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Autore: Ninfea Blu    27/11/2008    9 recensioni
Oscar torna a casa dopo aver ballato con Fersen. Mille pensieri e mille domande l'assillano, la delusione la opprime. André insonne, l'accoglie al suo rientro e qualcosa succede...
Questo racconto ha richiesto una lunga gestazione e molti ripensamenti.
Ringrazio chi mi ha suggerito come migliorarlo.
ATTENZIONE: RACCONTO REVISIONATO NEL 2012
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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sentimenti confusi

4 – L’età dell’ innocenza

 

Aggiornato in data 20/02/2012 Ecco l’ epilogo di questa storia; anche qui c’è qualche lieve variante rispetto alla prima stesura del racconto. Più che altro è quasi un monologo dei due protagonisti. Era iniziato nello stesso modo e ho voluto mantenere la forma originale. Anche qui non ci sono fatti eclatanti e inoltre mi ispiro sempre molto all’anime originale. Il titolo, lo avrete capito è ispirato al bellissimo film di M. Scorsese. Buona lettura.

 

 

*****

 

 

Il cavallo lanciato al galoppo sulla spiaggia.

Spruzzi d’acqua sul viso. Odore di salsedine.

Il freddo d’ottobre punge gli occhi.

Non è niente.

Il mare della Normandia l’ha sempre amato.

Una distesa infinita che contempla per ore; libera la mente da tutto il resto.

Adesso non è così.

Si sente come questo mare burrascoso, battuto dai venti.

Strida di gabbiani si confondono col suono cupo della sua anima inquieta.

 

Il ballo. Donna per una sera.

Un vestito mostrava al mondo inconsapevole quello che non era mai stata.

Quella che mai più vorrà essere.

Fine e inizio hanno coinciso in quelle poche ore.

E poche ore possono sconvolgere una vita per sempre.

 

Due vite in realtà; la sua e quella di André.

Una notte, un maledetto ladro che si era messa in testa di catturare, si è portato via l’occhio del suo amico, come pegno di riscatto.

Il rimorso le è restato incollato addosso come una sanguisuga che le succhia il sangue; quel terribile incidente la perseguita ancora.

Come uno stupido cane fedele, il senso di colpa l’ ha seguita fin qui, su questa spiaggia lontano da casa.

Eppure è lei quella che si sente ferita.

È venuta in Normandia a cercare la solitudine e trovare un attimo di pace, ma i ricordi l’ assalgono come la marea.

Niente riesce ad arrestarli.

 

Ha lasciato il cavallo per camminare lungo la spiaggia; le sue orme pesanti affondano nella rena, il vento gonfia il suo mantello e le getta i capelli sulla faccia. Osserva il mare: è agitato quest’oggi.

Vorrebbe non pensare a niente, non ricordare niente, ma non ci riesce.

I pensieri turbinano nella sua testa, come questo vento che la investe e la squassa.

Sono mulinelli impazziti che si agitano implacabili senza sosta, mentre cerca di trovare un senso alla sua vita, al suo passato. Tenta di tracciare una linea da seguire, una strada da percorrere.

Ma non ci sono direzioni e non sà dove andare.

Vorrebbe restare ferma a guardare l’ orizzonte in eterno.

Un bacio tra cielo e mare.

 

Un altro bacio…

Qualcosa sull’orizzonte s’infrange.

 

Perché, André?

Perché mi hai costretto a porre un taglio così netto a tutto quanto?

Mi sento come se fossi divisa in due.

 

Detriti di un passato troppo vicino sono scene di due vite che scorrono nella mente.

Sembra solo ieri che erano ancora amici.

Complici da sempre.

Fiducia reciproca.

Sospetti, dubbi, timori.

Si volta a guardare le orme sul bagnasciuga e scopre che un’ ondata violenta le ha cancellate.

Una morsa le stringe il petto come se mancasse ossigeno ai polmoni.

Quella maledetta sera nella sua stanza.

L’ onda di maremoto che l’ha travolta è la verità più dura e impietosa.

 

Quella sera sapevo che ti avrei fatto del male.

Non sapevo che tu ne avresti fatto di più a me.

Come farò a perdonarti?

 

Pensava di conoscerlo come la sua anima.

Invece, ignorava tutto.

In malafede, ha sospettato che potesse essere lui, il ladro che assaliva di notte le dimore della nobiltà.

Ma tutto ciò che faceva era andare ad ascoltare dei comizi in una piccola chiesa, dove si parlava del futuro di un paese, che sta andando in una direzione per lei ancora ignota.

Lo sguardo troppo azzurro scruta un mare profondo come le incognite davanti a lei.

Sentimenti confusi nel cuore umiliato.

Amore.

Rabbia.

Desiderio.

Tormento.

Orgoglio e umiliazione.

 

Voleva dimenticare di aver amato.

Dimenticare di essere una donna.

Ma si era scoperta gelosa; lui faceva qualcosa senza coinvolgerla, e non voleva sentirsi esclusa dalla sua vita, ma sarebbe stata pronta ad escludere lui dalla sua. 

Poi ha indossato quel maledetto costume nero.

Aveva preso il suo posto.

Non aveva capito il gesto.

Non aveva compreso perché, seppur ferito, era venuto a cercarla al Palazzo Reale di Parigi, incurante del rischio di perdere un occhio, la vita o cos’altro.

 

Quando si trattava di me non hai mai esitato, neppure una volta.

Era così evidente se avessi voluto vedere.

Ma non ho voluto, ho preferito credere a ciò che mi conveniva.

Ho preferito accantonare le mie intuizioni come fossero assurdità.

 

Il vento le sussurra frasi che lui diceva, a cui non prestava attenzione.

Arrivano da lontano, come relitti portati dalle onde dopo una tempesta.

Frammenti di una vecchia vita che galleggiano su un mare di emozioni contrastanti.

“Si può amare qualcuno per anni senza che questa persona lo sappia…”

Erano loro.

“Non preoccuparti, Fersen tornerà sicuramente dall’ America…”

Non fosse mai tornato, pensa.

Si domanda se era il suo amore anche quello.

Alcune volte le era parso di cogliere la tristezza nei suoi occhi; era sempre pronto a nasconderla dietro un sorriso rassicurante. Non ha mai lasciato che potesse vederla, leggerla fino in fondo. Solo una visione fugace, quella notte dopo il ballo, mentre la consolava per un amore che credeva di non poter meritare.

La verità è sempre stata lì.

Una verità che quella sera ha intravisto.

Sarebbe bastato ascoltare.

 

Forse l’ha addirittura sentita nelle parole.

Nell’ abbraccio caldo e inaspettato, balsamo per una delusione cocente, da cui si sentiva schiacciata.

L’ ha percepita nelle sue mani che l’ accarezzavano, guardandola negli occhi, e sulla pelle a quel contatto era corso uno strano brivido.

Al pensiero lo sente di nuovo. S’ illude che sia il freddo.

Non so perché l’ho fatto, le aveva detto.

Bugiardo.

Aveva parlato e agito da uomo innamorato.

 

Due sere da dimenticare.

Sere diverse per immagini e sensazioni, confuse e contrastanti come due facce opposte; una delicata, famigliare, l’altra estranea e brutale.

E si chiedeva come facesse a essere così dolce e terribile nello stesso tempo. Proprio come quel mare davanti a lei; ti può cullare dolcemente o farti affondare nell’ abisso.

 

Chi sei, in realtà?

Me lo chiedo di nuovo, è una domanda che mi tormenta ormai.

Amico.

Fratello.

Sostegno sicuro.

Come contrasta quest’ immagine con l’ ultima più tremenda, con cui ti sei rivelato.

Nemico.

Mi chiedo quanto sono responsabile di questa macchia che ti deturpa.

Io ti ho fatto diventare quello che sei?

 

 

Il rumore della risacca la riporta indietro nel tempo.

Una strana dolorosa nostalgia la pervade.

Gli anni vissuti e perduti non torneranno.

Ci sono segnali che le dava e non ha colto.

Se avesse intuito prima…

Tanti se, tutti in fila.

 

 

Se mi fossi innamorata di te…

Saresti qui con me, e mi abbracceresti come hai fatto quella sera.

E baceresti le mie labbra che sanno di sale e di vento.

Oppure chissà, ameresti un’altra.

E io starei qui, a sfidare la mia solitudine.

A piangere per ciò che non posso avere.

Si alza il vento e io sento freddo. Il mare è agitato davanti a me.

Adesso io mi sento come il mare, agitata e battuta dai venti del mio cuore, che spazzano via tutto quello che siamo stati e non saremo più.

Hai distrutto tutto, André. Tutto quello che ero e che eri anche tu.

Sei una tempesta che si è abbattuta sulle nostre vite.

E se guardo indietro al passato, non conta più niente quello che eravamo. Non ha più valore.

E per un attimo, quando ero con te su quel letto, ho avuto la forte tentazione di mandare tutto al diavolo, di lasciarti fare di me ciò che volevi.

Non lottare!

Lasciagli fare quello che vuole, mi sono detta.

Così, dopo potrai odiarlo di più.

E poi qualcosa dentro di me si è ribellato; non potevo lasciartelo fare.

Una voce nella mia testa ha gridato: “Salvalo! Fallo prima che si perda per sempre, e salva te stessa dall’odio che proveresti dopo.”

Oh Dio, André…

Sì, ti avrei odiato.

E avrei odiato me stessa.

Ci saremmo uccisi a vicenda.

 

 

Lui non ha mai tentato di farle capire come stavano le cose tra loro.

Ma non ne è sicura.

La mancanza di una speranza, di qualcosa in cui credere può distruggere un uomo. Anche il più forte soccombe.

La corrente degli eventi li aveva trascinati troppo lontano, come barche alla deriva contro gli scogli dell’esistenza.

Fersen, a viso aperto, le aveva ricordato il suo fallimento come donna; da lì, tutto era precipitato. Lasciare le Guardie Reali era stata una conseguenza.

 

Ti ho detto che non avevo più bisogno di te.

Cerco di convincermi anche ora, di scacciarti dalla memoria, ma il soffio del vento mi riporta sempre a quella sera; quel tuo sguardo sulle scale mi aveva scottato l’anima.

Continuavo a sperare di aver frainteso.

Ho confuso l’amicizia con l’amore. 

Ho commesso lo stesso errore di Fersen.

Lo stesso errore.

Cieca.

Per oltre sette anni.

Così tanto da non vedere quello che provavi; la mia stessa sofferenza.

L’amore non ricambiato.

 

Quanto può far male…

 

Vent’ anni ho passato con te.

Pesanti come la vita, me li hai rovesciati addosso tutti in una sera.

 

Ho detto addio a Fersen con rassegnazione e tristezza.

Devo dire addio a te; mai dolore è stato più grande

Perdonami e dimenticami se puoi.

 

Pensa che se staranno lontani sarà più facile.

Anche per questo è venuta in Normandia, su questa spiaggia battuta da un vento gelido quanto il suo cuore, incapace di vedere le cose più ovvie.

Vorrebbe immaginare come sarà la vita senza di lui, ma non riesce a vedere così lontano. Si volta a guardare la spiaggia mentre ascolta lo sciabordio delle onde che s’infrangono sulla sabbia. Si guarda attorno; l’unico suono che la raggiunge è l’urlo del vento. La solitudine fa lo stesso rumore.

 

Mi mancherai André.

Mi mancherà la tua costante e silenziosa presenza al mio fianco, mi mancherà la nostra complicità, le nostre risate, la tua ironia sulle cose della vita.

Eppure mi dovrò abituare se davvero voglio vivere come un vero uomo.

Non ho altra scelta. Non mi dai altra scelta.

Non voglio più soffrire, André. Ti prego, cerca di comprendermi. 

Tu lo hai sempre fatto, ti chiedo di farlo anche ora.

Anche se mi hai detto che non potrò mai cancellare il fatto di essere nata donna, io non posso far altro che soffocare la mia natura, che per me è stata solo fonte di dolore. Innamorarmi è stato doloroso e triste.

È penoso pensare che anche per te sia stato così.

Non osavo dirtelo, non volevo ammetterlo.

Ma nascondersi con te, è inutile.

Lo hai capito prima di me e sei rimasto a guardare, mentre mi consumavo il cuore, perché non potevi fare altro. 

Prima di quella maledetta sera, non ricordo una sola volta che tu mi abbia fatto soffrire… Non era a causa tua che stavo male…

 

E tu, invece…

 

Quanto è forte il tuo cuore Andrè?

Come hai fatto a sopportare tutto in silenzio per tanto tempo?

La gelosia… Forse non ho saputo vederla… Nei tuoi gesti quotidiani avrei potuto cogliere qualcosa?

E avresti sopportato ancora chissà per quanto, se non ti avessi costretto a uscire allo scoperto.

Sono quasi certa che non me lo avresti mai detto, e io sarei vissuta per sempre nella mia bolla d’ ignoranza.

Colpevole di non sapere.

Non ti ho mai osservato con la giusta attenzione.

Come una stolta, pensavo non fosse necessario, che non ci fosse nulla da scoprire.

 

Nessun segreto. Niente. Pensavo di conoscerti…

 

Che presuntuosa.

 

Non voglio più essere la tua fonte di dolore André. 

Non posso saperti infelice a causa mia. Non riesco a sopportarlo.

Vorrei impedirlo con tutte le mie forze.

Ma loro mi hanno abbandonata; non so fare altro che stare qui a sfidare questo vento gelido, a guardare questo mare grigio piombo. E questa spiaggia sembra un deserto dove il relitto marcio di una barca affonda nella sabbia sollevata dall’aria.

 

Devo ritrovare l’età della mia innocenza…

e forse della tua.

 

 

 

****

 

 

Da molti giorni vengo qui, a Parigi, da quando sei partita per la Normandia.

È già una settimana; non siamo mai stati lontani più di un giorno.

Risate e schiamazzi attorno a me; l’ atmosfera allegra di questo luogo, è un contrasto netto con i sentimenti del mio animo cupo.

Mi sento quasi fuori posto in mezzo a gente che magari, è più disperata di me, ma per una sera si concede il lusso di dimenticare le proprie disgrazie.

Fa freddo laggiù; il vento che si alza dal mare ti congela la faccia e le mani.

 

Chissà cosa stai facendo in questo momento, cosa stai pensando.

Mi manchi, Oscar.

Mi manca il tuo silenzio davanti al camino acceso la sera, prima di andare a dormire. Stai tirando le somme della tua vita. Forse stai decidendo la mia sorte.

Riesco a immaginare la tua angoscia, la sento perché la mia è identica.

Dicono che il dolore aiuta a crescere, a diventare più forti.

Non so se sia vero, e non capisco perché si debba pagare un prezzo così alto.

Io non so perché ti amo così; l’amore è davvero il più grande dei misteri.

In alcuni momenti m’è parso fosse un sacrificio immenso, in altri una gioia cui non potevo rinunciare. Contrasti dell’anima con cui convivo da sempre.

Alla fine di ogni giornata, vengo qui a bere per annegare la mia pena.

C’è un amico con me… un soldato.

L’ho incontrato una sera come tante, in cui ero uscito per non pensare a te.

Anche adesso tento di non pensare a quello che è accaduto fra noi.

E non ci riesco.

Rivedo ogni cosa all’ infinito, come se la mia vita si fosse fermata quella notte, nella tua stanza.

 

Il mio amico è un omone grande e grosso, allegro e fondamentalmente buono, che ogni tanto si diverte a menare un po’ le mani con i suoi compagni di bevute, soldati come lui.

Mi parla della sua vita difficile e mi chiede qualcosa della mia.

Io non sempre gli rispondo; a volte mi limito ad ascoltarlo.

Tra un sorso e l’altro mi guardo attorno, scruto le facce di uomini segnate da lavoro e fatica, contadini vecchi e giovani; un’ attempata locandiera passa tra i tavolacci con un vassoio e una caraffa di vino. Ogni tanto dà una manata a chi tenta di afferrarla.

Al mio amico Alain, così si chiama, non ho detto che lavoro per una famiglia nobile, ma gli ho spiegato che ho bisogno di arruolarmi, perché ho perso la mia occupazione.

Mi ha detto che ho avuto una pessima idea.

Non importa; lui non sa cosa sto cercando.

In realtà, neppure io lo so.

Speranza.

Fede.

Perdono.

Una qualsiasi di queste cose.

Alain ha capito che ho un peso che mi grava sul cuore.

 

È vero.

 

È il peso del mio rimorso.

 

Credimi Oscar, non ero veramente io quella sera.

Era un altro André; qualcuno che di solito è nascosto nei recessi più profondi della mia anima, il mio lato oscuro.

Ma adesso che l’ho incontrato, ora che l’ho visto bene in faccia, non gli permetterò più di farti del male, perché io sono più forte, saprò esserlo.

Non credevo che sarebbe mai accaduto niente del genere.

 

Ho sempre pensato che lo avrei portato con me nella tomba senza renderlo manifesto, questo mio sentimento. Mi bastava starti accanto e mi sarei nutrito della tua presenza per sempre, convinto che nulla potesse dividerci.

Convinto che potesse bastarmi.

Ma dalla notte che ballasti con Fersen, quando ti ho avuta così docile, quasi fragile tra le mie braccia, ho compreso che non sarei riuscito a nasconderlo ancora a lungo. Avvertivo di essere arrivato al limite. Speravo solo non accadesse nel modo che invece è successo: con una rabbia e una violenza dettate dalla mia frustrazione e dalla paura di perderti, ora che il buio avanza.

Perderò la vista, Oscar.

Ma non importa; ti ho dato un occhio, ma ti darei anche la vita.

Non sai quante volte ho sognato di potermi dichiarare a te, come farebbe un qualsiasi uomo innamorato di una donna. Se non l’ho mai fatto, è solo perché sono sempre stato troppo consapevole della realtà che ci divide, delle troppe barriere fra noi.

Non volevo affliggerti con un sentimento che sarebbe stato inaccettabile nel nostro mondo.

Era un sogno, un bel sogno che doveva restare tale, non trasformarsi per colpa mia, in qualcosa di tragico.

Tante volte ho maledetto la mia condizione d’ inferiore, ma ho imparato ad accettare l’inevitabile; sono solo un servo, e non l’ho mai dimenticato.

Altra cosa non meno importante, tu eri innamorata di un altro uomo.

 

Il conte di Fersen, forse avrebbe potuto amarti se non avesse amato la regina.

Ero certo che prima o poi sarebbe venuto qui, a cercare la dama misteriosa, di cui si parla da qualche tempo nei salotti di Versailles.

Paventavo quel momento e la tua reazione.

Devo ammettere che mi aspettavo più delicatezza da parte sua; forse ora la sua immagine non apparirà più così perfetta ai tuoi occhi.

Ma chi sono io per giudicare?

Quella sera orribile ho dimostrato solo di essere peggiore di lui.

Indegno della tua considerazione.

Ti amo, ma ho tradito la tua fiducia.

Mi sono trasformato in nemico, irriconoscibile ai tuoi occhi.

Adesso mi sento terribilmente in colpa; avresti ragione a non volermi perdonare, a non volermi più vedere.

Eppure quando ti ho avuto tra le braccia, ho desiderato che il nostro contatto, per quanto ti fosse sgradito, non finisse.

Dimentica e perdonami se puoi.

Te l’ho giurato, non accadrà mai più.

Quel terribile gesto ha fatto male anche a me. Non è una scusante, lo so.

Mi ha fatto male vedere la tua agonia di fronte a Fersen che con dolore, ti diceva addio.

Non avevi mai pianto davanti a nessuno, meno che mai davanti ad un uomo.

Mai per amore.

Quanto ti è costato esporre così il tuo cuore.

Probabilmente, ti sei sentita fragile e incapace di difenderti.

Avrei voluto curare quel dolore, ma sapevo di non poter far nulla; mi sono sentito impotente. Inutile.

Come tu mi hai fatto sentire.

Non c’è balsamo che possa lenire le ferite lasciate da un amore non corrisposto, io lo so quanto te, ma l’impulso ad aiutarti è sempre stato più forte di tutto e speravo che tu mi dicessi cosa fare. Speravo che consolare il tuo cuore potesse alleviare anche il mio dolore. Non hai voluto.

 

Hai preferito fuggire da tutto.

Da Fersen.

Dalla regina che lui ama.

Dalla tua natura di donna.

Da me.

Vuoi vivere come un uomo, pensando che questo ti preservi dalla sofferenza.

 

Guardami Oscar; io sono un uomo.

Questo non mi rende immune dal dolore.

Potevo solo affrontarlo e sopportare il mio tormento in silenzio, ma non ho mai pensato neppure per un attimo di scappare.

Se fuggire fosse la soluzione, io sarei fuggito da te molto tempo fa.

Credimi Oscar, è inutile fuggire, di questo sono sicuro, come lo sono del fatto che ti amerò finché avrò vita.

Ti amerò anche se tu non dovessi amarmi mai.

Forse questo è il mio castigo.

Sono pronto ad accettarlo.

Amarti vuol dire soffrire, ma forse se mi perdonerai io avrò un po’ di pace.

Anche se tu non lo vuoi, devo restarti accanto; l’amore è la mia espiazione.

Quindi torna Oscar…

ti aspetto…

perché ancora non è finita.

 

 

*****

 

 

Sei tornata dalla Normandia, finalmente.

Sei in anticipo, hai fretta di cominciare la tua nuova vita e lasciare il passato alle spalle. I miei compagni già rumoreggiano e sono piuttosto seccati dal tuo arrivo improvviso. Prevedo guai. Forse non è stata una mossa ben calcolata.

Loro non sanno cosa ti ha mosso; penseranno che è una malizia da parte tua.

Alla fine mi sono arruolato.

Erano diversi giorni che ti aspettavo in questa caserma, cercando di vincere l’ansia e un vago timore che mi assale se penso che mi attende la sfida più difficile.

L’ennesimo duello con te, potrebbe essere l’ultimo che mi concederai.

È dura lottare contro la tua ostinazione, ma non posso tirarmi indietro proprio adesso; dopo una vita insieme per amore o per forza, i nodi non si sciolgono con tanta facilità.

Io non riesco a scioglierli e forse neppure tu.

È stato difficile, ma sono riuscito a sostenere il tuo sguardo implacabile.

Ero preparato alla tua rabbia.

 

Persa pure ciò che vuoi; che sono testardo, ribelle e sfrontato.

Pensa che sono diventato pazzo, ma quello che ti ho detto è la verità.

Solo io posso proteggerti, solo da me troverai la forza che ti serve per sostenere questa prova; sono l’unico che qui ti accetterà per quella che sei: una donna forte, forgiata dalla vita come una spada dal fuoco.

Vuoi camminare da sola, Oscar?

Va bene, fallo.

Te ne accorgerai; forse qui scoprirai cosa vuol dire essere davvero soli.

Soli e indifesi davanti al mondo.

 

So che non cederai, non farai sconti né a me né a te stessa, ma va bene lo stesso.

Mi basta stare qui, dove sono ora; non interferirò, ma se lo vorrai, troverai sempre il mio sguardo a sorreggerti.

È un impegno che ho preso col destino, che è più forte delle nostre volontà e sono deciso a rispettarlo fino in fondo. A qualunque costo.

 

 

*****

 

Mesi.

Mesi che sono qui.

I più difficili di tutta la mia vita.

 

Ero tornata a casa determinata a seguire la strada che avevo scelto: vivere come un vero uomo e scordare di essere una donna.

È curioso che mai come ora, la mia identità mi venga sbattuta in faccia costantemente.

Mi aspettavo di trovarti a casa al mio ritorno, ma tu non c’eri.

Ho temuto che te ne fossi andato per davvero, mi sono addirittura preoccupata quando tua nonna mi disse che non sapeva dove tu fossi. E mi fece domande a cui non potevo e non volevo rispondere.

Mi sono preoccupata, come una donna…

Beh, mi sono detta, non era ciò che volevo?

Era sorprendente che tu avessi obbedito.

Non sapevo ancora quanto mi sbagliavo.

 

Il mio nuovo difficile incarico: Comandante dei Soldati della Guardia Metropolitana di Parigi, un ruolo molto diverso da quello che ricoprivo prima.

Ed ecco la prima clamorosa sorpresa: ti ho trovato qui, tra questi soldati che sono così diversi da te e da me. Avrei dovuto capirlo che non eri disposto a rassegnarti tanto facilmente. Non sei così docile come sembri. Sei più testardo di quanto mi aspettassi.

Certo, hai del coraggio.

Non potevo assolutamente immaginare che avresti osato sfidarmi; dal momento che ti ho detto che eri libero di fare quello che volevi, mi hai preso in parola e ti sei arruolato, sapendo che non avrei potuto oppormi né ostacolarti in questa scelta, ostinato nella tua pretesa di volermi proteggere, qualunque cosa io possa pensare, hai detto.

 

 

Non so cosa speri di ottenere, benché io conosca le tue ragioni.

Forse vuoi semplicemente starmi vicino; ti ho confinato dentro il mio perimetro per così troppo tempo, che non sai più liberarti.

Non conosci altro.

Non sembri aspettarti nulla.

Ma ora so che mi ami e questo rende tutto diverso fra noi, me ne accorgo in ogni momento. Me ne sono accorta quel giorno, nell’armeria, quando i tuoi compagni ti hanno picchiato a sangue.

 

Ho lottato, André.

 

Ho lottato contro l’impulso feroce di venire a soccorrerti, mentre Alain si burlava di me. È tutto più complicato; ora, anche il gesto più spontaneo verso di te, diventa così difficile.

Cos’è che mi frena?

Mi sento persa di fronte a un sentimento così grande.

Potrei allontanarti, mandarti via dal reggimento, ho il potere per farlo.

Potrei firmare il tuo congedo in qualsiasi momento. Eppure non lo faccio.

Anche adesso, ho qui davanti questo foglio che attende solo di essere siglato dal mio nome. Ma la mia mano trema ogni volta che intingo il pennino nel calamaio e indugio sulla pergamena.

E mi rassegno così, alla tua volontà.  

Un giorno, Alain mi ha fatto la stessa domanda.

“Comandante, se non vi importa niente di lui, perché non lo lasciate andare? Solo voi potete liberarlo. Fatelo, se davvero siete sua amica e volete che non soffra.”

Non gli ho risposto, non volevo o forse non sapevo rispondergli.

Sono io che ti trattengo, Andrè? Eppure ti ho detto che sei libero.

 

Passa il tempo, e in mezzo a tutte le difficoltà che devo affrontare, l’ostilità dei soldati, i rimorsi tardivi di mio padre che ha tentato di farmi rinunciare all’uniforme, scopro che Alain ha ragione: non ti voglio lontano da me.

Non voglio che tu vada da nessuna parte.

Non so…

Forse sono troppo abituata a te.

Spio ogni tua mossa, dove vai e cosa fai, osservo la tua complicità con Alain che un po’ mi disturba, come se quella canaglia irriverente si fosse frapposta tra noi; ma che avrete mai da dirvi?

Bisbigliate come due vecchie comari pettegole.

Non mi eri mai parso tanto loquace.

Lentamente comprendo che in fondo, non ho mai voluto veramente allontanarti del tutto.

Non ho mai pensato concretamente a questa possibilità, anzi mi affretto a scacciare quest’ idea appena si affaccia ai miei pensieri.

 

Non ti ho mai reso le cose facili.

Egoisticamente, forse per me sarà più facile sapendo che tu sei qui, dove sono io.

E questi uomini che ora non mi rispettano, dovranno piegarsi al mio volere, come io mi sono piegata al tuo.

Prima o poi dovranno cedere…

Forse anch’io presto o tardi cederò.

 

Forse ti aspetti questo da me.

Mi chiedo se non hai già colto le crepe della mia corazza.

Attendi la mia resa.

Credi che possa amarti come meriteresti, André?

Ho capito, che nessuno più di te lo meriterebbe.

Come sarebbe essere amata da te? Quanta passione sapresti metterci?

Mi sorprendo a chiedermelo e quasi vorrei scoprirlo.

Il tuo amore sembra la lava di un vulcano che lenta e inesorabile, segue il suo corso e non c’è modo di fermarla: bisogna semplicemente arrendersi al suo passaggio.

Ne sono affascinata e spaventata perché penso che potrei bruciarmi.

Forse il mio è solo un pensiero perverso.

Colpa di quella sera che non riesco a dimenticare; vorrei, ma non posso.

Da mesi, continuo a pensare a quello che ho provato, alle sensazioni che mi hai trasmesso, allo spasimo violento della mia anima, che mi ha fatto desiderare per un attimo di perdermi e seguirti nella tua follia.

Ma tu ti sei fermato.

Appena in tempo, prima che io potessi scoprire cosa volevo in realtà. Ciò mi fa rabbia e non perché io abbia ancora del risentimento per te.

Mi fa rabbia non capire, o forse ho paura di capire davvero, di scoprire veramente quello che provo.

Non riesco a odiarti, perché mi ami.

Non ho il potere di impedirtelo, non posso evitare che tu soffra.

 

Va bene, mi arrendo; fai come ti pare…

Sei libero…

Amami se vuoi, in silenzio e senza speranza.

 

Forse.

 

Ti prometto che un giorno capirò veramente cos’è questo indefinibile sentimento che mi porto nel cuore, germinato quella sera che ballai con Fersen.

Da allora, tra noi è cambiato tutto e niente.

Scoprirò da dove viene quest’ansia che m’agita i pensieri e accelera il battito scomposto del cuore.

Avverto dentro me, qualcosa che era in attesa, assopito; si sta svegliando, come il seme sotto la neve dell’inverno inizia a crescere, scaldato dal primo sole primaverile.

Quel seme sei stato tu a risvegliarlo.

 

Forse la nostra è davvero una relazione pericolosa.

Hanno sbagliato a metterci insieme da bambini; non hanno calcolato il rischio di quello che poteva succedere, mettendo insieme due solitudini come le nostre.

Il minimo che potesse capitare era che uno di noi si innamorasse dell’altro.

Il più debole o il più forte… o semplicemente il più solo.

Mio padre non deve averci mai pensato.

Certo, per lui sono un uomo, ma io so di non esserlo, anche se mi ostino a vivere come tale.

Ma le mie pulsioni non sono quelle di un uomo, e per quanto io tenti di soffocarle, in alcuni momenti riemergono dal mio essere con prepotenza.

 

 

*****

 

 

 

Epilogo 

 

 

I mesi passano lentamente in questa caserma.

Le giornate sono scandite dalla solita routine, i doveri, le ronde, i pattugliamenti in questa città agitata.

Volevo che tutto tornasse indietro, che il nostro tempo si fermasse, ma qui si può solo andare avanti, e io non so dove stiamo andando.

Mi sento come se fossi trascinata via da tutto quello che accade intorno a noi. Vorrei fermarmi un momento a respirare e cambiare direzione.

Mi sembra che mi stia sfuggendo qualcosa, il tempo forse…

A volte ho l’impressione di correre a rotta di collo verso un precipizio e nessuno può arrestare la mia corsa.

La tensione cresce col passare dei giorni.

Il Re vuole convocare gli Stati Generali, penso che sia solo questione di tempo ormai.

Una sera io e Andrè siamo stati da Rosalie; dovevo parlare con suo marito per avere alcune informazioni su certi fatti di sangue, aggressioni ai danni degli aristocratici che stanno accadendo in città.

Prima di andarmene, Bernard mi ha detto una frase talmente inquietante che mi ha fatto gelare il sangue.

“Oscar, appena puoi lascia la Francia… non posso dirti altro.”

Ho trattenuto il respiro per un attimo.

“Se questo paese morirà, io morirò con esso…” ho risposto.

Non sapevo quello che stavo dicendo. Non sapevo cosa volesse dire morire.

Morire di solitudine.

Morire per una tua parola.

Per un tuo sguardo che cerco da giorni.

Vivere per un tuo sorriso se è rivolto a me.

Io ti spio, durante l’adunata cerco di cogliere ogni tuo impercettibile movimento. Ti inseguo senza raggiungerti mai.

 

I cavalli perfettamente schierati davanti a me, in fila.

Cerco sempre e solo la tua figura.

Da quanto tempo non parliamo più insieme, come una volta. Non c’è un attimo di tempo per restare soli. Qui c’è sempre troppo, tanto da fare.

Ordini e soltanto quelli.

Mi pesano a volte, come non è mai accaduto in passato.

L’età dell’innocenza non vuole più tornare.

 

Un giorno hai portato un dispaccio nel mio ufficio.

Quel giorno, era appena iniziata la primavera.

Ero in piedi davanti alla finestra.

Osservavo la piazza d’armi, che era teatro in quel momento di alcune esercitazioni.

Con un fazzoletto mi asciugavo il sudore della fronte.

Faceva caldo e io scottavo.

Tu sei entrato. Io mi sono voltata a guardarti.

Cerco di fissare nella mente i dettagli della tua divisa.

“Comandante è arrivato un dispaccio dal quartier generale.”

“Bene. Lascialo lì, André.”

Ti indico la scrivania con un gesto.

Ti avvicini e lasci il messaggio, mentre mi lascio sfuggire il fazzoletto dalla mano.

È un pezzetto di stoffa bianca che attraversa l’aria ondeggiando e cade leggero e silenzioso sul pavimento. Di nuovo quella sera.

Nello stesso momento in cui mi sono mossa per raccoglierlo, tu hai fatto lo stesso. Allora le nostre mani, involontariamente si sono sfiorate, per un istante.

Quasi in ginocchio, faccia a faccia.

Abbiamo indugiato, un tempo più lungo del necessario, prima di allontanarci e i nostri sguardi si sono incontrati.

I tuoi occhi verdi; ho continuato a fissarti, come se non potessi farne a meno, mentre le nostre mani erano ancora vicine.

Una carezza lenta per porgermi il fazzoletto. Le nostre dita si toccavano furtive.

Da quella sera evitiamo anche il contatto più banale.

Allora l’ho sentito.

Un pensiero, un lampo mi attraversa la mente.

 

Voglio che mi tocchi…

 

Lo sento; è lo stesso fremito di quella sera che mi sono vestita da donna per un altro. Il fremito che ho sentito, quando hai accarezzato dolcemente le mie braccia nude, quando mi hai stretto nel tuo abbraccio improvviso.

E capisco immediatamente cosa sto provando.

Posso dare un nome al brivido che sento.

 

Voglio che mi sfiori

Con mani piene di carezze

Delicate ma sicure

 

Ho paura che tu possa leggerlo nei miei occhi.

Tu cogli il mio fremito e ti fermi. Forse aspetti che io dica qualcosa.

Io continuo a guardarti. I miei occhi fissi nei tuoi.

Mi guardi in un modo strano.

Potrei indovinare a cosa pensi.

Tu senti esattamente quello che sento io.

“Grazie, André…”

La mia voce, un sussurro che quasi non riconosco.

“Hai altri ordini, Oscar?”

La voce stranamente bassa. Mi accarezza.

Aspetti e io non parlo.

Morire per un tuo sguardo.

Un altro lampo nella mia mente.

 

Voglio che mi tocchi

Pelle contro pelle

Le mie labbra sulle tue

Le tue sulle mie

 

“André, io…”

Non so cosa dire, sento che sto tremando.

Riconosco il mio desiderio… è pericoloso che tu sia qui.

Continui a guardarmi, e forse anche tu avverti qualcosa di strano.

Forse hai la mia stessa paura.

Paura di non saper resistere.

 

“Se non ci sono altri ordini, io andrei…”

Parli come se avessi fretta.

Vuoi scappare?

Mi piace il suono della tua voce.

“Oscar…?”

Improvvisamente mi riscuoto dal mio strano torpore.

“Puoi… andare, André. Non c’è altro.”

Cosa darei per trattenerti.

Per stringerti di nuovo contro il mio corpo.

Forse innocenza sarebbe ritornare tra le tue braccia.

Ma non trovo scuse.

 

Mi fai il saluto militare.

 

Il mio sguardo ti segue mentre ti volti e lasci il mio ufficio.

E qualcosa di te mi rimane addosso.

Lo sento scivolare sulla mia pelle come un rivolo di sudore sotto la divisa e le mie gambe si fanno molli. Devo appoggiarmi contro la scrivania.

È il mio desiderio che non posso placare.

Voglio scoprire la tua tenerezza, l’ho sentita quella sera e so che esiste.

Tu non sei un mostro, io lo so.

Ecco il mio desiderio…

Voglio incontrare quella parte di te che esiste solo per me…

Non so se è amore, ma si avvicina molto.

Toccami, André…

 

 

 

 

Voglio che mi tocchi

Pelle contro pelle

Le mie labbra sulle tue.

Le tue sulle mie

 

Voglio che mi sfiori

Con mani piene di carezze

Delicate ma sicure

Sul mio fianco unito al tuo.

 

Voglio che mi cerchi

Con sguardo e voce calda

Di promesse sconosciute.

 

Voglio che mi ami

Con passione travolgente

Nel corpo e nella mente.

 

Voglio che mi tocchi

Perché tu senta

Dentro l’anima e i pensieri

I palpiti del mio cuore

Che trema per amore.

 

 

 

Fine

 

 

 

Questo racconto è stato scritto anni fa; all’epoca questo era il miglior lieto fine che io riuscissi a concepire per una storia che per me è essenzialmente tragica; è l’unica parte del racconto che è rimasta sostanzialmente invariata.

Ho voluto lasciare come dei puntini di sospensione; mi interessava soprattutto arrivare al momento in cui Oscar diventa consapevole di quello che desidera, che per lei è già tanto. Non mi sento una poetessa, nonostante quella sorta di poesia finale; in realtà è stata scritta prima della storia vera e propria, solo dopo è stata aggiunta. Mi pareva adatta, e così l’ho lasciata. Un saluto a tutte.

 

   
 
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