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Autore: TheSlayer    27/01/2015    3 recensioni
Mary Jane Watson ha un nome che la rende il bersaglio di battutacce da parte di tutte le persone che conosce. E la gente non sa nemmeno il vero motivo per cui si chiama così (fortunatamente, perché le battute orribili potrebbero solo peggiorare). Frequenta la Washington University a St. Louis, nel Missouri, e ha una cotta enorme per il suo professore di Scrittura Creativa: Harry Styles.
E se anche il professore mostrasse un interesse particolare nei suoi confronti? Oppure Mary si sta immaginando tutto?
***
Dalla storia:
"Che vita difficile. Avevo un professore che, nella migliore delle ipotesi, era un idiota e non si rendeva conto dell'effetto che faceva sulla gente. E, nella peggiore, era un maledetto diavolo tentatore e faceva apposta a torturarmi in quel modo."
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 24 – The Book
 
“Devi contattarlo.” Mi disse Laurel quella sera. Avevo strappato la pagina del giornale e l’avevo tenuta con me per tutta la cena. Quando ero tornata nel dormitorio insieme alla mia migliore amica le avevo mostrato il pezzo di carta e non c’era stato bisogno di parlare o di spiegarle nulla.
 
“E cosa gli dico? Non puoi pubblicare un libro su quello che è successo tra di noi? Magari ha solo tratto ispirazione per l’idea generale e poi i fatti sono completamente diversi.” Dissi. Non riuscivo a sedermi, continuavo a camminare in tondo nel poco spazio che c’era tra i nostri due letti.
 
“Cos’ha detto Jasper?” Chiese Laurel, prendendomi per un polso e facendomi accomodare di fianco a lei.
 
“Scusa.” Mormorai. Sapevo di starle facendo venire il mal di testa. “Mi ha detto di stare tranquilla e di aspettare che esca.” Risposi. Ma sul giornale c’era scritto che il libro sarebbe uscito alla fine di marzo. Avrei dovuto aspettare tre settimane ed ero sicura che non ce l’avrei fatta. Sarei impazzita prima.
 
“Hai due opzioni, Mary.” Disse Laurel, guardandomi negli occhi. “O provi a chiamarlo, oppure vai da Tomlinson e chiedi aiuto a lui. Che ne so, magari ha una copia del libro e te la fa leggere prima che esca, così non devi parlare con Harry.”
 
Valutai attentamente quello che aveva appena detto la mia amica, poi scossi la testa.
 
“No.” Dissi. “No, non farò nulla di tutto ciò. Sono passati tre anni, sono andata avanti con la mia vita e non ricadrò in quel tunnel. Non contatterò nessuno e non leggerò nemmeno quel libro. Tanto non penso proprio che mi abbia inserita con nome e cognome, perché sa che potrei denunciarlo.”
 
“Lo faresti?” Mi domandò Laurel, leggermente sorpresa.
 
“No.” Dissi a bassa voce. “Ma tanto non leggerò mai quel libro e non lo scoprirò mai, quindi il problema non si pone.” Aggiunsi rialzando il tono e rimettendomi in piedi.
 
“D’accordo.” Replicò la mia amica. Aveva un’espressione scettica, come se non credesse che sarei riuscita a stare lontana da quel racconto. E aveva ragione, non ero sicura che ce l’avrei fatta, ma ci avrei almeno provato. Avevo quasi finito l’università, mi mancavano solo pochi mesi alla laurea. Era quasi ora di entrare nel mondo reale, nel mondo degli adulti. Laurel ed io avevamo già fatto piani per trasferirci a New York, dove lei avrebbe provato a sfondare a Broadway, mentre io avrei cercato un lavoro nel mondo dell’editoria e, nel tempo libero, avrei continuato a scrivere e a cercare di farmi pubblicare. Non potevo permettere che quel piccolo pezzo di carta con la foto di Harry – Dio, quanto era bello il suo sorriso! – facesse deragliare i miei piani.
 
***
 
Per le successive tre settimane riuscii a concentrarmi sulle lezioni, sullo studio e sull’ultimo capitolo del libro che avrei voluto presentare alle case editrici – per qualche motivo non riuscivo assolutamente a scrivere la fine – e ad evitare di fissarmi troppo su Harry e su quello che avevo letto su quello stupido giornale.
 
“Sarà difficile non pensare a Styles in questi giorni.” Mi disse Laurel la mattina del giorno dell’uscita del libro di Harry. Non era una domanda, semplicemente un’affermazione. La guardai male, per farle capire che non volevo assolutamente pensarci. Perché diavolo me l’aveva nominato? Sapeva che non volevo parlarne. Non l’avevo fatto per tre settimane.
 
“Okay.” Mormorai, concentrandomi invece sulla quantità di zucchero da mettere nella mia tazza quotidiana di caffè.
 
Laurel si morse il labbro inferiore e mi rivolse un’occhiata di scusa.
 
“Sai che… Cioè, non te l’avrei nominato se n-non avessi dovuto farlo.” Balbettò, arrossendo. Alzai lo sguardo dalla mia tazza di Starbucks e lo puntai su quello della mia amica. Cosa stava dicendo? Perché mai avrebbe dovuto nominarmi Harry?
 
“Cosa stai dicendo?” Le domandai, confusa.
 
“Non hai ancora guardato le e-mai?” Mi chiese di rimando. Scossi la testa, prendendo il telefono. “No, non farlo. Preferisco dirtelo io.”
 
“Laurel, mi stai facendo spaventare.” Dissi. C’era qualcosa nella sua espressione che mi stava facendo davvero preoccupare. Cosa stava succedendo? Harry mi aveva contattata via mail? E lei come lo sapeva? Sentivo il bisogno disperato di sbloccare il mio telefono e leggere immediatamente tutta la posta che mi era arrivata dalla sera prima.
 
“Questa mattina presto la segreteria ha mandato una comunicazione a tutti gli studenti. A quanto pare Harry terrà una lezione speciale dopodomani. L’hanno invitato in occasione dell’uscita del suo nuovo libro e lui ha accettato. Solo che i posti sono limitati, quindi chiedono di rispondere al più presto, confermando la presenza.” Spiegò Laurel.
 
Sentii le mie guance diventare bollenti. Harry sarebbe tornato a St. Louis? Alla Washington University? E avrebbe parlato del suo libro, che molto probabilmente parlava di noi, davanti a persone che non sapevano nulla? Il mio cervello minacciò di entrare in cortocircuito per le troppe informazioni. Harry sarebbe tornato. Volevo vederlo? L’avrei visto? Ero pronta?
 
“Mary?” Sentii Laurel cercare di attirare la mia attenzione.
 
“Ci sono.” Risposi. In realtà non era vero, ma dovevo riprendermi al più presto.
 
“Cosa vuoi fare?” Domandò la ragazza. Non lo sapevo, avevo troppi pensieri. Sarei stata pronta se avessi deciso di andare? Mi sarei pentita se, invece, avessi deciso di non andare?
 
“Voglio andare.” Dissi improvvisamente, prendendo il telefono e inviando la mia conferma di partecipazione alla segreteria. Vidi, con la coda dell’occhio, Laurel scrivere velocemente qualcosa anche sul suo iPhone.
 
“Ho mandato anche la mia risposta, così ti starò vicina.” Mi spiegò dopo qualche secondo. Mi sentivo agitata, confusa, ansiosa… era come se il mio stomaco avesse deciso di infilarsi in una lavatrice proprio durante la centrifuga.
 
“Grazie.” Dissi distrattamente, fissando la foto di Harry che avevano inserito nella newsletter. Sembrava che i suoi occhi verdi potessero trafiggermi il cuore persino attraverso gli occhiali che stava portando e lo schermo del mio telefono.
 
“Ehi, smetti di guardarla. Non farti del male.” Mi consigliò Laurel.
 
Un’e-mail dalla segreteria mi confermò che avrei potuto partecipare alla lezione speciale tenuta da Harry. Chiusi gli occhi e un brivido percorse tutto il mio corpo.
Ero davvero pronta per rivederlo? Era stato difficile partecipare alle sue lezioni dopo averlo lasciato. Quasi impossibile. Era stata una tortura guardarlo dal primo banco, due volte alla settimana, e sentire una stretta al cuore che sembrava volesse farmi stare male. Avevo odiato il suo sguardo un po’ assente, avevo odiato il fatto che il suo entusiasmo per il corso si fosse spento. E, soprattutto, avevo odiato l’attenzione con cui era riuscito a non guardarmi mai una volta negli occhi, nemmeno quando era stato il mio turno di leggere qualcosa o di rispondere a qualche domanda.
 
Non sapevo se avessi preso la decisione giusta. Non sapevo nemmeno se mi sarei presentata davvero a quella lezione speciale.
 
***
 
Passai due giorni interi a cambiare idea.
 
Vado.
No, non vado.
No, devo andare.
No, no, no, non posso presentarmi.
Vado, ma rimango in fondo alla stanza.
Ma sarò stupida! Non posso andare!
Vado.
No, non vado.
E via dicendo.
 
Telefonai sia a Jasper che a mia madre e chiedi a entrambi un consiglio.
 
“Tesoro, se te la senti di andare, vai. Potrebbe essere quello di cui hai bisogno per superare definitivamente questa parte della tua vita. Potresti finalmente accettare quello che è successo e andare avanti. Non so se avrai occasione di parlarci, ma magari potresti ottenere una risposta a tutte le domande che si sono formate nella tua mente negli ultimi tre anni e avere un po’ di pace.” Aveva detto mia madre.
 
“Janey,” – un altro dei soprannomi che mi aveva affibbiato Jasper – “non so cosa dirti, sinceramente. Vorrei poterti dire: ‘vai!’ ed essere sicuro che sia la cosa giusta da fare, ma non ne ho idea. Però penso che tu debba andare, se non altro per sentire di cosa parla quello stupido libro e metterti il cuore in pace.” Aveva detto il ragazzo.
 
Pace. Entrambi avevano utilizzato la stessa parola ed era stata quella che, probabilmente, mi aveva convinta del tutto. Quella che mi aveva portata a vestirmi e truccarmi con le mani tremanti e a cercare di non sporcarmi tutta la faccia di mascara.
 
“Dannazione, Mary Jane. Non devi nemmeno parlarci, devi solo nasconderti in fondo a quella stupida stanza, ascoltare quello che dice e poi sparire.” Dissi al mio riflesso nello specchio. “E sono arrivata a parlare da sola, sono ufficialmente da rinchiudere.” Mormorai pochi secondi dopo, riponendo i trucchi nella pochette che tenevo nella borsa e uscendo dal bagno.
 
“Pronta?” Mi domandò Laurel, porgendomi una mano.
 
“No.” Risposi risoluta. “Non so nemmeno perché sto andando a quella lezione. Cosa penso che succederà?” Domandai più a me stessa che alla mia amica.
 
“Credo che tu voglia solo vederlo, Mary. E credo anche che sia piuttosto normale, visto che so che lo definisci l’amore della tua vita e che non lo vedi da anni. Se fossi io al posto tuo… beh, vorrei vedere Liam.”
 
Annuii, ma non dissi nulla. Ero troppo agitata per parlare, ma sapevo che la mia amica aveva ragione. Volevo solo vederlo. Non mi aspettavo nulla da quella mattina. Ma era davvero così? Non mi aspettavo davvero nulla? Quante volte, in quei due giorni, avevo fantasticato su quello che avrebbe potuto succedere? Avevo previsto qualsiasi tipo di scenario. Tutti, però, avevano una cosa in comune: in qualche modo trovavo il coraggio di parlare a Harry e gli chiedevo di andare a bere qualcosa per parlare.
 
Uscii di corsa dal mio dormitorio, seguita da Laurel. Non volevo arrivare in anticipo perché avevo intenzione di rimanere negli ultimi posti, ma non volevo nemmeno arrivare a lezione iniziata. Quello sarebbe stato un modo sicuro per farsi notare: aprire la porta e correre dentro mentre lui aveva già iniziato a parlare.
 
Quando arrivai davanti all’edificio principale dell’università – la lezione speciale si sarebbe tenuta in una sala conferenze abbastanza capiente, non nella piccola aula in cui Harry aveva insegnato Scrittura Creativa per tutto il mio primo anno – cominciai a sentire le farfalle nello stomaco.
 
“Siamo sempre in tempo a tornare indietro.” Dissi. Laurel scosse la testa, mi prese per mano e mi trascinò all’interno.
 
“Senti, andrà tutto bene. Cosa può succedere, secondo te?” Mi domandò la ragazza. Il corridoio era già pieno di studenti, che chiacchieravano in attesa di entrare nella sala conferenze. Notai Carmen sulla soglia della porta, ma cercai di non farmi vedere perché sapevo che non sarei riuscita a sostenere una conversazione sensata. Non ero così agitata da… sempre. Non ero mai stata così agitata in tutta la mia vita.
 
“Non lo so.” Dissi. “In parte ho paura di sentire di cosa parla il libro, ma penso che la mia vera paura sia quella di scoprire che Harry ha trovato qualcuno ed è felice. E so che è egoista, credimi. Sono la prima a sentirsi in colpa quando mi vengono certi pensieri.” Aggiunsi, abbassando il tono della voce.
 
“Credi che non sia normale sperare che il proprio ex sia ancora follemente innamorato di te, anche se l’hai lasciato tu?” Mi chiese Laurel, posizionandosi di fronte a me e coprendomi la visuale. In quel modo non potevo più vedere l’ingresso della sala conferenze. “Perché fa male pensare che una persona che è stata felice con te lo possa essere anche con qualcun altro. Ed è egoista, Mary, sì, ma è anche umano. Tu puoi dire a tutti che speri che sia felice e lo pensi davvero, ne sono sicura, ma in fondo vorresti un lieto fine.”
 
Deglutii per cercare di non piangere. Laurel aveva perfettamente ragione. Io speravo davvero che Harry fosse felice, ma avevo paura che lo fosse con qualcun altro. Ma soprattutto, nel profondo del mio cuore speravo che quello che mi aveva detto mia madre tre anni prima fosse vero. Speravo che fossimo anime gemelle e che quello fosse il momento giusto per noi. E sapevo che non era vero, ma non riuscivo a smettere di pensarci.
 
“Signorina Carter.” Sentii una voce familiare alle mie spalle. “E… Mary Jane?” Tomlinson mi si piazzò di fronte con un’espressione di shock sul viso.
 
“Oh mio Dio, sapevo di aver avuto una pessima idea. Io torno a casa.” Dissi, voltandomi. Sentii due mani chiudersi intorno ad entrambi i miei polsi e trattenermi in quel punto. Una, più piccola e fredda, era sicuramente quella di Laurel. E l’altra, più grande e ruvida, apparteneva a Louis.
 
“Mary, stai calma.” Disse Laurel.
 
“Per una volta sono d’accordo con la signorina Carter.” Replicò Tomlinson, lasciandomi andare. “Ho cercato di contattarti per settimane dopo quello che è successo. Perché mi hai ignorato?”
 
Ecco la domanda che avevo accuratamente evitato per tanto tempo.
 
“Volevo tagliare i ponti con tutto ciò che riguardava o mi ricordava Harry.” Risposi a bassa voce, evitando di guardarlo negli occhi. “E non volevo che mi facessi cambiare idea.” Ammisi, quasi sussurrando.
 
“Perché sei qui, oggi?” Mi domandò Louis. La sua non era un’accusa o una domanda posta con cattiveria. Leggevo solo curiosità nella sua voce.
 
“Me lo sto chiedendo anch’io.” Dissi, scuotendo la testa. Poi, finalmente, alzai lo sguardo e incontrai il suo. “Credi che sia una pessima idea? Pensi che stia facendo una cazzata colossale? Perché lui probabilmente si è persino dimenticato di me e… e forse non vuole che io partecipi a un giorno così importante.”
 
“No.” Rispose Tomlinson, facendomi provare una stretta allo stomaco. Sapevo che Harry non mi avrebbe voluta alla sua lezione. “No, secondo me stai facendo la cosa giusta. Vuoi che…” Cominciò a dire, ma fu interrotto da Carmen, che in qualche modo mi aveva vista e mi aveva appena raggiunta.
 
“Mary! Non sapevo che saresti venuta! Forza, vieni, la lezione sta iniziando! Non possiamo perderci l’inizio, no?” Domandò, prendendomi per mano e trascinandomi nella sala prima che potessi fare qualsiasi cosa per impedirlo.
 
Fortunatamente Harry non era ancora arrivato, così trovai il modo di dire alla mia amica – che era un po’ troppo entusiasta per i miei gusti – che volevo sedermi in fondo alla stanza e la lasciai andare in prima fila. Pochi secondi dopo Laurel mi raggiunse e si sedette di fianco a me.
 
“Tomlinson?” Domandai. La mia amica scosse la testa.
 
“Mi ha detto di entrare, lui arriva dopo. In realtà non dovrebbe stare qui, ma visto che è suo amico si infiltra a lezione iniziata e rimane sulla porta.” Rispose lei.
 
Annuii e cominciai a torturarmi le mani. Ormai ero dentro. Ero seduta. Non potevo più alzarmi e andare via, anche perché non avrebbe avuto senso. Avevo avuto il coraggio di arrivare fino a quel punto, perché tornare indietro?
 
“Sei pallidissima, sicura di star bene?” Mi chiese Laurel dopo qualche minuto.
 
“No.” Risposi.
 
Poi entrò il direttore della Facoltà di Letteratura e nella sala calò il silenzio.
 
“Alcuni di voi conoscono Harry Styles come professore di Scrittura Creativa. Abbiamo avuto la fortuna di averlo nel nostro corpo insegnanti per un anno, prima che decidesse di tornare a New York per scrivere il suo nuovo libro, e adesso abbiamo la fortuna di averlo di nuovo qui per presentare il suo ultimo lavoro e per una lezione molto speciale sul mondo dell’editoria. Quindi, senza ulteriore indugio, lascio la cattedra a Harry Styles!” Esclamò l’uomo, lasciando il microfono sul tavolo di legno bianco dietro di lui.
 
Gli studenti cominciarono ad applaudire ed io iniziai a sentirmi sempre più agitata. Solo pochi secondi mi separavano dal rivedere Harry ed io mi ero appena resa conto di non essere davvero pronta.
 
Laurel mi prese una mano e me la strinse, forse per darmi coraggio o forse per assicurarsi che non sarei svenuta, facendo un’incredibile figuraccia davanti a tutti, non lo sapevo.
 
Poi Harry entrò nella sala, salutò tutti e si sedette sul bordo della cattedra, come era solito fare durante le lezioni del primo anno.
 
Un flash di me, seduta sulla scrivania scura del suo ufficio, e lui, che mi baciava il collo mentre mi slacciava il reggiseno con una mano, comparve nella mia mente e dovetti chiudere gli occhi per farlo sparire.
 
Harry era cambiato in tre anni. I suoi capelli erano molto più lunghi, non portava più gli occhiali e le maniche della sua camicia erano arrotolate, lasciando scoperti tanti nuovi tatuaggi. Il suo viso era sempre pulito, non portava un velo di barba come al solito, e i suoi occhi, se possibile, erano ancora più belli. Per non parlare di quel sorriso. Dove avevo trovato il coraggio di lasciarlo andare, tre anni prima? Dovevo essere stata proprio una stupida.
 
Harry iniziò a parlare ed io mi sforzai di ascoltare, ma non riuscii a capire una parola di tutta la prima parte della lezione. Rimasi a fissarlo, quasi a bocca aperta, finché Laurel non mi tirò una gomitata nelle costole e mi ripresi.
 
Il direttore della Facoltà era tornato di fianco all’uomo e aveva cominciato a fare domande sul suo nuovo libro. Ricordavo vagamente di aver letto qualcosa riguardante un Q&A durante la lezione.
 
“Allora, Harry, partiamo dalla domanda più ovvia. Perché il tuo nuovo libro si chiama Venerdì Nero? Qualche riferimento al venerdì dopo il giorno del Ringraziamento, quello in cui tutti fanno a fare shopping e ci sono i saldi?” Domandò il direttore.
 
Harry scoppiò a ridere e pensai che il mio cuore si sarebbe fermato. Dio, quanto era bello.
 
“No.” Rispose dopo essersi ricomposto. “No, direi che non ci sono riferimenti. Il venerdì è il giorno in cui il protagonista incontra segretamente la ragazza con cui ha una storia e il motivo per cui è nero… beh, quello sarà chiaro quando si legge il libro, ma non posso aggiungere altro.” Aggiunse.
 
“Perché questo, se non sbaglio, è un lavoro molto diverso dai due precedenti.”
 
“Sì, i miei primi due libri erano un po’ più romantici, diciamo. Questo contiene una storia d’amore, ma è più un thriller.” Rispose Harry.
 
“Parliamo un attimo della storia d’amore contenuta in Venerdì Nero. Il protagonista è un professore d’università e la ragazza è una delle sue studentesse. Devo chiedere: in quale modo la tua esperienza alla Washington University ti ha ispirato questa trama? C’è una studentessa in particolare che ha avuto una parte importante in questa storia?” Domandò il direttore.
 
“Beh, no.” Rispose immediatamente Harry. “Diciamo che…” Ricominciò a parlare, poi si fermò per pochi secondi, perché il suo sguardo aveva incrociato il mio, dall’altra parte della stanza, ed entrambi ci eravamo bloccati. Fu come se, per pochissimi istanti, il mondo si fosse fermato. Come se tutti i rumori intorno a noi si fossero attutiti e le persone si stessero muovendo in slow motion. Deglutii e cercai disperatamente di guardare da un’altra parte. Da qualsiasi parte, ma non nei suoi occhi, ma non riuscii. Almeno finché lui interruppe quel contatto e cominciò a fissare un punto indefinito alla sua sinistra. “Diciamo che la mia esperienza come insegnante ha sicuramente ispirato gran parte della storia, nel senso che ho potuto scrivere del protagonista maschile con cognizione di causa, perché ho provato a fare la sua professione in prima persona. Però non posso dire che c’è stata una studentessa che ha ispirato il resto della trama, perché sarebbe stato un po’ poco professionale, non trovate?” Concluse con una lentezza quasi snervante.
 
“Devo uscire di qui, mi manca l’aria.” Mormorai a Laurel, che stava guardando la scena come se stesse assistendo allo spettacolo più interessante della sua vita.
 
“Sai che ha detto così solo perché non poteva ammettere apertamente di aver avuto una storia con una studentessa, vero?” Domandò la mia amica di rimando.
 
“Lo so.” Sussurrai. “Ma ci siamo visti, Laurel. Mi ha guardata e si è interrotto. Non…” Cominciai a dire.
 
“Manca poco alla fine della lezione, poi possiamo andare a prendere un altro caffè. Forte.” Propose Laurel.
 
“E possibilmente corretto. Ne ho bisogno per superare questo trauma.” Borbottai, scivolando leggermente in avanti sulla sedia per nascondermi meglio. “Ma chi me l’ha fatto fare?” Dissi a voce bassissima, scuotendo la testa.
 
***
 
Laurel aveva ragione. La lezione durò ancora pochi minuti, giusto il tempo di dire agli studenti che Harry sarebbe stato alla libreria del campus a firmare copie del suo libro, quel pomeriggio.
 
“Almeno non ho il turno oggi.” Dissi, proprio mentre un sms mi avvisava che Becky, la mia collega, stava troppo male per uscire e mi chiedeva se potessi sostituirla in libreria. “Come non detto.” Aggiunsi. “È un incubo, vero? Altro che Venerdì Nero! Questo è un maledetto giovedì…”
 
“Di che colore lo definiresti?” Sentii una voce troppo familiare alle mie spalle. Mi bloccai immediatamente, incapace di continuare la frase o di muovere anche solo un passo.
 
“Harry.” Disse Laurel, un po’ in imbarazzo. Mi girai lentamente, preparandomi mentalmente a vederlo da così vicino.
 
“G-grigio?” Suggerii, evitando il suo sguardo. Invece guardai la sua mano sinistra, in cerca di una fede che non c’era. Ma, in fondo, non la portava nemmeno quando era davvero sposato con Courtney, quindi non potevo sapere nulla di più di quanto già sapessi.
 
“Ho incontrato Louis prima di entrare e mi ha detto che ti aveva appena vista… speravo di riuscire a parlarti.” Disse. Maledetto Tomlinson, lui e la sua lingua troppo lunga. “Il mio appartamento esiste ancora. Sarà un po’ impolverato, ma potrebbe essere il posto ideale per parlare senza essere disturbati o ascoltati, cosa ne pensi?”
 
Dovevo davvero dire quello che pensavo? Perché non sapevo nemmeno io quello che mi stava passando per la testa. Non dopo che Harry Styles mi aveva chiesto di andare nel suo appartamento per parlare, dopo anni di silenzio e dopo che la nostra breve storia era finita in quel modo. Cos’era rimasto da dire?

 


Ecco il nuovo capitolo! Mary e Harry si ritrovano e lui vuole parlare. Cosa vorrà dirle? Lei dirà di sì? Nel prossimo capitolo scopriremo tutto ;)
Grazie a tutti per essere passati, per aver letto fin qui e alle persone che mi lasciano sempre il loro parere! Grazie mille <3
A martedì prossimo!

 

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