Fanfic su artisti musicali > Avenged Sevenfold
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Autore: SynysterIsTheWay    25/01/2015    9 recensioni
America indietreggiò di scatto mentre vide il ragazzo serrare la mascella.
In quel momento ebbe l'istinto di allontanarsi il più possibile. Aveva paura che quel ragazzo tanto bello
quanto dannato potesse farle del male.
-Devi andare via da qui o qualcuno potrebbe pensare di farti del male.- Continuò il ragazzo mentre lei
non fece altro che pensare allo spavento che continuava a formarsi dentro di sé.
Egli provò a toccarle un polso per fermarla ma lei trasalì.
-No! Non toccarmi!- Urlò America indietreggiando sempre di più con le lacrime agli occhi per lo spavento.
-Aspetta, non voglio farti del male!-
-Aiuto! Aiuto!-
-Shh, sta zitta o ti sentiranno.- Continuò il ragazzo catapultandosi verso di lei ma indietreggiando l'attimo dopo, ricordandosi
di non poterla toccare.
America osservò il comportamento del ragazzo ed inarcò un sopracciglio.
I loro occhi si scontrarono.
La bionda non aveva mai visto degli occhi più belli di quelli in tutta la sua vita.
Brian invece, si sentì scosso dopo aver scrutato con attenzione gli occhi della ragazza.
Decise di lasciarla andare.
Lei chiuse gli occhi spaventata e quando li riaprì, il ragazzo era ormai sparito.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Synyster Gates, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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"Preciso che i fatti e personaggi sono completamente inventati da me e tutto questo non ha niente
a che fare con i veri personaggi famosi a cui si ispira questa ff".

2° Isn't something missing?


















Jimmy si svegliò di scatto con una strana sensazione
che continuava a perseguitarlo.
Sentiva delle forti fitte al petto e non riusciva a capirne il motivo.
Si alzò dal letto in lavanderia, si sgranchì le ossa e si trascinò verso il bagno.
Osservò la sua immagine allo specchio, odiandola come non mai.
Si poteva dire che era da tanto, che si odiava, da quando aveva perso la ragione per cui 
sorrideva di giorno in giorno.
Ma quella mattina era diverso.
Quella mattina...non poté fare nient'altro che odiarsi più del solito.
Aveva preso tra le mani la vecchia collana del suo migliore amico e l'aveva stretta
tra le dita come se potesse ricominciare a percepire qualcosa di lui.
-E' già passato un anno, amico mio.- Sussurrò il ragazzo dagli occhi azzurri, 
sentendosi peggio del solito.
Quella mattina non avrebbe neanche fatto colazione. Avrebbe marinato la scuola e 
si sarebbe sballato con quei pochi amici che si ritrovava.
I suoi migliori amici da una vita.
Dopotutto, erano cresciuti insieme.
Lo schifo della Black Rose, lo avevano vissuto facendosi forza a vicenda.
Sospirò amaramente, continuando a guardare la sua immagine allo specchio e cercando
di frenare i conati di vomito che gli premevano in gola.
Improvvisamente, non riuscì a frenarsi.
Frantumò le sue ginocchia al pavimento e vomitò l'anima e tutto il dolore che aveva dentro.
Tremante, dopo aver finito di rigettare l'anima, si asciugò il sudore dalla fronte con un asciugamano
e si sedette sul pavimento con gli occhi iniettati di sangue.
Aveva ancora quel proiettile tra le mani.
Ed ora aveva iniziato ad impazzire perché i suoi ricordi erano così nitidi, 
e lui sperava di non dimenticarli mai.

-Per sempre.-
-Sì, cazzo. Per sempre.-


Quelle parole continuavano a frastornargli la mente ed iniziò addirittura a respirare
con fatica.
Era passato un anno e lui ancora non riusciva a farsene una ragione.
Così come non riuscivano a farsela i suoi migliori amici.
Zacky non aveva dormito per tutta la notte, Johnny aveva bevuto anche più del solito e non riusciva
neanche a reggersi in piedi per dirigersi verso il bar in cui si vedevano di solito quando avevano voglia
di marinare la scuola.
Matt aveva dormito con un maglione che non gli apparteneva ma che sapeva così tanto di sigarette
da ricordargli chi voleva ricordare.
Jimmy si alzò ben presto dal pavimento e si fumò una sigaretta mentre aspettava l'arrivo
della signora Venus.
Alla lavanderia c'era sempre un gran lavoro e la Venus gli aveva dato l'opportunità di seguire
le lezioni scolastiche di mattina cosicché si sarebbe occupato di lavorare nel pomeriggio.
Ma quella mattina i ragazzi si sarebbero ritrovati tutti al solito bar in fondo al vialetto.
Avevano bisogno di stare insieme, di parlare.
Volevano ritrovarsi.






















***















America si alzò di scatto dal letto e fermò il suono raccapricciante della sveglia
che continuava a risuonargli nella mente.
La ragazza si diresse velocemente verso il bagno e si lavò di fretta e furia riuscendo
a prepararsi con una velocità incredibile.
I suoi genitori erano già via e con loro ovviamente anche suo fratello Brandon.
Si diresse con agilità verso la cucina e dopo aver afferrato un succo di frutta al volo uscì
di casa chiudendone poi la porta a chiave.
America si riteneva una ragazza molto fortunata dato che aveva la V a pochi metri di distanza
dalla sua abitazione in modo da non dover prendere il bus.
Tuttavia, la ragazza iniziò a passeggiare per le strade di Huntington Beach pensando e ripensando
a ciò che era accaduto.
Non era riuscita a dormire per tutta la notte nel ricordare quello spiacevole equivoco
che aveva deciso di lasciar scivolare sulla sua pelle.
Non avrebbe mai dovuto schierarsi contro quelle ochette di cheerleader ed avrebbe cercato
di evitare ogni discussione e, soprattutto, Jasper.
La bionda varcò la soglia dell'istituto scolastico con l'insicurezza che continuava ad avere
dentro di sé e si ritrovò dinanzi al bellissimo biondo dagli occhi scuri che stava per avvicinarsi
a lei.
America decise di evitarlo facendo finta di non averlo visto e si ritrovò ben presto
nella sua aula d'arte.
Era così felice di sapere che alla prima ora di lezione si sarebbe interamente dedicata alla
sua materia preferita.
La professoressa Pocket stimava tantissimo America sia da un punto di vista artistico
che caratteriale.
Secondo lei, la giovane era davvero un grandissimo esempio di studentessa modello da imitare
in tutto e per tutto.
Ed America era felice di rendersi utile in qualche modo e di partecipare alla sua lezione d'arte
con costanza.
Non appena entrò nella classe, la ragazza si accomodò al solito banco mentre la professoressa si occupò di
darle la tavola di colori di cui avrebbe necessitato ed affidandosi al suo buon senso.
La professoressa dava l'occasione a tutti gli studenti di lasciarsi prendere dai propri pensieri
e dal proprio punto di vista, dando loro totale libertà su ciò che avrebbero poi riprodotto su quel cavalletto.
America osservò per alcuni istanti il suo foglio bianco e prese un pennello tra le mani nella speranza
di lasciarsi ispirare da qualsiasi cosa la circondasse.
Quella volta però, lei non riuscì a lasciarsi ispirare così facilmente.
Tutti i suoi compagni di corso avevano già iniziato a dipingere mentre lei era rimasta immobile
con i suoi pensieri.
Si sentì improvvisamente il cuore pesante.
Continuava a pensare all'accaduto del giorno prima fin quando poi, la professoressa, non ricordò ai suoi alunni
che potevano benissimo ascoltare un po' di musica dal loro lettore mp3 per potersi rilassare al meglio
e lasciarsi ispirare dalla musica.
America colse la palla al balzo e prese con velocità il suo Ipod dallo zaino, scorrendo tra le canzoni
nella sua playlist.
La ragazza indossò le sue cuffie per poi provare ad ascoltare delle canzoni a caso che avrebbero potuto
aiutarla a sbloccarsi.
Con il pennello tra le mani, iniziò ad ascoltare svariate canzoni che non riuscivano però a darle
l'effetto sperato.
America continuò a restare immobile e si limitò a fissare i suoi compagni creare delle vere e proprie
opere d'arte.
Che cosa le stava accadendo? Tutto ciò che aveva sempre desiderato era dinanzi ai suoi occhi
ed ora non stava sfruttando l'occasione per mostrare a tutti di che pasta era fatta.
Si era davvero bloccata.
Le mancava qualcosa e quasi non riusciva a respirare, pensandoci.
Così, decise di optare per una canzone degli Oasis.
Wonderwall iniziò a rimbombare nelle sue orecchie mentre chiudeva gli occhi e si lasciò
travolgere dalle sensazioni che le donava quella semplice canzone.









Today is gonna be the day 
that they're gonna throw it back to you. 
By now you should've somehow 
realized what you gotta do...
I don't believe that anybody 
feels the way I do about you now.









La musica le premeva nel cuore mentre il sangue
nelle sue vene sembrava iniziare a scorrere con più velocità
del solito.
I suoi occhi si riaprirono mentre il suo polso aveva già iniziato a muoversi
da solo.














Backbeat the word was on the street 
that the fire in your heart is out.
I'm sure you've heard it all before 
but you never really had a doubt...
I don't believe that anybody feels 
the way I do about you now.













America lasciò scivolare il pennello colmo di colori sul foglio
che ora stava finalmente iniziando a tingere e prendere vita.
I polsi e le mani della ragazza continuavano a muoversi con velocità
mentre passavano dalla tavolozza di colori al foglio.
Un brivido le fece rendere conto di ciò che stava disegnando ma continuò
a fare ciò che aveva stampato nella mente.












And all the roads we have to walk along are winding.
And all the lights that lead us there are blinding.
There are many things that I would 
like to say to you...
I don't know how.









La canzone continuò ad aiutarla mentre stava cercando di cacciare
da dentro tutte le sue sensazioni ed emozioni mentre non riusciva a fermarsi
neanche per un attimo.
Era così presa da ciò che stava facendo che si era persino dimenticata di essere
in una classe e di essere osservata di continuo dalla sua professoressa e dai
suoi coetanei.
La sua vena artistica aveva finalmente ricominciato a vivere mentre tutta l'adrenalina
che aveva dentro, ora, aveva deciso di esplodere.












Because maybe 
You're gonna be the one who saves me...
And after all...
You're my wonderwall.













La canzone era ormai terminata e con essa, anche il suo disegno.
Tutti iniziarono ad applaudire al buon lavoro di America e lei sbarrò
di colpo gli occhi, desiderando quasi di scoppiare a piangere dinanzi a tutti.
I suoi occhi ancora non riuscivano a credere a ciò che stavano vedendo.
Le sue mani iniziarono a tremare mentre il pennello imbrattato di colore le era appena
caduto sul pavimento.
-Davvero un ottimo lavoro, Mcklain.- Le disse la professoressa, applaudendo
anche lei con soddisfazione.
Ma America non riuscì proprio ad accettare i complimenti e gli applausi di tutte le
persone che la circondavano.
Continuava ad avere gli occhi sbarrati su ciò che aveva disegnato e il suo cuore
si era improvvisamente fermato.
Quasi faceva fatica a respirare.
I suoi occhi erano immobili su quelli che aveva disegnato su quel dannatissimo foglio.
Proprio così.
America aveva disegnato gli occhi che aveva visto la sera precedente.
Gli occhi di quel ragazzo che era sbucato dal nulla, alla Black Rose.
Non riusciva a credere al fatto di essere riuscita a ricordarli così bene.
Erano degli occhi color nocciola così bui quanto vuoti.
Li aveva amati sin dal primo momento in cui li aveva visti e lì era stata
capace di riprodurli su carta.
La ragazza arrossì di colpo, sentendosi quasi a disagio per ciò che aveva avuto
il coraggio di fare.
Aveva disegnato quegli occhi che sembravano essere il suo prossimo sbaglio.

























***












-Alla salute.- Urlò Zacky, buttando giù il secondo bicchiere colmo d'alcool.
Vee si sentì bruciare lo stomaco e strizzò gli occhi, prendendo dalle tasche dei jeans
tutto ciò che aveva sempre desiderato.
I ragazzi avevano brindato con lui ma quella mattina decisero di restare sobri.
-Ancora con quella robaccia, Vee?- Gli domandò Matt che era da sempre il padre del gruppo.
Era il più tranquillo, riflessivo e relazionale.
Per qualsiasi cosa, sapevano che Matt li avrebbe sempre aiutati con i suoi consigli da uomo
vissuto.
Per quanto riguardava i loro soprannomi invece, erano stati affidati alla Black Rose.
Erano una banda, tutti li conoscevano come tali.
-Che vuoi, mi fa star bene.- Continuò Zacky, iniziando a rollarsi una canna.
-Basta che non vai oltre o ti spezzo le gambe.- Disse poi Matt con tono di rimprovero.
-Non sono mica un drogato!- Esclamò poi Vee, iniziando a fumarsi quella robaccia che sembrava
dargli sollievo quando si sentiva troppo stressato.
Aveva iniziato a farsi le canne da quando Brian non faceva più parte del gruppo.
Da quando il loro migliore amico li aveva abbandonati, i ragazzi avevano smesso di fare molte cose costruttive
ed avevano iniziato a peggiorare sempre di più.
Tra tutti però l'amante degli eccessi risultava essere sempre Zacky.
In genere loro non facevano uso di droghe, né avevano alzato il dito su una ragazza, né avevano mai rubato qualcosa. 
Erano più frequenti a partecipare a delle risse per guadagnarsi qualcosa ma per il resto, erano più tranquilli
di come li descrivevano.
Venivano spesso etichettati come le persone che non erano solo perché appartenevano a quei quartieri
colmi di merda fino all'orlo.
Ma loro non erano mai centrati niente con quel posto. Erano solo delle vittime e dovevano andare avanti
seppur le persone si limitavano a giudicarli senza conoscerli.
Nessuno si era mai sprecato nel volerli conoscere meglio o nel cercare di parlarci.
Le persone avrebbero capito tante cose se solo avessero imparato a guardarli con occhi diversi.
Jimmy intanto si era fermato ad osservare quella sedia vuota proprio dinanzi ai suoi occhi.
Quella sedia, che tempo prima sarebbe stata occupata da quello che aveva da sempre considerato come un fratello.
Ma in quell'istante la sedia era vuota e colma di rimpianti e dolori già sentiti.
Era cambiato tutto ed era per questo motivo che delle volte preferivano restare in silenzio e cercare
di percepire quelle piccole cose che ora non riuscivano più a sentire.
Avrebbero dato qualsiasi cosa per riaverlo con loro.
Ma il loro tempo era stato sprecato.
-Come ci siamo ritrovati in questo punto?- Domandò improvvisamente Johnny, interrompendo
il silenzio che si sgretolava nell'aria.
-Forse abbiamo sbagliato qualcosa.- Rispose Matt, sospirando.
-A me manca.- Disse poi Jimmy, abbassando lo sguardo verso il pavimento.
Tutti annuirono alle parole di Rev per poi esitare.
Avevano ormai perso tutta la loro voglia di vivere.
-La vera domanda è...a chi non mancherebbe?- Continuò poi Zacky, abbozzando un sorriso.
Avrebbero potuto ritornare ad essere amici come prima.
Avrebbero potuto ricominciare tutto da capo.
Sarebbero diventati più forti del solito e la loro amicizia sarebbe davvero durata
per sempre.
Ma c'era qualcosa a dividere tutte le loro speranze.
Qualcosa di più forte di loro che li aveva già sconfitti una volta.
-Beh, io vado alla lavanderia. Devo aiutare la signora Venus o non riceverò la mia paga.- Mormorò
James, alzandosi dalla sedia ed allontanando da sé il suo bicchiere ormai vuoto.
-Sì, devo andare anch'io. I miei genitori affidatari del cazzo mi costringeranno a pulire quella
merda di casa da cima a fondo.- Continuò Zacky, dopo aver fumato.
-Ci vediamo stasera...lì?- Domandò poi Matt ai suoi migliori amici.
I ragazzi annuirono tutti con dolore.
-Sì, non c'è pericolo che ci rubino.- Disse poi Jimmy, facendo ghignare per un po' i ragazzi
ed uscendo dal bar con disinvoltura.
Uno sguardo verso il cielo ed un brivido aveva deciso di colpirlo nuovamente.
Brian passò dall'altro marciapiede mentre osservava Jimmy continuare ad osservare il cielo.
Ma a quel punto, la prima domanda che gli balenò in testa fu : "Ma i ricordi sono un qualcosa di tuo o qualcosa che sei
destinato a perdere per sempre?"

Mancava tanto anche a lui quel pazzo figlio di puttana.




















***




















America tornò a casa da scuola completamente esausta.
-Bentornata cara, com'è andata oggi a scuola?- Le domandò la madre,Anwyn, mentre
era intenta a cucinare.
-E' andata.- Rispose America dirigendosi verso la sua camera per riporre lo zaino
al di sotto del suo letto.
Una volta tornata in cucina diede un bacio sulla guancia di suo fratello che stava mangiando
quel buon piatto di maccheroni al formaggio con gusto.
-Beh, speriamo che quest'anno riesci a farti degli amici.- Continuò suo padre, un uomo d'affari
alla mano ma che aveva un cuore d'oro invidiabile a chiunque.
Il signor Mcklain era davvero un pezzo di pane.
-E' l'ultimo anno e in quella scuola è difficile trovare delle persone un po'
più tranquille e che non ti stiano accanto per interesse.- Borbottò America, aiutando poi suo
padre ad apparecchiare il tavolo.
-Ti chiamano ancora per copiare i compiti in classe?- Le domandò poi la madre.
-Si ricordano di me solo quando devo offrirgli il mio aiuto.- Sbuffò la bionda, sedendosi
poi a tavola, attendendo il suo piatto.
-Vedrai che piano piano la situazione migliorerà.- Continuò suo padre, regalandole un sorriso
a trentadue denti che riuscì a farla sentire un po' meglio.
Dopo aver pranzato con la sua famiglia, America aiutò la madre con le faccende di casa per poi
ritirarsi nella sua camera, sentendosi stanca morta.
Nel frattempo, suo fratello Brandon aprì la porta della sua camera con delle macchinine tra le mani nella speranza
di poter giocare un po' con sua sorella.
-America, vuoi giocare un po' con me?- Le domandò il bambino dagli occhi cerulei, uno schizzo di lentiggini
sul volto ed i capelli neri.
-No tesoro, mi sento davvero tanto stanca...ho bisogno di riposare.- Le disse la ragazza, osservando poi
lo sguardo imbronciato del piccolo.
-E dai, solo per pochi minuti!- Continuò Brand con una vocina stridula e terribilmente tenera da far
sciogliere in un istante il cuore di America.
La ragazza sospirò.
-E va bene...ma solo per un po', intesi?-
-Sì!- Esclamò il bambino, più euforico che mai.
America trascorse metà pomeriggio a giocare con il suo fratellino fin quando poi, esausta, si addormentò
sul letto senza neanche cambiarsi.
Aveva chiuso gli occhi ed era così stanca da non riuscire più a svegliarsi.
Arrivarono le otto di sera ed i suoi occhi scuri decisero finalmente di aprirsi verso il soffitto.
America si guardò intorno non riuscendo neanche a ricordare come era riuscita ad addormentarsi poco prima.
Si strofinò le palpebre degli occhi e saltò giù dal letto, sentendosi completamente indolenzita.
Dei brividi di fresco le colpirono alla pelle quando si rese conto di aver lasciato la finestra aperta.
Strano, era proprio convinta di averla chiusa.
La ragazza si diresse verso la finestra e la chiuse con velocità, concentrandosi poi su tutti i disegni
che ricoprivano le pareti della sua camera.
Era davvero fiera di tutto ciò che aveva costruito col tempo, soprattutto grazie all'aiuto di suo nonno.
Suo nonno Xavier era un pittore e scultore ai suoi tempi e fu proprio sua nipote America ad ereditare
tutti i suoi oggetti più preziosi, tra cui, dei colori di un certo tipo ed un cavalletto da pittore a dir poco pregiato.
Era a lui che deve tutto il suo talento.
Se suo nonno non le avesse mai insegnato ciò che sapeva in quel momento, i giochi di colore, il modo giusto di dipingere...forse
non ci avrebbe neanche provato.
E lei gli era davvero tanto grata per questo.
Le aveva insegnato a riprodurre tutto ciò che la sua fantasia partoriva.
Non era di certo una cosa da poco.
Ma nei pensieri della ragazza, quella sera, c'erano ancora gli occhi bui di quel ragazzo
incontrato per caso la notte precedente.
E ciò la spaventava a morte.
Sapeva che non aveva mai visto nulla di più affascinante ma, al contempo, pericoloso, nei suoi occhi.
Però aveva bisogno di capire.
Aveva bisogno di sapere cos'era che continuava ad occupare la sua mente e soprattutto, del perché quel ragazzo
così pericoloso ai suoi occhi aveva deciso di non farle del male ma lasciarla andare.
Era raro trovare delle persone del genere alla Black Rose.
Qualsiasi altro ragazzo lì le avrebbe fatto sicuramente del male. L'avrebbe portata a forza sulla strada
della prostituzione, l'avrebbe drogata o, peggio ancora, violentata.
L'avrebbe distrutta.
Ed invece lui, con quelle sue braccia tatuate, l'aveva fatta sentire stranamente protetta.
Stanca di sentire sempre le stesse domande rimbombarle nella mente, America decise di salutare i suoi genitori
e di uscire.
L'unico modo che aveva per non farli preoccupare troppo era dire loro che sarebbe stata a casa di un'amica
per una ricerca di biologia.
Ed i suoi genitori abboccarono subito, conoscendo la ragazza che avevano cresciuto fino ad allora.
America uscì di casa e si diresse verso la prima strada che poteva portarla verso la Black Rose.
Dentro di sé, stava morendo molto lentamente, anche se aveva da sempre avuto quel suo spirito coraggioso
che le invidiavano tutti.
America aveva paura, sì, ma aveva imparato anche a gestire quest'ultima pian piano.
Camminò per le strade di Huntington Beach e, verso le nove, si ritrovò sul primo marciapiede della Rosa Nera.
La ragazza si guardò intorno di continuo con la paura che qualcuno potesse sorprenderla all'improvviso
e farle del male.
Fortuna che aveva ancora in borsa quello spray al peperoncino che le comprò suo padre per restare più
tranquillo.
Se solo i suoi genitori avessero saputo che era stata alla Black Rose, l'avrebbero chiusa
in casa per il resto dei suoi giorni.
Tutti avevano paura della Black Rose.
Alcune abitazioni stavano facendo festa mentre i tetti sembravano quasi sprofondare nelle onde
musicali più rumorose che aveva mai sentito.
La giovane si ritrovò ben presto dinanzi al cancello in ferro dell'altra sera e si limitò ad osservarlo, tremante.
America deglutì all'istante quando aprì il cancello ed esso emise un rumorino stridulo che la fece rabbrividire
ancor di più.
Stava tremando.
Quel cimitero era il luogo più inquietante che aveva visto in tutta la sua vita. Alberi spogli, il civettare
continuo dei gufi ed un solo lampione acceso che non serviva quasi a niente.
La bionda iniziò a chiedersi del perché avesse deciso di compiere un gesto così impulsivo. Stava iniziando a pentirsene
quando osservò dei ragazzi posizionarsi dinanzi ad una lapide.
America tentò di respirare il più piano possibile mentre osservava quei quattro ragazzi posizionare
un mazzo di fiori freschi sulla lapide dinanzi a loro.
Quando America assottigliò gli occhi, si rese conto di avere dinanzi a sé delle persone dal volto familiare.
Erano gli Avenged Sevenfold.
Nel momento stesso in cui si pentì nuovamente di essere lì, ella cercò di indietreggiare ma così facendo, il rumore
dei suoi passi aveva ormai segnato la sua condanna.
I ragazzi si voltarono tutti verso di lei e la guardarono incuriositi.
Capirono subito che non apparteneva alla Rosa Nera.
-Ehi, tu!- Esclamò Zacky, indicando la ragazza che iniziò a respirare con pesantezza.
America indietreggiò ancora, tremando come quelle foglie scosse dal venticello che si trovavano
al di sotto dei suoi anfibi.
-No, aspetta! Non spaventarti, non vogliamo farti niente.- Continuò Matt, sorridendole.
America invece non se lo fece ripetere due volte e scappò via dal cimitero, senza riuscire ad urlare
in alcun modo.
Era terrorizzata ma, prima di uscire dal quartiere, si fermò sul ciglio della strada.
Quei quattro ragazzi non avevano cercato di acciuffarla, né avevano provato a farle del male.
Perché si stava comportando in questo modo? Lei non era il tipo di ragazza che dava ascolto ai vari
pettegolezzi della scuola.
Sentendosi totalmente in colpa e posizionandosi una mano sul petto, America tornò sui suoi passi e ritornò
al cimitero.
I ragazzi erano ancora lì.
Non si erano mossi dalla loro posizione e continuavano a fissare la lapide dinanzi a loro.
La giovane, in quel momento, ebbe un'illuminazione.
Forse non erano le persone cattive di cui parlavano tutti.
Mantenendo lo sguardo basso verso l'asfalto, la giovane si avvicinò ai ragazzi che la osservarono
di nuovo, stupiti.
-Mi dispiace tanto, non volevo scappare in quel modo.-  Disse la ragazza, più imbarazzata che mai.
-Stai tranquilla, siamo abituati a queste reazioni da parte delle persone.- Continuò Jimmy, mostrando
i suoi occhi azzurri alla giovane.
-Comunque, faresti meglio ad andartene. Non appartieni alla Black Rose e questa potrebbe essere la
tua ultima notte.- Borbottò Johnny, sembrando molto serio.
-Lo so...ma stavo cercando una persona.- Sussurrò America, abbassando poi lo sguardo contro l'asfalto.
-Io non credo che questo sia luogo migliore per cercare una persona.- Continuò James, sorridendole.
In un attimo, America si ricredette.
In quei ragazzi che tanto la spaventavano, aveva visto qualcosa.
-Sì, è solo che...niente, lasciate perdere.- Disse la bionda, sentendosi un po' una stupida.
-Se ci tieni alla pelle sarà meglio che torni a casa.- Le sussurrò poi Matt, avvicinandosi.
America rimase incantata dagli occhi verdi del ragazzo e dalle fossette che gli dipingevano il sorriso.
-Beh, forse avete ragione. Ma se posso, vorrei chiedervi che cosa ci fate anche voi qui?-
I ragazzi si rivolsero degli sguardi complici, consapevoli del fatto che nessuno si era mai importato
delle loro vite.
Tranne quella ragazza.
-Oh, assolutamente niente. Siamo solo venuti a salutare un vecchio amico, tutto qui.- Mormorò Johnny.
-Hai mai perso qualcuno di importante nella tua vita?- Le domandò poi Zacky.
-Sì...ho perso mio nonno e...credo fosse l'unica persona con cui riuscivo a sentirmi davvero me stessa.- Disse
America, mentre un velo di tristezza le stava percorrendo le pupille degli occhi.
-Allora credo che tu possa capire a pennello come ci sentiamo noi da quando la persona più
importante della nostra vita ha deciso di lasciarci.-

America rabbrividì alle parole di Jimmy.
Vide il ragazzo riempire un bicchiere di vetro di birra e lo vide posizionarlo accanto
alla lapide su cui non riusciva a leggere il nome della persona che ci aveva rimesso la pelle.
-Che cosa state facendo?- Domandò la ragazza, incuriosita.
-Gli ricordiamo che ci deve l'onore di bere un'ultima birra insieme.- Rispose Matt con gli occhi
lucidi.
America rimase immobile dinanzi ai ragazzi, osservando in loro tutto il dolore che avevano dentro.
Improvvisamente capì che quelle persone da cui scappavano tutti, avevano solo dei dolori dentro che non facevano
altro che consumarli.
Non erano le persone cattive che credevano tutti.
Loro forse, avevano davvero sofferto troppo nelle loro vite per sperare in qualcosa di nuovo.
-Posso dirvi una cosa?- 
-Sì.-
-Non siete poi così male come dimostrate di essere.- Mormorò America, sorridendo ai ragazzi che quasi
non potevano credere alle parole della ragazza.
-Sei la prima che ce lo dice.- Ammette Zacky, entusiasta.
-Vi chiedo scusa se per tutto questo tempo non ho fatto altro che giudicarvi male.- Continuò America,
pensando a quanto aveva sbagliato a fidarsi dei pettegolezzi delle altre persone.
A volte bastava davvero poco per capire una persona.
Ed America era così.
Le bastava restare per un po' con una persona per capire la sua vera natura.
-Ormai abbiamo imparato a diffidare dalle persone anche per questo motivo.- Borbottò Johnny, grattandosi la nuca.
-Beh...allora vi lascio alle vostre faccende.Buon proseguimento...-
-Aspetta, lascia almeno che ti accompagni.- Si offrì Jimmy, con dolcezza.
-No, non ce n'è bisogno, davvero.- Continuò America, iniziando un po' a preoccuparsi.
E se l'avessero sperduta in un bosco?
-Non puoi uscirtene di qui da sola, è troppo pericoloso.- Borbottò poi Zacky mentre due esplosioni fecero
scoppiare il cuore di America.
La ragazza tremò improvvisamente, spaventata.
-Ma cos'era?- Domandò la giovane, più terrorizzata che mai.
-Avranno dato fuoco a qualche edificio, qualche casa...- Sussurrò Shads, facendo sbarrare gli occhi alla
ragazza che stava cercando di ricordarsi dove si trovava.
-Forza, dobbiamo andare prima che qui si scateni il caos.- Jimmy prese una mano della ragazza e con gli altri,
la condusse verso la sua auto.
America, ancora spaventata e tremante, entrò con velocità nell'auto dei quattro ragazzi sedendosi sul sedile
accanto a quello del guidatore.
In questo caso, Matt.
-Allacciati la cintura, presto!- Urlò Zacky mentre America decise di sbrigarsi ed allacciare la cintura
di sicurezza mentre Matt aveva ormai messo in moto il veicolo.
L'auto sfrecciò via con una velocità assurda e la giovane non poté fare altro che mantenersi sul sedile
urlando di continuo.
-Ma così rischiamo di ammazzarci!- Urlò America con un tono di voce strozzato mentre i ragazzi scoppiavano
a ridere, divertiti.
America tentò di spiegare ai ragazzi le indicazioni per tornare a casa e dopo pochissimi istanti,
si ritrovarono già sotto casa.
-Allora, non è stato forte?- Le domandò Jimmy, ridendo.
America si limitò a restare in silenzio ed immobile, esitando.
Era ancora scossa per questa nuova esperienza vissuta.
La giovane scese dall'auto e ne sbatté lo sportello sentendosi la testa quasi esplodere.
Ringraziò i ragazzi per il passaggio e, senza aggiungere altro, si avvicinò alla porta di casa per entrarvi.
Una volta entrata, si rese conto che i suoi erano già a letto ed in punta di piedi salì le scale per rifugiarsi
nella sua camera.
Dopo aver fatto una doccia ed aver indossato il pigiama si lanciò sul letto, fissando il soffitto.
Era rimasta così sorpresa dai modi di fare di quei ragazzi che iniziò a sentirsi in colpa per tutto ciò
che aveva pensato di loro in tutti quegli anni.
Sarà che dietro a quegli sguardi seri ed aggressivi si nascondano dei cuori buoni e sofferenti.
Pensando a quanto si sia ricreduta su quei quattro ragazzi della Black Rose e a quanto non potessero
appartenere a quel posto, si mise sotto alle coperte e chiuse le palpebre degli occhi.
Quella corsa nell'auto l'aveva fatta proprio stancare.
Dopo aver chiuso gli occhi, si lasciò trasportare nel mondo dei sogni in cui sembrava dormire
beata.
Ma lei non sapeva.
Non sapeva che dinanzi al suo letto, quella piccolo sgabello era stato occupato da qualcuno.
Qualcuno che la stava osservando dormire.
Qualcuno che era riuscito ad entrare nella sua camera senza che lei potesse rendersene conto.
Un ragazzo dalla mascella contratta, i tatuaggi sulle braccia e gli occhi del colore delle nocciole...


































NOTE DELL'AUTRICE.

Buona domenica e buon salve a tutti lettori!
Ci ho messo un po' ad aggiornare e chiedo venia, ma spero
vivamente che vi sia piaciuto anche questo capitolo.
Sono stata felicissima di leggere le vostre recensioni e considerazioni
sulla storia, davvero.
Mi avete fatto sciogliere il cuore, anche perché, mi avete dimostrato
di esserci ancora per me.
Davvero, non potete neanche immaginare quanto io lo abbia apprezzato!
Ma ora, torniamo alla storia.
No, mi dispiace, non è la stessa solfa. 
Ho incentrato questa ff su ben altro e no, i Sevenfold come  avete potuto
capire da questo capitolo...non sono né criminali, né niente.
So che magari siete un po' confusi ma vedrete che con l'andare avanti riuscirete
a capire sempre di più il senso della vera storia. In poche parole, il succo.
Io davvero, non smetterò mai di congratularmi con Saya e vorrei che lo faceste anche voi.
Quella ragazza si fa il culo con le mie ff. 
(Lasciatemi passare il termine, pls).
E davvero, è una grande. 
A proposito di questo, vi consiglierei di iniziare a leggere anche la sua nuova fanfiction.
Vi lascio qui il link in modo che potete subito dare un'occhiata alla storia meravigliosa
che sta scrivendo.





http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2991075&i=1




Vi raccomando, leggete in molti questa nuova fanfiction di Saya perché non ve ne pentirete.
Oltretutto, spero che anche questo capitolo otterrà un certo numero di recensioni e che continuerete
a mettere la storia tra i preferiti!
Spero tuttavia di riuscire a farvi sognare con questa nuova ff e trasmettervi qualcosa di diverso
e più appagante del solito.
Ringrazio anche la Mag che molti di voi conosceranno, che ha deciso di spendere gran parte
del suo tempo per leggermi.
Davvero, ringrazio tutti i miei lettori che sono rimasti qui con me nonostante il mio periodo
di pausa.
E' stato bellissimo ritrovarvi tutti qui.
Grazie ancora.
Adesso, fatemi subito sapere che cosa ne pensate di questo secondo capitolo e...se riceverò
abbastanza recensioni mi convincerò a continuare questa storia!
Io vi aspetto u.u
Buon proseguimento cupcakes, un bacione immenso dalla vostra...











-SynysterIsTheWay.
 
   
 
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