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Autore: _Black_Rainbow_    29/01/2015    1 recensioni
Una piccola storia ambientata in Francia, al Moulin Rouge con protagonisti Nat e Clint.
Buona Lettura
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clint Barton/Occhio di Falco, Natasha Romanoff/Vedova Nera
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Non aveva mai smesso di presentarsi al locale, ma quel giorno era diverso.

Quando Clint entrò al Moulin Rouge si accorse subito che l’atmosfera era meno frenetica delle serate precedenti e più sensuale, ma in fondo poco gli importava di tutto questo finché quella donna non fosse salita sul palco. Cominciava a credere che senza i soliti polli pieni di soldi non si sarebbe fatta vedere, era al secondo bicchiere di Gin e stava per andarsene quando Lei uscì con le altre.

Per la prima volta avevano tutte lo stesso vestito, la stessa coreografia, e lui non era certo che la cosa gli piacesse, una parte di sé stesso preferiva vederla brillare da sola, anche nel gruppo riusciva a spiccare, ma sembrava mediocre.

Stava ancora riflettendo, perso nelle sue considerazioni quando una mano minuta e morbida strinse la sua. Le dita affusolate lo presero senza possibilità di scampo e si ritrovò al centro della sala, tra le braccia della donna più bella che avesse mai visto.

Coglieva l’ironia della situazione, lui era un pessimo ballerino e lei conduceva per lui, eppure gli faceva credere di essere al comando. Una magra consolazione per il suo ego ferito, ma in fondo quella doveva essere la parte più semplice del suo lavoro, dare agli uomini ciò che volevano, sicuramente aveva fatto di peggio.

-Vieni qui spesso.

Un piccolo ghigno si aprì sul suo volto.

-Mi piace il panorama.

Lei rise, una risata frivola e leggera che stonava con tutto il resto.

-Non sembravi molto interessato prima.

-Mi stavi spiando?

-Il mio lavoro è osservare ed agire.

Lui annuì semplicemente, il suo lavoro non era poi così diverso, solo lo scopo finale era diverso, profondamente diverso. Si chiedeva se fosse davvero lei quella o se lo avesse studiato fino ad interpretare la parte più adatta per piacergli, Clint amava le ragazze capaci di tenergli testa.

Stanco di ballare la trascinò su uno dei piccoli divanetti che circondavano la sala, lei non oppose resistenza né sembrò sorpresa o contrariata. Si accomodò tra le sue braccia, sistemandosi a gambe accavallate e rubandogli un sorso di Gin.

-Quindi Natasha è il tuo vero nome?

Si avvicinò al suo volto soffiandogli ad un respiro dalle labbra la risposta.

-Ha importanza?

Sì, per lui ne aveva, ma non era il momento giusto per parlarne.

-Si sentono tante cose su di te.

-E quante sono vere?

-Non dovrei essere io a chiederlo?

Rise, come poco prima, non riuscì a frenare il moto di irritabilità che il suono gli suscitò.

-Smettila.

Quel comando, fermo e diretto la lasciò per un secondo destabilizzata.

-Smetti di fingere.

La donna si alzò dal suo abbraccio.

-E’ quello che vuoi davvero?

Annuì tenendo gli occhi fermi nei suoi, in attesa della mossa che sarebbe seguita, tutto era nelle mani della donna, avrebbe potuto cacciarlo o fingere ancora di essere qualcun altro o lasciargli vedere dentro alla sua anima. Sapeva che difficilmente l’ultima opzione sarebbe stata quella giusta, lui non l’aveva mai fatto,, aprire la sua anima a qualcuno l’avrebbe reso vulnerabile.

-Vieni con me, spero tu abbia portato soldi, non tutti possono venire al piano di sopra.

Lui, semplicemente, prese la mano che lei gli stava porgendo.

-Va bene, seguimi e guardami come se mi volessi strappare i vestiti di dosso. O smetti di fingere di non volerlo fare.

La seguì lungo una ripida rampa di scale, un lungo corridoio si aprì alla sua vista con diverse stanze da entrambi i lati.

-La tua?

Scostò una tenda polverosa e lo spinse dentro alla camera prima di chiudere la tenda e la pesante porta che fino ad allora era rimasta aperta e nascosta.

-Accomodati, vuoi qualcosa da bere?

-Grazie.

Si lasciò sprofondare su una poltrona poco lontana dall’ingresso, da lì aveva la visuale completa della stanza.

-Non mi hai detto come ti chiami.

-Clint.

-Clint?- Gli porse un bicchiere ed una bottiglia. –Nome strano.

Si sedette davanti a lui accavallando le gambe, lasciando che lo spacco del vestito si aprisse scoprendole la coscia. Si costrinse a non fissarla, a non fissare la sua pelle liscia e morbida.

-Sei scappato dalla grande America o ti hanno cacciato?

-Diciamo che sono un libero professionista a cui piace viaggiare.

-Da dove arrivi?

-Russia, ho lavorato lì per un paio di mesi.

Una nota tesa e concentrata passò negli occhi della donna per sparire un secondo dopo.

-Ci sono novità sulla rivoluzione?

-Non molte, la barriera linguistica mi impedisce molte cose.

Annuì prendendo un sorso della sua Vodka.

-Perché ti interessa?

Rimase in silenzio, indecisa se dire qualcosa, se inventare qualcosa di sana pianta e mentirgli. Alzò lo sguardo per incontrare i suoi occhi.

-Io sono russa. Il mio vero nome è Natalia. Natalia Romanova.

-Sei scappata?

Annuì spostando una ciocca di capelli dietro all’orecchio.

-Ancora un sorso?

-Doppio.- Sorrise porgendogli il bicchiere vuoto.

-Raccontami cos’è successo.





 
  
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