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Autore: leila91    01/02/2015    18 recensioni
" [...]Bella e fredda, come una mattina di pallida primavera, e non ancora maturata in donna [...]"
Ciao a tutti!
Questo lavoro ripercorre tutta la vita di Dama Eowyn, uno dei personaggi a mio parere più belli che Tolkien abbia mai creato.
Partendo dalla sua infanzia, passando per l'adolescenza trascorsa al palazzo di suo zio Theoden, fino alle vicende narrate nel Signore degli Anelli: l'incontro con Aragorn, lo scontro con il Re Stregone e la sospirata felicità trovata con Faramir.
Per gli avvenimenti pre!LOTR mi baserò quasi esclusivamente sulla mia fantasia, rispettando ovviamente ciò che il Professore narra nelle Appendici.
In alcuni punti si è reso necessario un mix tra movieverse e bookverse... Spero non infastidisca nessuno :)
Vi ho già scocciati anche troppo: spero di riuscire a trasmettere, a chiunque deciderà di seguirmi, il profondo amore che nutro per questo personaggio, e di renderle pienamente giustizia.
Buona lettura!
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aragorn, Eomer, Eowyn, Theoden, Theodred
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ricordi e ritorni


 

 
 
“Mamma, papà dov’è andato?”
“Ѐ dovuto partire con il Re, piccola mia. Quando il Re chiama, noi dobbiamo rispondere”.
“Ma perché lo ha chiamato? Poi torna, vero? Mi porterà un regalo?”
 
Éowyn osservava con la coda dell’occhio la piccola Elsa tempestare di domande Marion, sua madre.
Conosceva di vista quella vivace bambina, che sapeva essere tra le più sveglie in città, a dispetto dell’assai tenera età.
Suo padre aveva all’incirca la stessa età di Éomer, e apparteneva alla sua stessa Eothèd.
Marion era a disagio, Éowyn lo vedeva: non sapeva come rispondere alle domande di sua figlia senza farla preoccupare.
Tenere i bambini al sicuro, proteggere almeno loro da quell’incubo che troppo velocemente, troppo brutalmente, aveva sconvolto la vita del popolo di Rohan, sembrava essere la cosa più importante ora, per le donne rimaste a casa.
Preservare l’innocenza, ancora per qualche anno, ancora per poco.
 
Ma a che cosa sarebbe servito, si chiese amaramente Éowyn, che senso aveva negare la realtà dei fatti? La guerra e la morte non facevano distinzioni… A loro non interessava l’età delle persone, o il loro genere. Che fossero uomini, donne, vecchi o bambini… Non aveva alcuna importanza.
La realtà era fatta anche di quello, e prima o poi anche i più piccoli avrebbero dovuto farci i conti. Perché nasconderglielo, perché dare loro false speranze?
 
Avevo solo sette anni quando mi è stato portato via tutto…
 
Éowyn impallidì nel sentire un tale sconforto nei propri pensieri: non era sempre stata così… E fino solo al giorno prima si era sentita nuovamente piena di speranza e di forza, pronta a riprendere in mano i fili della sua vita.
Fino a quando non era stata abbandonata nuovamente.
Lasciata indietro a badare alla casa, perché in quanto donna era quello il suo mestiere.
Ma era anche una principessa, così le aveva ricordato suo zio.
E quelli che ora affollavano il salone principale di Meduseld, dov’erano stati accolti per volere del Re prima che questi partisse, erano i suoi sudditi.
Gente che come lei aveva famiglia e rischiava ora di perderla.
Gente che come lei aveva dei sogni, delle speranze, dei desideri, sebbene pensò Éowyn con una piccola punta di malignità, non certo grandiosi come i suoi.
Gente di cui lei era responsabile, che le piacesse o meno.
Gente come Marion e sua figlia. Figlia, che ora aveva steso le mani verso il fuocherello che scoppiettava nel camino centrale, cercando inconsciamente di trovarvi non solo calore, ma anche conforto.
C’era stato un tempo, riflettè Éowyn, in cui non era stata molto diversa da quella bambina. Un misto di rimpianto e nostalgia le offuscò per un secondo la mente.
Fece infine un sospiro profondo, e, alzatasi dalla panca, si diresse verso le due.
 
“Voglio tornare a casa” stava dicendo Elsa, con un filo di voce.
Con le manine rosse per il freddo, il naso che gocciolava e i capelli arruffati, faceva una tenerezza infinita.
“Perché dobbiamo restare qui, mamma?”
A Marion fu risparmiata la fatica del doverle rispondere grazie all’arrivo provvidenziale di Éowyn.
“Mia Signora!” esclamò la donna alzando lo sguardo, incapace poi però di aggiungere altro.
“Buongiorno, Marion” rispose
Éowyn, “E buongiorno a te, piccola Elsa! Come ti senti oggi?”
La bambina si limitò a guardarla, con i grandi occhi azzurri resi lucidi dalla vicinanza col fuoco e da lacrime non versate.
Era troppo intimorita per risponderle.
“Oh, noi stiamo bene, mia Signora, non dovete preoccuparvi” interloquì sua madre, “Si tratta solo di un po’ di stanchez-”
“Tornerà presto il mio papà?”
La sottile vocina di sua figlia la interruppe, cogliendola di sorpresa.
Nemmeno Éowyn si aspettava una tale domanda diretta da quel pulcino tremante: la bambina si stava ora mordicchiando le labbra ed era diventata ancora più rossa, ma il suo sguardo non vacillò nemmeno per un istante.
Éowyn si commosse nel vederla così, e ben presto, con suo sommo stupore, si ritrovò a esibire il più dolce dei sorrisi: “Sono sicura che farà del suo meglio per tornare quanto prima da te. Nel frattempo lo aspetteremo insieme, vuoi?”
Elsa annuì e il suo volto si illuminò all’istante, come se le fosse stato promesso il più bello dei regali.
“Vieni con me” le disse ancora Éowyn, tendendole la mano, “C’è una cosa che desidero farti vedere”.
Marion mimò un silenzioso ringraziamento, scambiando con la principessa uno sguardo d’intesa, prima che le due si allontanassero, tenendosi per mano.
 
 
* * *

 
Éowyn era stata la prima a stupirsi del suo gesto impulsivo.
Consolare le donne e i bambini non era certo mai stato fra le sue doti.
Eppure di fronte all’espressione afflitta di Elsa non era riuscita a trattenersi. Davanti a quello sguardo perso, pieno di fragilità, e allo stesso tempo d’aspettativa, il suo cuore aveva sussultato, sgomento.
Vi aveva rivisto se stessa.
E mentre conduceva la ragazzina lungo i corridoi che portavano alle sue stanza private, Éowyn si ritrovò a ricordare, quasi inconsciamente… Contro la sua volontà.
 
 
“Mamma! Éomer mi ha di nuovo sporcato la bambola! Guarda!”
Éowyn era appena corsa in casa, aggrappandosi con tutte le sue forze alla gonna della madre, indaffarata davanti a un grande pentolone.
Nella mano stringeva una bambola, completamente ricoperta di fango.
Thèodwyn sospirò, sul suo volto era dipinto qualcosa di simile alla rassegnazione: “Ma insomma, bambini! Proprio non riuscite a stare tranquilli senza farvi i dispetti per più di cinque minuti? Sono molto indaffarata, ve l’ho già detto…”
“Ma non è colpa mia!” sbuffò 
Éowyn , “Ѐ lui che l’ha buttata nel-”
“Se tu non vuoi essere la damigella in pericolo, per forza di cose doveva toccare a Lalla!” esclamò Éomer, sopraggiunto in quell’istante, “E dovevo metterla in pericolo in qualche modo, no?”
“Così l’hai solo sporcata, rimbambito!”
“Éowyn!” tuonò Thèodwyn, girandosi di scatto, “Da chi le hai imparate certe parole? Certo non da tua madre…”
All’udire quella frase Éomer fece una piccola linguaccia alla sorella, e si dileguò in un lampo.

Thèodwyn tornò a dedicarsi alla zuppa, brontolando tra sé.
“Mamma?”
“Mh?” 
La voce di Éowyn aveva assunto tutt’altro tono ora: “Quando tornerà papà? Perché sta sempre via così a lungo?”
Thèodwyn lasciò cadere il mestolo con cui stava mescolando, ma non si voltò subito: la domanda di sua figlia era naturale e senza dubbio legittima… Eppure risponderle le riusciva sempre maledettamente difficile. Facendolo infatti, si sarebbe trovata costretta a pensare a suo marito, a quanto fosse lontano, ai pericoli che probabilmente stava affrontando, al fatto che avrebbe potuto non tornare mai più.
E Thèodwyn aborriva quelle riflessioni con tutto il suo cuore: durante quelle dure separazioni faceva il possibile per tenere la mente sua, e quella dei suoi figli, impegnata in altre faccende.
Ma dalla realtà non si poteva scappare.
Prima che potesse però rispondere finalmente a sua figlia, il gridolino entusiasta di Éomer davanti a casa fece accorrere entrambe verso la porta principale.
“Sei tornato!”
Qualche istante dopo un uomo alto, con una criniera biondo-rossiccia e profondi occhi grigi varcò la soglia: con un solo braccio reggeva saldamente Éomer, gettato oltre la sua spalla come un sacco di patate, mentre il ragazzino si dibatteva ridendo.
Thèodwyn si portò una mano al petto, l’altra invece salì a coprirle le labbra tremanti: “Sei a casa…”mormorò.
“Papà!” squittì Éowyn gettandosi a peso morto contro l’uomo, che, deliziato, sollevò anche lei assieme al fratello.
“Eccole qui, le mie principesse!” esclamò, prima di chinarsi a baciare la moglie.
 
Principesse.
Era sempre stato un loro scherzo, fin da ragazzi, a causa della discendenza reale di Thèodwyn.
La giovane donna osservava con amore suo marito, la sua roccia sicura, mangiare con appetito la zuppa. 
Anche Éomer ed Éowyn ne avevano presa una bella razione, questa volta senza lamentarsi, come invece erano soliti fare.
Nel frattempo avevano assillato il padre con infinite domande riguardo il suo ultimo ‘viaggio’.
Finita la cena l’uomo aveva recuperato le sue bisacce, ancora affrancate alla sella di Halerof, e ne aveva estratto dei piccoli doni, acquistati poco prima di fare ritorno a casa.
Una volta messi a letto i bambini poi, i due giovani sposi si erano goduti alcuni momenti di pace, stretti l’uno accanto all’altro, davanti al fuoco che andava ormai estinguendosi.
Thèodwyn, circondata dalle forti braccia del marito, aveva come al solito pregato silenziosamente che non vi dovessero più essere altre separazioni.
Éomund, altrettanto assorto, aveva ripensato alle espressioni radiose di sua moglie e dei suoi figli, e a come quest’ultimi stessero crescendo così velocemente, giorno dopo giorno, in salute e beltà.
 
Quella sera Éowyn era andata a dormire senza fare storie, con il cuore colmo di gioia.
Accanto a sé stringeva il regalo del padre, una splendida bambola dai capelli ramati, che aveva deciso di chiamare…
 
 
 
“Questa è Tyna” esclamò
Éowyn porgendo l’amato pupazzo della sua infanzia alla piccola Elsa.

Éowyn era stata tentata più volte di disfarsene, durante i giorni successivi al suo arrivo a Meduseld, ma alla fine non ne aveva avuto il cuore. Pur avendo perso ogni interesse per lei in appena una giornata, Tyna rimaneva comunque uno dei pochi ricordi di suo padre. L’aveva lasciata sepolta, in uno dei suoi bauli, quasi dimenticandosi della sua esistenza.
La bambola era completante ricoperta di polvere adesso, ma non sembrava diversa dall’ultimo giorno in cui Éowyn l’aveva usata.

“Ho pensato che si stesse sentendo sola, qui sopra” tentò, rivolta alla bambina, “Perché non la porti giù con te, a scaldarsi davanti al fuoco?”
Le bambole non sentono freddo, mormorò una vocina dentro di lei.
Ignara di tutto, Elsa annuì, entusiasta: “Certo, signora!” pigolò, stringendo Tyna contro il suo petto.
 
                                                
* * *

La gioia di tutti coloro che erano rimasti ad Edoras, quando due giorni dopo il Re e i soldati fecero ritorno, non può essere descritta a parole.
Ovunque si voltasse, Éowyn scorgeva qualcuno avvinghiato a un familiare o un amico: figli che baciavano le madri, i mariti le mogli… Elsa e Marion erano strette fra le braccia di un uomo alto e robusto, col viso ancora coperto dall’elmo.

Éowyn aveva già salutato la sua famiglia: l’abbraccio che aveva scambiato con lo zio e il fratello era stato lungo e silenzioso, più eloquente di mille parole.
Il suo cuore aveva fatto una piccola capriola nel rivedere Aragorn sano e salvo: lui si era chinato lievemente innanzi a lei, come segno di saluto e rispetto.
Éowyn aveva ricambiato, e dopo un attimo di esitazione, spinta da chissà quale vena di coraggio o pazzia, gli aveva preso il viso tra le mani, come per assicurarsi che fosse davvero lì, davanti a lei.
Aragorn l’aveva lasciata fare per una frazione di secondo, poi prendendole le mani tra le sue, se le era allontanate dal volto, e con ultimo inchino era passato oltre.
Legolas e Gimli invece, stavano disquisendo a proposito di una certa disputa: da quel poco che Éowyn riuscì a cogliere si trattava di una competizione tra loro, che il Nano si stava vantando di avere vinto.

Éowyn provò un improvviso moto di affetto per quel burbero individuo che già l’aveva conquistata prima di partire.
Si stava chiedendo se fosse o meno il caso di metterlo in imbarazzo con un altro bacio, quando vide sopraggiungere Gandalf.

Lo Stregone sembrava stanco e provato, come se avesse appena affrontato una grande prova.
Si comportava esattamente come al solito, ma nei suoi occhi Éowyn riuscì a scorgere l’ombra di un dolore bruciante, che la lasciò senza fiato.
Come quello che si prova dopo aver perso un amico si disse, impensierita.
E di persone care, gli abitanti di Rohan ne avevano perse di sicuro tante: molti soldati non avevano fatto ritorno, e strazianti lamenti si mescolavano nell’aria alle grida di sollievo e di giubilo.
Sarebbe stata una notte di profondo cordoglio oltre che di festeggiamenti.
 
Lo sguardo di Éowyn venne infine catturato dalle creature più strane che la giovane avesse mai visto.
Se ne stavano lievemente in disparte, stretti tra loro come se temessero di perdersi di vista e seguivano Aragorn passo passo.
Sembrava conoscessero molto bene l’erede di Isildur.
A una prima occhiata sarebbero potuti passare per dei bambini, poiché in quanto ad altezza non erano superiori ai ragazzini di Edoras.
Guardandoli meglio però, Éowyn si accorse di quanto i loro visi fossero maturi.
Sembravano addirittura dimostrare più anni di suo fratello!
Avevano folte chiome ricciute, entrambe castane, ma quella di colui che sembrava il maggiore aveva un tono leggermente più chiaro, quasi tendente al rossiccio.
I visi erano aperti e gioviali; gli occhi, spalancati e colmi di stupore, vagavano curiosi lungo il salone di Meduseld, e sembravano quasi sconvolti da quanto fosse alto il soffitto.
Gli abiti che indossavano erano assai semplici, e parecchio consunti, ma la cosa che lasciò più soncertata Éowyn, furono i loro piedi.
Erano completamente nudi e… coperti di peli? Che storia era mai quella? A che curioso popolo potevano mai appartenere quei buffi esserini?
Nel frattempo i due sconosciuti erano stati raggiunti da Gimli, che dopo aver circondato con un braccio le spalle di entrambi, li aveva condotti verso Éomer e gli altri soldati.
“Dovete allietarci con una delle vostre canzoni della Contea” stava dicendo il Nano, “Razza di lestofanti, quanto ci avete fatto penare…”
 
Indubbiamente avrebbe avuto molte storie interessanti da ascoltare quella sera, pensò 
Éowyn, ancora più confusa.
Non vedeva l’ora.
 


 
 
 





 

Benni’s Hole:
Sono stata colpita da un tremendissimo calo d’ispirazione questa settimana, difatti non riesco a credere che stia davvero aggiornando. E guai a chi osa criticare il titolo -.- lo so da me che è pessimo u.u
Ricordi perché… Ho deciso di inserire un flashback deheheh (ma va?) per creare un parallelismo tra l’attesa di Eowyn ‘ragazzina’ e l’attesa ‘attuale’, non solo sua, ma anche di tutte le mogli, figlie/i ecc…
E poi ho pensato ci stesse come missing moment  ^^
Ritorni perché… I nostri eroi sono tornati dal Fosso di Helm! Con Hobbitis al seguito (che ne pensate della descrizione?)
Vi chiedo scusa se non ho descritto la famoso battaglia, ma seguendo il libro Eowyn non vi partecipa ^^”… Nei prossimi capitoli sia devia però verso il movieverse (o meglio un mix dei due!) come suggerisce l’accenno della festa a palazzo.
Aspetto con ansia i vostri pareri çç… spero davvero vi sia piaciuto.
Come sempre la mia gratitudine infinita va a lettori, preferiti, ricordati, seguiti e alle straordinarie recensiste tra le quali do il benvenuto a Fjorleif! E grazie anche di avermi aggiunta alle preferite!
 
Un abbraccio gigante, siete tutti meravigliosi!
Alla prossima
 
Benni
   
 
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