4 – L’età dell’
innocenza
Aggiornato in data 20/02/2012 Ecco l’ epilogo di questa
storia; anche qui c’è qualche lieve variante rispetto alla prima stesura del
racconto. Più che altro è quasi un monologo dei due protagonisti. Era iniziato
nello stesso modo e ho voluto mantenere la forma originale. Anche qui non ci
sono fatti eclatanti e inoltre mi ispiro sempre molto all’anime originale. Il
titolo, lo avrete capito è ispirato al bellissimo film di M. Scorsese. Buona
lettura.
*****
Il cavallo lanciato al galoppo
sulla spiaggia.
Spruzzi d’acqua sul viso.
Odore di salsedine.
Il freddo d’ottobre punge gli
occhi.
Non è niente.
Il mare della Normandia l’ha
sempre amato.
Una distesa infinita che
contempla per ore; libera la mente da tutto il resto.
Adesso non è così.
Si sente come questo mare
burrascoso, battuto dai venti.
Strida di gabbiani si
confondono col suono cupo della sua anima inquieta.
Il ballo. Donna per una sera.
Un vestito mostrava al mondo
inconsapevole quello che non era mai stata.
Quella che mai più vorrà
essere.
Fine e inizio hanno coinciso
in quelle poche ore.
E poche ore possono
sconvolgere una vita per sempre.
Due vite in realtà; la sua e
quella di André.
Una notte, un maledetto ladro
che si era messa in testa di catturare, si è portato via l’occhio del suo
amico, come pegno di riscatto.
Il rimorso le è restato
incollato addosso come una sanguisuga che le succhia il sangue; quel terribile
incidente la perseguita ancora.
Come uno stupido cane fedele,
il senso di colpa l’ ha seguita fin qui, su questa spiaggia lontano da casa.
Eppure è lei quella che si sente
ferita.
È venuta in Normandia a
cercare la solitudine e trovare un attimo di pace, ma i ricordi l’ assalgono
come la marea.
Niente riesce ad arrestarli.
Ha lasciato il cavallo per
camminare lungo la spiaggia; le sue orme pesanti affondano nella rena, il vento
gonfia il suo mantello e le getta i capelli sulla faccia. Osserva il mare: è
agitato quest’oggi.
Vorrebbe non pensare a niente,
non ricordare niente, ma non ci riesce.
I pensieri turbinano nella sua
testa, come questo vento che la investe e la squassa.
Sono mulinelli impazziti che
si agitano implacabili senza sosta, mentre cerca di trovare un senso alla sua
vita, al suo passato. Tenta di tracciare una linea da seguire, una strada da
percorrere.
Ma non ci sono direzioni e non
sà dove andare.
Vorrebbe restare ferma a
guardare l’ orizzonte in eterno.
Un bacio tra cielo e mare.
Un altro bacio…
Qualcosa sull’orizzonte
s’infrange.
Perché, André?
Perché mi hai costretto a
porre un taglio così netto a tutto quanto?
Mi sento come se fossi divisa
in due.
Detriti di un passato troppo
vicino sono scene di due vite che scorrono nella mente.
Sembra solo ieri che erano
ancora amici.
Complici da sempre.
Fiducia reciproca.
Sospetti, dubbi, timori.
Si volta a guardare le orme
sul bagnasciuga e scopre che un’ ondata violenta le ha cancellate.
Una morsa le stringe il petto
come se mancasse ossigeno ai polmoni.
Quella maledetta sera nella
sua stanza.
L’ onda di maremoto che l’ha
travolta è la verità più dura e impietosa.
Quella sera sapevo che ti avrei
fatto del male.
Non sapevo che tu ne avresti
fatto di più a me.
Come farò a perdonarti?
Pensava di conoscerlo come la
sua anima.
Invece, ignorava tutto.
In malafede, ha sospettato che
potesse essere lui, il ladro che assaliva di notte le dimore della nobiltà.
Ma tutto ciò che faceva era
andare ad ascoltare dei comizi in una piccola chiesa, dove si parlava del
futuro di un paese, che sta andando in una direzione per lei ancora ignota.
Lo sguardo troppo azzurro
scruta un mare profondo come le incognite davanti a lei.
Sentimenti confusi nel cuore
umiliato.
Amore.
Rabbia.
Desiderio.
Tormento.
Orgoglio e umiliazione.
Voleva dimenticare di aver
amato.
Dimenticare di essere una
donna.
Ma si era scoperta gelosa; lui
faceva qualcosa senza coinvolgerla, e non voleva sentirsi esclusa dalla sua
vita, ma sarebbe stata pronta ad escludere lui dalla sua.
Poi ha indossato quel
maledetto costume nero.
Aveva preso il suo posto.
Non aveva capito il gesto.
Non aveva compreso perché,
seppur ferito, era venuto a cercarla al Palazzo Reale di Parigi, incurante del
rischio di perdere un occhio, la vita o cos’altro.
Quando si trattava di me non
hai mai esitato, neppure una volta.
Era così evidente se avessi
voluto vedere.
Ma non ho voluto, ho preferito
credere a ciò che mi conveniva.
Ho preferito accantonare le
mie intuizioni come fossero assurdità.
Il vento le sussurra frasi che
lui diceva, a cui non prestava attenzione.
Arrivano da lontano, come
relitti portati dalle onde dopo una tempesta.
Frammenti di una vecchia vita
che galleggiano su un mare di emozioni contrastanti.
“Si può amare qualcuno per anni
senza che questa persona lo sappia…”
Erano
loro.
“Non
preoccuparti, Fersen tornerà sicuramente dall’ America…”
Non fosse
mai tornato, pensa.
Si domanda
se era il suo amore anche quello.
Alcune volte
le era parso di cogliere la tristezza nei suoi occhi; era sempre pronto a
nasconderla dietro un sorriso rassicurante. Non ha mai lasciato che potesse
vederla, leggerla fino in fondo. Solo una visione fugace, quella
notte dopo il ballo, mentre la consolava per un amore che credeva di non poter
meritare.
La verità è sempre stata lì.
Una verità che quella sera ha
intravisto.
Sarebbe bastato ascoltare.
Forse l’ha addirittura sentita
nelle parole.
Nell’ abbraccio caldo e
inaspettato, balsamo per una delusione cocente, da cui si sentiva schiacciata.
L’ ha percepita nelle sue mani
che l’ accarezzavano, guardandola negli occhi, e sulla pelle a quel contatto
era corso uno strano brivido.
Al pensiero lo sente di nuovo.
S’ illude che sia il freddo.
Non so perché l’ho fatto, le aveva detto.
Bugiardo.
Aveva parlato e agito da uomo
innamorato.
Due sere da dimenticare.
Sere diverse per immagini e
sensazioni, confuse e contrastanti come due facce opposte; una delicata,
famigliare, l’altra estranea e brutale.
E si chiedeva come facesse a
essere così dolce e terribile nello stesso tempo. Proprio come quel mare
davanti a lei; ti può cullare dolcemente o farti affondare nell’ abisso.
Chi sei, in realtà?
Me lo chiedo di nuovo, è una
domanda che mi tormenta ormai.
Amico.
Fratello.
Sostegno sicuro.
Come contrasta quest’ immagine
con l’ ultima più tremenda, con cui ti sei rivelato.
Nemico.
Mi chiedo quanto sono
responsabile di questa macchia che ti deturpa.
Io ti ho fatto diventare
quello che sei?
Il rumore della risacca la
riporta indietro nel tempo.
Una strana dolorosa nostalgia
la pervade.
Gli anni vissuti e perduti non
torneranno.
Ci sono segnali che le dava e
non ha colto.
Se avesse intuito prima…
Tanti se, tutti in fila.
Se mi fossi innamorata di te…
Saresti qui con me, e mi
abbracceresti come hai fatto quella sera.
E baceresti le mie labbra che
sanno di sale e di vento.
Oppure chissà, ameresti
un’altra.
E io starei qui, a sfidare la
mia solitudine.
A piangere per ciò che non
posso avere.
Si alza il vento e io sento
freddo. Il mare è agitato davanti a me.
Adesso io mi sento come il
mare, agitata e battuta dai venti del mio cuore, che spazzano via tutto quello
che siamo stati e non saremo più.
Hai distrutto tutto, André.
Tutto quello che ero e che eri anche tu.
Sei una tempesta che si è
abbattuta sulle nostre vite.
E se guardo indietro al
passato, non conta più niente quello che eravamo. Non ha più valore.
E per un attimo, quando ero
con te su quel letto, ho avuto la forte tentazione di mandare tutto al diavolo,
di lasciarti fare di me ciò che volevi.
Non lottare!
Lasciagli fare quello che
vuole, mi sono detta.
Così, dopo potrai odiarlo di
più.
E poi qualcosa dentro di me si
è ribellato; non potevo lasciartelo fare.
Una voce nella mia testa ha
gridato: “Salvalo! Fallo prima che si perda per sempre, e salva te stessa
dall’odio che proveresti dopo.”
Oh
Dio, André…
Sì, ti avrei odiato.
E avrei odiato me stessa.
Ci saremmo uccisi a vicenda.
Lui non ha mai tentato di
farle capire come stavano le cose tra loro.
Ma non ne è sicura.
La mancanza di una speranza,
di qualcosa in cui credere può distruggere un uomo. Anche il più forte
soccombe.
La corrente degli eventi li
aveva trascinati troppo lontano, come barche alla deriva contro gli scogli
dell’esistenza.
Fersen, a viso aperto, le
aveva ricordato il suo fallimento come donna; da lì, tutto era precipitato.
Lasciare le Guardie Reali era stata una conseguenza.
Ti ho detto che non avevo più
bisogno di te.
Cerco di convincermi anche
ora, di scacciarti dalla memoria, ma il soffio del vento mi riporta sempre a
quella sera; quel tuo sguardo sulle scale mi aveva scottato l’anima.
Continuavo a sperare di aver
frainteso.
Ho confuso l’amicizia con
l’amore.
Ho commesso lo stesso errore
di Fersen.
Lo stesso errore.
Cieca.
Per oltre sette anni.
Così tanto da non vedere
quello che provavi; la mia stessa sofferenza.
L’amore non ricambiato.
Quanto può far male…
Vent’ anni ho passato con te.
Pesanti come la vita, me li
hai rovesciati addosso tutti in una sera.
Ho detto addio a Fersen con
rassegnazione e tristezza.
Devo dire addio a te; mai
dolore è stato più grande
Perdonami e dimenticami se
puoi.
Pensa che se staranno lontani
sarà più facile.
Anche per questo è venuta in
Normandia, su questa spiaggia battuta da un vento gelido quanto il suo cuore,
incapace di vedere le cose più ovvie.
Vorrebbe immaginare come sarà
la vita senza di lui, ma non riesce a vedere così lontano. Si volta a guardare
la spiaggia mentre ascolta lo sciabordio delle onde che s’infrangono sulla
sabbia. Si guarda attorno; l’unico suono che la raggiunge è l’urlo del vento.
La solitudine fa lo stesso rumore.
Mi mancherai André.
Mi mancherà la tua costante e
silenziosa presenza al mio fianco, mi mancherà la nostra complicità, le nostre
risate, la tua ironia sulle cose della vita.
Eppure mi dovrò abituare se
davvero voglio vivere come un vero uomo.
Non ho altra scelta. Non mi
dai altra scelta.
Non voglio più soffrire,
André. Ti prego, cerca di comprendermi.
Tu lo hai sempre fatto, ti
chiedo di farlo anche ora.
Anche se mi hai detto che non
potrò mai cancellare il fatto di essere nata donna, io non posso far altro che
soffocare la mia natura, che per me è stata solo fonte di dolore. Innamorarmi è
stato doloroso e triste.
È penoso pensare che anche per
te sia stato così.
Non osavo dirtelo, non volevo
ammetterlo.
Ma nascondersi con te, è
inutile.
Lo hai capito prima di me e
sei rimasto a guardare, mentre mi consumavo il cuore, perché non potevi fare
altro.
Prima di quella maledetta
sera, non ricordo una sola volta che tu mi abbia fatto soffrire… Non era a
causa tua che stavo male…
E tu, invece…
Quanto è forte il tuo cuore
Andrè?
Come hai fatto a sopportare
tutto in silenzio per tanto tempo?
La gelosia… Forse non ho
saputo vederla… Nei tuoi gesti quotidiani avrei potuto cogliere qualcosa?
E avresti sopportato ancora
chissà per quanto, se non ti avessi costretto a uscire allo scoperto.
Sono quasi certa che non me lo
avresti mai detto, e io sarei vissuta per sempre nella mia bolla d’ ignoranza.
Colpevole di non sapere.
Non ti ho mai osservato con la
giusta attenzione.
Come una stolta, pensavo non
fosse necessario, che non ci fosse nulla da scoprire.
Nessun segreto. Niente.
Pensavo di conoscerti…
Che presuntuosa.
Non voglio più essere la tua
fonte di dolore André.
Non posso saperti infelice a
causa mia. Non riesco a sopportarlo.
Vorrei impedirlo con tutte le
mie forze.
Ma loro mi hanno abbandonata;
non so fare altro che stare qui a sfidare questo vento gelido, a guardare
questo mare grigio piombo. E questa spiaggia sembra un deserto dove il relitto
marcio di una barca affonda nella sabbia sollevata dall’aria.
Devo ritrovare l’età della mia
innocenza…
e forse della tua.
****
Da molti giorni vengo qui, a
Parigi, da quando sei partita per la Normandia.
È già una settimana; non siamo
mai stati lontani più di un giorno.
Risate e schiamazzi attorno a
me; l’ atmosfera allegra di questo luogo, è un contrasto netto con i sentimenti
del mio animo cupo.
Mi sento quasi fuori posto in
mezzo a gente che magari, è più disperata di me, ma per una sera si concede il lusso
di dimenticare le proprie disgrazie.
Fa freddo laggiù; il vento che
si alza dal mare ti congela la faccia e le mani.
Chissà cosa stai facendo in
questo momento, cosa stai pensando.
Mi manchi, Oscar.
Mi manca il tuo silenzio
davanti al camino acceso la sera, prima di andare a dormire. Stai tirando le
somme della tua vita. Forse stai decidendo la mia sorte.
Riesco a immaginare la tua
angoscia, la sento perché la mia è identica.
Dicono che il dolore aiuta a
crescere, a diventare più forti.
Non so se sia vero, e non
capisco perché si debba pagare un prezzo così alto.
Io non so perché ti amo così;
l’amore è davvero il più grande dei misteri.
In alcuni momenti m’è parso
fosse un sacrificio immenso, in altri una gioia cui non potevo rinunciare.
Contrasti dell’anima con cui convivo da sempre.
Alla fine di ogni giornata,
vengo qui a bere per annegare la mia pena.
C’è un amico con me… un
soldato.
L’ho incontrato una sera come
tante, in cui ero uscito per non pensare a te.
Anche adesso tento di non
pensare a quello che è accaduto fra noi.
E non ci riesco.
Rivedo ogni cosa all’
infinito, come se la mia vita si fosse fermata quella notte, nella tua stanza.
Il mio amico è un omone grande
e grosso, allegro e fondamentalmente buono, che ogni tanto si diverte a menare
un po’ le mani con i suoi compagni di bevute, soldati come lui.
Mi parla della sua vita
difficile e mi chiede qualcosa della mia.
Io non sempre gli rispondo; a
volte mi limito ad ascoltarlo.
Tra un sorso e l’altro mi
guardo attorno, scruto le facce di uomini segnate da lavoro e fatica, contadini
vecchi e giovani; un’ attempata locandiera passa tra i tavolacci con un vassoio
e una caraffa di vino. Ogni tanto dà una manata a chi tenta di afferrarla.
Al mio amico Alain, così si
chiama, non ho detto che lavoro per una famiglia nobile, ma gli ho spiegato che
ho bisogno di arruolarmi, perché ho perso la mia occupazione.
Mi ha detto che ho avuto una
pessima idea.
Non importa; lui non sa cosa
sto cercando.
In realtà, neppure io lo so.
Speranza.
Fede.
Perdono.
Una qualsiasi di queste cose.
Alain ha capito che ho un peso
che mi grava sul cuore.
È vero.
È il peso del mio rimorso.
Credimi Oscar, non ero
veramente io quella sera.
Era un altro André; qualcuno
che di solito è nascosto nei recessi più profondi della mia anima, il mio lato
oscuro.
Ma adesso che l’ho incontrato,
ora che l’ho visto bene in faccia, non gli permetterò più di farti del male,
perché io sono più forte, saprò esserlo.
Non credevo che sarebbe mai
accaduto niente del genere.
Ho sempre pensato che lo avrei
portato con me nella tomba senza renderlo manifesto, questo mio sentimento. Mi
bastava starti accanto e mi sarei nutrito della tua presenza per sempre,
convinto che nulla potesse dividerci.
Convinto che potesse bastarmi.
Ma dalla notte che ballasti
con Fersen, quando ti ho avuta così docile, quasi fragile tra le mie braccia,
ho compreso che non sarei riuscito a nasconderlo ancora a lungo. Avvertivo di
essere arrivato al limite. Speravo solo non accadesse nel modo che invece è
successo: con una rabbia e una violenza dettate dalla mia frustrazione e dalla
paura di perderti, ora che il buio avanza.
Perderò la vista, Oscar.
Ma non importa; ti ho dato un
occhio, ma ti darei anche la vita.
Non sai quante volte ho
sognato di potermi dichiarare a te, come farebbe un qualsiasi uomo innamorato
di una donna. Se non l’ho mai fatto, è solo perché sono sempre stato troppo
consapevole della realtà che ci divide, delle troppe barriere fra noi.
Non volevo affliggerti con un
sentimento che sarebbe stato inaccettabile nel nostro mondo.
Era un sogno, un bel sogno che
doveva restare tale, non trasformarsi per colpa mia, in qualcosa di tragico.
Tante volte ho maledetto la
mia condizione d’ inferiore, ma ho imparato ad accettare l’inevitabile; sono
solo un servo, e non l’ho mai dimenticato.
Altra cosa non meno importante,
tu eri innamorata di un altro uomo.
Il conte di Fersen, forse
avrebbe potuto amarti se non avesse amato la regina.
Ero certo che prima o poi
sarebbe venuto qui, a cercare la dama misteriosa, di cui si parla da qualche
tempo nei salotti di Versailles.
Paventavo quel momento e la
tua reazione.
Devo ammettere che mi
aspettavo più delicatezza da parte sua; forse ora la sua immagine non apparirà
più così perfetta ai tuoi occhi.
Ma chi sono io per giudicare?
Quella sera orribile ho
dimostrato solo di essere peggiore di lui.
Indegno della tua
considerazione.
Ti amo, ma ho tradito la tua
fiducia.
Mi sono trasformato in nemico,
irriconoscibile ai tuoi occhi.
Adesso mi sento terribilmente in
colpa; avresti ragione a non volermi perdonare, a non volermi più vedere.
Eppure quando ti ho avuto tra
le braccia, ho desiderato che il nostro contatto, per quanto ti fosse sgradito,
non finisse.
Dimentica e perdonami se puoi.
Te l’ho giurato, non accadrà
mai più.
Quel terribile gesto ha fatto
male anche a me. Non è una scusante, lo so.
Mi ha fatto male vedere la tua
agonia di fronte a Fersen che con dolore, ti diceva addio.
Non avevi mai pianto davanti a
nessuno, meno che mai davanti ad un uomo.
Mai per amore.
Quanto ti è costato esporre
così il tuo cuore.
Probabilmente, ti sei sentita
fragile e incapace di difenderti.
Avrei voluto curare quel
dolore, ma sapevo di non poter far nulla; mi sono sentito impotente. Inutile.
Come tu mi hai fatto sentire.
Non c’è balsamo che possa
lenire le ferite lasciate da un amore non corrisposto, io lo so quanto te, ma
l’impulso ad aiutarti è sempre stato più forte di tutto e speravo che tu mi
dicessi cosa fare. Speravo che consolare il tuo cuore potesse alleviare anche
il mio dolore. Non hai voluto.
Hai preferito fuggire da
tutto.
Da Fersen.
Dalla regina che lui ama.
Dalla tua natura di donna.
Da me.
Vuoi vivere come un uomo,
pensando che questo ti preservi dalla sofferenza.
Guardami Oscar; io sono un
uomo.
Questo non mi rende immune dal
dolore.
Potevo solo affrontarlo e
sopportare il mio tormento in silenzio, ma non ho mai pensato neppure per un
attimo di scappare.
Se fuggire fosse la soluzione,
io sarei fuggito da te molto tempo fa.
Credimi Oscar, è inutile
fuggire, di questo sono sicuro, come lo sono del fatto che ti amerò finché avrò
vita.
Ti amerò anche se tu non
dovessi amarmi mai.
Forse questo è il mio castigo.
Sono pronto ad accettarlo.
Amarti vuol dire soffrire, ma forse
se mi perdonerai io avrò un po’ di pace.
Anche se tu non lo vuoi, devo
restarti accanto; l’amore è la mia espiazione.
Quindi torna Oscar…
ti aspetto…
perché ancora non è finita.
*****
Sei tornata dalla Normandia,
finalmente.
Sei in anticipo, hai fretta di
cominciare la tua nuova vita e lasciare il passato alle spalle. I miei compagni
già rumoreggiano e sono piuttosto seccati dal tuo arrivo improvviso. Prevedo
guai. Forse non è stata una mossa ben calcolata.
Loro non sanno cosa ti ha
mosso; penseranno che è una malizia da parte tua.
Alla fine mi sono arruolato.
Erano diversi giorni che ti
aspettavo in questa caserma, cercando di vincere l’ansia e un vago timore che
mi assale se penso che mi attende la sfida più difficile.
L’ennesimo duello con te,
potrebbe essere l’ultimo che mi concederai.
È dura lottare contro la tua
ostinazione, ma non posso tirarmi indietro proprio adesso; dopo una vita
insieme per amore o per forza, i nodi non si sciolgono con tanta facilità.
Io non riesco a scioglierli e forse
neppure tu.
È stato difficile, ma sono
riuscito a sostenere il tuo sguardo implacabile.
Ero preparato alla tua rabbia.
Persa pure ciò che vuoi; che
sono testardo, ribelle e sfrontato.
Pensa che sono diventato
pazzo, ma quello che ti ho detto è la verità.
Solo io posso proteggerti,
solo da me troverai la forza che ti serve per sostenere questa prova; sono
l’unico che qui ti accetterà per quella che sei: una donna forte, forgiata
dalla vita come una spada dal fuoco.
Vuoi camminare da sola, Oscar?
Va bene, fallo.
Te ne accorgerai; forse qui
scoprirai cosa vuol dire essere davvero soli.
Soli e indifesi davanti al
mondo.
So che non cederai, non farai
sconti né a me né a te stessa, ma va bene lo stesso.
Mi basta stare qui, dove sono ora;
non interferirò, ma se lo vorrai, troverai sempre il mio sguardo a sorreggerti.
È un impegno che ho preso col
destino, che è più forte delle nostre volontà e sono deciso a rispettarlo fino
in fondo. A qualunque costo.
*****
Mesi.
Mesi che sono qui.
I più difficili di tutta la
mia vita.
Ero tornata a casa determinata
a seguire la strada che avevo scelto: vivere come un vero uomo e scordare di
essere una donna.
È curioso che mai come ora, la
mia identità mi venga sbattuta in faccia costantemente.
Mi aspettavo di trovarti a
casa al mio ritorno, ma tu non c’eri.
Ho temuto che te ne fossi
andato per davvero, mi sono addirittura preoccupata quando tua nonna mi disse
che non sapeva dove tu fossi. E mi fece domande a cui non potevo e non volevo
rispondere.
Mi sono preoccupata, come una
donna…
Beh, mi sono detta, non era
ciò che volevo?
Era sorprendente che tu avessi
obbedito.
Non sapevo ancora quanto mi
sbagliavo.
Il mio nuovo difficile
incarico: Comandante dei Soldati della Guardia Metropolitana di Parigi, un
ruolo molto diverso da quello che ricoprivo prima.
Ed ecco la prima clamorosa
sorpresa: ti ho trovato qui, tra questi soldati che sono così diversi da te e
da me. Avrei dovuto capirlo che non eri disposto a rassegnarti tanto
facilmente. Non sei così docile come sembri. Sei più testardo di quanto mi
aspettassi.
Certo, hai del coraggio.
Non potevo assolutamente
immaginare che avresti osato sfidarmi; dal momento che ti ho detto che eri
libero di fare quello che volevi, mi hai preso in parola e ti sei arruolato,
sapendo che non avrei potuto oppormi né ostacolarti in questa scelta, ostinato
nella tua pretesa di volermi proteggere, qualunque cosa io possa pensare, hai
detto.
Non so cosa speri di ottenere,
benché io conosca le tue ragioni.
Forse vuoi semplicemente
starmi vicino; ti ho confinato dentro il mio perimetro per così troppo tempo,
che non sai più liberarti.
Non conosci altro.
Non sembri aspettarti nulla.
Ma ora so che mi ami e questo
rende tutto diverso fra noi, me ne accorgo in ogni momento. Me ne sono accorta
quel giorno, nell’armeria, quando i tuoi compagni ti hanno picchiato a sangue.
Ho lottato, André.
Ho lottato contro l’impulso
feroce di venire a soccorrerti, mentre Alain si burlava di me. È tutto più
complicato; ora, anche il gesto più spontaneo verso di te, diventa così
difficile.
Cos’è che mi frena?
Mi sento persa di fronte a un
sentimento così grande.
Potrei allontanarti, mandarti
via dal reggimento, ho il potere per farlo.
Potrei firmare il tuo congedo
in qualsiasi momento. Eppure non lo faccio.
Anche adesso, ho qui davanti
questo foglio che attende solo di essere siglato dal mio nome. Ma la mia mano
trema ogni volta che intingo il pennino nel calamaio e indugio sulla pergamena.
E mi rassegno così, alla tua
volontà.
Un giorno, Alain mi ha fatto
la stessa domanda.
“Comandante, se non vi importa
niente di lui, perché non lo lasciate andare? Solo voi potete liberarlo.
Fatelo, se davvero siete sua amica e volete che non soffra.”
Non gli ho risposto, non
volevo o forse non sapevo rispondergli.
Sono io che ti trattengo,
Andrè? Eppure ti ho detto che sei libero.
Passa il tempo, e in mezzo a
tutte le difficoltà che devo affrontare, l’ostilità dei soldati, i rimorsi
tardivi di mio padre che ha tentato di farmi rinunciare all’uniforme, scopro
che Alain ha ragione: non ti voglio lontano da me.
Non voglio che tu vada da
nessuna parte.
Non so…
Forse sono troppo abituata a
te.
Spio ogni tua mossa, dove vai
e cosa fai, osservo la tua complicità con Alain che un po’ mi disturba, come se
quella canaglia irriverente si fosse frapposta tra noi; ma che avrete mai da
dirvi?
Bisbigliate come due vecchie
comari pettegole.
Non mi eri mai parso tanto
loquace.
Lentamente comprendo che in
fondo, non ho mai voluto veramente allontanarti del tutto.
Non ho mai pensato
concretamente a questa possibilità, anzi mi affretto a scacciare quest’ idea
appena si affaccia ai miei pensieri.
Non ti ho mai reso le cose
facili.
Egoisticamente, forse per me
sarà più facile sapendo che tu sei qui, dove sono io.
E questi uomini che ora non mi
rispettano, dovranno piegarsi al mio volere, come io mi sono piegata al tuo.
Prima o poi dovranno cedere…
Forse anch’io presto o tardi
cederò.
Forse ti aspetti questo da me.
Mi chiedo se non hai già colto
le crepe della mia corazza.
Attendi la mia resa.
Credi che possa amarti come
meriteresti, André?
Ho capito, che nessuno più di
te lo meriterebbe.
Come sarebbe essere amata da
te? Quanta passione sapresti metterci?
Mi sorprendo a chiedermelo e
quasi vorrei scoprirlo.
Il tuo amore sembra la lava di
un vulcano che lenta e inesorabile, segue il suo corso e non c’è modo di
fermarla: bisogna semplicemente arrendersi al suo passaggio.
Ne sono affascinata e
spaventata perché penso che potrei bruciarmi.
Forse il mio è solo un
pensiero perverso.
Colpa di quella sera che non
riesco a dimenticare; vorrei, ma non posso.
Da mesi, continuo a pensare a
quello che ho provato, alle sensazioni che mi hai trasmesso, allo spasimo
violento della mia anima, che mi ha fatto desiderare per un attimo di perdermi
e seguirti nella tua follia.
Ma tu ti sei fermato.
Appena in tempo, prima che io
potessi scoprire cosa volevo in realtà. Ciò mi fa rabbia e non perché io abbia
ancora del risentimento per te.
Mi fa rabbia non capire, o
forse ho paura di capire davvero, di scoprire veramente quello che provo.
Non riesco a odiarti, perché
mi ami.
Non ho il potere di
impedirtelo, non posso evitare che tu soffra.
Va bene, mi arrendo; fai come
ti pare…
Sei libero…
Amami se vuoi, in silenzio e
senza speranza.
Forse.
Ti prometto che un giorno
capirò veramente cos’è questo indefinibile sentimento che mi porto nel cuore,
germinato quella sera che ballai con Fersen.
Da allora, tra noi è cambiato
tutto e niente.
Scoprirò da dove viene
quest’ansia che m’agita i pensieri e accelera il battito scomposto del cuore.
Avverto dentro me, qualcosa
che era in attesa, assopito; si sta svegliando, come il seme sotto la neve
dell’inverno inizia a crescere, scaldato dal primo sole primaverile.
Quel seme sei stato tu a
risvegliarlo.
Forse la nostra è davvero una
relazione pericolosa.
Hanno sbagliato a metterci
insieme da bambini; non hanno calcolato il rischio di quello che poteva
succedere, mettendo insieme due solitudini come le nostre.
Il minimo che potesse capitare
era che uno di noi si innamorasse dell’altro.
Il più debole o il più forte…
o semplicemente il più solo.
Mio padre non deve averci mai
pensato.
Certo, per lui sono un uomo,
ma io so di non esserlo, anche se mi ostino a vivere come tale.
Ma le mie pulsioni non sono
quelle di un uomo, e per quanto io tenti di soffocarle, in alcuni momenti
riemergono dal mio essere con prepotenza.
*****
Epilogo
I mesi passano lentamente in
questa caserma.
Le giornate sono scandite
dalla solita routine, i doveri, le ronde, i pattugliamenti in questa città
agitata.
Volevo che tutto tornasse
indietro, che il nostro tempo si fermasse, ma qui si può solo andare avanti, e
io non so dove stiamo andando.
Mi sento come se fossi
trascinata via da tutto quello che accade intorno a noi. Vorrei fermarmi un
momento a respirare e cambiare direzione.
Mi sembra che mi stia
sfuggendo qualcosa, il tempo forse…
A volte ho l’impressione di
correre a rotta di collo verso un precipizio e nessuno può arrestare la mia
corsa.
La tensione cresce col passare
dei giorni.
Il Re vuole convocare gli
Stati Generali, penso che sia solo questione di tempo ormai.
Una sera io e Andrè siamo
stati da Rosalie; dovevo parlare con suo marito per avere alcune informazioni
su certi fatti di sangue, aggressioni ai danni degli aristocratici che stanno
accadendo in città.
Prima di andarmene, Bernard mi
ha detto una frase talmente inquietante che mi ha fatto gelare il sangue.
“Oscar, appena puoi lascia la
Francia… non posso dirti altro.”
Ho trattenuto il respiro per
un attimo.
“Se questo paese morirà, io
morirò con esso…” ho risposto.
Non sapevo quello che stavo
dicendo. Non sapevo cosa volesse dire morire.
Morire di solitudine.
Morire per una tua parola.
Per un tuo sguardo che cerco
da giorni.
Vivere per un tuo sorriso se è
rivolto a me.
Io ti spio, durante l’adunata
cerco di cogliere ogni tuo impercettibile movimento. Ti inseguo senza
raggiungerti mai.
I cavalli perfettamente
schierati davanti a me, in fila.
Cerco sempre e solo la tua
figura.
Da quanto tempo non parliamo
più insieme, come una volta. Non c’è un attimo di tempo per restare soli. Qui
c’è sempre troppo, tanto da fare.
Ordini e soltanto quelli.
Mi pesano a volte, come non è
mai accaduto in passato.
L’età dell’innocenza non vuole
più tornare.
Un giorno hai portato un
dispaccio nel mio ufficio.
Quel giorno, era appena
iniziata la primavera.
Ero in piedi davanti alla
finestra.
Osservavo la piazza d’armi,
che era teatro in quel momento di alcune esercitazioni.
Con un fazzoletto mi asciugavo
il sudore della fronte.
Faceva caldo e io scottavo.
Tu sei entrato. Io mi sono
voltata a guardarti.
Cerco di fissare nella mente i
dettagli della tua divisa.
“Comandante è arrivato un
dispaccio dal quartier generale.”
“Bene. Lascialo lì, André.”
Ti indico la scrivania con un
gesto.
Ti avvicini e lasci il
messaggio, mentre mi lascio sfuggire il fazzoletto dalla mano.
È un pezzetto di stoffa bianca
che attraversa l’aria ondeggiando e cade leggero e silenzioso sul pavimento. Di
nuovo quella sera.
Nello stesso momento in cui mi
sono mossa per raccoglierlo, tu hai fatto lo stesso. Allora le nostre mani,
involontariamente si sono sfiorate, per un istante.
Quasi in ginocchio, faccia a
faccia.
Abbiamo indugiato, un tempo
più lungo del necessario, prima di allontanarci e i nostri sguardi si sono
incontrati.
I tuoi occhi verdi; ho
continuato a fissarti, come se non potessi farne a meno, mentre le nostre mani
erano ancora vicine.
Una carezza lenta per porgermi
il fazzoletto. Le nostre dita si toccavano furtive.
Da quella sera evitiamo anche
il contatto più banale.
Allora l’ho sentito.
Un pensiero, un lampo mi
attraversa la mente.
Voglio che mi tocchi…
Lo sento; è lo stesso fremito
di quella sera che mi sono vestita da donna per un altro. Il fremito che ho sentito,
quando hai accarezzato dolcemente le mie braccia nude, quando mi hai stretto
nel tuo abbraccio improvviso.
E capisco immediatamente cosa
sto provando.
Posso dare un nome al brivido
che sento.
Voglio che mi sfiori
Con mani piene di carezze
Delicate ma sicure
Ho paura che tu possa leggerlo
nei miei occhi.
Tu cogli il mio fremito e ti
fermi. Forse aspetti che io dica qualcosa.
Io continuo a guardarti. I
miei occhi fissi nei tuoi.
Mi guardi in un modo strano.
Potrei indovinare a cosa
pensi.
Tu senti esattamente quello
che sento io.
“Grazie, André…”
La mia voce, un sussurro che
quasi non riconosco.
“Hai altri ordini, Oscar?”
La voce stranamente bassa. Mi
accarezza.
Aspetti e io non parlo.
Morire per un tuo sguardo.
Un altro lampo nella mia mente.
Voglio che mi tocchi
Pelle contro pelle
Le mie labbra sulle tue
Le tue sulle mie
“André, io…”
Non so cosa dire, sento che
sto tremando.
Riconosco il mio desiderio… è
pericoloso che tu sia qui.
Continui a guardarmi, e forse
anche tu avverti qualcosa di strano.
Forse hai la mia stessa paura.
Paura di non saper resistere.
“Se non ci sono altri ordini,
io andrei…”
Parli come se avessi fretta.
Vuoi scappare?
Mi piace il suono della tua
voce.
“Oscar…?”
Improvvisamente mi riscuoto
dal mio strano torpore.
“Puoi… andare, André. Non c’è
altro.”
Cosa darei per trattenerti.
Per stringerti di nuovo contro
il mio corpo.
Forse innocenza sarebbe
ritornare tra le tue braccia.
Ma non trovo scuse.
Mi fai il saluto militare.
Il mio sguardo ti segue mentre
ti volti e lasci il mio ufficio.
E qualcosa di te mi rimane
addosso.
Lo sento scivolare sulla mia
pelle come un rivolo di sudore sotto la divisa e le mie gambe si fanno molli.
Devo appoggiarmi contro la scrivania.
È il mio desiderio che non
posso placare.
Voglio scoprire la tua
tenerezza, l’ho sentita quella sera e so che esiste.
Tu non sei un mostro, io lo
so.
Ecco il mio desiderio…
Voglio incontrare quella parte
di te che esiste solo per me…
Non so se è amore, ma si
avvicina molto.
Toccami, André…
Voglio che mi tocchi
Pelle contro pelle
Le mie labbra sulle tue.
Le tue sulle mie
Voglio che mi sfiori
Con mani piene di carezze
Delicate ma sicure
Sul mio fianco unito al
tuo.
Voglio che mi cerchi
Con sguardo e voce calda
Di promesse sconosciute.
Voglio che mi ami
Con passione travolgente
Nel corpo e nella mente.
Voglio che mi tocchi
Perché tu senta
Dentro l’anima e i
pensieri
I palpiti del mio cuore
Che trema per amore.
Fine
Questo racconto è stato scritto anni fa; all’epoca questo era il
miglior lieto fine che io riuscissi a concepire per una storia che per me è
essenzialmente tragica; è l’unica parte del racconto che è rimasta
sostanzialmente invariata.
Ho voluto lasciare come dei puntini di sospensione; mi interessava
soprattutto arrivare al momento in cui Oscar diventa consapevole di quello che
desidera, che per lei è già tanto. Non mi sento una poetessa, nonostante quella
sorta di poesia finale; in realtà è stata scritta prima della storia vera e
propria, solo dopo è stata aggiunta. Mi pareva adatta, e così l’ho lasciata. Un
saluto a tutte.