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Autore: Diomache    31/01/2015    1 recensioni
"Ti amo non per chi sei ma per chi sono io quando sono con te." Gabriel García Márquez
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Astoria Greengrass e Draco Malfoy sono promessi.
Ma non si vogliono.
Si detestano e la loro convivenza a Malfoy Manor è difficile e spigolosa, emergono gelosie, rancori e più il matrimonio si avvicina, più loro sono distanti.
Sullo sfondo, tutta la loro reciproca rabbia, la sofferenza mentre cercano di... redimersi o di trovare un nuovo posto nel Mondo Magico, di riadattarsi ad una società che li disprezza.
E non più perchè malvagi.
Perchè deboli.
Perchè è questo che accade a chi perde la guerra.
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Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Astoria Greengrass, Draco Malfoy, Un po' tutti | Coppie: Draco/Astoria
Note: Lime | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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NdA: Mi trovo come sempre a ringraziare tutti coloro che mi seguono. È una storia strana, lo so, esploriamo solo cose che ci immaginiamo e pensieri e sentimenti che non abbiamo vissuto, crescite interiori che minacciano sempre di minarmi l’IC. Spero comunque che vi piaccia.  

Un abbraccio, Diomache.

 

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6. Bianco e Nero

 

 

Astoria’s POV

 

Non voglio dire che con Draco vada bene, eh. Solo, non va più così male.

Stiamo assumendo entrambi un comportamento molto più maturo.  Va beh molto forse è esagerato.

Giornata tipo: (la sua) si alza dal mio letto – dove ogni tanto rimane, cedendo al sonno- o dal suo, facciamo colazione insieme –solo se riesco a svegliarmi all’impercettibile fruscio che fa alzandosi dalle mie lenzuola o se sento lo sbatti di qualche pentola in cucina o lo sfrigolio delle uova- e va al laboratorio. Non ho ancora capito se e come va con la capa Granger ma sembra disteso quando torna e anche se spontaneamente parla poco di sé – si fida altrettanto poco, di me – quello che riesco a scucirgli sono monosillabi di soddisfazione.

Poi ceniamo assieme, quando ho voglia ( se non ho voglia io lui non si metterà di certo a fare il chiacchierone) cerco di intavolare una discussione e lui mi segue abbastanza nei ragionamenti dimostrando sempre una sorta di sorpresa mista a curiosità per quello che dico: pensava fossi decorticata?

Comunque il dopo cena è sempre abbastanza standard, in un modo o nell’altro ci troviamo a fare l’amore e tutto ricomincia il giorno dopo. Solo una volta me l’ho trascinato al cinema che sì, è una cosa Babbana, ma una cosa Babbana bella e nonostante le sue imprecazioni – l’ho dovuto ricattare a suon di pozioni e sesso, che bassezza ahaha!- ho visto che alla fine guardava avido il grande schermo. “Sei una manipolatrice non mi trascinerai più in un coso del genere!” ma io lo so che si è divertito. Per compensare dopo siamo stati in un locale dove si gioca a freccette magiche o biliardo incantato e altri giochi che furono brevettati ed inventati dai Tiri Vispi Weasley , quelli li abbiamo evitati,  e l’ho quasi visto contento.

Sempre un po’ turbato ma dai lineamenti più lisci, mi ha persino offerto una burrobirra e, appoggiati al bancone del bar, mettendomi una ciocca di capelli dietro alle orecchie, ha perfino cercato di dirmi qualcosa di importante. Mi ha guardato intensamente negli occhi ma sull’ultimo gli è mancato il coraggio ed ha ripiegato su un “Non è male questo posto, avevi ragione. Ma non mi esprimerò su quel coso gigantesco babbano, perché mi andrà di traverso la burrobirra, altrimenti.”

“Draco, posso ricordarti che eravamo sotto effetto della pozione Polisucco ed abbiamo assunto l’aspetto dei tuoi servitori per andarci?” sì, l’abbiamo fatto. “Eddai, è stato divertente!”

“Ma se qualcuno….”

Gli avevo stoppato quelle parole inutili sfiorandogli le labbra con le dita. Basta, con queste cazzate. “Qualcuno… cosa.” Gli ho sussurrato, nella confusione del locale. “Qualcuno… chi. Non dobbiamo giustificarci più di niente. Facciamo quello che ci pare, Draco. Siamo liberi.”

Sembrava sotto effetto di un incantesimo prodotto dalle mie parole.

Non ho mai scoperto quello che voleva dirmi e la conversazione non è andata oltre. Ha ordinato un’altra burrobirra e poi di nuovo finchè, più allegri che mai, abbiamo riparato  a Malfoy Manor dove ho, con piacere, pagato il mio tributo in coccole.

Qualche volta sotto le coperte gli estorco qualche ragionamento in più. Lo faccio ridere, non sempre ci riesco, ma ogni tanto noto che è sinceramente preso quando mi stringe tra le braccia, prima di sgusciare fuori dalle mie coperte.

Personalità irrisolta e contorta, il mio futuro marito.  Su qualcosa cede, su qualcosa ancora mente. Mentiva ad esempio quando mi aveva quasi concesso l’abolizione di quel purosangue che gli era sfuggito di bocca. Avevo avuto l’impressione che avesse stancato anche lui.

Invece gliel’ho sentito usare altre volte e altre ancora, unito ad imprecazioni sui bei tempi quando potevano schiavizzare gli elfi (creature che odio, ma è un’altra storia) o lamentandosi che perfino un babbano sarebbe stato meglio dell’incompetenza dei suoi camerieri.

Su qualcos’altro invece non mentiva. I prossimi giorni mi accompagnerà ad un colloquio di lavoro.

Si tratta di Creature Magiche World,  un allevamento un po’ distante da Londra che offre un corso di cura, allevamento e guarigione delle Creature Magiche, l’iscrizione è limitata da un colloquio, la speranza è di passarlo, ottenere l’abilità, fare tutti i tirocini ed avere, un giorno, un impiego dipendente o privato tutto mio. Uno studio in solitario o in associato.

Ho dovuto faticare un po’, lo ammetto, ma alla fine ha ceduto e io non ci speravo.   

  Sono ancora sovrappensiero quando sento la porta della camera bussare energicamente. “Avanti!”

È Daphne. “Si può?” la sua testa bionda sbuca dalla porta e senza ricevere risposta si inoltra nella stanza. “Ehi, hai fatto miracoli qui dentro.” Commenta riferendosi probabilmente all’arredamento cambiato e al fatto che tutto quanto ha dei tenui colori verde acqua e nessuna traccia di grigio.

Le sorrido mentre si siede sul letto accanto a me. “Grazie. Ti trovo in forma.”

Daphne è sempre stata bellissima. “Io invece trovo che tu sia impazzita. Che diavolo hai fatto ai capelli, Astoria?”

“Li ho tagliati. Mi sento più adeguata, così.”

“Ti sposi tra una settimana, lo sai vero???? Avevi i capelli che ti arrivavano alla vita, hai IDEA della MIRIADE di decorazioni che potevano uscirci? Tu devi avere in testa qualcosa che non va, Astoria, credimi!”

 

 

“Tu devi in testa qualcosa che non va, Astoria.”

“Madre, se solo potessi spiegare…”

“Io … non voglio immaginare, non voglio immaginare! Qualcuno ti ha visto, hai capito!? TU che diavolo facevi lì dentro? Perché non eri fuori con tutti gli altri ragazzi Serpeverde, perché?!”

Il cuore mi esplodeva nel petto. Perché non sono morti? Perché non sono morti insieme agli altri?

“Madre io…”

“Taci!!! Ti hanno vista, hai capito? È finita…. È finita… nessuno della nostra stirpe ti sposerà più. Hai qualcosa che non va in testa…. Hai un demone o qualcos’altro!? Cosa c’è che non va in te?”

Le sue urla mi entravano dentro come coltelli. Ma non potevano ferirmi. Io ero lontana.

“Io…”

“Quella maledizione.” I suoi occhi erano limpidi come il ghiaccio. “Voglio che tu me lo dica. Hai lanciato un incantesimo di protezione, non t’è riuscito, e allora hai lanciato l’Avada Kedavra.” Le sue mani, le sue unghie attorno al mio polso. “Per chi era, Astoria.”

Ora tocca me pugnalarla.

“Augustus Rookwood.”

“La protezione, giusto? Lo scudo protettivo era per lui!”

 “No.” Due lacrime mi rigarono le guance. “Nient’affatto.”

Mi afferrò la gola con la velocità di un serpente. “Per chi, allora ...”

“Fred…Weasley.”

Fu il colpo di grazia. Stravolta, lasciò piano la presa.

Che immensa rivincita i suoi occhi confusi e persi, come quelli di una bambina smarrita in un bosco in piena notte. Come i miei, per tutta la vita, al suo cospetto.

“Hai ucciso uno dei nostri, Astoria? Mia figlia ha…?”

“Si.”

 

 

 

“Probabilmente è così. – sorrido -  o tu non saresti mia testimone di nozze, ti pare?”

Daphne nemmeno mi ascolta intenta a giocare con i miei capelli e ad immaginare i mille diversi modi di acconciarli. “Ma sì, non sono così corti. Cadono sulle spalle, infondo….. possiamo farli così… oppure…. OH SANTO CIELO!”

Slyter è appena trotterellato nella stanza e i suoi occhietti piccoli sembrano non mostrare gradimento per l’invasione di campo di Daphne. “CHE DIAVOLO è quella roba.”

“Un regalo di Draco. Ti presento Slyter, vieni piccolo….” E mia sorella schizza via dalla parte opposta del letto gattonando in maniera ridicola nel suo completo blu.

“Non farlo avvicinare!!!! Non farlo!!” ma le sue grida hanno incuriosito il rettile che nonostante i mei ammonimenti si avvicina a lei, perlustrandola con le piccole zampine e ahinoi le fauci aperte e questo basta per farle schizzare il cervello di paura. Urli di ogni genere si diffondono nella stanza da una parte quelle umane di Daphne, terrorizzata e dall’altra quelle eccitate di Slyter , tutto incuriosito dal suo nuovo gioco.

Prima che la situazione precipiti del tutto a malincuore faccio uscire Slyter dal suo rifugio preferito, camera mia, e mi tengo l’altro rettile, mia sorella.

Potendo scegliere avrei fatto diversamente.

È ancora sconvolta e sembra profondamente offesa. “Draco deve odiarti o volerti morta per regalarti un coso del genere.”

“In realtà le cose stanno andando meglio tra noi.”

“In realtà è da Pancy tutti i giorni.” Ribatte, sistemandosi il trucco, sbirciando la propria disgustosa immagine su un piccolo specchio.

Non chiedetevi perché una sorella dovrebbe dire questo all’altra. È Daphne. È sempre stata così: invidiosa di tutto, distruttrice, ossessiva.

La fisso ma lei non ricambia il mio sguardo. Sapevo di aver scelto il rettile sbagliato.

“Sei ben informata, vedo. I sui suoi spostamenti ti interessano o non hai di meglio da fare?”

“Sento Pancy spesso, lo sai che siamo amiche.” Torna finalmente a fissarmi. “Astoria, Draco non è un uomo che ci si tiene facilmente e credo che… con lei si diverta di più tutto qua.“ Pensa forse di avermi ferita così allunga una mano per stringere la mia. “Questo non vuol dire che non sarà un ottimo marito.” Il suo sorriso falso condisce l’affermazione.

Il mio sguardo non recede di un passo e la cosa la disorienta un po’, forse pensava di aver colto più nel segno o forse, semplicemente, come la mamma, non ha ancora capito che quando voglio posso essere impenetrabile alle loro cattiverie. Forse sono solo molto più cattiva di loro.

“Posso vedere il tuo vestito da sposa?”

“Certo.”

Modestia a parte è la cosa più bella che mente umana abbia creato nell’ultimo secolo in fatto di vestiti.

A sirena con uno piccolo strascico, il corpetto pieno di pietre incastonate che non si individuano nella loro singolarità ma se ne apprezza solo l’effetto lucentezza generale che quale viene sfumandosi nella parte inferiore per poi scomparire del tutto sulla coda dove lascia spazio al candore lucente della seta. “Mmmh! Non male!” Commenta lei ma i suoi occhi tradiscono un coinvolgimento maggiore. “Ma sei magra abbastanza per entrarci? Questo potrebbe stare a me.”

“Tsè, una volta forse” rido, mordicchiandomi il labbro e scoprendo una sua occhiataccia.

“Non sei divertente. Lo sai che ho un problema di salute.”

“Non è proprio questa la definizione di gravidanza.”

Lei sospira, tenendosi il ventre. “Non sono riuscita a sottrarmi…. Tutti ad incoraggiarmi di come questo… questo coso sia una delle grandi gioie del matrimonio!- rotea gli occhi al cielo, cercando un posto in cui sedersi.- e poi, lo sai, Theodore era assolutamente entusiasta… dice che ormai rimarremo pochi purosangue al mondo e che sarebbe nostro dovere fare figli.”

“Assolutamente.” Il mio sarcasmo non viene colto.

“E poi la mamma è così turbata ultimamente… l’idea di questo coso le dà gioia. Oggi ad esempio non le ho detto che venivo da te per non crearle ancora più ansia. Poverina, il solo sentirti nominare le dà la nausea.” Eccola, la mia Daphne. All’attacco.

Stringo le coperte del letto sotto le dita. “Prova con una cura drastica, parlale di me tutti i giorni! O le esplode il cervello o si riassesta qualche circuito, visto mai?”

“Da quando in qua sei così sarcastica?”

“E tu da quando in qua nomini la mamma nella speranza di infastidirmi? Hai finito le cartucce, Daphne?”

Accusa il colpo. Giocherella con un lembo del vestito. “Nomino la mamma per farti risvegliare un minimo di coscienza, cara sorella. Dimentico sempre che sei senza cuore.”

“Una cosa del genere, sì.” La parola coscienza dalla bocca di mia sorella è una di quelle cose che potrebbe friggermi il cervello e fammi colare liquor dal naso. Devo restare calma. “Non tornerò su questa decisione: non la voglio al mio matrimonio. Fine.”

“Certo, adesso hai un’altra famiglia, un’altra madre verso cui riferire, no? La cara mamma Narcissa”

Mi lascio sfuggire una risata isterica. “Penso di non averle detto niente oltre al buongiorno, in tutto questo tempo.” Per qualche strano motivo, queste parole hanno un effetto tranquillizzante su Daphne. I suoi lineamenti si rilassano e smette di tormentarsi i capelli biondi tra le dita. “Dici sul serio?”

Questo mi stupisce, sono sincera. “Beh, sì.”

Addirittura sorride. Ed è vera, questo è il peggio. “Oh lo sapevo che non eri del tutto scema! Astoria tu e Draco dovete allontanarvi il più possibile dai suoi genitori! È inammissibile avere a che fare con Lucius e Narcissa Malfoy, un disonore totale!”

Per una volta sono d’accordo con lei. Non sono i miei personaggi preferiti. Grigi anche nell’animo, né bianchi né neri o meglio, bianchi o neri a seconda dei comodi, neri per il Signore Oscuro ma di nuovo bianchi nella battaglia di Hogwarts, li ricordo come fosse ieri che fuggivano via come topi per salvare la pelle. Troppo codardi per tutto, anche per vivere la strada che avevano scelto, fino alla fine.

“Non piacciono nemmeno a me.” Qualcosa mi dice che abbiamo motivazioni diverse ma lascio correre, voglio proprio vedere dove andrà a parare.

“E ci credo! Ma lo sai che sta facendo quel porco di Lucius?- nego.-  lo sai perché non l’hanno ancora messo ad Azkaban e buttato la chiave? Perché collabora. Per ottenere tutto quello che vuole, soldi, ancora qualche prestigio, lui collabora, capito?! Ha fatto decine di nomi! Verme infame!”

Non è facile riaversi dall’impatto di quelle parole. Di nuovo con quest’altalena, dunque. Maledice i vincitori in casa, nero, collabora con loro fuori, bianco.

Dafne si sbilancia di nuovo a prendermi la mano.

Noto che è un tipo di contatto che le piace molto forse l’ha preso dalla mamma. Anche lei nei momenti di maggiore cattiveria sia fisica che verbale cerca sempre un qualche tipo di contatto fisico, nello specifico le piace o afferrare più o meno dolcemente il polso o mettere la propria mano a scudo su quella di un altro, per essere più rassicurante. Forse lo faccio anche io, ogni tanto. 

Daphne comunque le somiglia molto, sia fisicamente, con quello sguardo limpido e bello, i colori nordici e il fisico asciutto, sia caratterialmente, “velenose come tutte le donne Greengrass!!!” ridevano insieme quando eravamo in più piccole e giocando loro si rendevano sempre complici in qualcosa. E io anche in queste forme sciocche di gioco, ero esclusa.

La mamma l’aveva sempre capito che c’era qualcosa di diverso in me, ero meno bella e meno recettiva di Daphne, più introversa e più sola, meno popolare e con meno voglia di esserlo. Un po’ come il papà, taciturno e austero con la sua pipa in bocca.

Così io, senza la pipa, ma in un angolo ad osservare la mia famiglia come attore non protagonista della stessa, come la figlia un po’ mmh, la mia figura né formosa né magra, i capelli senza personalità e anche quei tratti delicati del viso che mi hanno sempre reso così glaciale ed impenetrabile agli altri erano solo fonte di derisione continua, a casa.

“Cielo, Astoria, fai un sorriso ogni tanto! Ma chi l’avrà messa al mondo una figlia così musona? Giuro che se non l’avessi partorita non avrei mai detto che è mia!”

Piccole croniche ferite nell’autostima lesa di una bambina semplicemente tranquilla, rifiutata dalla madre che non la considerava alla sua altezza e poco avvicinata anche da un padre che semplicemente non si poneva il problema. Solo col tempo avevo imparato di essere qualcuno anche io e che non tutto quello che mi rendeva unica e diversa da Daphne rappresentava un problema.

In tutto questo, proprio Daphne era il mio punto fermo. Da piccola era il mio mito, poi da ragazzina il mio faro quando non sapevo come comportarmi perché tutto ciò che facessi era fonte di disapprovazione, guardavo lei e seguivo semplicemente le sue orme, rendendomi spesso ridicola nella mia patetica imitazione, finché finalmente non ho iniziato ad accettare di pensarla diversamente, ad accendere qualche neurone e a crearmi impronte tutte mie. Ed è stato lì che ho perso anche lei.

Se ho capito qualcosa di Draco, questo è l’opposto di ciò che è capitato a lui.

 Io una famiglia che mi disprezzava, lui una famiglia che l’ha esaltato a tal punto da fargli pretendere dal mondo un posto che non gli spettava affatto, un posto di notorietà e potere che era per lui di diritto, di nascita, un posto che nel suo immaginario occupava Harry Potter, in modo fraudolento.

Ed è questo e solo questo il motivo del suo astio. Un odio personale. Non ideologico. A trasformarlo in ideologia, ci ha pensato Lucius, un padre che lui ha preso a modello per tutta la vita. E io so bene come ci si sente quando capisci la verità in fondo alle cose, quando il cielo si squarcia e tutti i tuoi modelli cadono a terra, come marionette.

E tu pensi, per tutta la vita chi sono stato? Un fantoccio anche io?

“Daphne, bevi qualcosa?”

“Dopo forse – è troppo concitata anche per bere.- Astoria, dissociatevi da loro. Dillo anche a Draco. Dobbiamo restare uniti, capito? Siamo pochi, purosangue. La maggiorparte si stanno mischiando … è il delirio più totale.”

Quello che sta dicendo è talmente grottesco se lo uniamo al tono serio e alla grave espressione del viso.

“Ne ho piene le scatole di tutto questo, Daph.”

Lei non si stupisce troppo, inarca un sopracciglio dorato. “Figurati, sei un’indolente.”

Questa poi. Ecco, adesso davvero mi uscirà il liquor dal naso. “Vado a prendere qualcosa da bere o le tue cazzate mi prosciugheranno il cervello.”

Senza attendere risposte apro la porta della stanza per uscire e dietro ci trovo il piccolo Slyter che mi aspetta, dolce tesoro, accoccolato per terra. Come mi vede si rialza e mi punta il muso sulla gonna poi capisco che ha voglia di entrare in camera perché è lì che ha la cuccia ( sì, non è mai stato in giardino, alla facciaccia di Draco) e io, sogghignando, non glielo impedisco.

Mi allontano con la dolce voce di mia sorella nelle orecchie, via via sempre meno intensa.

“Astoria… ASTORIA! Riprenditi quel coso… Vieni a prendertelo!!!”

“Non ti agitare, Daph! Che fa male alla tua malattia!

 Il pensiero va alla pancia di mia sorella, già al secondo o terzo mese, dove piano piano inizia a scalciare una vita.

Una nuova vita.

Tutto questo non finirà mai.

 

 

Draco’s POV

 

È una notte stellata e forse per questo ancora più fredda me ne accorgo perché uscendo dall’abitazione il mio fiato ha subito prodotto una densa nuvoletta bianca davanti alle mie labbra. Non ho fatto che pochi passi quando l’uscio da cui sono appena uscito si riapre violentemente.

“Draco! Non abbiamo ancora finito tu ed io.”

Non mi volto. “Pancy torna nella tua cazzo di casa e lasciami stare..”

Sento i suoi passi sulla ghiaia dello stradino, veloci, verso di me. Mi afferra per un braccio e mi obbliga a guardarla. È stravolta, il viso rigato di lacrime scure, il rossetto bordeaux che deborda dalla cornice delle sue labbra. Vestita soltanto di una leggera vestaglia nera, è l’immagine del grottesco. Me ne rendo conto adesso come sempre, solo che adesso, a differenza di sempre, mi è venuta a noia.

“Tu… lurido bastardo! Tu non puoi… non puoi lasciarmi!”

Rido, gelido, e di nuovo creo vapore acqueo a circondarmi il viso. “Io non posso, COSA.” Le afferro io adesso il braccio ma la mia stretta è forte e le fa male, a giudicare dalle sue teatrali smorfie. “Lasciare te? Cosa c’è da lasciare, Pancy? Siamo stati qualcosa tu ed io? Non- stringo più forte- mi- di più- risulta.” La lascio con uno scatto e lei indietreggia fino quasi a cadere.

Si riempie la bocca di saliva e sputa a terra, davanti ai miei piedi. “Ti meriti di tornare da quella frigida di Astoria Greengrass. Ti sei fatto mettere il guinzaglio da quella stupida sciacquetta, eh Draco? Ma che cosa sei diventato?” avanza qualche passo verso di me socchiudendo gli occhi. “I tuoi genitori stanno imbarazzando tutti quelli che nella comunità Magica ancora capiscono qualcosa, tu lavori dalla SporcaMezzosangue e la tua futura moglie è una stupida Traditrice del suo sangue!”

Qualcosa dentro di me smette di funzionare. La spingo forte a terra con uno scatto rabbioso, sento il suo gracile corpo toccare la breccia e il freddo della strada e a quel punto estraggo la bacchetta. Sei morta, Pancy. È terrorizzata. “Ma che vuoi fare?”

Le sono sopra e la mia bacchetta piantona la sua gola. “Rimangiati tutto quello che hai detto. “

È un’ammissione di colpa, me ne rendo conto non appena ho finito di pronunciarlo. Lei se ne accorge e sorride, con un sorriso folle in cui una parte di me ritrova Bellatrix Lestrange. I suoi occhi da pazza che mi fissano, “Guarda bene, Draco… è o non è Harry Potter?”

“Ti ho detto di rimangiarti tutto, stronza.”

Lei rabbrividisce, è molto freddo ed è quasi nuda. “è la pura verità… lo pensano tutti. I tuoi genitori…”

“Che cazzo vuol dire quello che hai detto su Astoria.”

“Oh, poverino, non lo sai? - tenta di rialzarsi ma la pressione della mia arma puntata la obbliga a restare dov’è. - beh circolano voci strane sul suo conto. Su qualcosa che avrebbe fatto durante la Battaglia di Hogwarts.”

“Tu ne sai molte, Pancy, di battaglie.”

“So quello che conta per sapere da che parte stare.” Continua, gli occhi iniettati di sangue. “Quella troia ha..”

“Basta. Il tuo stupido tentativo di tenermi ancora legato a te è talmente patetico che si riassume guardandoti. Sei una povera disperata senza nessuno, senza futuro e, da adesso senza nemmeno qualcuno che verrà a trombarti, ogni tanto.” Abbasso la bacchetta e mi volto, mentre ribatte. “Tu tornerai da me, Draco. Lo sai benissimo”

Un piccolo turbamento si fa strada in me. Mi rendo conto che non posso escluderlo, neppure volendolo. Non posso escluderlo perché Pancy per me rappresenta una sorta di libertà, un lasciapassare verso la trasgressione e un piccolo angolo di me quando mi sento perso.

Mi conosce quel che basta da accettarmi come sono senza dover indorare la pillola, qualcuno che mi adora senza nessuno sforzo e verso cui non devo nulla. È sempre una prospettiva allettante, non ne ho mai fatto a meno e non so se sarò in grado di smettere davvero, in futuro. Fare sesso con Astoria è bello ma è sostanzialmente diverso.

C’è una patina di diffidenza tra noi, sento forti le sue aspettative, sento ed ho paura che potrei spezzarla, ferirla, umiliarla e qualcosa dentro di me mi porta ad andare cauto, a starci con la testa, a chiedere permesso, a spiare le sue reazioni prima di fare ogni cosa.

Non l’ho mai fatto con nessuna e la cosa mi turba, sento che non so più chi sono, nemmeno in quello. Per questo ho bisogno di Pancy, per ricordarmi che io sono Draco Malfoy e che non ho bisogno di chiedere scusa.

“Addio Pancy.”

“La pagherai cara Malfoy.” La sua voce trema di rabbia.

“E come, di grazia? Credi che mi ingelosirò se scoperai con tutta Londra?” continuo a scimmiottarla e non mi giro più, nemmeno per un secondo, finché non salgo in macchina.- Al diavolo.”

Credo di sentirla piangere mentre mi grida ancora “La pagherai per tutte.” Ma la mia macchina s’è già alzata in volo e io sono via in un lampo.

 

 

 

Quando arrivo a casa sono ancora travolto dalla rabbia. Il tragitto è stato breve ma non abbastanza da impedirmi di ragionare su tutto quello che Pancy mi ha vomitato addosso, sui miei genitori, su me stesso e su Astoria. Non ci cavo un ragno dal buco.

È vero ma allo stesso tempo vorrei che non lo fosse.

Come quando mi trovo a parlare con la Granger e a pensare che non sia male. C’è una sorta di senso di colpa ancestrale, un vergognarsi di base ma non so rispetto a chi, un disagio interiore che cresce, irrazionale, fa a cazzotti con la ragione che non accetta quei nuovi pensieri, come si potranno mai incastrare in quelli vecchi?

Apro l’uscio ed ignoro, uno dietro l’altro tutti i miei servitori che mi danno la buonasera o mi annunciano la cena in tavola, Slyter che corre allegro verso di me, e prima che Astoria possa entraci sbatto veloce la porta della mia stanza.

Sono furioso ed ho bisogno solo di bere e di dimenticarmi quella troia e nient’altro.

La porta si apre alle mie spalle. “Fuori. Mi sembrava che il mio atteggiamento fosse chiaro.”

“è chiaro ma non è abbastanza per chiudermi fuori.” Avanza e va a sedersi sulla sedia del mio studio.

“Astoria, vattene.” La guardo per un istante e colgo che è furiosa anche lei. Con me? “Che c’è” continuo.

Scrolla le spalle. “Daphne è stata qui, oggi.”

“E allora?”

“La detesto.” Dice semplicemente e vedo che è vero. I suoi occhi verdi sono gelidi come muschio invernale. “E sai che cos’altro detesto? Che mio marito torni con la patta aperta.”

Mi guardo istintivamente il pube e scopro che mi ha fregato. La zip è chiusissima. Quando la osservo ha un ghigno sul viso. “Non sono affari tuoi.”

“Che cos’ha più di me.” Sibila, come un serpente. Ripenso alle parole di Pancy e mi rendo conto di quanto siano false. Come può una donna, così tanto serpeverde essere una traditrice? Questo mi attira, verso di lei, come una falena. Improvvisamente un’altra immagine mi balena la mente, lei in quel pub che mi sussurra un siamo liberi.  Siamo liberi.

“Niente.” Rispondo, cercando un sorso dalla bottiglia di liquore che tengo sempre in camera.

“Niente” ribatte lei, scimmiottandomi. “Forse circa un centinaio di malattie veneree. Riconosciamo a Pancy i suoi meriti, no?” Ghigna, come una leonessa, e io mi sento improvvisamente complice della sua ilarità. È o non è in collera con me?

Si avvicina, felina, e mi prende la camicia tra le dita. “Io sono tua, Malfoy.” Dice tra i denti. Mi aspettavo un’aggressione, non questo. “Sono tua” ripete. La sua lingua accarezza le mie labbra e i miei denti. “Solo tua.” Cerco di stringerla ma fa un repentino passo indietro.

“Tra sette giorni ci sposiamo, bisogna che iniziamo subito.”

“Che cazzo stai dicendo? Non ti seguo.”

Con uno scatto rabbioso si priva del vestino giallo che indossava fino a quel momento. Sono sicuro che qualche bottone sia saltato. È completamente nuda sotto, indossa solo un piccolo perizoma verde acqua.

“Insegnami.”

 

 

 

 

 

Nda bis: qualcuno potrebbe riconoscere in quest’ultima scena un riferimento ad una scena di un vecchio telefilm. Per coloro che l’hanno fatto, sappiate che il riferimento era voluto :D

  
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