Il respiro soffocato di Kam mi aveva svegliato. Erano giorni che l’asma non le dava tregua e qualunque cosa facesse, non le passava.

Mi rigirai nel letto. Quel sibilo mi impediva di dormire. Ogni volta mi terrorizzava l’idea che non respirasse più e di non accorgermene, così restavo tutta la notte ascoltando il suo respiro corto e affannoso nella speranza che smettesse.

Kam diceva che ero troppo protettiva, ma che ci potevo fare? Solo l’idea di non averla più vicina mi straziava il petto.

 

Aspettai che si svegliasse alle prime luci del giorno, come era solita fare.

“Buongiorno…” le dissi guardandola aprire gli occhi.

“Giorno…”

Adoravo quando si faceva piccola piccola e mi dava il buongiorno con la finta vocina da bimba, accoccolandosi accanto a me.

“Dobbiamo alzarci, lo sai?”

“mmmmmmmh… no ancora un po’…”

“Dormigliona, su!”

 

Erano circa le 7 e trenta del mattino quando, con un lieve spostamento d’aria arrivarono Valencia e Mercy.

“Buongiorno a tutte!” strillò allegra Mercy avventandosi sulla torta di mele.

“finalmente sei riuscita a teletrasportarti con quell’incantesimo” risposi freddamente.

Lei mi guardò con un sorriso, mi conosceva troppo bene per non riconoscere in quel mio particolare sarcasmo, l’affetto e l’orgoglio che provavo nei suoi confronti.

“si! Hai visto? E sono riuscita anche a portare Lence con me!”

Erano circa sei mesi che si allenava con quel nuovo, strano incantesimo, creato appositamente da lei attraverso l’alchimia.

Mercy era un’alchimista. Una giovane, promettente alchimista. Eppure, guardandola, nessuno si sarebbe azzardato a dire una cosa simile. Mi scappava sempre un sorriso quando la guardavo. Erano passati anni dal giorno in cui ci incontrammo, alla scuola di alchimia di Royset, eppure i suoi lunghi capelli biondi come oro erano rimasti identici. Solo la luce nei suoi occhi verde-blu era cambiata. Trapelava ancora la determinazione di quando aveva 14 anni ma c’era qualcosa in più… e quel qualcosa era l’amore.

Si era addolcita molto da quando aveva conosciuto Luc, il cacciatore di licantropi.

“Ti vedo pensierosa Ariana… tutto bene?”

Fermai la tazza del caffampir a un centimetro dalla  mia bocca. Valencia mi osservava come sempre, con quei dolci occhi rassicuranti e profondi di chi sa troppe cose. Sorrisi.

“No, non preoccuparti. Ero solo sovrappensiero.”

Eppure lei già sapeva. La parte magica di lei le aveva donato quel potere. Assieme a quegli occhi e al suo aspetto quasi spettrale ma affascinante.

“Che programmi abbiamo per oggi?” chiesi del tutto disinteressata.

“Io dovrei vedere Luc… sai com’è, domani ha un incarico a Londra e non ci vedremo per un po’…” disse Mercy arrossendo dispiaciuta.

“Io dovrei studiare” rispose Kam.

“Ma che strano…” pensai. “ma quando ti prenderai un giorno di riposo da quegli stramaledetti libri?” dissi stizzita dando un pugno al tavolo. Odiavo il fatto che non trovasse mai tempo per me, diamine! Eppure odiavo anche il fatto di risponderle in quella maniera, la adoravo e mi sentivo ogni volta in colpa. E lei lo sapeva e mi amava e mi sorrideva! E la rabbia montava dentro me come una scarica elettrica.

“forse mai.” Disse provocandomi.

Piccola strega testarda e maliziosa. La odiavo e la amavo. era la mia vita, quella strega dagli occhi verdi che non mi dava mai ragione! Improvvisamente mi sentì soffocare dal sangue che avevo attorno.

Sangue.

“devo andare” dissi alzandomi di scatto dalla sedia.

Solo il tempo per rendersi conto che non c’ero più, che io ero già sul campo a procurarmi del cibo.

“ciao”