Anime & Manga > Slayers
Segui la storia  |       
Autore: SonLinaChan    26/11/2008    4 recensioni
Alla morte del sovrano di Elmekia, i due eredi al trono ingaggiano una lotta per la conquista del potere. Lina e Gourry si trovano loro malgrado sul terreno di battaglia, in missione per conto della città di Sailarg, ma decisi a rifuggire ogni coinvolgimento nella guerra. Ma basta poco perché una battaglia estranea si trasformi in una questione molto personale...
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
D’accordo… getto la spugna

D’accordo… getto la spugna. XD Stavo scrivendo un super capitolo, pieno di scottanti rivelazioni…e mi sono accorta che mi sarebbero uscite pressappoco cinquanta pagine! XD Per cui ho ceduto alla violenza, e lo ho diviso in due… anche perché è passato un TANTINO dallo scorso aggiornamento, e mi chiedo se chi legge abbia ancora un’idea della storia…XD (della serie, a volte ritornano…XDDD) Comunque, se il finale del capitolo vi pare un tantino inconcludente non preoccupatevi, il secondo pezzo dovrebbe arrivare nel giro di pochi giorni! ^_^ (care cuginette, avete visto che nonostante le tormente di neve e i treni bloccati rispetto le consegne?)

Grazie come al solito a chi legge e commenta! (a proposito… che opinioni contrastanti per lo scorso capitolo! Vedrete chi ha indovinato, eheh…) Buona lettura!

 

 

Per una volta nella vita, non avevo la più pallida idea di cosa Lina avesse in mente.

Gettarsi fra le braccia degli Enu (così li aveva chiamati, giusto?) con la quasi totale certezza che volessero ucciderci era un piano avventato, persino per gli standard di mia moglie. Non avrei dovuto lamentarmi, considerato che l’alternativa era andare immediatamente alla caccia dei fantomatici draghi con cui Bastian si trovava (non che Lina avesse escluso l’idea: chiaramente, il secondo tentativo di suicidio sarebbe seguito a un eventuale – e improbabile – fallimento del primo), ma mi lasciava perplesso il fatto che a Lina premesse parlare con una profetessa. Non era da lei dare peso alle visioni di una veggente.

Forse era solo impaziente di fare qualcosa. Da quando avevamo parlato, un paio di giorni prima, al palazzo della vecchia Talit, il suo atteggiamento nei miei confronti era apparentemente più disteso (fatto salvo per la mia mano; stavo cominciando a pensare di tenerla esposta all’aria, così che dovesse smettere di chiedermi ogni due minuti se il rossore si era esteso ancora). Ma la sua ansia di scoprire la verità era cresciuta di minuto in minuto, facendosi tangibile a mano a mano che ci avvicinavamo ai territori delle steppe. Persino Amelia, meno sensibile di me agli stati d’animo di Lina, sembrava essersene accorta. Anche la principessa si era fatta più tesa e guardinga, e aveva persino osato sfidare la determinazione di mia moglie, avanzando un paio di volte la proposta di tornare indietro (e nessuno che non abbia mai tentato di convincere ragionevolmente Lina a fare qualcosa può realmente capire quanto questo sia pericoloso…).

Ma nonostante l’istinto mi gridasse che rischiavamo di cacciarci in un grosso guaio, nonostante non riuscissi a comprendere pienamente le scelte di mia moglie, io non mi ero opposto al suo piano. Per dirla tutta, anche io ero impaziente di trovare Bastian. Ero impaziente di trovarlo, e fargli capire esattamente come la pensavo sui voltafaccia e i traditori. Non ero felice che si fosse rivelato un nostro nemico. No, a dispetto di tutto, non lo ero. Perché per quanto questo potesse apparentemente facilitare le cose, per me, in effetti le rendeva più complicate. Ero stupito e risentito per il nostro grossolano errore. Lina aveva davvero un buon occhio nel giudicare le persone, e anche il mio istinto nei confronti di Bastian non mi aveva messo in guardia. Ma non era quello il reale problema…

Squadrai il profilo di Lina, e la osservai rabbrividire nel mantello. Faceva freddo, quel giorno, ma ci eravamo comunque fermati all’aria aperta, seduti all’ombra di uno smunto albero per ripararci dal vento. Avevamo inviato Amelia, debitamente camuffata, a comprare qualche abito e un po’ di cibo in una delle ultime fattorie che avevamo incontrato, dando fondo alle gemme che Lina si era “procurata” dai banditi prima che partissimo da Sailarg. Non ci saremmo propriamente travestiti, ma cambiarci ci avrebbe resi comunque meno riconoscibili nei territori esposti delle steppe. Soprattutto per qualcuno che ci avesse cercati dall’alto.

Lina intercettò il mio sguardo, e una punta di preoccupazione si disegnò nei suoi occhi. “Che c’è?” Domandò, tesa. “Ti fa male la mano?”

Mio malgrado, sorrisi. “Lina… perché se ti guardo dovrebbe farmi male la mano?”

Mia moglie si morse il labbro. “Non scherzare.” Mormorò. Per qualche motivo, da quando aveva visto Dorak morire, sembrava poco propensa a sdrammatizzare la questione della mia maledizione.

Sospirai, e la strinsi fra le braccia. “Lina… sto bene. Come ti ho detto, non mi sembra che si sia allargato, ultimamente. O almeno, lo fa molto più lentamente.”

“Potrebbe essere un cattivo segno.” Lina poggiò la testa alla mia spalla, e avvertii la tensione correre attraverso le sue membra come un fluido. “Quanto meno, se Bastian ha preso il diario, probabilmente chi lo comanda sa di cosa si tratta. Una informazione che estorceremo, in un modo o nell’altro.”

Cercai in fretta un modo per cambiare argomento. Non faceva bene all’umore di nessuno, pensare alla maledizione. “Senti, Lina… mi spieghi perché esattamente ti interessa parlare con questa Sylib? Insomma… non eri scettica su cose come la lettura del futuro?”

“Sybil.” Mi corresse mia moglie, distrattamente. “Il fatto è che finora tutto quello che mi ha predetto si è avverato. E che abbia realmente capacità profetiche, o che sappia più di quanto non mi ha rivelato, mi sembra comunque una fonte di informazioni da non sottovalutare.” Mi lanciò una breve occhiata. “In più… l’altro giorno, nell’ansia di partire, mi sono scordata di dirvelo, ma lei e Bastian sono stati insieme, in passato. Hanno due bambini. Di certo conosce qualcosa di lui che noi non sappiamo.”

La guardai, stupito. “Davvero?” Beh, certo che era possibile. Ero forse convinto che Lina fosse stata l’unica a interessare mai il cavaliere? Anche se per me era strano pensare di innamorarmi di qualcuno di diverso, dopo avere conosciuto lei.

Lina annuì. “Me lo ha detto Bastian prima di andarsene. Ancora non mi è chiaro perché mi abbia fornito tutte queste informazioni su di sé, nonostante fossimo nemici.” Si accigliò. “Per qualche motivo, non ho l’impressione che mi abbia mentito.”

“A meno che non volesse farsi rintracciare.”

Lina mi rivolse uno sguardo stupito. Evidentemente non aveva preso in considerazione quella ipotesi. “Intendi una trappola?” Parve considerare la cosa. “Non lo so… forse.” Scosse la testa. “Mi sento veramente idiota, a pensare di poter interpretare ancora le sue azioni. In fondo, tutto ciò che pensavo di lui si è rivelato sbagliato.” Abbassò lo sguardo. 

Io la squadrai, mentre sprofondava nei suoi pensieri, chiedendomi se avrei dovuto replicare. Avrebbe potuto apparire strano, a un estraneo, ma non ero geloso di Bastian. Non lo ero ora, che le azioni del cavaliere non lasciavano spazio a complicazioni in quel senso… ma non lo ero stato nemmeno, non realmente, quando Lina mi aveva confessato della loro strana relazione.

Nei primi anni della nostra conoscenza, mia e di Lina, mi era capitato, sì, di provare gelosia. Mi era capitato spesso. Ricordavo ancora quando un bellimbusto, un piccolo nobile di provincia, aveva chiesto a Lina di mettere in scena con lei un finto matrimonio … dei, quanto mi era salito il sangue alla testa, quando aveva cercato di baciarla. Più tardi, nel corso della battaglia che era seguita alla finta cerimonia, lo avevo spinto deliberatamente  in mezzo alla lotta, per fargliela pagare. Mentre io correvo a salvare Lina. La mia Lina.

E dire che allora non mi ero ancora nemmeno reso conto di essere innamorato di lei. Solo quando Rezo la aveva colpita, a Sailarg, rischiando di ucciderla, quella coscienza mi aveva investito, talmente ovvia da lasciarmi allibito per la mia cecità. Quel concentrato di guai, in qualche modo inspiegabile, era diventato il mio mondo. Le parole che mi erano risuonate nella mente, vedendola precipitare al suolo dopo il colpo di Rezo, erano ancora impresse come un marchio nella mia memoria.

‘Non Lina.’

Chiunque altro del mio gruppo sarebbe andato bene, al suo posto. Me compreso. Volevo bene a Sylphiel, ma avevo dovuto controllarmi, per evitare di prendermela con lei per il fatto di essersi messa di mezzo. E avevo odiato Rezo. In quel momento, quella che fino ad allora era stata solo una lotta per la sopravvivenza si era trasformata in una questione personale. Sapevo che lo avrei fermato. A ogni costo. 

Da quel giorno non avevo nemmeno più tentato di negare. Ed era così che era iniziato il mio personale, irrinunciabile tormento. Non potevo impedirmi di essere geloso, e al contempo non potevo permettermelo. Lina era straordinaria. La gente non la considerava bella (per me lo era), ma con il suo carisma sembrava attirare naturalmente l’attenzione delle persone. Zelgadiss, benché fosse così cupo e restio ad avvicinarsi al prossimo, aveva stretto con lei un’amicizia tanto solida da farmi sospettare, all’inizio, che ci fosse sotto qualcosa di diverso. Persino Xellos, che per natura aveva scarsa empatia con gli umani, sembrava interessato alle sue capacità. E io? Cosa ero io, al confronto di persone del genere? Cos’ero, al confronto di Lina? Io potevo solo ammirarla, e offrire le mie capacità per proteggerla. Godere della nostra amicizia, della nostra vicinanza, dei nostri scherzi. Era più di quanto avrei mai osato desiderare. La mia fonte di interesse ai suoi occhi era la Spada di Luce, e dunque non la avrebbe mai avuta. La avrei tenuta legata a me servendomene e in cambio le avrei regalato la mia vita, se fosse stato necessario. Le sarei stato amico, fratello, compagno, guardia del corpo. Qualunque cosa, purché non si allontanasse da me. Dovevo solo tenere a bada le mie emozioni, come avevo imparato a fare con i sentimenti verso il mio passato e la mia famiglia. Anche se scacciare i brutti ricordi era un’inezia rispetto al celare i miei sentimenti per lei: quale memoria negativa non sarebbe impallidita da sola, di fronte al mio presente con Lina?

Sarebbe potuta andare avanti così per sempre. Ma poi, in un momento, tutto era cambiato.

‘Ha sacrificato tutto ciò che era… tutto, per salvare la vita di quell’uomo.’ Era stata una semplice frase, pronunciata con occhi freddi e in tono inespressivo, da una creatura sovrannaturale che non era più Lina. Ma dopo averla udita, il mio mondo si era come capovolto. Non avrei privato Lina del credito dei suoi sentimenti nei miei confronti, non dopo quello che aveva fatto per me in quella occasione. Ero rimasto stupito, sconcertato, nel sapere del suo gesto. Ma non lo avrei scordato. Su tutto, quella era la cosa che non avrei mai dimenticato. Da allora avevo capito che tanto quanto il mio posto era accanto a Lina, il suo posto era accanto a me. Non c’era niente di più naturale. Eravamo semplicemente fatti per stare l’uno al fianco dell’altra.

Ne avevamo parlato, rimasti soli, vinto il timore di quello che era accaduto. Avevamo dato voce a quanto ormai era diventato chiaro a entrambi. Il nostro rapporto non era cambiato bruscamente. Non era mutato quasi nulla, in effetti, al di là dello strano incantesimo che sembrava averci avviluppati, e aver reso un po’ alla volta insopprimibili istinti che reprimevamo da troppo tempo. Ma c’era stata una nuova consapevolezza fra di noi. Una consapevolezza che si esprimeva fugace, nel nostro sorriso, ogni volta che il nostro sguardo si incrociava. In ogni nostro scherzo, risata o battibecco.

Da quel momento, non avevo più potuto provare gelosia. Non seriamente. Sapevo che Lina avrebbe continuato ad attrarre su di sé l’attenzione del prossimo. Ma sapevo anche che qualunque relazione avesse stretto nel corso dei nostri bizzarri viaggi sarebbe stata qualcosa di diverso da ciò che io e lei condividevamo. Quando due notti prima mi aveva accusato, ‘come puoi pensarlo?’, avevo capito perfettamente cosa intendeva. Eravamo stati lontani a lungo, e a lungo mi erano mancate le conferme che in ogni istante, quando eravamo insieme, ricevevo dai suoi occhi. Ma in quel momento leggevo la verità nel suo sguardo, lo stesso che io vestivo ogni volta che la osservavo. Non provava amore per Bastian, e nemmeno una normale infatuazione. La conoscevo meglio di chiunque altro, conoscevo i suoi desideri e i suoi affetti, ed ero conscio che nel loro numero il primo posto spettava a me, a me e a nessun altro.

Ma la presenza di Bastian mi preoccupava, comunque, in un senso diverso. Nessuna delle persone con cui Lina aveva stretto forti legami, né Zel, né Amelia, né Xellos la aveva mai turbata a quel modo. Quelli erano stati tutti rapporti “sani”, mentre con Bastian… qualcosa non andava nello sguardo di Lina, quando parlava del cavaliere. Non ero certo che lei lo avesse compreso pienamente, ma doveva averlo intuito, a giudicare da quanto faticoso aveva trovato raccontarmi del cavaliere. Avevo l’assurda impressione che si sentisse in colpa, o in dovere di qualcosa nei suoi confronti… il che avrebbe potuto essere comprensibile, per certi aspetti… la reazione di chi si rende conto di essere amato, ma non corrisponde … eppure… eppure… avevo idea che ci fosse qualcosa di più, sotto. Qualcosa che sembrava sconvolgere Lina più di quanto volesse dare a vedere.

Ma non ce la avevo fatta a scavare in quel discorso. Era stato più semplice rassicurarla momentaneamente, fingere che il problema non esistesse. Oh, non le avevo mentito. Era vero che mi fidavo di lei. Completamente. Mi sarei gettato nel fuoco, se lei mi avesse detto che non bruciava. Ma sapevo che qualcosa premeva per venire a galla, e io avevo avuto paura di farlo affiorare. Io sapevo bene come placare lo spirito di Lina. Ed era molto più semplice stringerla a me e fingere che non ci fossero problemi, che scoprire cosa la turbava, e affrontarlo insieme a lei.

A volte ero ottimista, riguardo alla maledizione che mi aveva colpito. Pensavo che quel viaggio ci avrebbe portato a una soluzione e che tutto sarebbe andato bene. Ma c’erano momenti, come due sere prima, in cui mi colpiva la consapevolezza che poteva rimanermi davvero poco tempo da trascorrere insieme a Lina. Il pensiero di non toccarla più, di non baciarla più, di non provare più nessuna sensazione generata dal suo contatto, in quei momenti mi soffocava. Un tempo ero stato un mercenario che in battaglia si scordava della sua vita e della sua coscienza. Ma ora, ogni volta che impugnavo una lama, lo facevo con un motivo ben preciso. Ora la mia mente era sempre limpida, chiara, in ogni momento di veglia. Ora non volevo morire. Perché la mia vita era Lina.

Tutte le volte che la paura di quanto avrebbe potuto accadermi mi catturava, volevo solo abbracciare Lina, e scordarmi di ogni altra cosa. Volevo solo trascorrere sereno, a modo nostro, quel poco di tempo che poteva restarmi. Ma sapevo anche che affondare la testa nella sabbia non sarebbe servito a nulla. E se davvero doveva… succedere, volevo almeno essere certo che lei stesse bene. Sapevo che sarebbe stata devastata dalla mia assenza. Come avevo detto, non davo così scarso credito ai suoi sentimenti da non pensarlo. Ma se almeno fosse stata serena, sotto ogni altro aspetto…

Maledetto.

Maledetto, maledetto Bastian.

Inconsciamente, strinsi con più forza il braccio attorno alle spalle di Lina. Mi chiesi se non fosse il momento di risollevare l’argomento.

“Lina –saaaan!”

Sussultai. Perso nei miei pensieri, non mi ero reso conto che Amelia si stava avvicinando. Giunta a portata d’orecchio, prese ad agitare il braccio, per attirare la nostra attenzione. Le parole che avevo voluto pronunciare mi si bloccarono in gola, e imprecai contro il mio scarso tempismo.

Mia moglie mi rivolse un breve sorriso. “Pare che i nostri maltrattati fondoschiena non debbano congelarsi, almeno per oggi.” Si sollevò in piedi, e mi porse la mano per aiutarmi ad alzarmi. La afferrai, e una volta in piedi, invece di lasciarla, intrecciai le mie dita con le sue. Mia moglie rispose alla stretta, e mi sorrise nuovamente. Ogni mia volontà di discutere di infranse magicamente. Avrei voluto solo abbracciarla di nuovo, e fissare in qualche modo quella espressione distesa sul suo volto, e nella mia memoria.

Amelia ci raggiunse, e si fermò al nostro fianco, ansimando. “Ho preso tutto, e me ne sono venuta via in fretta, come mi avevi detto.” Abbandonò al suolo un enorme sacco ricolmo. La quantità minima di cibo necessaria per un giorno di viaggio, per me e Lina.

Lanciai un’occhiata a mia moglie. “Esattamente, quanto tempo ci vuole da qui per arrivare al villaggio?”

Lina scosse la testa, avvicinandosi al sacco per estrarre i nostri nuovi mantelli. “Non ne sono del tutto certa, ma credo che potremmo arrivare lì al tramonto. Quando ho viaggiato con Bastian è stato l’ultimo posto in cui ci siamo fermati prima di avventurarci nelle steppe, per cui in linea d’aria non deve essere molto lontano. Quella volta ci eravamo mossi più a est, però. Credo che dovremmo puntare tutta a est ed evitare di deviare troppo a sud, per non mancarlo.” Fece una pausa, esaminando il contenuto del sacco. “Oh, non ci posso credere, salsicce! Non ti ringrazierò mai a sufficienza, Amelia!”

Levai un sopracciglio, per una volta non distratto dal cibo. “Non è che ci stiamo muovendo senza sapere dove dirigerci esattamente, vero?”

Lina levò lo sguardo e mi riservò un’occhiataccia. “Ecco tutta la fiducia che hai nel mio talento come viaggiatrice.”

Sospirai. “Meglio che facciamo colazione, prima che il tuo umore da stomaco vuoto diventi una minaccia per la mia salute.” Rivolsi lo sguardo alla principessa. “Ti senti bene, Amelia? Sembri stanchissima.”

Amelia parve riaversi da un sogno a occhi aperti, e mi rivolse un sorriso. “Sì, grazie, Gourry- san. Quel sacco era davvero pesante.” In effetti, era enorme. A volte mi stupivo di come quella ragazza apparentemente gracile avesse ereditato la forza erculea del padre.

“Mangia qualcosa anche tu, ti sentirai meglio.” La incitò Lina. “Mi spiace di averti lasciata andare da sola, ma Georg o Erianna potrebbero aver fatto distribuire dei manifesti con le nostre taglie. Finché siamo così vicini a Talit, è meglio non correre rischi.”

Amelia rabbrividì. “Per fortuna non siamo braccati come quando era Rezo a darci la caccia. E’ stato davvero esasperante.”

Sorrisi, al ricordo. Oh, sì, lo era stato, davvero. Ma a posteriori non riuscivo a ricordarlo come spiacevole. Nessuno dei miei viaggi con Lina lo era stato.

Io e mia moglie demmo il via alla nostra consueta lotta. Mangiammo in fretta, e ci rimettemmo in cammino verso metà della mattinata. L’aria era frizzante ma non fredda in modo fastidioso, almeno finché continuavamo a camminare. E con lo stomaco pieno riuscivo a vedere le cose sotto tutta un’altra prospettiva. In fondo, forse sarebbe andato tutto bene.

E in effetti, il viaggio proseguì senza intoppi. Non era ancora sceso il crepuscolo, quando avvistammo il villaggio. Riposava pacifico nella polverosa brezza del tardo pomeriggio, e aveva l’aria di essere il luogo più sicuro ed accogliente del mondo.

“Cosa facciamo adesso?” Domandò Amelia, scrutando con nervosismo visibile le case silenziose.

“Avanziamo nel villaggio e cerchiamo la sacerdotessa. E se ci attaccano, facciamo saltare tutto per aria.” Il tono di Lina suonava tutt’altro che rassicurante.

Trattenendomi dallo scuotere la testa, la precedetti verso l’ingresso del villaggio. Per proteggere gli abitanti da lei, piuttosto che il contrario.

Le strade sterrate all’interno sembravano deserte. Le gente non si trovava al lavoro nei campi – per quanto strano fosse a quell’ora – e dalle abitazioni non giungevano i consueti rumori e profumi che accompagnavano la preparazione della cena. Ma mentre avanzavamo lungo la strada principale, un brusio vago si diffuse nell’aria, e si trasformò in un coro di voci sempre più distinto. Ne scoprimmo la fonte non appena raggiungemmo la piazza principale. Quella che poteva essere l’intera popolazione del villaggio era radunata laggiù, in una sorta di assemblea, di fronte a un seggio in legno rialzato coperto da un baldacchino. Da lì, un uomo dall’aspetto tozzo e dalla pelle olivastra stava parlando a una donna di mezza età, dai lunghi capelli biondi, tenuta ferma per le braccia da due armati. Non comprendevo chiaramente le sue parole, nascoste dal vociare dei presenti, ma la scena aveva tutta l’aria di una specie di processo.

Cercai lo sguardo di Lina, e fui stupito di trovarla con gli occhi sbarrati. Fissava la donna sottoposta a giudizio come se la conoscesse.

“Lina?” Mormorai.

“Quella è la madre di Sybil.” Mi informò brevemente, in un sussurro nervoso. “Che diavolo sta succedendo, ancora?”

Ne sapevo quanto lei. Scuotendo la testa, le presi la mano e cercai di aprirmi la strada nella folla. A quel punto, in ogni caso, non ci sarebbe comunque voluto molto prima che qualcuno ci notasse.

Fu quando raggiungemmo le prime file, fra le imprecazioni dei presenti che avevamo urtato per passare, che uno degli armati si accorse di noi. La sua fronte si aggrottò, e senza smettere di guardarci si avvicinò all’uomo tozzo che presiedeva l’assemblea, per sussurrargli qualcosa all’orecchio. La stretta di Lina sulla mia mano aumentò.

L’uomo sul seggio si volse a guardarci. “Lina Inverse.” Risuonò la sua voce, stranamente profonda, nonostante il suo aspetto poco imponente. I suoi occhi trovarono il volto di Lina e lo scrutarono, sospettosi.

“Governatore.” Lo salutò mia moglie, chinando nervosamente la testa. “Ho l’impressione di essere capitata in un brutto momento.” Il suo sguardo saettò verso la donna prigioniera, e mi stupii nel notare che gli occhi di quest’ultima la scrutavano velenosi.

“In effetti la nostra comunità sta attraversando una… piccola crisi.” Anche il governatore scrutò la donna. “Non mi aspettavo di vederti ricomparire qui, in ogni caso. Stavi fuggendo da questo regno, o sbaglio? Non si direbbe, considerando che ti sei ripresentata ancor prima del messo che avevo inviato in missione al tuo fianco.”

Supponevo si riferisse a Dorak. E il suo tono era seccato, ma non particolarmente ostile. Sapeva della sua uccisione? E se aveva davvero intenzione di vederci morti, non era il momento di intimare ai suoi uomini di estrarre le armi?

“Lei sa!!!” Gridò all’improvviso la donna prigioniera, prendendo a divincolarsi fra le braccia degli armati. “Ne sa più di me, e se è qui scommetto che è colpa sua!!! Lei era con quell’individuo!”

Tutti i presenti all’assemblea parvero tacere all’unisono. Gli occhi di decine di persone si posarono sul volto di Lina, per poi deviare verso la donna, e ancora verso mia moglie. Amelia, al mio fianco, deglutì.

“Ehm…” Mia moglie tentennò, con l’aria di chi avrebbe volentieri tagliato la corda. “Che… sta succedendo, esattamente?”

La voce del governatore rimase ferma, quasi cordiale. “Succede, Lina Inverse, che la nostra sacerdotessa è sparita improvvisamente dal villaggio, questo pomeriggio. Dopo una nottata inquieta, a quanto mi riferisce sua madre.” Annuì, in direzione della donna. “E in effetti, considerati i suoi trascorsi e il fatto che tu viaggiavi con un uomo da cui Sybil avrebbe dovuto tenersi ben lontana, è una strana coincidenza, la tua presenza in questo luogo proprio oggi.”

“E’ stato lui!” Gridò la donna prigioniera, irosa. “Lo sapevo! Deve averla portata via! Lui voleva corromperla, sin da principio!”

“Aspettate un momento.” Mia moglie intervenne, cauta. “Mi state dicendo… che Sybil se ne è andata?” Mi volsi ad osservarla. La sue sopracciglia erano piegate un arco perfetto, che per qualcuno avrebbe potuto esprimere stupore. Ma io sapevo che stava elaborando quelle informazioni, che quella espressione significava comprensione. E come a conferma delle mie supposizioni, impercettibilmente, i suoi lineamenti si rilassarono. Chissà a quali conclusioni era giunta.

“Portata via, probabilmente.” Precisò il governatore, la fronte aggrottata. “Deduco che non lo immaginassi. E dimmi, cosa eri venuta a cercare, qui, oggi?”

“Non devi ascoltarla!” Gridò la donna prigioniera. “Lei mente! E’ alleata con lui!”

“Volevo parlare con Sybil.” Rispose Lina, sinceramente, ignorandola. “Volevo chiederle informazioni proprio sull’uomo di cui state parlando. Lui… doveva aiutarmi, ma mi ha tradita. Mi ha rubato qualcosa di estremamente prezioso.” Sentii la sua stretta sulla mia mano farsi ancora più forte, a quelle parole.

“E hai ragione di ritenere che dopo questo furto lui possa essere tornato qui? Essere in qualche modo venuto in contatto con Sybil?”

“Non lo pensavo. Ma alla luce di quanto ho scoperto ora, penso sia possibile, sì.”

Il silenzio più totale pervadeva l’assemblea. Il governatore fissava Lina, che lo fronteggiava di rimando. Persino la madre di Sybil si era azzittita, e si limitava a squadrarci con rabbia. Amelia, al mio fianco tratteneva il fiato.

“E hai idea di dove… Bastian potrebbe aver costretto Sybil ad andare, Lina Inverse?”

“Ho qualche sospetto a riguardo.”

Il governatore rizzò la schiena, e lanciò una breve occhiata all’uomo in piedi accanto a lui, alto e dal naso adunco, con strane vesti rosse simili a quelle di un sacerdote. Quello rispose, annuendo impercettibilmente.

“Lina Inverse… posso chiederti di seguirmi, insieme ai tuoi due compagni? Vorrei conferire con te in privato.” Un boato di protesta esplose dalla folla, a quelle parole, ma un’occhiata del sacerdote in rosso bastò a zittirla. Lina si irrigidì. La sua mano prese a giocare nervosamente con la mia.

Il governatore scese dal suo seggio e ci precedette lungo la strada principale, verso quello che sembrava una specie di fortilizio in legno. Lina esitò qualche istante, ma alla fine si risolse a seguirlo. Il sacerdote ci si affiancò, insieme ad un gruppo di armati, e alle nostre spalle sentii il brusio della folla alzarsi, nuovamente, sovrastato dalla voce acuta della madre di Sybil. Nessuno la considerò. Ci avvicinammo in silenzio alle porte del fortilizio, e mi attesi che venissero aperte per noi, ma non accadde. Ci ritrovammo bloccati, il governatore, il sacerdote e le pareti di legno di fronte e un gruppo di armati alle spalle. Resistetti alla tentazione di portare la mano all’elsa della spada.

“No, grazie. In effetti preferiamo non accomodarci.” Dichiarò Lina, in tono tagliente.

Il governatore la fissò, cupo. “Il mio palazzo non è luogo da streghe.” Spiegò, in un tono che tutto pareva tranne che di giustificazione. “E in ogni caso, questa sarà una conversazione breve. Dove ritieni che Sybil sia fuggita, insieme a Bastian?”

Le labbra di Lina si strinsero. “Non era ‘portata via’? Mi pareva di aver capito che le concedeste il beneficio del dubbio.”

Il governatore sbuffò. “Sua madre la ha tenuta d’occhio per tutta la notte e per tutto il giorno. Sybil la ha drogata, per riuscire a scappare. Dovrei vergognarmi se fossi tanto ingenuo da ‘concederle il beneficio del dubbio’, non trovi anche tu, maga?” Lina non rispose. Il suo volto era inespressivo, ma i suoi occhi accesi, come se le parole del governatore fossero state un’ennesima conferma.

“E ora, Lina Inverse, rivelami quello che sai.”

“No.” Lina scosse la testa, ferma. A quelle parole, le mani di tutti gli armati scattarono automaticamente verso la spada, ma prima che potessi imitarli un gesto del governatore li bloccò. “Perché no?”

“Penserò io a trovare lei e Bastian.” Dichiarò mia moglie. “Non voglio interferenze. Se sarà possibile convincerla a tornare, lo farò. E se non lo volesse, perché dovreste costringerla? Renderebbe nota a tutti la sua ribellione, e sareste comunque costretti a esiliarla.”

“Il villaggio ha bisogno della sua veggente. La sua erede non ha ancora affrontato la dovuta formazione.”

Lina rabbrividì lievemente, a quelle parole.  “La sua erede sarebbe sua figlia?”

Il governatore si accigliò. “Tu parli troppo e a sproposito, Lina Inverse.”

Mia moglie esitò. “Ma dovrete sottostare alle mie condizioni. Non ho intenzione di permettervi di seguirci. Userò la forza per impedirlo, se necessario.”

Il governatore parve incerto. Doveva conoscere quanto meno di fama le capacità di Lina. “Ci assicuri che farai quanto è in tuo potere per farla tornare?”

“Credo che ci siano ottimi argomenti, qui, per farla tornare. La sua erede e il suo gemello, ad esempio.”

“Non ne sarei così sicuro, Lina Inverse. Perché se ne sarebbe andata, altrimenti?”

“Forse perché aveva motivi altrettanto validi per farlo.” Quello di Lina fu solo un sussurro. Nemmeno io fui certo di averlo udito. “Ti assicuro che farò quanto in mio potere per convincerla.” Aggiunse poi, a voce più alta.

“Suppongo di dovermi fidare della tua parola.” Il governatore fece un altro cenno, e gli armati arretrarono. “Uscite dal retro del palazzo, non passate dal villaggio. Mi inventerò qualcosa per giustificare la situazione. Che Sybil è stata rapita e che vi ho ingaggiati per liberarla, suppongo. Se non tornerà, potremo sempre piangere la sua tragica morte.”

Lina annuì, le labbra strette. Ci avviammo al suo seguito, diretti all’esterno del villaggio, senza scambiare una parola. Quando fummo sufficientemente lontani feci per parlarle, ma Amelia mi precedette.

“Lina-san… che sta succedendo?”

“Lo ha fatto per lei.” Mormorò lei, quieta, in replica.

“Lei?” Io e Amelia ci scambiammo un’occhiata.

Lina annuì. “Pensateci. Bastian muove verso i draghi, e Sybil scappa improvvisamente. Sospettavo che qualcuno presso gli Enu fosse d’accordo con lui, e ha ancora più senso, se si tratta di lei.”

Non avevo idea di cosa stesse parlando. “Lina… come avrebbe fatto Sybil a convincere il governatore a mandare Dorak con noi, se c’è lei dietro a ogni cosa? E perché lei dovrebbe volerti uccidere?”

“Non lo so.” Lina scosse la testa, come rifiutandosi di riconoscere il senso delle mie obiezioni. “Non so cosa motivi lei. Ma so che pensare che Bastian abbia agito per lei è l’unica soluzione plausibile. Deve essere ancora innamorato per lei, o farlo per i loro figli. E’ l’unico modo in cui questa assurdità assume un senso.” Lina doveva essere impazzita. Sembrava quasi sollevata nel pensare che Bastian ci avesse voltato le spalle perché era innamorato di un’altra donna. Supponevo che la cosa avrebbe dovuto confortarmi ulteriormente, ma… che senso aveva?

“Lina- san… sei certa di stare bene?” Amelia pareva condividere i miei dubbi. Ma mia moglie si limitò ad annuire, veementemente.

“Sybil, l’ultima volta, mi ha detto che i draghi non vivono lontano da qui. Dobbiamo trovarli, e sono certa che troveremo sia lei che Bastian. E con loro la soluzione a questa faccenda.”

Non la contraddissi. Che potevo dirle? I piani di Lina erano sempre folli, ma in fondo, il più delle volte, portavano a una soluzione. E andare dai draghi, in ogni caso, era stato il nostro obiettivo sin dal principio. Non avevamo molte altre soluzioni, se volevamo trovare Bastian, e con lui la mia cura.

“Ma come pensi che possiamo fare per rintracciarli, Lina-san?”

“Proseguiamo verso est.” Replicò mia moglie. “Ho l’impressione che presto o tardi saranno loro a trovare noi.”

 

Le sue parole suonavano tanto simili a una minaccia da non poter non avverarsi. E infatti avanzavamo da circa un’ora, il sole già quasi completamente scomparso alle nostre spalle, quando un inconfondibile ruggito squarciò l’aria. Non potevamo vederne la fonte, contro il cielo nero costellato di stelle, ma al suo risuonare un brivido mi corse lungo la schiena.

“Lina.” Ammonii.

Mia moglie annuì brevemente. “Non ti muovere. Appuriamo prima se vuole attaccarci.” Un’idea saggia. Mi chiesi se dovessi iniziare a preoccuparmi realmente.

Il ruggito si fece progressivamente più vicino. E all’improvviso, come da una dimensione parallela, la creatura prese forma dal buio della notte. Era enorme, più grande del drago che Bastian aveva cavalcato quando ci era venuto incontro da Talit, e nessuno sedeva sul suo dorso. Non sapevo leggere la sua espressione come avrei fatto con quella di un umano, ma non sembrava avere intenzioni ostili. Si fermò a qualche metro da noi e ci studiò, senza dare segno di volerci attaccare. Ma Amelia, a pochi passi da me, emise un singulto strozzato. Le lanciai un’occhiata e la vidi atterrita, molto più spaventata di quando ci eravamo trovati per la prima volta di fronte a un drago dorato, nel nostro incontro con Milgazia. Mi chiesi se fosse un presentimento, uno da sacerdotessa. Portai d’istinto la mano alla spada.

“Lina Inverse.” Pronunciò il drago, con voce metallica. Fui stupito di sentirlo parlare.

Lina, invece, si esibì in un breve sorriso. “Dunque non sapete solo ruggire.” Commentò. “Il vostro compagno, la volta scorsa, si è esibito in un scenetta davvero credibile.”

“Non è l’unico a saper recitare.” Il drago fece un passo indietro. Una luce nera lo avvolse, fluida come inchiostro, e la sua sagoma, avvolta da scaglie lucide che riflettevano la luce della luna, tornò a fondersi con la notte. Pensai che fosse scomparso, come a volte i Mazoku usavano fare, prima di rendermi conto che al suo posto un’altra figura ci fronteggiava, dal fisico slanciato ma apparentemente umana. Si fece avanti, nella tenebra della sua lunga veste nera, e alla luce della luna emerse un volto affilato, dal naso aquilino, incorniciato da lunghi capelli scuri. Al mio fianco, sentii mia moglie sussultare.

“Mi hai riconosciuto?” Chiese l’uomo-drago, in una voce nuova, più bassa e sibilante.

“Sei… il mago che ho incontrato alla corte di Samon? Ma che significa?” Il tono di voce di Lina era stupefatto.

“Mardoc.” Replicò il nostro interlocutore. “Ti avevano detto il mio nome, ma è chiaro che tu non lo ricordi, con tutto quello che è accaduto nel frattempo.”

“Ma… come…? Perché…?”

“Se volete seguirmi.” Invitò il drago, in tono quieto. “Vi spiegheremo ogni cosa. Vi aspettavamo, e i miei compagni ed io abbiamo una richiesta da farvi.”

La mascella di Lina si contrasse. “Richieste? Richieste? Io pretendo una spiegazione qui e ora.” Sibilò, con un atteggiamento spavaldo che – inutile dirlo – è davvero poco consigliabile tenere di fronte a una creatura dotata di artigli. “E poi,chi ci assicura che non siate pronti ad ucciderci tutti, una volta raggiunti i vostri territori?”

“Siete già nei nostri territori, e se vi avessimo voluti morti ora lo sareste.” Il mago si accigliò. “Ma non ho tempo da perdere a convincervi.” Volse lo sguardo verso Amelia, al mio fianco, e io la avvertii sussultare. Mi girai verso di lei, e vidi che il suo intero corpo aveva preso a tremare convulsamente.

“Vieni avanti, principessa.” Le intimò il drago, in un tono che si era fatto caldo e profondo. E Amelia obbedì. Stupito com’ero, non feci nemmeno in tempo ad afferrarla. Avanzò verso il drago, e si fermò al suo fianco, lo sguardo terrorizzato. Una lacrima sottile le stava scendendo lungo la guancia destra.

“Amelia???”

“Mi basta una parola, per ucciderla.” Dichiarò il drago, così pacatamente che non sembrava nemmeno rivolgerci una minaccia. “Seguitemi, e non le accadrà nulla di male.”

Cercai lo sguardo di Lina, e la trovai sbigottita, come me. Aveva lanciato un incantesimo alla principessa? Non sembrava aver fatto altro che chiamarla a sé… ma ora la nostra amica ci fissava, senza muoversi, e sembrava desiderare disperatamente parlare senza però riuscirci.

Lina esitò. Il sudore le imperlava la fronte e i suoi pugni, abbandonati sui fianchi, erano serrati. “Va… bene.” Sospirò alla fine. “Non toccarla. Verremo con te.” Cercò il mio sguardo, e io mi limitai ad annuire impercettibilmente. Lasciai riposare la mano sull’elsa della spada.

Ci avviammo in silenzio. La notte era ormai scesa del tutto, e il terreno stava cessando di rilasciare il calore del giorno, lasciandoci alla mercé dell’aria gelida. Dopo una mezz’ora di cammino, entrambi già rabbrividivamo nei nostri mantelli e continuammo ad avanzare a fatica, perdendo totalmente il senso del tempo. Deviammo decisamente a sud, e raggiungemmo un muro di alture, forse un prodromo della catena che si dipanava da Talit. La loro fiancata era costellata da grotte, ampie voragini nere nella superficie rocciosa, che spiccavano minacciose contro le pareti chiare, anche nella debole luce della luna. Le costeggiamo, senza imboccare nessuno dei ripidi sentieri che si inerpicavano fra di esse, fino a che non giungemmo in vista di un picco che scendeva a strapiombo sul sentiero, e sotto cui si apriva un’ampia rientranza della roccia. Al suo interno danzava la luce vivace di un fuoco e avvicinandoci potemmo scorgere le figure che lo attorniavano, cinque in tutto, tre uomini e due donne all’apparenza umani. Ma seppi d’istinto che la loro natura era simile a quella dell’essere che ci accompagnava.

“Se usciremo vivi da questa faccenda, farò fortuna confutando la tesi secondo cui i draghi neri non sono mutaforma.” Mormorò mia moglie, che evidentemente era giunta alla mia stessa conclusione. Feci in tempo a rivolgerle un debole sorriso.

“Vi trovate di fronte al nostro Concilio.” Dichiarò Mardoc, solenne, mentre ci introduceva nella cerchia di uomini-drago. “E oltre ai miei compagni, credo possiate individuare alcune vostre conoscenze.”

Percorremmo entrambi il piccolo gruppo con lo sguardo, perplessi a quella affermazione, e dopo qualche istante avvertii Lina trasalire. Non ebbi il bisogno di chiederle il motivo. Riverso al suolo accanto alla parete di roccia, fuori dal cerchio di luce delle fiamme, giaceva Bastian, seminascosto nella penombra. Sembrava tramortito, ma sul suo corpo non apparivano segni di ferite evidenti. Al suo fianco, il suo falco riposava immobile, gli occhi attenti che saettavano da un membro all’altro della nostra strana assemblea. Seduta non lontano da lui, vigile e tesa, c’era una ragazza dall’età stranamente indefinibile, pallida, il viso incorniciato da lunghi capelli bianchi. Anche lei, mi resi conto, era umana. Non sapevo chi fosse, ma, fidandomi dei sospetti di Lina, potevo intuirlo. Teneva fisso su mia moglie uno sguardo cupo e ossessionato, che mi diede i brividi.

La voce di Lina si mantenne forzatamente calma, quando prese la parola. “D’accordo. Siamo arrivati qui. Ora lascia Amelia, qualunque cosa tu le abbia fatto.”

Mardoc sorrise. Lanciò un’occhiata alla principessa, e disse qualcosa sottovoce. La nostra amica tremò visibilmente e scivolò in ginocchio, al suolo, come troppo stanca tenersi in piedi. Quindi si volse verso di noi, lo sguardo esausto e confuso. Sembrava sapere dove si trovava, ma non essere del tutto certa di come ci era arrivata.

“Amelia… stai bene?” Lina si inginocchiò al suo fianco, e studiò il suo volto con la fronte aggrottata.

Lei scosse la testa di rimando. “Lina- san…” Una lacrima prese di nuovo a rigare le sua guancia. “Io non… perdonami…”

“Perdonarti? Perdonarti di cosa, Amelia?”

Ma la principessa scosse nuovamente la testa. “Non… non lo so… io…” La sua voce si spezzò in un singhiozzo, e cessò di parlare.

“Che le prende?” Ringhiò mia moglie, in direzione di Mardoc, che era avanzato in mezzo agli altri draghi. “Che cosa le hai fatto?”

L’uomo-drago sorrise. “Non ti preoccupare, la sua mente sta rimuovendo velocemente il ricordo di ciò che ha fatto, come accade ogni volta. Fra poco si sentirà esausta, ma avrà dimenticato tutto nuovamente.”

“Che vuol dire, ‘come accade ogni volta’?” Mia moglie strinse con rabbia le spalle di Amelia, che piangeva silenziosamente, e sembrava incapace di parlare. “Volete decidervi a spiegarci cosa sta succedendo? Che cos’è accaduto a Bastian? Che ci fa qui Sybil, e dov’è il diario???”

Mardoc si accigliò. “Oh, il diario. Stavo quasi per dimenticarmene.” Amelia, improvvisamente, sussultò di nuovo. Smise di singhiozzare tanto istantaneamente che per un istante temetti che avesse cessato di respirare. Ma poi la osservai mentre si alzava, per raggiungere nuovamente il suo incantatore. Scrollò la presa di Lina con tanta violenza che mia moglie finì al suolo.

“Amelia!” Gridammo io e Lina, all’unisono. Ma la principessa era già entrata nella cerchia dei draghi, e stava estraendo un oggetto dal suo mantello. Rimasi senza fiato, nel riconoscerlo. Era il diario. Amelia lo stava porgendo a uno degli uomini-drago anziani.

“Lo aveva preso… lei?” La voce di Lina uscì in un singulto. “Ma come… come…?”

“Ogni cosa ha una spiegazione.” Dichiarò Mardoc, impassibile. Gesticolò verso Amelia, e lei indietreggiò fino alla parete di roccia, dove si sedette. I suoi occhi si spalancarono per un istante, emise un sospiro, e quindi si accasciò all’indietro, perdendo i sensi. Resistetti all’impulso di correre a soccorrerla. “Perché non vi accomodate con noi? Suppongo desideriate anche voi ascoltarci, a questo punto.” Suonava più come un ordine che come un invito.

Lentamente, raggiungemmo Amelia e ci sedemmo al suo fianco. Mi piegai su di lei, per sincerarmi delle sue condizioni, e mi resi conto che stava semplicemente dormendo. Lina lasciò scorrere lo sguardo dalla principessa, ai draghi che ci scrutavano severi, alla veggente che sedeva a un metro da noi, a Bastian privo di sensi, e si torse le mani in grembo. Avrei voluto stringere le sue dita fra le mie, ma Amelia si interponeva fra noi.

“Credo che non vi offenderete se sarò io a rispondere ai vostri quesiti.” Dichiarò Mardoc, in tono pacato. “Sono colui che normalmente tratta con gli Enu, e i miei compagni sono meno avvezzi di me ad interagire con gli umani. E’ per questo che la scelta di chi dovesse recarsi alla capitale è ricaduta su di me.”

“Ma Amelia…”

“Starà bene.” Il drago interruppe mia moglie, secco. “Se avete domande da rivolgermi, fareste meglio a farlo ora. La vita umana è breve. Ogni momento va sfruttato.”

Lina si morse il labbro. “D’accordo.” Acconsentì, secca. “E allora tagliamo corto. Tanto per cominciare, perché tu ti trovavi alla capitale, e tre dei tuoi compagni erano a Talit? Che c’entra la vostra comunità con questa guerra?”

Mardoc sorrise, e rivolse lo sguardo a Sybil. La sacerdotessa tremò in risposta, non compresi se per la rabbia o per la paura. “La veggente mi ha detto di avertelo spiegato. Di averti detto che il governatore degli Enu ci ha chiesto di favorirlo.”

“Mi ha detto che tre di voi si trovavano a Talit, e che avevate acconsentito alla richiesta del governatore per il vostro stesso interesse.” Precisò Lina. “Ma non so quale sia questo interesse, e per quale motivo tu ti trovassi all’altra corte.”

“E’ molto semplice.” Mardoc si sedette sul lato opposto del fuoco, e vestì uno sguardo beffardo. “Il governatore ci ha chiesto di vegliare temporaneamente affinché la lotta fra le due corti restasse equilibrata. Il suo piano era far sì che la guerra si prolungasse e entrambi i fronti si indebolissero, e cercare l’alleanza di Meghar nell’ovest per condurre, con il nostro sostegno, un attacco combinato contro Talit. A quel punto il potere degli Enu e quello degli uomini di mare dell’Ovest si sarebbe consolidato al sud. Il governatore intendeva stipulare un accordo con la corte di Samon, una volta raggiunto questo obiettivo. Le terre del Sud-Est e del Sud-Ovest in concessione a lui e a Meghar, in cambio della sconfitta di Talit. Samon è lontano, e sperava che a quel punto sarebbe stato già troppo indebolito dalla guerra per potersi permettere di rifiutare.” Il drago sorrise, nuovamente. “Ma il piano prevedeva anche che io rimanessi alla corte di Samon, camuffato da mago insieme ad alcuni miei compagni, e che la attaccassi dall’interno, nel caso qualcosa nel piano fosse andato storto.”

Quei discorsi avevano un senso, anche per me. La strategia militare era un campo che mi era familiare, per quanto ci fossero di mezzo creature lontane dal mio mondo, come i draghi. Ma doveva esserci qualcos’altro, sotto, qualcosa che io non riuscivo a cogliere. Lo sguardo perplesso e contrariato di Lina bastava a rivelarmelo.

“Siete stati voi draghi ad attaccare Rolan.” Ragionò. “Dorak si è recato da Meghar e gli ha proposto l’alleanza degli Enu e lui ha accettato, non è così? Ecco perché si trovava sull’isola. Ci ha detto che Rolan è andata a fuoco… è grazie a voi che è stata espugnata tanto facilmente, ho ragione?”

Mardoc sorrise. “Il piano di Meghar, inizialmente, era semplicemente quello di far intervenire Sailune nel conflitto, perché Talit si indebolisse e perdesse il controllo sui territori dell’ovest. Da questo è dipeso il rapimento della principessa Amelia, e proprio per condurre il proprio attacco contro Talit nell’ovest il capo dei pirati ha continuato a raggruppare nuove truppe. Ma Meghar non progettava di agire per rovesciare Talit, solo per impadronirsi dei territori che riteneva gli spettassero di diritto.” Incrociò le mani, sotto le lunghe maniche. “Sono stati gli Enu a ispirargli progetti più ambiziosi. Ma Meghar tutt’ora non sa che fra i maghi mercenari che aveva assoldato per la sua causa, ci sono anche alcuni di noi, gli stessi che hanno garantito la sua vittoria immediatamente dopo che ha accettato la proposta del messaggero, Dorak. Se avesse rifiutato l’offerta degli Enu, invece, avremmo agito in modo da controllarlo dall’interno.” Fece una pausa. “Un’idea che per il governatore sarebbe prudente non dimenticare, in ogni caso. Ha rilasciato la principessa, in modo da far ritirare Sailune dal conflitto, come gli Enu gli avevano chiesto… ma mi risulta che abbia cercato di guadagnarsi la tua alleanza a loro insaputa, o sbaglio? Sospetto che abbia in mente di continuare ad alimentare le proprie forze, nel caso gli Enu decidano di rivoltarsi contro di lui, una volta ottenuto il suo aiuto…”

Allora era per questo che aveva evitato di attaccarci dopo il rifiuto di Lina, quella notte? Voleva evitare di sollevare troppo clamore sulla sua ricerca di nuovi alleati?

Lina tamburellava le dita al suolo, lo sguardo sospettoso. “Se è come mi hai detto, allora perché tu non ti trovi più presso la capitale, come era previsto dal piano?” Domandò, dopo qualche istante di esitazione. “E quanto ancora avete intenzione di procrastinare l’attacco contro Talit? Non credete che l’improvvisa vittoria di Meghar abbia quanto meno insospettito Lord Georg?”

“Io credo che tu abbia già indovinato la risposta a queste domande, Lina Inverse.” Il sorriso del drago aveva lasciato posto a una nuova espressione, più grave e solenne. “Nessuno meglio di te, fra gli umani, può comprendere quanto i vostri disegni siano irrilevanti per gli esseri superiori che reggono i destini di questo mondo. Non ci saremmo impegnati in una semplice guerra fra uomini, se non avessimo avuto ragioni più pressanti del rispondere alla vostra ambizione. Per quanto legittime potessero apparire, a un occhio umano, le rivendicazioni dell’uomo a cui abbiamo offerto il nostro sostegno “

“Cioè… il motivo del vostro coinvolgimento è cessato, e avete ritirato la vostra alleanza con gli Enu?”

“Sei molto perspicace, Lina Inverse.”

“Mente.” Intervenne Sybil, la voce roca. I suoi occhi fiammeggiavano, alla luce del fuoco. “Non si sono ritirati. Il governatore non sa nulla della loro defezione, è convinto che si trovino ancora a palazzo.”

“Avevamo questioni più urgenti di cui occuparci, che avvisarlo. E in ogni caso, tutto ciò a cui avevamo acconsentito era seguire Erianna alla corte, fingendo di essere ai suoi ordini. Nessuno di noi ha mai detto che avremmo assecondato i suoi piani fino alla fine.”

“Il governatore affermava di controllarvi.” Sibilò la sacerdotessa. “Credo avesse finito per crederlo davvero. Quello stolto.”  

Il drago distolse lo sguardo, noncurante. Ma Sybil continuò a fissarlo, apparentemente divisa fra rabbia, terrore e una sorta di febbrile ammirazione. I suoi occhi dardeggiarono per un istante verso Bastian, e il falco che riposava al suo fianco la fissò di rimando, emettendo un basso lamento.

Lina la osservò in silenzio per qualche secondo, prima di tornare a rivolgersi al drago. Quando lo fece, la sua voce era incerta. “Qual è allora il motivo che vi ha spinto ad intervenire in queste vicende? Non… c’è di mezzo una nuova guerra con i Mazoku, vero?” Mazoku? Stavamo per essere trascinati per l’ennesima volta in una lotta disperata come quella contro Fibrizo?

“No, non esattamente.” Replicò tuttavia Mardoc. “O meglio, c’è una ragionevole probabilità che i Mazoku sottovalutino la faccenda, come del resto stanno facendo i nostri compagni dei monti Kataart… dal momento che tutto riguarda una predizione compiuta da un’umana.” Il suo sguardo si volse a Sybil, a quelle parole. Il volto della profetessa appariva come una maschera impenetrabile. 

“Non avevate mai creduto alle mie predizioni.” Replicò lei, in tono rassegnato.

Il drago si accigliò. “Non avevamo mai creduto a quelle pagliacciate che il tuo governatore spaccia per esperienze estatiche.” Le rispose. “Ma abbiamo chiesto al vostro sacerdote di riferirci ogni singola parola che tu scambi con lui. Perché tu hai decisamente il dono della predizione, ragazza. E lo hai per tua scelta. Ti sei impicciata di conoscenze da cui voi umani fareste meglio a tenervi ben lontani.” Volse lo sguardo a Lina, mentre parlava. La durezza dei suoi occhi mi mise a disagio.

“Ciò che la sacerdotessa ha predetto, qualche mese fa…” Proseguì. “… era il ‘risveglio di un antico e pericoloso potere presso la corte di Elmekia’. Il governatore lo ha interpretato come la conferma della sollevazione imminente di Talit nei confronti della capitale…. Ma noi pensiamo che il significato delle sue parole sia un altro.” Si volse verso Sybil. “Ma interpretare il significato di una predizione non è semplice. Per questo ora la profetessa si trova qui.”

“Non riguarda me come tu o il governatore interpretate le mie parole.” Protestò Sybil, in tono flebile. “Potete usare le informazioni che vi do come meglio preferite. Sono già la vostra marionetta. Che altro volete, da me?”

“Inizialmente ci siamo limitati a inviare dei nostri rappresentanti alle due corti, per tenere d’occhio la situazione.” Continuò il drago, ignorandola. “Quando abbiamo saputo dagli informatori di Samon che tu, Lina Inverse, ti stavi muovendo verso Elmekia, credevamo di aver capito cosa stesse per succedere. Abbiamo seguito quella pista, eravamo certi di aver risolto il problema… ma alla fine la nostra intuizione si è rivelata errata. Quindi abbiamo usato il cavaliere come esca per attrarre la sacerdotessa da noi, e carpirle qualche altra notizia utile. Conoscevamo il loro legame. Il falco vi stava raggiungendo, quella notte, perciò ci siamo serviti della bestia per inviare alla sacerdotessa un messaggio, dicendo che se non ci avesse raggiunti il cavaliere sarebbe morto. E come pensavamo, si è piegata alle nostre richieste.”

Lanciai un’occhiata a Sybil. Aveva abbassato lo sguardo sui propri pugni chiusi, e serrato le labbra. 

Anche Lina la osservò, e la sua mascella si contrasse. “Ma che cos’è, questo ‘antico potere’ di cui andate parlando? E cosa c’entro, io? Perché mi avete collegata alla predizione di Sybil?” Mia moglie sembrava non avere la più pallida idea di dove quella conversazione stesse andando a parare, e stava chiaramente iniziando ad irritarsi. Da parte mia, non tentai nemmeno di intervenire. Dire che ero confuso sarebbe stato poco.

“Credo sia il caso di partire dall’inizio.” Mardoc si avvicinò al membro del concilio che reggeva il diario fra le mani, e glielo prese dalle dita. “La risposta a ogni tua domanda, Lina Inverse, ha a che fare con l’autore di questo manoscritto.”

Mia moglie strinse gli occhi, e il suo sguardo si fece febbrile. “Voi… sapete chi è il proprietario di quell’oggetto?”

Il drago annuì. “Certamente. Si tratta di un nobile di Talit. Erian Ergon Darland.”

Battei le palpebre, perplesso. Quel nome mi suonava completamente nuovo. A meno che la mia memoria non avesse ulteriormente perso colpi, non si trattava di qualcuno che avevamo incontrato alla corte di Talit.

Ma mia moglie non sembrava confusa quanto me. La sua fronte era aggrottata, come se quel nome le dicesse qualcosa, ma non fosse in grado di ricordare esattamente cosa. Nel giro di pochi istanti, com’era consueto per lei, l’illuminazione giunse. Si volse verso di me, gli occhi spalancati. “Gourry!” Scosse la testa, incredula. “Erian… Erianna… non si tratta della stessa persona di cui ci parlava Sylhpiel? L’ultimo membro della casata Darland ad avere le iniziali EED, quello di cui avevamo letto anche nella biblioteca a Talit?”

“Ehm…” Non è che propriamente potessi ricordarmene… non ero stato interessato quanto Lina al tomo sulla storia di Talit, e mentre Sylhpiel ci parlava, qualche giorno prima, per dirla tutta ero stato troppo occupato a pensare a elaborati modi per farla pagare a Bastian per prestarle realmente attenzione…

Lina mi rivolse un’occhiata esasperata, una di quelle che promettevano terribili punizioni. Ma per mia fortuna, tornò a rivolgere la sua attenzione al drago. “Ma non è possibile che sia lui l’autore! L’incantesimo sul libro è ancora attivo, e sono passati duecento anni! Lui è sicuramente…”

“Morto?” Mardoc annuì. “Oh, sì, lo è. In qualsiasi libro sulla storia di Talit vi diranno che è deceduto per malattia. Anche se in effetti la sua fine non è stata così tranquilla.”

Mia moglie scosse la testa. Il suo volto era impallidito e le sue spalle si erano abbassate, in una posa che esprimeva sbigottimento, se non puro terrore. Non comprendevo cosa lo scatenasse, però. Scavalcando Amelia, andai in cerca della sua mano. “Lina? Che ti prende?”

Lei mi guardò quasi mi vedesse per la prima volta. “Non… capisci, Gourry? E’ morto. L’uomo che ha scagliato la tua maledizione è morto.”

Continuavo a non capire. “Uh… mi spiace. Lo conoscevi?”

“Gourry!” Scattò mia moglie, liberando la sua mano dalla mia, con rabbia. “Non è il momento di dire idiozie! Non lo capisci? Se lui è già morto… allora la sua maledizione non si potrà spezzare con la sua morte. I suoi effetti sono… i suoi effetti sono permanenti.”

Sembrava essere lei stessa incredula delle proprie parole. Io la squadrai, mentre la coscienza di quanto intendeva dire invadeva progressivamente la mia mente. Se gli effetti della maledizione erano permanenti… allora io ero condannato.

“Non è possibile!!!” Lina si rivolse al drago, con furia quasi isterica. “Se un uomo lancia un incantesimo dagli effetti duraturi, alla sua morte quell’incantesimo si spezza! Non importa quanto è potente! Nessun essere umano può…”

“Nessun essere umano.” La interruppe Mardoc. “E’ proprio questo il punto. Erian aveva stretto un patto con un demone. E’ questo che gli ha permesso di avere sufficiente potere per controllare un incantesimo simile. Il contratto che li legava è andato distrutto causando la sua morte, ma quel demone è ancora vivo. E finché sarà così, anche l’incantesimo che agisce sul diario non verrà spezzato.”

Lina si levò in piedi di scatto. “Ho sentito abbastanza.” Dichiarò. “Dimmi chi è quel demone. Lo troverò, lo distruggerò, e la faremo finita con questa faccenda.”

Ma il drago si accigliò, e scosse la testa. “Non ho intenzione di farlo.”

Rabbia feroce si dipinse sul volto di Lina. Avanzò di un passo, e fui certo che fosse pronta a dichiarare guerra all’intera comunità dei draghi. Cercai di levarmi per fermarla, ma le mie gambe non rispondevano. Una voragine mi si era aperta nello stomaco.

“Non agire avventatamente, Lina Inverse.” La ammonì Mardoc, in un tono di vaga minaccia. “So della maledizione che ha colpito tuo marito. Ma attaccare ora finirà solo per accelerare la fine sua.. e tua, probabilmente..”

“E per quale motivo dovrei frenarmi? Avverrà in ogni caso, a quanto pare.”

“E invece non avverrà nulla, se mi ascolterai.” Mardoc avanzò di un passo, incombendo minacciosamente su di lei. Di riflesso, i miei arti finalmente reagirono, e mi levai in piedi. In un istante fui al suo fianco.

“Idioti.” La voce della profetessa risuonò alle nostre spalle, derisoria. “Non fareste nemmeno in tempo a progettare un attacco.”

“Vi conviene darle retta.” Mardoc si arrestò, a pochi passi da noi. “E comunque… non coinvolgerei per nessun motivo demoni in questa faccenda, ma anche se vi dicessi il nome del Mazoku non ve ne fareste nulla. Non avreste tempo a sufficienza per cercarlo.”

Lina fremette, al mio fianco. “Che vuol dire che non avremmo tempo?”

Mardoc fissò lo sguardo su di me. “Vuol dire che la maledizione ha ormai acquistato completa efficacia. Nel giro di due settimane, forse tre, raggiungerà il suo acme, e il dolore per lui diventerà insopportabile. A quel punto, anche trovando quel demone, potrai solo ottenere la sua morte.”

Quelle parole mi sferzarono, con la forza di lame.

Due settimane.

Avevo pensato di avere tempo. Avevo quasi osato sperare, in quei giorni in cui il dolore mi aveva abbandonato, che ci fossimo preoccupati per nulla. E invece…

Non osai guardare Lina. Ma sentivo che, al mio fianco, aveva iniziato a tremare.

“Voglio quel nome.” La voce di mia moglie ora era ridotta a un basso ringhio. “Due settimane saranno più che sufficienti. Raggiungerò la Penisola dei Demoni e la metterò a ferro e fuoco. Distruggerò ogni demone presente sulla mia strada, se sarà necessario.”

Mardoc si accigliò. “Non ci sarà bisogno di fare nulla di tanto stupido.” Incrociò le braccia al petto. “Non ci sarebbe modo di guarire quella ferita, se fosse stato un demone a provocarla, ma è opera di un umano. La maledizione ha agito lentamente, e la sua potenza non è nemmeno lontanamente paragonabile a quella dell’incantesimo di un Mazoku. La magia bianca umana non è sufficiente contro di essa, ma quella dei draghi è perfettamente in grado di curarla.”

Sia Lina che io esitammo. Ci stava dicendo che…

“Vuoi dire che voi… potete guarirlo?” La voce di Lina tradiva sollievo. Ma io avevo la sensazione che fosse presto per cantare vittoria.

“Avremo la possibilità di guarirlo, fino a che la maledizione non sarà irreversibile. E lo faremo. Ma a una condizione.”

Lina si irrigidì. Io non riuscii nemmeno a essere deluso. Era troppo semplice pensare che non ci fosse un prezzo.

“Quale condizione?”

“Una molto semplice.” Mardoc ci scrutò, penetrante. “Dovrete uccidere una persona per noi.”

 

  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Slayers / Vai alla pagina dell'autore: SonLinaChan