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Autore: Seran    23/01/2015    0 recensioni
Amber, 21 anni, abita a Roma e conduce la sua vita come tutte le altre ragazze della sua età. Tuttavia un giorno incontrò una persona che cambiò la sua vita per sempre.
Genere: Avventura, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Dai dai sbigati. Inveivo mentalmente contro il dannato semaforo che non si decideva a diventare verde. Di questo passo arriverò tardi e mi beccherò la solita occhiataccia da parte della prof.
Feci scorrere il finestrino verso il basso per far entrare un po’ d’aria e misi il braccio all’infuori. Se non mi uccide la prof mi ucciderà questo dannato caldo. Dovevo smetterla di andare a dormire tardi ma era più forte di me. Adoro vedere i film, le serie TV, giocare ai videogame e con lo studio per l'università posso fare queste cose solo la sera e...Beeeeeeeep. Il rumore assordante di un clacson mi riportò alla realtà. Oh cavolo è verde.

Inserì la prima e ripartì in gran fretta. Cercai di fare il più in fretta possibile, utiluzzando le scorciatoie che avevo imparato a conoscere. Arrivai a destinazione. Erano le 8 e 50: ho ancora dieci minuti. Cercai in fretta e furia un parcheggio, feci una manovra pessima, presi il mio zaino e scesi dalla macchina. Corsi più in fretta che potevo e raggiunsi la mia aula. Mi guardai intorno e vidi per mia grande fortuna che la prof non era ancora arrivata. Evviva almano questa volta l’ho scampata. Feci scorrere lo sguardo tra le fila degli studenti cercando un posto libero e ne trovai uno verso le ultime file dove mi sedetti. Appena in tempo perché in quel momento la prof entrò e la lezione cominciò.

Finì le lezioni verso mezzogiorno e mi incamminai verso la macchina, decisa a sbrigarmi per evitare il solito traffico dell’ora del pranzo. Attraversai qualche strada e mi ritrovai nel piccolo piazzale dove avevo parcheggiato. Ero stata fortunata a trovare parcheggio lì: era una piazza circolare dove c’erano solo condomini e lì di solito i posti sono occupati da chi ci abita ma la fortuna ha voluto sorridermi. Magari qualcuno è già partito per le vacanze. infatti notai anche che non c’era nessuno in giro, la piazza era deserta. Se sono partiti beati loro.

Stavo per raggiungere la mia macchina quando sentì un tonfo. Strano non avevo visto nessuno. Mi girai e mi guardai intorno ma non vidi nulla. Forse era un gatto che ha urtato qualcosa. Mi convinsi e decisi di proseguire. "Asp- aspetta”. Quella voce tuttavia mi fermò di nuovo.

Ricontrollai di nuovo il perimetro ma non vidi di nuovo nessuno. Da dove veniva quella voce? Mi sembrava un timbro femminile e debole, mi era apparso come un sussurro eppure lo avevo sentito benissimo. Cercai con lo sguardo da dove era venuta quella voce.
“Sono qui”. Stavolta l’avevo sentita bene. Proveniva dalla mia destra e vidi un vicolo stretto che prima non avevo notato. Guardai meglio e solo allora mi accorsi che lì c’era una persona, distesa per terra con la schiena rivolta verso il muro. Sembrava una ragazza ma la posizione era innaturale. Magari si è sentita male e ha bisogno di aiuto.

Allarmata corsi subito da lei per vedere che cosa le era successo. Come avevo visto era una ragazza, giovane forse anche della mia stessa età. La guardai meglio e mi accorsi che mi trovavo di fronte ad un angelo. O meglio a quello che avrei immaginato potesse essere un angelo. I suoi lineamenti erano perfetti, le sue labbra rosee e i suoi capelli di nero intenso. Anche se rimasi colpita dalla sua bellezza notai il respiro accellerato ed il fatto che avesse un’aria sofferente. “ehi tutto bene? Cosa è successo? ti senti male?” non mi rispose per cui pensai che fosse svenuta. Allungai la mano verso di lei per scuoterla.

La mia mano era a pochi centrimenti dalla sua spalla quando accadde in un secondo. Mi ritrovai il braccio stretto in una morsa di dolore mentre la ragazza aveva aperto gli occhi. Rossi. I suoi occhi erano rossi e mi guardava come se mi volesse uccidere. Ma non ebbi il tempo di avere paura che la sconosciuta mi lasciò il braccio e si rilassò non appena mi vide. “Scusa” disse tra gli affanni “non volevo farti…del male..pensavo che fossi uno di…” la sua faccia divenne una maschera di dolore e si piegò su di sé trattenendo un grido. Mi precipitai verso di lei per sorreggerla ma lei si rimise con le spalle al muro. “non importa per il braccio. Tu che cos’hai? Anzi no chiamo subito l’ambulanza così non perdiamo tempo” tirai fuori il cellulare quando lei me lo tolse di mano.

“no. Non servirebbe. Non ho più tempo, devi ascoltar-“ la rividi chiudere gli occhi e sopportare il dolore. “come non serve? Bisogna chiamarli così ti potranno aiut-“ “NO.” Gridò con tutta la forza che le rimaneva. “devi ascoltarmi. Non ho tempo. Stanno arrivando e se mi trovano prima che io me ne sia sbarazzata non ci sarà scampo. Ti prego devi fare una cosa per me. dammi la mano ti prego” allungò la sua mano verso di me e mi guardò con quegli occhi cremisi pregandomi. Dovevano essere delle lenti a contatto nessuno aveva gli occhi rossi. La guardai dubbiosa “A cosa servirebbe? Io non posso aiutarti non sono un dottore io- “ lei scosse la testa “sei in grado di aiutarmi però devi darmi la mano. Ti prego” avvicinò di nuovo la mano come per ribadire il suo desiderio.

Non capivo cosa stava succedendo. Perché non voleva chiamare l’ospedale? Era forse una drogata? O una ricercata dalla polizia? Ma non potevo lasciarla lì. Come se avesse percepito un rumore verso la sua destra, con aria preoccupata, girò la testa di scatto dopodichè torno a guardare me. “ti prego, stanno arrivando non c’è più tempo” ma tempo per cosa? Non capivo cosa stesse succedendo ma sembrava veramente preoccupata e con dubbiosa lentezza avvicinai la mia mano per prendere la sua. Non appena le nostre mani entrarono in contatto lei strinse con forza e ad occhi chiusi cominciò a parlare in una lingua sconosciuta.

Tutto il mondo sembrò cambiare. Fu come se un vortice nero circondò me e la ragazza. Avvertì un bruciore intenso al braccio tanto da sembrare in fuoco. Cercai di sottrarmi alla presa ma la sconosciuta era troppo forte. Il dolore si era intensificato e si stava diffondendo in tutto il corpo. Non riuscivo a sopportarlo. Mi lasciai cadere a terra mentre mi contorcevo dal dolore: era come se mille aghi roventi mi stessero trafiggendo la pelle attraversando i muscoli e le ossa. Ero allo stremo delle forze. Non riuscivo neanche a gridare quando tutto finì. Non so come ma in un attimo non avvertì più dolore e la mia mano fu libera. Aprì gli occhi e mi ritrovai sdraiata di fronte alla sconosciuta. Ora il suo viso era pallido, scavato e teneva gli occhi chiusi. Rimasi un attimo a fissarla quando mi accorsi di quello che era successo. Mi portai subito dall’altra parte del muro,terrorizzata da ciò che era avvenuto.

Che cos’era? Che cosa mi aveva fatto? Chi è questa qui? Stavo per scappare via quando di fronte a me apparve una luce, una piccola lucetta verde che si muoveva leggiadra davanti a me. Si fermò a pochi passi da dove mi trovavo io. Non riuscivo a vedere bene cos’era ma quando misi a fuoco non potevo credere a quello che stavo vedendo. Una fata. Era un piccolo elfo in miniatura, con le orecchie a punta, le pupille di un intenso colore viola, le ali che si muovevano alla velocità di un colibrì e dei piccoli calzoni e una maglietta verde. E mi stava fissando intensamente.

Si avvicinò ancora verso di me ma io mi alzai di scatto allontanadmomi da quell’esserino. Non può essere . Le fate non esistono. Devo essere un sogno. Deve essere per forza un sogno.” Non è un sogno” La voce della sconosciuta mi riportò alla realtà. Lei era ancora lì e sembrava non avere più le forze neanche per parlare. Un momento: ha detto che non era un sogno ma io non avevo parlato ad alta voce. Sgranai gli occhi, capendo che mi aveva appena letto nel pensiero. No no deve essere per forza un sogno. Tutto questo non è reale. Cominciai a guardarmi intorno confusa. Non può essere. Non  è vero, non.. “si lo è. È difficile da credere ma ascoltami adesso. Ruf ti aiuterà.”
E in quel momento la fata si avvicinò di nuovo a me da cui mi allontanai di nuovo. “mi aiuterà?” ritrovai la voce e non mi fermai. “ mi aiuterà a fare cosa? Che cosa mi hai fatto? Che cos’era quel vortice? E soprattutto chi o cosa sei tu?” avevo iniziato con calma ma alla fine avevo alzato la voce fino ad urlare.

Lei mi guardò e sembrava che stesse per rispondermi quando guardò con attenzione dietro di me. Anche la fata cominciò a volteggiare agitata e non capivo cosa stesse succedendo quando avvertì un brivido dietro la schiena che mi fece raggelare il sangue.
Ma non era il freddo, era solo una sensazione che non avevo mai provato ma mi stava dicendo che un pericolo stava arrivando ed era vicino. Sempre di più. “ devi andartene. Ora.” mi disse la sconosciuta. La guardai e capì che era molto spaventata. Ma non per lei. Per me. “perché dovrei andarmene? Che cosa sta arrivando?” mi girai, non vidi nessuno ma sapevo che quel qualcosa si avvicinava. Non so come ma lo sentivo.
“Non c’è tempo. Devi andartene. Ruf ti porterà da chi ti saprà spiegare ma adesso devi andare via. Scappa prima che loro arrivino!!” non sapevo chi fossero loro, chi fosse la sconosciuta o se questo non fosse altro che un sogno ma l’allarme di pericolo che risuonava nella mia testa non smetteva di suonare. Riguadai la ragazza ma vidi che si era completamente accasciata a terra. Feci per chinarmi quando mi sentì tirare per la maglietta.

La fata mi stava tirando via verso l’interno del vicolo. Guardai lei e poi la ragazza. Non sapevo chi fosse ma non potevo lasciarla in quello stato. La fata mi tirò ancora, persi l’equilibrio e scivolai a terra vicino ad un cassonetto. Mi stavo per rialzare quando la fata si nascose dentro al mio zaino. Tutti i miei muscoli si bloccarono.
Come quando il lupo entra nella foresta, tutto tacque: il pericolo era lì.
  
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