della città."
"Non esageriamo" bloccai le sue fantasie, che ormai galoppavano alla velocità della luce.
"Quale sarebbe il nostro genere musicale?" chiese poi Niall, una volta messe da parte le sue battute di spirito.
Louis allungò una mano verso la tasca posteriore dei propri jeans e ne estrasse un foglietto a quadretti, parecchio stropiacciato. Lo agitò sotto il naso di Niall, il quale lo afferrò in un lampo. Mentre lui dispiegava il foglio, io mi sporsi oltre la sua spalla per spiare: Louis aveva tracciato una lista di canzoni, tra cui comparivano Viva la Vida dei Coldplay e Only Girl in the World di Rihanna.
Tornai a guardare verso il nostro amico e domandai: "Fai sul serio?"
Louis espose un bel sorriso sfacciato ed annuì lentamente. "Proviamo questa scaletta. Fidatevi di me."
"Rihanna?!" fece Niall, se possibile più stupefatto di quanto già non lo fossi io.
"Ragazzi, non si tratta d'identificarsi col nome scritto vicino ai titoli delle canzoni! Creeremo delle cover che non passeranno inosservate..."
"E poi lui era quello che non voleva essere etichettato come cover band degli Oasis" ironizzò Niall rivolto a me.
Annuii e rincarai la dose: "Mi va bene una canzone dei Coldplay, ma perché dovremmo cantare Only Girl in the World? Noi siamo tutti ragazzi!"
Louis sbuffò, spazientito. "Modificheremo il testo, modificheremo la base musicale..."
"... e alla fine non resterà più nulla della canzone originale" completò Niall.
Io risi di nuovo e in quel momento la campanella dell'intervallo squillò con gran fragore. Sussultai, spaventato dal suono. Louis si rimpossessò del foglietto e mise su un'espressione ferita.
"Perché non vi sforzate di andare oltre i pregiudizi? Se ho scelto queste canzoni è perché so che possiamo farcela" insistette.
Annuii e mi allontanai di qualche passo in direzione della mia aula. "Lou', sei un ottimo cantante, ma lasciatelo dire: hai pessimi gusti musicali."
Niall gettò indietro il capo e ci regalò la sua ennesima risatina divertita. Louis non si lasciò contagiare dalla cosa e mi fissò con fare risoluto.
"Datemi una possibilità e io farò di noi una grande band" disse.
Con la mano feci segno di okay e raggiunsi la soglia dell'aula nella quale mi sarei dovuto rinchiudere per il resto della mattinata.
"Dico sul serio, Zayn!" esclamò ancora Louis.
"Tranquillo, Lou': ci basteranno un paio di tinte rosso fuoco e tre reggiseni push up per raggiungere il livello di Rihanna. Ci sentiamo!"
Potei chiaramente udire la nuova risata di Niall, che concordava con me al cento per cento.

***

All'uscita da scuola non aspettai nessuno, perché il mal di testa quel giorno aveva deciso di giocarmi un brutto tiro: da quando avevo salutato Niall e Louis allo squillare della campanella di fine intervallo, non ero più riuscito a concentrarmi sulle parole dei professori. Sentivo la testa pesante come un macigno e tutto ciò che desideravo in quel momento era seppellirmi sotto le coperte del letto e rimanerci per il resto del pomeriggio.
"Zayn!" esclamò una vocetta acuta alle mie spalle, proprio mentre mettevo piede sull'ultimo gradino della scalinata davanti alla Tong High School.
Alzai gli occhi al cielo, a corto di giustificazioni per fronteggiare nuovamente Bethany Smith.
"Ciao, Beth!" la salutai allegramente quando lei fu giunta proprio davanti a me, il volto a un palmo dal mio. Si sporse un altro po' e mi diede un leggero bacio sulle labbra.
"Ho letto il tuo biglietto: sei riuscito a svolgere la commissione per tua madre?" domandò, interessata.
Aprii bocca con fare sorpreso e per poco non smascherai la mia bugia di quella mattina: avevo già rimosso il ricordo di ciò che mi ero inventato per frenare la furia di Bethany.
"Oh sì, alla fine ho risolto tutto" mentii, imbarazzato. "Tu sei riuscita a svegliarti per tempo?"
Bethany sorrise con aria scaltra e poggiò una mano sul mio petto. Poi con le dita scese più giù fin sopra il mio ombelico: quel gesto rischiava di mandare al diavolo tutti i miei progetti di riposo pomeridiano per tornare ad esplorare le lenzuola di un altro letto che non apparteneva a me...
"Bethany, che stai facendo?" bisbigliai, scosso dal suo tocco deciso.
"Mi sono svegliata per tempo, ma ho avuto bisogno di un po' di tempo per riprendermi dalla scorsa nottata" suggerì lei con tono sensuale.
Sorrisi, indeciso se cacciarla o se trascinarmi fino a casa sua per l'ennesima volta. Alla fine scostai la sua mano dal mio corpo e presi fiato per farmi coraggio.
"Sono felice di averti lasciato un buon ricordo, ma io dovrei andare" dissi.
Bethany si finse imbronciata, poi scoppiò in una risatina e mi regalò un altro bacetto sfuggevole. Si comportava esattamente come se fosse la mia fidanzata, e la cosa non andava affatto bene.
"Perché non replichiamo questa sera?" propose, alludendo chiaramente alle nostre divertenti nottate di spudorato sesso.
Fui sul punto di rispondere con qualche nuova bugia, quando mi ricordai di Summer e del suo invito a una conferenza letteraria incentrata su Marcel Proust: non avevo mai amato quell'autore tanto quanto in quel momento!
"Mi dispiace, questa sera io sarò a una..."
"Buon giorno, guerriero della notte!" esclamò una voce buffa, che cercava di simulare il timbro vocale maschile.
Io e Bethany ci voltammo contemporaneamente e Summer, giunta a metà scalinata saltellando allegramente, si bloccò di colpo. Squadrò prima me con aria terrorizzata e poi guardò verso la mia interlocutrice.
"Ehm... Ciao, Bethany" salutò, titubante.
Gesticolai velocemente e feci segno alla mia amica di non fare marcia indietro: anche se probabilmente si era avvicinata perché non aveva fatto caso alla presenza di Bethany, adesso avevo bisogno che restasse per aiutarmi a liquidare la mia spasimante.
"Ciao, Summer" biascicò Bethany, la voce che tutto a un tratto si era fatta bassissima.
"Ciao" mi salutò Summer, intimidita.
"Ciao" ricambiai. "Come stai?"
Lei fece spallucce. "Non c'è male. Ora vi saluto, io..."
"Summer, non dovevi parlarmi della conferenza di questa sera?" la interruppi prima che potesse ricacciarmi in situazioni difficili.
La mia amica richiuse bocca e mi squadrò, in difficoltà più che mai.
"In verità io sono di fretta."
Sapevo che quella era una bugia: diceva così per evitare una sfuriata da parte di Bethany.
"Aspetta, questa sera tu sarai a una conferenza con lei?" si mise in mezzo quest'ultima, ignorando Summer e oltrepassandola per porsi di fronte a me.
Annuii e intercettai l'occhiata rigida della mia amica: non voleva essere nuovamente mischiata nelle mie vicende private, era chiaro.
"Ah, e di che cosa si tratta?" continuò Bethany, innervosita.
"Un incontro letterario su Marcel Proust" rispose Summer.
Bethany si voltò nella sua direzione e la squadrò da capo a piedi in un misto tra odio e disprezzo. Summer sostenne il suo sguardo senza battere ciglio.
"Certo... Divertente" mormorò poi Bethany, sempre più arrabbiata. "Non pensavo che Zayn fosse tipo da queste cose."
Summer sorrise gentilmente al suo indirizzo e rispose: "Forse è colpa della mia influenza negativa, ma si tratta pur sempre di argomenti attuali e interessanti."
Bethany sembrava morire dalla voglia di tirare un pugno alla mia amica, ma fortunatamente si trattenne e tornò a guardarmi. Si alzò in punta di piedi e mi baciò con ostentato ardore. Ricambiai il bacio e quando si fu staccata dalle mie labbra le rivolsi un breve sorriso.
"Divertiti a questa buffonata letteraria" sussurrò piano prima di lasciarmi solo con Summer e dirigersi verso i cancelli della scuola.
Guardai la mia amica e alzai le spalle. Lei sembrava indignata.
"Ha davvero detto 'buffonata letteraria'?!" esclamò, incredula. "Stiamo parlando di Marcel Proust!"
"È Bethany: che cosa ti aspettavi?" le risposi.
Lei mi guardò con quel suo visetto offeso e io non potei fare a meno di trovarla particolarmente graziosa: al contrario di Bethany, non aveva nemmeno un filo di trucco sul volto dalla pelle chiara.
"Ti vieto ufficialmente di uscire ancora con quella deficiente, okay?" concluse infine scendendo la scalinata e raggiungendomi.
Scoppiai a ridere e ripresi a camminare verso la mia macchina, parcheggiata poco lontano da lì.
"Comunque, ho un regalo per te" annunciò poi Summer.
Ci guardammo e lei si mordicchiò il labbro inferiore mentre provava a non ridere.
"Che cos'è?" chiesi, curioso.
Summer si sfilò una delle due bretelle del suo zaino e tirò la cerniera di una tasca esterna: la vidi infilarci la mano ed estrarne velocemente una fotografia. Poi me la porse guardandomi dritto negli occhi.
"Ieri stavo riguardando tutte le foto scattate durante le nostre corse in periferia e questa mi è piaciuta in modo particolare" spiegò.
La sollevai e subito mi tornò in mente il momento preciso in cui era stata scattata: io e Summer stavamo correndo da più di mezz'ora e, ormai vicini al collasso, ci eravamo fotografati per testimoniare le nostre pessime condizioni. Infatti in quella fotografia apparivamo sudati, stanchi e soprattutto ridicoli.
Scoppiai a ridere e mi premetti la fotografia contro il petto, proprio lì dove poco prima c'era stata la mano di Bethany.
"Siamo orrendi, Summer!" esclamai, intenerito dal suo gesto.
Lei annuì con aria altrettanto raddolcita. "Lo pensi anche tu? Avrei voluto consegnartela prima, ma quando ho visto Bethany mi si è gelato il sangue nelle vene."
Risi di nuovo. "Fai attenzione a non sognarla di notte."
Summer si fermò di fianco alla propria automobile e mise mano alla portiera. "Quello che deve fare attenzione sei tu, signor cantante, non di certo io..." replicò con aria maliziosa.
Lasciai andare le braccia contro i fianchi e le sorrisi, leggermente in imbarazzo. Nonostante Summer si fosse mostrata disponibile ad affrontare certe tematiche, io mi sentivo strano a parlarle di che cosa facevo con Bethany sotto le coperte.
"Oh, ma se l'argomento ti disturba tanto, possiamo sempre parlare di questa sera: passi a prendermi tu?" cambiò poi discorso.
"Grazie, Summer" la ringraziai per avermi evitato racconti particolareggiati sulla notte precedente.
Lei mi rivolse un'occhiata scaltra: non si poteva proprio negare che fosse una ragazza perspicace.
"Ci vediamo questa sera. Sii puntuale alle otto" fece lei, salendo in macchina.
"Alle otto in punto sarò sotto casa tua" le promisi.
La salutai e raggiunsi la mia auto. Salii, posai la cartella e mi rigirai ancora una volta la fotografia tra le mani. Voltandola trovai una breve dedica sul retro, che recitava: Al mio amico Zayn, perché anche se probabilmente alle altre piaci di più quando ti fingi una rockstar, io ti preferisco come sei in questa foto.
Lanciai la fotografia sul cruscotto dell'auto e scoppiai in una sana risata liberatoria. Allacciai la cintura di sicurezza, partii lentamente dal mio parcheggio e uscii sulla strada di fronte alla scuola.
Mentre tornavo a casa l'occhio mi cadde più volte sulla fotografia di me e Summer.

***

Mi sentii rifilare una gomitata non troppo violenta nel fianco destro e mi tirai più su con la schiena. Cercai di darmi un certo tono, mentre qualcuno seduto nei paraggi si accorgeva della mia sfrontatezza e mi rimproverava con silenziose occhiate ostili.
"Perché non ti sei fatto di cocaina prima di venire qui? Ti avrebbe aiutato a restare sveglio perlomeno!" bisbigliò in tono concitato Summer, sporgendosi verso di me per non farsi sentire dagli altri partecipanti alla conferenza.
Ridacchiai sottovoce della sua battuta e alzai gli occhi sullo strano trio che capitanava quella noiosissima conferenza letteraria: una signora piuttosto grassa e dagli occhi a palla così sporgenti che quando dava un colpo di tosse temevo potessero saltarle fuori dalle oribite, un vecchio allampanato che non aveva ancora aperto bocca dall'inizio della serata e un signore vestito piuttosto elegantemente che non perdeva mai occasione per correggere ciò che la sua collega diceva a proposito dell'opera di Proust.
E poi c'eravamo io e Summer: uno stravaccato sulla propria scomoda sedia con l'aria di chi chiaramente non si sta divertento, l'altra tesa in avanti con le gambe accavallate e una matita in mano con cui annotare ogni singola parola pronunciata dagli organizzatori della conferenza. Eravamo così tremendamente diversi che per un attimo mi chiesi come avessimo fatto ad andare d'accordo per tutto il tempo passato insieme negli ultimi giorni: Summer sembrava assorbita al cento per cento dalle parole che lentamente uscivano dalla bocca della signora grassa seduta davanti a noi, io invece non vedevo l'ora che quella serata giungesse al termine. Il mio pensiero andò d'istinto alle due birre che avevo lasciato in macchina: se solo ne avessi avuta una a portata di mano, non mi sarei più annoiato così tanto!
"Avresti dovuto avvertirmi che Proust era un tipo così socievole e divertente, almeno avrei evitato di risultare troppo triste in mezzo a tutta questa simpatica gente" borbottai di rimando alla mia amica.
Questa si distrasse dall'annotare le ultime sentenze snocciolate dalla signora grassa e mi lanciò un'occhiata divertita.
"Hai ascoltato anche solo una parola di ciò che hanno detto da quando siamo arrivati?" mi chiese.
Annuii. "Qualcosa mi pare di averlo sentito... Qualcosa come 'buona sera' e 'benvenuti'. È possibile?"
Summer si trattenne dallo scoppiare a ridere e mi colpì al braccio. Io le sorrisi, contento di essere riuscito a contagiare qualcuno con la mia disperata distrazione.
Un signore dall'aria parecchio severa, seduto esattamente di fronte a me, si voltò e squadrò con fare antipatico sia la mia amica sia. Poi borbottò rivolto a entrambi: "Fate silenzio!"
Non appena fu tornato a darci le spalle, Summer annuì vistosamente e lo indicò per dare conferma del suo rimprovero.
"Ha ragione lui, Zayn. Lasciami seguire la conferenza" sussurrò.
Sbuffai e incrociai le braccia al petto: adesso non potevo nemmeno più fare affidamento sulla mia amica per evitare di addormentarmi nel mezzo di quell'immensa perdita di tempo.
Spostai lo sguardo sul quaderno di Summer: le due pagine aperte erano oscurate dalla sua fitta calligrafia sottile. La sua mano sinistra volava sulla carta a una velocità sorprendente, come se stesse davvero registrando parola per parola l'intero convegno. Strinsi un po' di più gli occhi per cercare di mettere a fuoco le piccole parole che talvolta si accavallavano le une sulle altre.
Proust ebbe la sua prima crisi d'asma nella primavera del 1881, dopo una lunga passeggiata al Bois de Boulogne in compagnia dei genitori...
Per un attimo la mia amica coprì il resto della frase con la propria mano, e quando tornai a leggere avevo perso il filo del discorso. Riuscii a mettere di nuovo a fuoco un piccolo paragrafo al fondo della prima pagina, che consisteva nel frammezzato proseguimento di ciò che avevo letto poco prima.
Dunque Proust non fu certo un malato immaginario, ma è pur vero che si abbandonò al suo male facendo dell'asma un complicato sistema di abitudini e rituali. Questo trasformò completamente la sua vita e se ne servì sia per combattere l'asma sia per mantenerla in vita.
"Dai, come fai a seguire davvero una cosa del genere?" bisbigliai nuovamente a Summer, indicando con l'indice ciò che avevo appena spiato.
Lei cacciò la mia mano con delicatezza e tornò a guardarmi dritto negli occhi con aria severa. Proprio in quel momento mi accorsi di quanto i nostri volti fossero stranamente vicini: io mi ero allungato nella sua direzione solo per accennare alla pagina scritta e lei si era voltata verso di me senza rendersi conto della cosa. Forse, però, in quell'istante anche a Summer la vicinanza parve esagerata: la vidi scostarsi più a sinistra e dare un finto colpetto di tosse.
"Proust è uno dei miei autori preferiti" rispose a bassa voce, questa volta senza guardarmi. "Adesso capisci come sia possibile seguire quello che dicono?"
"Tu leggi davvero Proust la sera, prima di andare a dormire?" esclamai, la voce che si era fatta involontariamente un po' troppo alta.
Sia Summer sia i due vicini alla sua sinistra si sporsero per rifilarmi occhiatacce roventi.
"Guardati attorno, qui ci sono solo vecchi con un piede nella fossa!" continuai a parlare alla mia amica.
"Zayn, ti stanno guardando tutti" mi avvisò lei.
Alzai le spalle e sogghignai con aria indifferente. "Mi dispiace aver dimenticato a casa le foto autografate."
Summer, suo malgrado, sorrise e si portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio. La spiai in quei suoi movimenti comuni, sperando che la cosa non finisse per indispettirla.
"Se non smetti di borbottare le tue proteste, qualcuno ti caccerà via" mi redarguì Summer poco dopo, interrompendo il silenzio creatosi tra di noi.
Le feci segno di tacere e poi, sorridendo con aria complice, bisbigliai: "Lasciami seguire!"
Summer in un primo momento rimase ferma a fissarmi, incredula. Solo dopo qualche istante si lasciò sfuggire una risatina. Da ciò derivò una nuova occhiata di rimprovero da parte del signore seduto davanti a noi.
"E farai cacciare anche me..." aggiunse la mia amica.
"Sei sprezzante delle regole, mi piaci" mi complimentai sottovoce.
Lei mi guardò confusa. "Che cosa intendi dire?"
La indicai e risposi: "Stai continuando a disturbare nonostante quelle tre mummie parlino del tuo autore preferito e questo sbruffone ci abbia inceneriti con lo sguardo."
"Se tu non fossi così noioso, io riuscirei a restare in silenzio" mi rimbeccò prontamente lei.
Guardai Summer e la vidi sorridermi con aria amabile, come se il suo modo di stuzzicarmi celasse ben altro: forse in fondo si divertiva a parlottare con me in mezzo a tutti quei vecchi altezzosi?
"E comunque..." ripresi io, ma non feci in tempo a terminare la frase che la signora seduta alla mia sinistra si allungò verso di me e m'intimò di chiudere la bocca.
Summer mi mostrò la sua occhiata vittoriosa e tornò a scrivere sul proprio quaderno, chinandosi in avanti per appoggiarlo meglio sulle gambe.
La prossima volta che verrai trascinato in un posto del genere, ricorda di portare l'mp3 e di caricare a sufficienza la batteria del cellulare, pensai concendendomi l'ennesimo sbuffo annoiato.
Il solito borioso signorotto seduto davanti a me mi scoccò una nuova occhiata severa e borbottò qualcosa che non fui in grado di capire. Con la cosa dell'occhio vidi Summer scuotere il capo e sorridere tra sé e sé.
"Sono felice che almeno uno di noi due si stia divertendo" le comunicai all'orecchio.
Lei si tirò più su e continuò a sorridermi sfacciatamente. "Mi sembri un bambino capriccioso, Zayn."
"Di questo passo, scoppierò davvero a piangere e batterò i piedi a terra nella speranza di..."
"... passiamo la parola al ragazzo in terza fila."
La sala cadde in un improvviso mormorio concitato e io fui costretto a distogliere l'attenzione dal volto magro della mia amica. Alzai la testa e trovai l'intera sala intenta a scrutarmi con fare arcigno.
Mi ero per caso perso qualcosa?
"Io... Che cosa..."
Guardai Summer e la vidi spiare la sala con la mia stessa aria confusa.
"Che diavolo sta succedendo?" le domandai in un bisbiglio imbarazzato.
"Non lo..."
"Prego, signor...?" esclamò la donna grassa seduta sotto i riflettori della saletta.
"Zayn. Zayn Malik" risposi, prendendo coraggio.
Quella mi sorrise con aria cattiva. "Vuole darci gentilmente una sua opinione a proposito del passo appena commentato?"
Perfetto! La vecchia mi aveva visto distratto e, proprio come una professoressa pronta a scovare gli studenti poco attenti, si era decisa a mettermi in ridicolo davanti a tutti gli astanti.
"L'ho osservata discutere animatamente con la sua vicina, quindi ho dedotto che avesse formulato una sua opinione al riguardo" continuò la donna, orgogliosa della figuraccia che mi stava facendo fare.
"In realtà io..."
"Mi sta dicendo che non ha ascoltato una sola parola di ciò che è stato detto questa sera?" indovinò, interrompendomi.
Deglutii, messo alle strette. Sentii Summer borbottare qualcosa, ma non riuscii a capire se fosse contro di me o in mio favore.
"Sì, proprio così" ammisi infine.
La signora ridacchiò e guardò per un attimo i due colleghi al suo fianco. Poi tornò a rivolgermi quei suoi occhi sporgenti pieni di cattiveria e disse: "Capisco che lei possa sentirsi superiore dall'alto dei suoi... quanti saranno?, sedici anni?... Forse nemmeno sedici. In ogni caso, la capisco, mi creda. Ma, vede, non tutti hanno per la testa solo messaggi con gli amici, feste e shopping come lei. Quindi, perché non resta in silenzio e lascia in pace chi è qua per un valido motivo?"
Arrossii dall'imbarazzo e desiderai ardentemente non aver mai messo piede in quella saletta sotterranea in centro città. Ma ormai era troppo tardi per i ripensamenti: io ero lì, seduto davanti a tutti quegli sconosciuti che ridevano sotto i baffi della mia figuraccia pubblica. Le scelte erano due: restare zitto per il resto della conferenza e ingoiare l'amarezza oppure farla pagare a quella manica di arroganti borghesi con la puzza sotto il naso.
Mi alzai in piedi e allargai le braccia. La vecchia grassa sembrò presa in contropiede dalla mia mossa e alzò lo sguardo per tenermi d'occhio.
"Capisco che lei possa sentirsi superiore dall'alto dei suoi sessant'anni suonati, ma, vede, nessuno l'autorizza a prendersi la libertà di scaricare le proprie frustazioni di vecchia zitella su chi, al contrario di lei, ha una vita e delle passioni. Ah, e per sua informazione non mi riferisco soltanto alle feste, al divertimento e al sesso sfrenato, per quanto siano importanti e soddisfacenti."
Raggiunsi il fondo della fila dove mi ero seduto e misi mano alla maniglia della porta dalla quale eravamo entrati un'ora prima.
"E ora, se non le dispiace, io avrei di meglio da fare che restare qui ad ascoltare la sua gracchiante voce che spara stronzate" mi congedai, forte dell'inconfessata stima che qualcuno sicuramente lì dentro nutriva per il mio modo di difendermi.
Lasciai sbattere la porta alle mie spalle e salii in fretta i gradini che portavano all'ingresso di quel salone per convegni e mostre. Quando finalmente fui fuori all'aria fresca della notte, tirai un lungo sospiro di sollievo. Dopo appena qualche istante, sentii l'inconfondibile rumore della porta che si apriva e richiudeva. Mi girai di scatto e trovai Summer intenta a rivestirsi mentre mi raggiungeva a grandi falcate.
"Summer?!" esclamai, sorpreso del fatto che mi avesse seguito. "Non avevi detto che Proust è il tuo autore preferito?"
La mia amica mi si parò di fronte e sbuffò, gli occhi puntati al cielo stellato. Quando tornò a guardarmi, però, mi parve di scorgere un velo di ammirazione nei suoi occhi neri.
"Già, ma ho dovuto seguirti sostanzialmente per due motivi" disse.
"Quali sarebbero?"
"Primo: non ho altro modo di tornare a casa se non in macchina con te."
Ammiccai al suo indirizzo e mormorai: "Viva la sincerità..."
Lei proseguì come se non avessi mai parlato: "E il secondo motivo è che... ti ho trovato incredibilmente sensazionale alle prese con quella strega!"
Sgranai gli occhi, ancor più sorpreso. Summer abbandonò la sua aria corrucciata e scoppiò a ridere.
"Dici sul serio?" chiesi.
Lei annuì senza smettere di ridere. "Ti ho già detto che stai raggiungendo la cima della classifica?"
Mi avviai verso il parcheggio, affiancato da Summer che ancora si stava chiudendo la giacca.
"Quale classifica?" domandai.
"Quella dei miei esseri umani preferiti."
Toccò a me ridere a voce alta. "Ne sono onorato, Summer!"
Lei mi superò accelerando il passo e mi lanciò un'occhiata inquisitoria. "E adesso? Mi hai fatto perdere un'interessante conferenza sul mio scrittore preferito, come hai intenzione di rimediare?"
Alzai le spalle e le risposi con un sorrisetto furbesco. "Ti va un birra seduti sulla scalinata della cattedrale?" proposi.
Vidi un sorriso farsi largo sul bel volto di quella che stava velocemente diventando la mia migliore amica.




Be', a chi non dispiacerebbe un invito per una birra in compagnia di Zayn Malik? Eeeeh, beato mondo delle fanfiction che ci permette di sognare...! ;)
Ciao ragazze, come state?
Sono leggermente in ritardo rispetto alle mie solite tempistiche, e ciò è dovuto agli esami universitari. E poi, anche quando trovo del tempo per scrivere... mi aprono il bando Erasmus a tradimento e io finisco inevitabilmente per distrarmi! (è successo ieri, ero in fibrillazione, inutile dirlo...)
Al di là del mio stato di eccitazione legato all'Erasmus, veniamo alla storia: che ve ne pare? Vi piace, vi fa schifo, vi interessa...? Questo capitolo mi ha divertita, specie nella parte finale (poi si parla di Proust, che è davvero uno dei miei autori preferiti) e non vedevo l'ora di sottoporlo al vostro giudizio. 
E Bethany è una bomba a orologeria, io vi avviso... Ormai è chiaro che non simpatizza per Summer. Così come è chiaro che anche a Summer ormai fa piacere la compagnia di Zayn: all'inizio era lei a non voler uscire con lui, ma adesso le cose stanno cambiando.
E per quanto riguarda la band, dico solo che la scelta delle canzoni della scaletta non è casuale, come avrete già capito. ;)
Bene, termino le mie ciance e mi scuso se ogni tanto sono in ritardo o sparisco, ma ho sempre mille incertezze legate alle mie storie - e questa non fa eccezione -. Ho sempre paura di scrivere stronzate e quindi ogni due giorni mi viene voglia di smettere, I'm sorry. Mi è anche stato consigliato Wattpad, e ho provato a pubblicare il prologo di Along Came Summer, ma trovo che la grafica, l'impaginazione e il funzionamento siano davvero bruttini rispetto a quelli di EFP. Non so, sarò io pirla, ma non mi ci trovo troppo bene, anche se magari là si possono trovare tanti lettori.
In ogni caso, fatemi sapere che ne pensate, I'm always here for you! :)
Un grande abbraccio,



Martina
   
 
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