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Autore: The_Grace_of_Undomiel    24/01/2015    3 recensioni
Sam è un ragazzo di sedici anni mezzo, che si è appena trasferito in una nuova città.
A causa del suo carattere un po' timido ed insicuro, il giovane non si era mai sentito accettato dai precedenti compagni di classe ed era spesso deriso o emarginato. In conseguenza a ciò, Sam vede nel trasferimento un'opportunità per incominciare una vita migliore della precedente ed è molto ansioso, oltre che timoroso, di iniziare la nuova scuola. Purtroppo però, le cose si mettono subito molto male per il ragazzo, diventando sin dal primo giorno il bersaglio dei più temuti bulli di tutto l'istituto, I Dark, e da quel momento in poi, la vita per lui diventa il suo incubo personale.
Ma col passare del tempo, imparerà che a volte non bisogna soffermarsi solo sulle apparenze e le che le cose, a volte, possono prendere una piega del tutto inaspettata...
Dal testo: "I Dark si stavano avvicinando sempre di più, ormai solo pochi metri li separavano da Sam e Daniel. Avanzavano uno vicino all’altro, formando una sorta di muraglia, tenendo al di fuori tutto quello che c’era dietro di loro"
Genere: Commedia, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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Tante volte Sam si era seduto sul quel divano, o per guardare la tivù, o per leggere, o anche solo per buttarcisi pigramente. Una volta aveva atteso, anche se invano, l’arrivo di suo padre. Ma mai avrebbe immaginato che un giorno si sarebbe adagiato su quel vecchio divano in compagnia di Kyda. Se ne stavano l’uno accanto all’altra, la testa di lei appoggiata sulla sua spalla, mentre il ragazzo la teneva stretta sé. Da quando si erano accomodati lì, nessuno aveva più proferito parola, ma a Sam andava, comunque, benissimo così. Era sufficiente che Kyda gli fosse accanto, a confermare che quello che era successo prima non fosse stata una semplice illusione. Ed ora, si sentiva felice, libero e appagato. Come se dopo essere stato per lungo tempo digiuno, si sentisse finalmente sazio. Sì, era così che si sentiva. Saziato. Era questo l’effetto che faceva l’amore? Anzi, un amore ricambiato?
Scosse la testa tra il divertito e l’incredulo. Da quando era diventato melenso? Lui detestava la melensaggine.
-Che ti prende?- chiese Kyda guardandolo incerta.
-Cosa? Niente, niente, stavo pensando. E quando formulo pensieri strani scuoto la testa come per scacciarli via- sorrise imbarazzato -Anche se in realtà è abbastanza inutile-
-Molta gente lo fa, nonostante non risolva un granché-
-Già...-
-A cosa pensavi?- domandò la ragazza.
Sam agitò la mano in un gesto di noncuranza –Riflessioni introspettive alquanto senza senso-
-Fammi indovinare, qualcosa di melenso?- rispose Kyda con una punta di sarcasmo.
Sam sgranò gli occhi, incredulo che per l’ennesima volta Kyda fosse riuscita a leggergli nella mente. Si mise a frugare tra i cuscini vicino alla ragazza.
Ella inarcò un sopracciglio -Si può sapere che stai combinando?-
-Cerco la palla di cristallo- rispose Sam con ovvietà.
Kyda non riuscì a reprimere una risata, che al ragazzo allargò il cuore.
-La palla di cristallo? Tsk, io non uso oggetti da fattucchiera per giungere a conclusioni di questo tipo. Non ne ho bisogno-
-Forse, ma io sono convinto che la sfera sia qui da qualche parte. Magari è rotolata via-
Kyda lo fulminò con lo sguardo, ma senza perdere nemmeno un istante quel bel sorriso che per tutto il tempo le aveva increspato le labbra.
Era troppo divertente poter scherzare con lei così. Era la prima volta che lo facevano, e Sam lo trovava esilarante.
-Davvero, a parte gli scherzi, come fai?-
La giovane scrollò le spalle -Non lo so, intuito-
-Mh, intuito...Beh, invece il mio di intuito mi dice che è proprio il momento di andarsi a fare un bel giro!- si alzò dal divano con un energico scatto, si stiracchiò, e poi si voltò verso di lei, in attesa.
La ragazza inarcò le sopracciglia -Un giro, adesso?-
-Precisamente- annuì il ragazzo.
-Non per sconvolgerti i piani, ma ti ricordo che in giro potrebbero esserci ancora Travis e compagnia in attesa di spezzarti le ossa. Sei proprio sicuro di volerti avventurare là fuori?- chiese con scetticismo.
-Ormai non ho più timore di loro- lo disse con una serietà e con una sincerità così disarmante che non  stupì solo Kyda, ma anche lui stesso. Non aveva più paura di ciò che per mesi era stato il suo più grande terrore, ed era riuscito ad ammetterlo apertamente. Trasse un lungo e benefico respiro, sentendosi per la seconda volta nel giro di pochi minuti effettivamente libero.
-Allora, andiamo?- soggiunse, soddisfatto del lieve stupore che la sua frase aveva procurato in Kyda, e che ora si stava mostrando sul suo volto.
-Non ti stai dimenticando ancora qualcosa?- disse la ragazza, poi, vedendo l’altro in preda allo smarrimento più totale esclamò -Il cartellone, Sam! Dobbiamo consegnarlo domani, ricordi?-
Il giovane si sbatté una mano sulla fronte -Accidenti, è vero! Me ne ero totalmente scordato!- con tutto quello che era successo il disegno era finito all’ultimo gradino della scala delle priorità. Se non ricordava male, l’ultima emozione da dover rappresentare era l’amore.
“Tempismo perfetto” pensò divertito, poi all’improvviso una lampadina si accese nel suo cervello. Se prima non aveva idea di cosa disegnare, adesso ne aveva una ben stampata in mente.
Evidentemente doveva star sfoderando un sorriso folle, perché Kyda lo guardava leggermente stranita. Ma la ragazza non ebbe il tempo di chiedere alcunché, poiché Sam le afferrò il polso, la fece alzare dal divano e in fretta e furia la condusse in cucina, dove era rimasto il sacchetto con l’occorrente.
Dispose il cartellone bianco sul tavolo e iniziò a tirare fuori le tempere una ad una.
-Bene, deduco che tu abbia un piano- disse Kyda, rimasta sulla soglia della cucina –Il quale dovrebbe essere...?-
-Tra poco lo capirai- rispose. Fece per aprire il tubetto di colore viola, ma ebbe qualche difficoltà.
Kyda gli si affiancò -Vuoi una mano?- chiese con un piccolo ghigno, probabilmente alludendo alla disavventura di qualche tempo fa. Sam glielo porse sorridendo imbarazzato.
Risolto il problema della tempera, il ragazzo prese altri cinque tubetti e poi li premette contemporaneamente. La vernice schizzò sul cartellone in una larga e buffa chiazza di colore.
Sam osservò compiaciuto la sua opera, mentre Kyda rimase interdetta.
-Okay, penso di essermi persa l’elemento base del tuo piano-
-Ti spiego, l’emozione da rappresentare è l’amore, dico bene?-
Lei annuì.
-Bene, ed è quello che ho fatto: ci ho messo un po’ a capirlo, ma alla fine ho raggiunto la conclusione che per me l’amore sia improvviso, imprevedibile, inaspettato. Quindi, che c’è di meglio se non uno spruzzo di colore per raffigurarlo? Senza alcun tipo di contorno o schema?- le porse un tubetto di tempera rosa -Per me è così. E per te?-
La ragazza dapprima non fece nulla. Rimase ferma al suo posto, con gli occhi rivolti verso il basso, incerti.  Sembrava assorta, come in preda ad una lotta interiore. Il sorriso di Sam scomparve poco a poco. La fissava con intensità, capendo a che cosa Kyda stesse pensando. Lui aveva dato tutto per scontato, ma forse la ragazza non era della sua stessa opinione. Come aveva fatto a non pensarci? Lei era una tipa molto, molto particolare. Non era un carattere facile, il suo, ormai se ne era reso conto da tempo. Forse in quel momento stava davvero prendendo consapevolezza di quello che era accaduto tra loro due e stava avendo dei ripensamenti. Forse in realtà non era quello che voleva.
Le sue riflessioni vennero bruscamente interrotte quando lei rifiutò il tubetto di colore, allontanando la mano di Sam. La vide scostarsi da lui, fare il giro del tavolo, infilare una mano nel sacchetto lilla e...estrarre una tempera nera. Poi la premette e una chiazza nera si tuffò nel cartellone. Alzò lo sguardo su di lui.
-Non mi guardare con quella faccia. Il rosa non può proprio competere con il nero- affermò con convinzione, il tipico sorriso sarcastico a incresparle le labbra.
-Hai proprio ragione!- esclamò Sam sollevato -Che stupido che sono stato a pensarlo, eh?-
La ragazza diede ancora un’occhiata al cartellone, non molto convinta.
-Secondo me a livello estetico fa davvero schifo-
-Lo so, è probabile che otterremo pochissimi punti, però almeno abbiamo rappresentato ciò che realmente sentiamo-
-Cioè una massa informe di colori buttati a caso?-
-Qualcosa di non premeditato!- replicò Sam. Kyda poteva dire quello che voleva, ma lui era e rimaneva soddisfatto del risultato.
Andarono a prendere le giacche, con la ragazza che bofonchiava ancora a proposito del 
disegno, e uscirono.

 Il cielo era nuvoloso, di tanto in tanto qualche raggio di sole si faceva largo  tra la massa grigiastra, tuttavia il clima era piacevole e l’aria calda.
Sam e Kyda passeggiarono a lungo, per il centro, lungo i vicoletti e giunsero persino in quel piccolo parco dove un giorno, che pareva tanto lontano, i due ragazzi si erano incontrati per puro caso. E da quella famosa volta, Sam non aveva più parlato con suo padre. Fu Kyda a chiederglielo e lui le rispose che ormai non provava più rancore nei suoi confronti, ma che non aveva alcuna intenzione di essere lui a fare il primo passo per riappacificarsi. Suo padre non lo aveva più cercato, perché era un vigliacco, e finché non fosse stato lui a volergli parlare, le cose sarebbero rimaste così com’erano.
Sam approfittò di quel momento confidenziale per chiederle, senza sembrare troppo curioso o invadente, se le cose tra lei e sua madre si fossero sistemate.
-In un certo senso, sì. Dopo che te ne sei andato, quel giorno, io sono rimasta a lungo semi-cosciente e mia madre si è occupata di me. Quando mi sono ripresa mi ha preparato un the (era da tanto che non me ne faceva uno) e poi abbiamo incominciato a parlare, con sincerità e schiettezza, sia io che lei. Le ho confidato quello che ho provato per questi due anni; mi ha ascoltata e si è... scusata, per essersi lasciata sopraffare dal dolore e di essere cambiata così in peggio. Abbiamo parlato anche di Jonsi, insieme, e questo credo che sia un enorme passo avanti-
Sam le sfiorò appena la punta delle dita con le sue. La ragazza abbozzò un lieve sorriso.
-Comunque, forse quel giorno almeno su una cosa mia madre non aveva tutti i torti...-
-Cioè?- chiese l’altro curioso.
-Cioè che l’averti servito la torta strappandola a metà non sia stato proprio il massimo-
Per tutta risposta il ragazzo sghignazzò.
-Sì, me lo ricordo bene. Ci sono rimasto abbastanza di sasso devo dire. Però forse può essere considerato un modo alternativo di tagliare torte-
-Idiota...- bofonchiò Kyda tirandogli un pugno sulla spalla, suscitando solo altri ridacchi da parte di Sam, che dopo un po’ di quiete disse -E tuo fratello Drew come sta?-
-Mah, sta bene, oggi pomeriggio è andato a calcio- rispose lei -A quest’ora dovrebbe star facendo ritorno. Anzi, non mi sorprenderebbe affatto se lo vedessimo passare proprio per questo incrocio, di solito fa sempre il giro di qui per arrivare a casa-
Sam gettò una rapida occhiata alla strada di fronte, poi esclamò -Qui si conferma la mia teoria della sfera di cristallo! Se non sbaglio, non è proprio tuo fratello quello laggiù?-
Quel famoso giorno a casa di Kyda aveva avuto il “piacere” di conoscere Drew e la sua faccia svogliata ed indisponente gli era rimasta ben impressa. Dal momento che quel ragazzino, impegnato a fare palleggi con il pallone da calcio, stazionato all’attraversamento distante pochi metri da loro, aveva la stessa aria supponente del fratello di Kyda, chi altri poteva essere se non lui?
Ad un certo punto il ragazzino, continuando a palleggiare tranquillamente, decise di attraversare la strada.
Sam osservò la scena in preda all’incredulità più totale. Ma quello lì c’era o ci faceva? Non sapeva che prima di attraversare bisognasse guardare la strada!?
-Cosa cazzo fa- quella di Kyda, cristallizzata sul posto, fu più un’affermazione che una domanda.
Drew era quasi giunto all’altro capo della strada, e ci sarebbe arrivato senza alcun tipo di ripercussioni visto che era deserta, se nonché una macchina sbucò all’improvviso da una strada laterale, a velocità sostenuta, cogliendolo del tutto impreparato.
Kyda urlò il nome del fratello a squarciagola, Drew si bloccò in mezzo alla strada paralizzato, come un procione abbagliato dai fari, e Sam semplicemente non pensò.
Si buttò anche lui in mezzo alla strada e spintonò Drew il più lontano e con più forza possibile.
L’ultima cosa che sentì fu un altro grido di Kyda, non più rivolto al fratello, ma rivolto a lui. Poi, il buio.
 




La vita sapeva essere davvero imprevedibile, e riservava sorpresa assai strane!
Sam aveva raggiunto quella conclusione già da tempo, ma adesso ne era totalmente ed indissolubilmente convinto. Bastava prendere in esempio il suo caso: convinto di trovarsi in giro insieme a Kyda il Giovedì, si era ritrovato in un letto d’ospedale, tutto dolorate, e con un piede fratturato il Venerdì.
Non si ricordava nulla di quello che era accaduto ed ora ci stava pensando la sua famiglia a rammentarglielo.
-Sono stato investito da una macchina?- ripeté il ragazzo incredulo.
-Proprio così, ti sei lanciato in mezzo alla strada per impedire che un ragazzino venisse investito a sua volta- spiegò Amber. Era stata lei a dare inizio a tutte le spiegazioni, poiché  la madre era troppo felice di vedere suo figlio in salute per poter mettersi a raccontare con dovuta calma gli ultimi avvenimenti. Holly era troppo piccola per farlo e in ogni caso anche lei era nello stesso stato della mamma,  cioè in preda ad un’incontenibile gioia.
Alle parole di Amber, Sam rimise insieme tutti i pezzi e alla fine ricordò del salvataggio di Drew e di tutto il resto.
Dopo la sorella fu la madre a prendere parola. Gli disse di essere stato un vero incosciente, che avrebbe potuto rimetterci la vita, ma allo stesso tempo lo adulò per il suo nobile gesto e aggiunse che la cosa importante era che lui fosse sano e salvo. Tutto questo mentre lo abbracciava e lo stritolava come solo una madre sollevata può fare.
Holly praticamente gli saltò dentro al letto e quasi lo soffocò di abbracci e baci.
-Ero così preoccupata Sam, ho pianto tanto!- singhiozzò la sorellina.
Il ragazzo le sfiorò i capelli con dolcezza –Shh, ora però basta piangere, eh? Adesso sto bene, vedi? Sono solo un po’ ammaccato, per il resto sono uno splendore!- le sorrise scherzoso.
Holly tirò su col naso e abbozzò un sorrisetto.
Sam spostò lo sguardo verso Amber, che teneva le braccia strette al petto e dedicava la sua attenzione alla finestra dell’ospedale.
-E tu Crudelia, non mi dici niente? Dai, ammettilo che eri preoccupata da morire- disse con un sorriso da schiaffi.
-Io preoccupata per te!? Ma non farmi ridere, Sminchio- replicò ella con la sua solita acidità.
-Non darle retta! Avresti dovuto vederla, era fuori di sé!-
-Sta’ zitta, Holly!-
Sam, Holly e la madre scoppiarono in una fragorosa risata, a cui poi si aggiunse anche Amber, e quelle risa spazzarono via definitivamente l’ansia e la preoccupazione della notte precedente. Sam  era consapevole di essere stato avventato e di aver messo in serio pericolo la propria vita, ma quando si era ripreso il suo primo pensiero era stato rivolto a sua madre e alle due sorelle e alla loro più che prevedibile angoscia. Infatti esattamente così si erano sentite e non appena il ragazzo aveva avuto modo di rivederle, per un primissimo istante il clima era stato avvolto da una stranissima tensione, interrotto poi dalla voce di Amber e  del tutto eliminato subito dopo, quando sua madre gli aveva gettato le braccia in intorno al collo e abbracciato.
Nel mentre, Sam le osservò attentamente una ad una: il volto un po’ segnato tuttavia rilassato di sua madre, il bel visino gioviale di Holly, con le fossette che le circondavano le labbra rosee e l’appena visibile cicatrice sulla tempia, e Amber, con la sua risata e la sua voce un po’ nasale, i suoi commenti acidi e i suoi capelli da Crudelia, ma che a discapito di tutto la rendevano unica nel suo genere. Voleva davvero bene alla sua famiglia e non gli importava che mancasse un membro, perché in quel periodo di cambiamenti a sostenerlo era stata sua madre e, a modo loro, le due sorelle. Insieme, formavano una squadra. La più bella squadra che potesse desiderare.
Chiacchierò a lungo con loro e chiese di essere aggiornato sulle ultime novità.
-Holly si è presa una cotta per il ragazzino che hai salvato-
Le guancie della bambina si imporporano e i suoi occhi divennero lucidi per l’imbarazzo.
-Non è vero- protestò -Amber sta dicendo una bugia!- 
Sam scosse la testa divertito. La sua sorellina era sempre stata molto precoce da quel punto di vista, però almeno Drew aveva tredici anni e non diciassette.  
In quel momento l’immagine di Kyda gli attraversò la mente come una saetta e alla memoria gli ritornò il suono del suo urlo disperato. Una smaniosa voglia di vederla crebbe in lui.  Doveva parlarle, farle vedere che tutto era a posto, che stava bene. Se Holly aveva avuto modo di conoscere Drew, voleva dire che si trovavano lì all’ospedale. Fece per chiedere informazioni a sua madre, magari lei sapeva qualcosa, ma una voce, che conosceva bene, proveniente dal corridoio esterno, lo interruppe:
-Glielo chiedo per favore, ci lasci entrare!-
-Ve l’ho già detto prima, ragazzi. Adesso le visite sono consentite solo ai parenti più prossimi. Ritornate in un altro momento-
- La prego...Carol... non potrebbe chiudere un occhio?-
-Non mi è permesso. Quindi, ve lo ripeto, ripassate un’altra volta!- replicò con voce irritata e allo stesso tempo esasperata l’infermiera.
-Ma siamo i suoi amici!-
A quel punto la madre di Sam decise di intervenire. Aprì la porta della camera e uscì per scambiare due parole con quella Carol. Il ragazzo intravide il camice bianco della donna e la testa di Daniel, che continuava ad insistere e a far soffoco. 
Infine, grazie soprattutto a Reneé, i ragazzi ebbero la meglio e poterono entrare. Erano venuti a trovarlo tutti: Daniel, Hetty, Jade e Mark, i cui occhi si spalancarono di ammirazione  quando Amber gli passò davanti per uscire.
Dapprima Sam non disse nulla, troppo occupato a fissare Hetty al fianco di Daniel e troppo sorpreso di vedersi tutti i suoi amici lì. 
-Ragazzi! Che ci fate qua?- esclamò infine, con un sorriso che gli andava da una parte all’altra.
-Ma che domande sono! Siamo venuti a trovare l’aspirante sucida!- Dan scoppiò in una sonora risata -Di’ un po’, ma che ti ha detto la testa?-
-Ci hai fatto pvendeve un enovme spavento, lo sai?- aggiunse Mark.
-Dicono che ti sia letteralmente lanciato in mezzo alla strada! È vero?- rincarò la dose un’elettrizzata Jade. Tutti  iniziarono a parlarsi uno sopra all’altro, concitati, tempestando Sam di domande, ma senza neanche dargli il tempo di rispondere.
-Posso parlare?- rise il ragazzo, alzando la voce e riportando così la calma -A dire la verità, nemmeno io so che cosa mi abbia preso, e mi dispiace di avervi fatto stare in pensiero-
-Ah non ci pensare, l’importante è che tu sia ancora tutto intero!-
-A parte un piede- ridacchiò Sam.
-Dettagli, mio caro, solo dettagli. Comunque, saltiamo alla parte più interessante, senti qua:  sono lieto di comunicarti il tuo nuovo status sociale a scuola! Udite udite! “Sam, l’eroe!”-
Sam guardò l’amico come se si fosse appena messo un pitale sulla testa a mo’ di cappello. 
-Cosa!?- strepitò.
-Hai capito bene! Il tuo salvataggio non è passato inosservato e nel giro di poco tutta la scuola ne è venuta al corrente. Stamattina  hanno parlato solo di te e del tuo gesto!- confermò Hetty.
-Già, un evento di pvopovzioni galattiche! Avvesti dovuto essevci!-
-Bravo Wilde!- Jade gli tirò una pacca così forte che per poco non gli staccò una scapola di netto.
Sam si sentiva totalmente stordito, come se lo avesse colpito in pieno un bolide, sia per la baraonda che stavano creando i suoi amici, sia per quella notizia assurda. Era passato dall’essere un Signor Nessuno, all’essere l’argomento top della giornata.
-E le notizie non sono ancora finite! Quale vuoi che ti dica prima?- Daniel era talmente su di giri che Sam non si sarebbe stupito di vederlo prendere il volo.
-Come faccio a risponderti se non so quali sono le notizie?- rise sconsolato.
A quel punto l’amico partì con la prima notizia: I Dark erano stati espulsi. Nell’udire quelle parole Sam quasi volò giù dal lettino. Travis e la sua combriccola erano stati colti in fragrante nell’attuare uno dei lori piani, il più pericoloso ed eclatante, ad opinione di Daniel, della loro carriera di teppisti.  Avevano infatti progettato  di dar fuoco alla scuola. Pareva che qualcuno avesse informato il preside della situazione e che il personale scolastico avesse fermato appena in tempo quei folli prima che potessero fare danni irreparabili. Non solo erano stati cacciati da scuola, ma adesso erano in guai seri anche con la polizia e tutto il resto. Per molto tempo, con grande gioia di Sam e di tutti i presenti, non si sarebbe più sentito parlare di loro.
La seconda notizia riguardava il progetto del professor Conway: lui e Kyda erano arrivati secondi. Non avevano vinto, ma la seconda posizione, considerando tutti gli studenti dell’istituto, era un gran bel risultato!
-Tutto è bene quel che finisce bene- disse con allegria.
-Ora però è il tuo turno raccontare- fece Jade.
Sam si sentì gelare. Temeva che, dalle sue parole, gli altri  avrebbero potuto fare insinuazioni a proposito di lui e Kyda e al momento l’unico con cui voleva fare parola di quello che era accaduto era con Daniel.
Stava già per temporeggiare, quando l’ultimo individuo che Sam si sarebbe aspettato di vedere fece il suo ingresso nella stanza.
Un’esclamazione di puro sconcerto uscì dalla sua bocca -Che ci fai tu qui!?-
Eustache in persona, in tutta la sua presunzione e altezzosità, vestito firmato da capo a piedi, si limitò a squadrarlo con sufficienza. Aveva tutta l’aria di uno che avrebbe preferito mille volte una badilata in piena faccia piuttosto che trovarsi lì. 
-Ehy Eustache, eccoti finalmente! Dov’eri finito?- Daniel si avvicinò per dargli una delle sue solite amichevoli pacche sulle spalle, ma Eustache si scostò il necessario per non essere sfiorato.
Piegò le labbra in una smorfia -L’incompetenza del personale mi ha creato qualche problema. Ho chiesto ad un’infermiera di indicarmi la camera corretta, ma quell’inetta non è stata in grado di fare il suo lavoro e si è rivelata inutile. Per cui ho dovuto fare da solo e cercare la stanza-
-Un momento! Volete dire che lo avete già incontrato prima?- si stupì Sam.
-Esattamente, ma si è vifiutato di univsi a noi, anche se dovevamo venive tutti da te-
Eustache guardò Mark come se questi avesse appena detto una blasfemia -Il solo pensiero di dover entrare in uno squallido ascensore ospedaliero era già abbastanza opprimente senza doverci aggiungere una carovana come voi con cui condividerlo- spiegò con naturalezza.
A quella risposta Mark si fece piccolo piccolo e non parlò più.
Sam percepì una vena pulsargli sul collo per il nervosismo. Se quello spocchioso individuo era venuto fin lì, non richiesto, per insultare gratuitamente i suoi amici, allora, se teneva alla sua incolumità, avrebbe fatto meglio a sparire in meno di dieci millesimi.
-Che cosa ci fai qui?- ripeté a denti stretti.
A quel punto Eustache si degnò a considerarlo.
-Un saluto anche a te, Mister Pappagallo. Mi par di capire che ormai l’educazione sia finita al camposanto, visto che non mostri nemmeno un briciolo di gratitudine verso il tuo salvatore. Ma...perché la cosa non mi sorprende?- il tipico sorrisetto saccente e canzonatorio gli increspò le lebbra.
Sam si sarebbe volentieri messo a questionare a proposito del termine ‘educazione’, ma quello che uscì fu solo un balbettante:
-S..salvatore?-
-Proprio così. Si da il caso che, mentre ti esibivi in un tuffo ad angelo in mezzo alla strada, io fossi presente; e si da anche il caso che sia stato io a chiamare un’ambulanza che ti soccorresse. In conclusione, mi sembrava doveroso venire ad appurarmi delle condizioni del malcapitato, ossia tu-
Sam era rimasto senza parole. Se davvero le cose stavano così, allora Eustache non era poi un soggetto così negativo, non del tutto almeno. Insomma, seppur gli costasse ammetterlo, in un certo senso era anche grazie a lui se le cose si erano risolte in fretta e senza intoppi, poiché era stato l’unico con abbastanza sangue freddo e prontezza di spirito per chiamare rapidamente i soccorsi.
Per cui, un grazie era doveroso.
-Non serve ringraziarmi, ho solo agito da cittadino corretto, tutto qua. Nessun significato nascosto, nulla di personale-
-Ah io l’ho sempre saputo che anche tu avessi un cuore invece dell’ossidiana, bravo il nostro Eustache- Daniel gli schiaffò a tradimento un braccio intorno alla spalle.
-Allontana quelle mani, mi sgualcisci la giacca-
-Infatti Daniel, metti le tue mani a debita distanza che sennò gli rovini il travestimento da pinguino- disse Jade con un largo sorriso sornione.
Il moro sollevò altezzosamente un sopracciglio –Jade O’Connor, dico bene? Sì, mi ricordo di te e dell’indecoroso scempio che hai fatto al buffet quella sera-
-Oh, che rozza personcina che sono!- tubò beffarda. Poi si avvicinò a Sam e gli diede un’altra portentosa pacca.
-Ci si vede, Eroe, che la forza sia con tigo e tante belle cose. Io vado a mangiare- si avviò alla porta -Andiamo Eustace-
-Prego?-
-Ho detto “andiamo a mangiare”- Jade parve stupita di doverlo ripetere.
-Perché mai!?-
-Ho fame, Eustace- sbottò, come se avesse avuto a che fare con un idiota duro di comprendonio. 
L’altro sorrise isterico -Riformulo. Perché mai io dovrei venire con te? E non sforzarti di trovare un valido motivo, perché intanto non ce n’è nemmeno uno. Quindi,  non ho la benché minima intenzione di venire con te-
Jade assunse un’espressione sardonica , poi schioccò la lingua contro il palato e il suo sorriso sornione si allargò ancora di più.
-D’accordo, come vuoi. Vuol dire che ti limiterai ad offrirmi il pranzo- e dicendo questo si dileguò.
Eustache rimase  per un attimo lì impalato, prima di tastarsi la giacca e scoprire, con sommo orrore, che il suo portafoglio era bello che scomparso. In meno di due secondi era già in strada alle calcagna di Jade.
-Bene, se non vi dispiace ragazzi, adesso vorrei parlare a quattr’occhi con Sam, ci sarebbero alcune cose che dovremmo dirci- ammiccò Daniel.
-D’accordo, messaggio recepito. Volete farvi i vostri “discorsetti”- sorrise Hetty -Allora io e Mark togliamo il disturbo-
Non appena Daniel e Sam rimasero soli, la stanza venne invasa da un frenetico e rumoroso  chiacchiericcio.
-Desolato, Lipton, ma da me non saprai un fico secco, non finché non mi avrai raccontato cosa è successo tra ed Hetty! Sbaglio, o non ti rivolgeva più la parola? Come mai oggi è qui insieme a te?-
-Oh mio caro Wilde, ci sono tante cose che tu non sai-  le sue labbra si incurvarono in un sorriso malizioso -Vediamo, a che punto sei rimasto?-
-Diamine, al principio! L’ultima volta che ti ho visto stavi correndo all’impazzata verso l’infinito e oltre-
-Desolato di averti piantato in asso in quel modo, ma ogni minuto era prezioso e non avevo tempo da perdere. Bene, inizierò con il mio dettagliatissimo racconto: con affanno e determinazione, stavo dirigendomi verso la mia meta; nelle mente conservavo un unico pensiero, mentre l’aria mi sferzava il volto a causa della mia andatura celere...-
Sam scoppiò a ridere -Daniel, ti prego! “Celere”? Va bene che sei un poeta, ma...-
-Non c’entra il fatto che sia un poeta, la verità e che stamattina ho ingoiato un dizionario per sbaglio. Va bene, va bene, ora faccio la persona seria. Allora, dopo aver parlato con te, avevo capito di aver fatto un casino davvero enorme, persino per il sottoscritto, e a quel punto l’unica cosa che potevo fare era cercare di rimediare in qualche modo, così mi sono precipitato a casa di Hetty-
-Che? Stai scherzando!?-
-Affatto, mio sorpreso amico, fortunatamente mi ricordavo l’indirizzo di casa sua. Avevo bisogno di parlarle e dovevo farlo subito. Ho corso circa dieci minuti e sono arrivato nei pressi della sua abitazione sconvolto e bello sudaticcio, un vero bijou. Dopo aver assunto un lieve aspetto umano ho suonato, bussato, calciato la sua porta, ma nessuno veniva ad aprire, così ho fatto il giro sul retro e sono arrivato sotto alla sua finestra-
-Che Romeo, le hai fatto una serenata?-
-No, ho raccolto un sassolino e l’ho lanciato contro. Nessuna risposta. Ho riprovato altre tre volte e alla terza le ho disintegrato il vetro (sì, ho preso un sasso un po’ troppo grosso), ma ancora niente! A quel punto il mio spirito battagliero ha preso il sopravvento e ho cercato di abbarbicarmi sulla finestra e dopo essermi squartato i jeans ce l’ho fatta. Lei era sul letto con un paio di cuffione nelle orecchie e la musica a tutto volume, per quello non aveva sentito, e in casa non c’era nessun’altro. Fatto sta che quando mi ha visto le è venuto un mezzo infarto, ha cacciato un urlo e mi ha scaraventato un libro addosso (quello di storia, hai presente?). Quando si è resa conto che ero io si è precipitata verso di me e ha iniziato a sommergermi di domande come un’allucinata, ma io ho preso in mano la situazione, l’ho bloccata e ho iniziato a parlare, ma non aspettarti chissà quale frase da libro rosa. Ho fatto casino come il mio solito e ho sparato un mare di cazzate, però qualcosa di decente devo averlo detto perché dopo...eheh...dopo...- si esibì  in un ghigno da delinquente incallito.
Sam si fece una mezza idea e lo guardò con tanto d’occhi -Dopo??-
-Dopo mi ha abbracciato, e considerato lo stato in cui ero è stato un vero gesto d’amore da parte sua, e mi ha baciato. A che pensavi, eh? Pervertito!-
-Ma che ne sapevo io! Hai fatto una faccia!- prese un bicchiere dal comodino e bevve un sorso -Comunque sono felicissimo per te!-
-Grazie, amico! Ad ogni modo, dopo ho approfittato del suo bagno e mi sono fatto una doccia...in dolce compagnia-
L’acqua gli andò di traverso e dovette sforzarsi per non spruzzarla a idrante in faccia a Daniel. Per l’ennesima volta lo fissò allucinato.
-Rilassati, Wilde. Stavo scherzando!-
-Idiota- borbottò, poi chiese –State insieme adesso?-
-Non ne abbiamo ancora parlato- sorrise dolcemente, forse ripensando a qualcosa -Ma penso proprio di sì. Ora però basta parlare dei miei affari, adesso tocca a te! Sono sicuro che sia successo qualcosa tra te e Kyda, o mi mangio il cappello che non ho!-
E così, raccontò all’amico tutto per filo e per segno (beh, forse non proprio tutto) e, tra una risata e l’altra, giunse anche per Daniel il momento di andare.
-A presto, Eroe. Ti verrò a rompere spesso, preparati psicologicamente-
-Credo che a prepararsi dovrà essere Carol l’infermiera!-
-Finirà per amarmi, lo so già. Piuttosto, vedi di prepararti tu, qualcosa mi dice che la tua Tenebrosa non tarderà ad arrivare- e se ne andò così, ammiccando, e lasciando Sam nuovamente spiazzato.

Gli amici erano l’altra squadra su cui poteva contare. Per lungo tempo Sam aveva creduto che gli amici e persone di cui fidarsi, con cui condividere gioie e dolori, successi e fallimenti, in realtà non esistessero, o almeno, non esistessero per lui. Poi però, aveva avuto modo di ricredersi, e aveva imparato che nessuno restava da solo per sempre, bastava solo cercare un po’ più lontano.
C’era Daniel, uno dei suoi migliori amici, il folle del banco accanto, carismatico, ribelle, sognatore e poeta e l’unico che gli avesse dimostrato amicizia fin da subito, in quell’oscuro e lontano primo giorno di scuola.
Poi c’era Mark, il ragazzotto dalla erre moscia, che da semplice compagno di classe era diventato un amico prezioso, sempre presente nel momento del bisogno.
C’era Hetty, la ragazza con gli occhiali blu e la pila di libri, timida tuttavia coraggiosa, genuina e leale, piena di talenti nascosti.
C’era Jade, la grintosa e trasgressiva Jade, sempre pronta a dare una spinta in più, o una portentosa pacca sulla spalla, dipendeva.
E c’era Luke, il suo migliore amico di sempre, lontano, eppure vicino.
Per concludere, forse si poteva aggiungere anche qualcun altro alla lista, anche se Sam non era ancora del tutto sicuro: Eustache, altezzoso e saccente fino al midollo, ma anche il suo “salvatore”.
Era davvero fortunato ad avere degli amici così.

L’ultima visita venne infine da parte della famiglia Stowe, Ines al centro e ai lati i due figli Drew e Kyda. La prima a parlare fu la donna, che, nonostante il suo cipiglio freddo e controllato, non mancò di fare i suoi più sinceri ringraziamenti a Sam per aver salvato la vita a suo figlio. Gli avevano portato persino un regalo, un piccolo quadretto raffigurante una scogliera a picco sul mare.
Il ragazzo era oltremodo imbarazzato nel sentire tutti quegli elogi, specie quando Ines finì di parlare:
-...grazie per questo, e per molte altre cose- lo guardò intensamente e Sam intuì immediatamente a che cosa si riferisse. Arrossì lievemente e annuì.
Fu poi il turno di Drew parlare e Sam ebbe modo di capire che per quanto quel ragazzino si dimostrasse schivo e arrogante , in realtà avesse un animo gentile e cordiale e, forse, anche simpatico. Dopo ciò che era accaduto, Drew si sarebbe dimostrato molto più amichevole, questo era certo.
Per tutto il tempo Kyda non aveva fatto altro che tenere lo sguardo su Sam senza proferire una sola parola. Il ragazzo aveva provato a sostenere il suo sguardo, ma poi, per qualche motivo a lui sconosciuto, non era riuscito a reggerlo a lungo.
-Bene, io Drew a questo punto togliamo il disturbo. Devo scambiare qualche parola con Reneé, qui fuori- sorrise Ines, posando una mano sulla spalla del figlio, che fece un breve cenno di consenso.
Sam li guardò uscire stupito. Che sapesse della situazione fra lui e Kyda e che li avesse lasciati di proposito da soli?
-Se qualcuno mi chiedesse di dire, su una scala da uno dieci, quanto tu sia stato idiota ed avventato, probabilmente risponderei cento-
La voce glaciale di Kyda lo riscosse come una secchiata di acqua gelida. Si era seduta sul bordo del suo letto e lo squadrava con aria severa e minacciosa, le iridi blu che emettevano saette e le braccia strette al petto. Sam deglutì impercettibilmente.
-Hai idea di quanto tu mi abbia fatta preoccupare!? Credevo che ci fossi rimasto secco. Ti sei buttato sotto un macchina davanti ai miei occhi-
Il ragazzo non sapeva cosa dire. Si aspettava una sfuriata, ma una cosa così non se la sarebbe mai immaginata, mai aveva sentito parlare Kyda con una voce così fredda. Capiva il suo stato d’animo, però, diamine, gli aveva pur sempre salvato il fratello!
Così provò a dire -Lo so, ma...-
-Zitto, non parlare-
Fece per ribattere, ma si bloccò quando vide gli occhi di lei inumidirsi e le sue braccia stringerlo in un forte abbraccio.
-Tu non hai idea di quanto sia felice di vedere che stai bene. Grazie a Dio...- mormorò, la testa affondata nella spalla di lui.
Sam ricambiò la stretta mentre dentro si sentiva traboccare di gioia. Poterla stringere di nuovo era meraviglioso.
-Io non capisco...Perché hai messo a repentaglio la tua vita? Non eri tenuto a farlo-
Il ragazzo sciolse l’abbraccio e le sollevò dolcemente il mento. Sorrise mestamente.
-Non so darti nemmeno io una risposta precisa, in realtà. So solo che in quel momento mi è sembrata la cosa più giusta da fare, e lo penso tutt’ora. Stavi per perdere un altro fratello, nella stessa identica maniera, e non potevo assolutamente permetterlo-
Kyda sorrise lievemente e una lacrima le rigò la guancia prima che potesse scacciarla.
-Non piangere...- sussurrò, asciugandole la goccia con il pollice.
La ragazza si schiarì la gola e raddrizzò la schiena ritrovando contegno.
-Non sto piangendo, infatti. È questo maledetto disinfettante che mi provoca bruciore agli occhi-
-Capisco perfettamente- sogghignò, prima di baciarla.
Quando si furono separati Sam disse -Allora, Daniel mi ha riferito che siamo arrivati secondi-
-Proprio così, al primo posto sono arrivati due tizi che non conosco, tuttavia sono ugualmente soddisfatta della seconda posizione. Ah, ho dovuto spiegare a tutto l’istituto il significato dei nostri quattro cartelloni-
-Cosa!?- Sam scoppiò a ridere, ma si fermò quando vide lo sguardo assassino di lei –Come è andata?-
-E’ andata, ma per me è stata un vera situazione d’inferno. Conway non aveva mai fatto parola di questa fantastica aggiunta, ha preferito tenerla come sorpresa finale. Un vero strazio- sbottò.
-Avrei voluto esserci per vederlo- ridacchiò.
-Se ci fossi stato avresti parlato tu-
-Touché- alzò le mani in segno di resa -Ho saputo che i Dark sono stati espulsi- aggiunse poco dopo, più serio.
-Sì, l’incendio era troppo anche per loro. Come si suol dire, l’hanno fatta fuori-
Il ragazzo la osservò per qualche istante e solo in quel momento capì.
-Sei stata tu...- sussurrò ancora frastornato -Tu hai fatto la soffiata!-
Kyda piegò le labbra un ghigno enigmatico e scrollò le spalle –Me lo avevano confidato loro stessi, qualche giorno prima. Volevano che li aiutassi ad appiccare il fuoco, quegli idioti, ma avevano fatto i conti senza l’oste. Io infatti mi sono rifiutata, non avrei mai messo in pericolo la vita di migliaia di studenti. Questo è stato uno dei motivi che mi hanno convinta a lasciare il gruppo, mi sono resa conto di quanto fossero fuori di testa. E così, stamattina, ho raccontato tutto al preside-
Sam le posò una mano sulla spalla comprensivo. Aveva fatto la cosa migliore.
Lo sguardo della ragazza si fece improvvisamente serio ed egli seppe già che cosa lei gli avrebbe detto prima che iniziasse a parlare.
-Ascoltami Sam, non lo nascondo e non mi faccio problemi ad ammetterlo: io sono una persona particolare. Ho un carattere strano, sono schietta, forse troppo, sono lunatica, irascibile, impulsiva. Non sono di molte parole, odio le cose melense, sono anti-romanticismo, ho un temperamento piuttosto freddo, vivo di sarcasmo, a volte tendo ad essere un po’ menefreghista e non sopporto che qualcuno mi dica cosa fare. Sono anche piuttosto vendicativa ed incredibilmente testarda. In conclusione, stare a contatto con me potrebbe essere non proprio un’impresa facile. Volevo solo che tu lo sapessi-
Sam tacque e le sorrise sornione -Per fare questo progetto sono stato tantissimo in tua compagnia, e come vedi non sono ancora morto. Riguardo al tuo elenco, mi puoi dire qualcosa che non sappia già?-
Con quel progetto erano diventati una squadra. Durante tutte quelle settimane aveva imparato a conoscerla, ad apprezzarla e, infine, ad amarla. Erano l’uno la squadra dell’altra.  Kyda era la sua squadra, e non ci avrebbe rinunciato per nulla al mondo.
La ragazza scosse la testa con un sorrisetto, prima di baciarlo di nuovo -Mi verrà in mente...-
-Ah, Holly si è presa una cotta per tuo fratello- le sussurrò sulle labbra.
-Lo avevo notato. Ha detto che trova tua sorella molto carina, nonostante sia una mocciosa. Tra un po’ di anni magari avrà qualche speranza-
-Dovresti dirle ad Holly queste cose, farebbe i salti di gioia!-
-Immagino. Ora però...- si avvicinò nuovamente -Stai zitto...-

*
Maggio era un mese davvero meraviglioso. Caldo e luminoso, ma non afoso, e,  cosa più importante, la scuola era ormai agli sgoccioli. In tutte le strade della città si respirava già aria di vacanza e dappertutto chiocciava il vociare allegro dei giovani che, finalmente liberi dai compiti, potevano girovagare ovunque liberamente, spensierati. Solo in un luogo però regnava perenne silenzio. Un silenzio carico di pensieri e di promesse. Il cimiero di Roxvuld era avvolto da un’atmosfera surreale dove il sole, che faceva capolino tra i rami degli alberi ricoperti di foglioline, creava giochi di luce sulla distesa di erba verde.
-Siamo a Maggio, il tuo mese preferito. Tra poco le scuole chiuderanno, le vacanze estive inizieranno a breve. La mamma mi ha detto che ad Agosto torneremo nel posto in cui andavamo sempre per l’estate, Drew era settimo cielo- Kyda parlò con voce delicata, lo sguardo rivolto verso una lucente lapide bianca. Sam era a fianco a lei, appoggiato alle stampelle, gli occhi rivolti verso la stessa direzione della ragazza, che posò a terra un barattolo di vetro ricolmo di foglie.
-L’ho finito. Ci ho messo un po’ di annetti, ma alla fine ce l’ho fatta. Bello vero?- estrasse qualcosa dalla tasca e lo posò proprio lì a fianco. Sam sorrise. La foglia rossa che le aveva regalato qualche mese prima alla fine era servita a qualcosa. Rimasero lì ancora per qualche tempo e poi se andarono. Kyda a passo più spedito, mentre il ragazzo arrancava più indietro.
-Muoviti Sam, Lipton e gli altri ci stanno aspettando!- lo incitò ad affrettare il passo.
-Arrivo, arrivo! Potresti almeno mostrare un po’ di pietà, non sei tu ad essere quella infortunata- protestò.
-Oh quante storie, coraggio!-
Con fatica, il giovane la affiancò.
-Una volta raggiunti gli altri che facciamo?-
-Ho pensato che potremmo andare alla Coast Ramp, sono sicura che la O’Connor approverebbe-
Ancora non riusciva a chiamare i suoi amici per nome di battesimo, ma ci si trovava bene e le piaceva uscirci insieme, questo per Sam era già un ottimo risultato. Il resto sarebbe venuto col tempo.
-Giammai! Dimentichi in che stato sono? Non voglio restare a bordo campo a guardare come se fossi in punizione. Con questo caldo direi che sarebbe perfetto andarci a mangiare un gelato-
-Forse,  ma di certo non in quella gelateria. Se quel gelataio dovesse anche solo riprovare ad entrare in linea d’aria del mio capello- si sfiorò la visiera –Giuro che gli farò passare la voglia di essere nato. Comunque sia, prima di ogni altra cosa, devo andare a compare un portamonete nuovo-
Sam la guardò pieno di stupore -Hai deciso di cambiarlo? Come mai?-
-Semplice- Kyda gli rivolse un sorriso sereno -La mia intolleranza per il rosa ha raggiunto ormai livelli planetari-

 
 


*Note dell’Autrice*

Ciao a tutti! Capitolo un bel po’ lunghetto, lo riconosco, però mi sembrava un controsenso dividerlo a metà, perciò eccoci qui! x) cosa mi dite? Soddisfatti del finale? Era come ve lo aspettavate? Ho provato una stretta al cuore quando ho finito il capitolo, ma provo anche un senso di “conclusivanza” ineguagliabile. Beh, manca ancora l’Extra, ma la storia principale è conclusa. Vi spoilero che cosa prevede l’Extra: che è successo quel giorno in cui Jade ha sgraffignato il portafoglio a Eustache e lui si è messo alle sue calcagna? L’ha ragazza ha agito così perché le andava o c’è un motivo sotto? Se vi interessa, scoprirete come sono andate le cose nel prossimo e ultimissimo capitolo! (Sembra lo spot di una telenovela O.o?)
Alla prossima allora!


The_Grace_of_Undomiel

  
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