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Autore: Macy McKee    25/01/2015    5 recensioni
[Ambientato durante Mockingjay; Finnick & Katniss friendship]
Nelle fiabe, quando due creature ferite s’incontrano e si aiutano a vicenda, imparano insieme a guarire le proprie ferite e tutto torna com’era prima. Ma nella vita reale non funziona così. Nella vita reale ci siamo io e lui, sull’orlo del baratro, che lottiamo e ci aggrappiamo l’uno all’altra per non perdere l’equilibrio. Sapendo che, se uno di noi vacilla, nessuno ci salverà dalla caduta.
Genere: Angst, Introspettivo, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Finnick Odair, Katniss Everdeen
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Capitolo III

We dreamt a new life
Some place to be at peace
But things changed, suddenly
I lost my dreams in this disaster
Call your Name - Shingeki No Kyojin OST
 
La prima cosa che vedo quando apro gli occhi la mattina successiva è la schiena di Finnick. Sta camminando avanti e indietro accanto al mio letto, e credo che sia venuto da me per ascoltare la fine della favola. Non avrei mai pensato che qualcuno potesse essere così impaziente di farsi raccontare qualcosa da me. È una sensazione nuova.
Ma quando si gira e vedo la sua espressione tormentata, capisco che forse non è qui per la storia.
«Annie!» esclama, correndo verso di me. Passa un istante di confusione prima che io capisca che sta parlando con me. «Sei sveglia. Forza, devi venire con me. Ho aggiustato la vela, possiamo partire per la nostra gita.»
Cerco di pensare in fretta.
«Ma no, Finnick» esclamo, con il tono più allegro che mi riesce. Devo concentrare nelle mie parole tutte le mie energie per farlo. «È ancora presto. Guarda, non è ancora sorto il Sole. Torna a dormire, ti sveglierò io.»
Finnick mi guarda per un istante, confuso. Poi sorride e si china verso di me, appoggiando una mano sulla mia guancia. Il mio primo impulso è di ritrarmi, ma combatto per rimanere immobile.
«D’accordo, dormigliona.»
La sua mano indugia ancora per un istante sulla mia pelle, poi lui si volta e scompare. Mi sporgo per assicurarmi che stia tornando a letto.
Quando vedo che si sta sdraiando, faccio altrettanto. All’improvviso, sono esausta.
Chiudo gli occhi e mi riaddormento.
Quando mi sveglio, mi sento più stanca che mai. I miei occhi bruciano per lo sforzo di rimanere aperti, ma non ho alcun desiderio di rimettermi a dormire. Decido di lasciare passare qualche ora prima di andare a controllare come stia Finnick.
Mi fa uno strano effetto dovermi accertare di continuo della salute di qualcuno che non sia Prim, ma sento di essere in debito con lui. In parte perché la responsabilità per la sua ricaduta è anche mia, e in parte perché la sua condizione non è tanto diversa da quella in cui io mi trovo. E lui ha tentato di aiutarmi. Capitol City ha sottratto a entrambi qualcuno. Se non rimaniamo uniti e non ci costringiamo l’un l’altra a rimanere interi, ogni volta che vacilleremo sarà una piccola vittoria per Snow.
E Snow non può vincere. In nessuna occasione.
Trovo Finnick sveglio. Tiene lo sguardo fisso sulla parete e le sue mani tormentano lo corda, ma sembra più stabile di questa mattina.
«Finnick…»
«Katniss! Sei tornata per raccontarmi la storia? Ti sei fatta attendere.»
 Mi rivolge un sorriso brillante, e sembra di nuovo se stesso. Esito. Forse dovrei lasciarlo tranquillo, finché è lucido. O forse gli farebbe meglio un po’ di compagnia.
Sospiro fra me e me. Dover prendere sempre più spesso decisioni di questo genere mi sta togliendo le forze, e la pratica non sta migliorando le mie capacità in questo campo.
Prim saprebbe esattamente cosa fare.
«Allora? Il Principe ritrova la margherita oppure no?»
Mi arrendo. Mi siedo di nuovo sul suo letto, domandandomi come io sia finita in questa situazione. Dev’esserci davvero una rivoluzione in corso, se la gente vuole sentirmi parlare e, soprattutto, io non rifiuto di farlo. Forse non sono io che sto impazzendo. Forse è l’universo.
«Eravamo…»
«Alla margherita coperta dalla neve» risponde Finnick, con un tono di esasperazione divertita.
«Giusto. Quando la neve si scioglie, il Principe cerca ovunque la margherita. Ma il gelo l’ha soffocata. L’inverno l’ha uccisa.
Il Principe impazzisce per il dolore. Scende sul prato e rimane lì, piangendo la margherita, fino all’inverno successivo, quando la neve cade di nuovo.
Nevica e nevica, e il ghiaccio lo copre. Il merlo vorrebbe lasciarsi seppellire, ma ha giurato a se stesso di piangere la margherita per sempre. Non potrebbe farlo, se morisse. Lotta contro il gelo, ma senza allontanarsi mai da lì. Rimane fermo sul prato innevato per settimane, ma un giorno qualcuno entra nella radura.»
Mi interrompo. Questa parte è imbarazzante. Davvero imbarazzante. E, naturalmente, è sempre stata la parte preferita di Prim.
«È… una giovane cacciatrice. Sì, Prim pensava che fosse divertente. Secondo lei, questa sarei dovuta essere io.» Scuoto la testa. «A volta ha un po’ troppa immaginazione. Ma non mi perdonerebbe mai se cambiassi la storia, quindi…»
Finnick mi fa segno di continuare, impaziente.
«È una giovane cacciatrice, ma non ci sono più prede per lei. L’inverno ha congelato tutto, e la ragazza sta morendo di fame. Il Principe vorrebbe volare via, perché da quando ha perso la margherita non vuole più parlare con nessuno. Ma questa ragazza sta per morire, e lui non è malvagio. Così, rimane fermo. Sa che una lepre ha costruito la sua tana proprio sotto di lui: l’ha lasciata fare, volendo che qualcosa sorgesse là dove la margherita aveva vissuto. Per ricordarla. E ora la lepre potrebbe salvare la vita alla ragazza.
La cacciatrice lo vede e cerca di raggiungerlo, come lui aveva sperato. Il merlo fugge, ma non lascia la radura: si appollaia su un ramo per assicurarsi che lei trovi la tana. La trova. Il Principe è soddisfatto della sua buona azione, e questo basta per alleviare un po’ del suo dolore.
Vedendo che il merlo è rimasto a portata di tiro, lei punta il suo arco verso di lui, ma non scaglia la freccia. Potrebbe portare a casa una preda in più, ma non vuole uccidere il merlo che le ha salvato la vita. Rimette la freccia nella faretra e si siede sul terreno ghiacciato.
A un tratto, il principe si accorge che la cacciatrice sta piangendo.»
Sento qualcuno appoggiare una mano sulla mia schiena, e devo compiere uno sforzo consapevole per impedire al mio corpo di irrigidirsi. Ma è solo un’infermiera, diversa da quella di ieri, che mi dice di tornare a letto per permetterle di visitare Finnick. Lui assume un’espressione affranta alle spalle della donna. Lei gli lancia un’occhiataccia e mi rispedisce a letto.
Il giorno dopo, trovo Finnick di nuovo accanto al mio letto. Penso che abbia avuto un altro crollo, ma lui si limita a sorridermi e sedersi sul mio materasso.
La favola è quasi alla fine e, inaspettatamente, scopro di non essere del tutto contrariata dall’idea di raccontargli la conclusione.
«Il principe vede che la cacciatrice sta piangendo e le si avvicina per chiederle cosa sia successo. Lei è fiera e orgogliosa, e non risponde. Se ne va senza dire una parola, ma il giorno successivo torna. Torna ogni giorno alla radura, e finalmente una sera si decide a raccontare al merlo la sua storia. Gli dice di essere stata innamorata di un soldato di una città lontana, senza averglielo mai confessato. Un giorno, il soldato era andato in guerra. Il suo esercito aveva vinto la battaglia. Il guerriero stava tornando a casa insieme ai suoi compagni, quando una bufera di neve li aveva sorpresi. Nessuno di loro aveva fatto ritorno.
Sorpreso da quanto abbiano in comune, il merlo la consola e le racconta della fata, dell’incantesimo, della margherita. Si  rendono conto di essere simili, nonostante le differenze, perché entrambi hanno perso qualcuno di importante a causa dell’inverno. Cominciano a parlare ogni giorno, e più parlano più il dolore del merlo diventa sopportabile. Pensava che sarebbe rimasto solo per sempre dopo aver perso la margherita, ma si sbagliava.
Un giorno, mentre i due amici si aggirano insieme per i boschi, la fata che aveva trasformato il principe compare davanti a loro. Chiede al merlo se voglia ancora condannarla a morte, o se il suo desiderio alla fine sia stato esaudito. Lui, sorpreso, si rende conto che il sortilegio della fata ha funzionato: non è più solo. Lei gli domanda se voglia tornare umano, ma lui rifiuta e si scusa per essersi infuriato con lei. Allora la fata, apprezzando la sua gentilezza, decide di concedergli un dono. Scaglia un incantesimo, e il merlo vede comparire davanti a sé la margherita che aveva amato.
Felice, corre da lei. È così contento di riaverla da dimenticare tutto il resto, ma ricorda la cacciatrice. Ha amato anche lei, in una certa misura. Lei l’ha aiutato a ricominciare a vivere.
Ma quando si volta per parlarle, vede la cacciatrice è scomparsa. Se n’è andata.
Il merlo e la margherita si riuniscono, e ogni inverno lui si posa accanto a lei sul prato, per tenerla al caldo e proteggerla dalla neve. Il merlo invecchia, ed è vicino alla morte quando la fata torna di nuovo e gli rivela di poter donare alla margherita l’immortalità, ma a un prezzo: lui dovrà trasformarsi in uno spirito della foresta. Sarà invisibile, ma potrà rimanere accanto alla margherita e proteggerla per sempre. Accetta. Rimane vicino a lei per tutta l’eternità, invisibile. Ma, ogni tanto, si allontana dalla radura e va a fare visita alla cacciatrice che l’ha salvato, pur sapendo che lei non lo vedrà.»
«E poi?»
«E poi basta. Finisce così.» Per fortuna, aggiungo fra me. Ho la bocca secca, e la mia mente protesta per tutte queste parole.
«Ma non può finire così» protesta lui, raddrizzandosi sul letto.«È un finale terribile. »
Mi stringo nelle spalle.
«È solo una favola. »
«È una favola triste. Sono certo che questo finale sia opera tua. Non può averlo inventato Prim.»
Annuisco. «È vero. Prim voleva che il merlo e la margherita vivessero insieme per sempre, e che la cacciatrice ritrovasse il soldato.»
«E perché non è successo?»
«Perché nella realtà non funziona così. »
Rimaniamo in silenzio. Ho ragione, e lo sappiamo entrambi.
«Nella realtà i merli non parlano» commenta Finnick dopo un po’, riuscendo quasi a strapparmi un sorriso.
Sembriamo entrambi più vicino all’equilibrio mentale di quanto non lo siamo stati da settimane.
Poi, quella sera, Capitol City trasmette il video di Peeta – Peeta che è distrutto, Peeta che sta crollando, Peeta che è lì per il solo scopo di attirarmi, piegarmi, distruggerli. Peeta che soffre, e soffre solo e soltanto perché io sono viva.
L’equilibrio crolla.




 
 
   
 
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