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Autore: BBola    01/02/2015    1 recensioni
Questa storia sarebbe dovuto essere il prologo di un altro racconto, più lungo, ma i personaggi hanno preso il sopravvento e mi hanno costretta a dedicare due capitoli esclusivamente a loro! La penna corre quando si scrive di Stein! Dopo "Fuori tutto!", continuo la mia personale saga "Soul Eater Maybe - Love Me NOW!", e dedico questa storia a Stein e Marie, nel tentativo di riempire i Missing Moments della loro storia d'amore giovanile, dall'origine fino alla rottura. Ecco com'è andata... secondo me!!!
Genere: Fluff, Horror, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Franken Stein, Marie Mjolnir, Spirit Albarn
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Soul Eater Maybe - Love Me NOW!'
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2. … così era finita
 
Stein si trovava bene con Marie. La trovava simpatica, nel suo essere un po’ goffa, un po’ buffa, ma sempre tanto determinata. Qualche volta le capitava di scoraggiarsi sotto il peso degli allenamenti, ma ritrovava subito la grinta, dietro gli incoraggiamenti e i consigli del suo maestro d’armi. E lui trovava bello avere vicino qualcuno che lo stesse ad ascoltare veramente, che lo prendesse sul serio. La storia con lei era cominciata un po’ per caso. Aveva cominciato a sorridere affettuosamente alla ragazza, ogni qual volta lei gli si avvicinasse per vedere cosa stesse studiando, un po’ per distrarla. Non voleva che capisse cosa stesse facendo. Già vedeva quanto poco si fidasse di lui, come sgattaiolasse in camera sua ogni qualvolta avesse da preparare qualcosa in cucina, come per l’aria si levasse talvolta un odore di the allo zenzero quando in casa ne avevano solo alla pesca. Le cose sarebbero peggiorate se la ragazza avesse capito che tutti i suoi studi, in quel periodo, si erano concentrati sulle patologie dell’occhio, le disfunzioni neurologiche, su retina, cristallino, e quant’altro potesse fornirgli una spiegazione scientifica dell’anomalia di Marie. Si sarebbe sentita spiata, violata, e di certo spaventata.
Ma un po’ alla volta si era davvero affezionato a lei, e aveva deciso di tentare, di lanciarsi in quella storia per scoprire se l’amore di una ragazza avrebbe potuto guarirlo da quelle ossessioni così pericolose, se gli avrebbe fornito una motivazione sufficiente per dire a se stesso di controllarsi e non cedere a impulsi proibiti. Quando era con lei ci riusciva, veramente, per qualche istante riusciva a concentrarsi solo su di lei e a non pensare ad altro. Ma quando restava solo, il suo desiderio di conoscenza frustato si faceva sempre più lacerante. Aveva studiato tutto quanto fosse possibile sull’argomento, ma era tutto inutile. La condizione di Marie era qualcosa di assolutamente originale, non avrebbe trovato nulla di utile in nessun libro.
«Le armi… che creature affascinanti» pensava. Certo, la causa doveva essere quello. Nelle armi c’era qualcosa di ineffabile che rendeva ogni parte di loro unica e speciale. E lui doveva studiarla, non poteva resistere.
Dissezionare. Era così semplice, la soluzione ai suoi problemi era a portata di mano. Doveva solo trovare il coraggio e prenderla. Gli sarebbe bastato recuperare il sonnifero che usava con Spirit, versarlo nel bollitore del the, assicurarsi che Marie lo prendesse, e attendere che si fosse addormentata. Non sarebbe stato difficile, ora che la porta della camera della ragazza restava socchiusa la notte. E poi avrebbe avuto tutto il tempo che voleva  a disposizione. Lo avrebbe usato per incidere col bisturi la palpebra superiore dell’occhio sinistro della sua arma, e avere così una piena visuale dell’oggetto del suo interesse.  Se la patina che offuscava l’occhio di Marie fosse stata superficiale, gli sarebbe bastato raschiarla via. Altrimenti, avrebbe dovuto farsi largo con le pinze ed allargare lo spazio fra il bulbo oculare e la cavità orbitaria per poter giungere fino al retro dell’occhio e recidere, senza danneggiarlo, il nervo ottico che lo teneva ancorato al cranio, per poterlo estrarre dal suo incavo e studiare poi con calma. Per prudenza, forse sarebbe stato opportuno portarsi avanti, rasare la parte posteriore della nuca della ragazza, e trapanare la zona occipitale della sua testa, per prelevare piccoli campioni di tessuto cerebrale e individuare eventuali lesioni nel cervello responsabili della sua disfunzione. Non importava quante volte sarebbe stato necessario intervenire, avrebbe forato quella nuca tante volte gli fosse servito, anche se alla fine avesse dovuto impiantarle una vite da parte a parte per tenerle il cranio ancora unito.
 
Ma no, ma no, non poteva fare una cosa del genere a quella ragazza. Non dopo che lei gli aveva dimostrato di fidarsi di lui e gli aveva aperto il suo cuore. Se anche lei poi lo avesse perdonato, lui non sarebbe stato in grado di perdonare sé, non avrebbe avuto più il coraggio di guardarsi allo specchio , non dopo aver inveito in maniera così atroce su quel povero corpo innocente.
 
Ma forse così quella sarebbe stata l’ultima volta. Forse se avesse compiuto un atto così efferato su una persona cui teneva così tanto, il disgusto per se stesso dopo sarebbe stato tale da impressionarlo al punto da non permettergli di trovare il coraggio di ripetere ancora un’azione del genere. Avrebbe dovuto cedere, soddisfare la sua curiosità una volta per tutte e placare così i suoi desideri.
 
E se invece avesse avuto l’effetto contrario? Se si fosse lasciato andare quella volta, a maggior ragione in futuro non avrebbe avuto problemi  a trovare nuove giustificazioni per concedersi altre ricadute. Se, peggio, avesse trovato delle risposte dopo aver dissezionato Marie, se avesse avuto conferma della reale possibilità di scrutare l’ignoto con l’ausilio degli strumenti che la scienza gli forniva, come avrebbe potuto impedire alla sua Follia di conoscenza di crescere ancora e ancora?
 
Se avesse trovato delle risposte… quanto desiderava trovare delle risposte. Più di ogni altra cosa al mondo  questo pensiero lo logorava insistentemente. E ora, quel pensiero stava guidando la sua mano.
«Marie» le disse alla fine una sera «ho fatto il the, ne vuoi?»
 
Erano passati 25 minuti. Stein sorvegliava la porta della stanza di Marie da quando la ragazza si era coricata, aspettando che il sonno la soprafacesse. Dalla porta socchiusa, un tenue fascio di luce illuminava il volto dell’arma. Stein l’osservava. Quell’immagine placida avrebbe dovuto colpirlo, fargli sentire il rimorso per ciò che aveva fatto e avrebbe potuto fare, farlo tornare sui suoi passi. Invece, l’attesa non faceva altro che aumentare l’eccitazione. La vista di quel viso intatto, faceva fremere il suo desiderio sempre più ferocemente. Doveva scoprire, doveva sapere.
Sincronizzò il respiro con quello di Marie, per controllare se si faceva regolare.
 
Un minuto.
Due minuti.
Tre minuti. Un respiro profondo. Marie cambia posizione nel letto.
Quattro minuti.
Cinque minuti.
Sei minuti. Marie scopre leggermente un piede da sotto il lenzuolo.
Sette minuti.
Otto minuti.
Nove minuti. Il respiro è regolare.
Dieci minuti. Dei piccoli fremiti le percorrono il corpo, procurandole scatti leggeri.
Undici minuti. Il sonnifero fa effetto. Dorme.
Lentamente, Stein inizia a spingere la porta della stanza con la mano destra, spalancandola. Nella mano sinistra impugna un bisturi. In testa, porta legata una lampadina frontale da chirurgia, spenta. Piano, quasi con solennità, si avvicina al letto di Marie. Con cura, sceglie la posizione migliore da occupare per godere di quel poco di luce che filtra nella stanza, per osservare il volto della ragazza. È indeciso, deve scegliere con attenzione da quale parte cominciare ad incidere. Con la mano le solleva la palpebra dell’occhio cieco. Il bulbo è rovesciato, vederne la pupilla così è impossibile. Non c’è altra scelta, deve estirparlo.
Coll’indice trasla finalmente il bottone d’accensione della lampada frontale, che avvampa il volto di Marie con un bagliore accecante.
La ragazza ha un sussulto. Prima che Stein possa rendersi conto di cosa stia accadendo, Marie spalanca gli occhi, e accecata dalla luce e dal terrore, emette un grido violentissimo. Senza poter distinguere cosa le stia davanti, l’arma trasforma il braccio in una sbarra di ferro, e tira forte un pugno contro lo stomaco del suo maestro.
Anche quella sera, quello stupido si era ostinato a servirle il the in un lurido becher. Ringraziando, lei l’aveva portato in camera, e come al solito, ne aveva rovesciato rassegnata il contenuto nella pianta che aveva sul davanzale della finestra.
Il colpo allo stomaco fece male, ma mai quanto l’angoscia nel comprendere l’irrimediabilità di ciò che aveva fatto. Mentre cadeva all’indietro, sopraffatto dalla forza d’urto della sua arma, la mente di Stein restava focalizzata su un’unica immagine. Mentre batteva la testa contro il pavimento, non pensava al dolore, al colpo ricevuto. Tutto ciò che riusciva a vedere, era lo sguardo terrorizzato di Marie, i suoi occhi abbagliati dalla luce che si spalancavano in una smorfia di disgusto e paura.
«Che idiota…» pensò. E svenne.
 
Poco a poco gli occhi di Marie si inumidirono e la ragazza recuperò la vista, riuscendo finalmente a focalizzare il corpo di Stein sul pavimento, e un rivolo di sangue che gli colava da dietro la nuca. Inorridita dal macabro spettacolo, corse fuori di casa, ancora a piedi nudi, e si precipitò a chiamare Spirit in suo aiuto.
La falce accorse, e con l’aiuto di Kami, presero di peso il ragazzo per portalo all’infermeria della Shibusen.
«Stein, che cosa hai fatto…» fu tutto ciò che ebbe la forza di mormorare Spirit, realizzando quanto era successo.
 
In infermeria, Stein ricevette quattro punti dietro la testa. Si era ripreso, ma gli dissero che sarebbe stato meglio se avesse passato la notte lì, dato che, cadendo, aveva subito una lieve commozione cerebrale. Dopo tutto, come sarebbe potuto tornare a casa. Il trauma l’aveva ridestato, e finalmente provava ribrezzo per se stesso. Con la testa riversa sul cuscino, fissava il soffitto. Si chiedeva dove fosse in quel momento Marie, cosa stesse facendo, quando sarebbe riuscito a rivederla, e cosa le avrebbe potuto dire. Ma soprattutto, se sarebbe mai stato in grado di recuperare la sua fiducia.
 
Con sua sorpresa, la ragazza andò a trovarlo la mattina dopo. Sull’occhio cieco, aveva indossato una benda nera, così non l’avrebbe più indotto in tentazione, gli disse. Quasi quasi poteva dire che le piaceva persino come le stava, le dava un’aria da dura. Sorrideva, ma si capiva che si sforzava di non piangere. Cominciò a parlare, dicendo che aveva riflettuto, aveva capito, e lo perdonava, d’altronde lei lo sapeva, Spirit l’aveva avvertita che lui fosse fatto così, e lei sciocca si era andata a fidare. Certo, la faceva soffrire che lui le avesse mentito per tutto quel tempo, che avesse finto interesse per lei, quando tutto ciò che voleva era che lei abbassasse la guardia per poterla dissezionare e studiare quell’occhio. Ma anche se non era pensabile continuare a stare insieme e prolungare quella farsa, non avrebbe esposto reclamo al Sommo Shinigami, avrebbe continuato ad essere la sua arma, perché nonostante tutto lo ammirava, e andava fiera del cammino che avevano percorso insieme. E l’avrebbe portato a termine, ovunque li avesse condotti. Quella storia le sarebbe servita comunque da insegnamento, in seguito non si sarebbe fatta più prendere in giro, avrebbe messo subito in chiaro le cose con i ragazzi che avrebbe frequentato successivamente, “Cercasi solo uomini interessati ad una storia seria! No perdigiorno!”, avrebbe detto. Soprattutto, avrebbe imparato a chiudere sempre a chiave la porta della sua stanza prima di andare a dormire.
Stein rimase in silenzio tutto il tempo. Non perché non volesse dirle nulle, solo non sapeva come ribattere, avrebbe potuto prometterle che non avrebbe più cercato di sfigurarla sorprendendola nel cuore della notte, ma ci sarebbe riuscito? Poteva davvero mettere da parte quel suo delirante desiderio di conoscenza per lei? Poteva davvero non farla soffrire di nuovo e terrorizzarla in quel modo? No. Ci aveva pensato tutta la notte, non poteva.
«Allora ci vediamo Stein. Rimettiti presto.» concluse Marie. E con un sorriso malinconico, lo lasciò.
 
Più tardi, quella stessa giornata, passò Spirit a rompere il silenzio di quella stanza d’infermeria.
«Ehi, amico, come va?»
«Eh, come vuoi che vada. Marie mi ha lasciato. Ma non posso dire di esserne sorpreso, tutto sommato.»
«Lo so, ho saputo. Stein, mi dispiace, un po’ sento che è anche colpa mia. Ti avrei dovuto tenere d’occhio. Ma ti prometto che lo farò, da adesso in poi.»
«Sei un buon amico, so che lo farai. Ah, però, un momento Spirit» continuò il ragazzo, rianimato adesso di una vitalità improvvisa «ora che Marie è libera, però, non azzardarti a farle il filo o…» un sorriso inquietante gli comparve sul volto «sarò costretto a dissezionarti!»
«Vedo che ti riprendi in fretta» commentò la falce, con uno sguardo raccapricciato. Incorreggibile, davvero incorreggibile. «Non ti preoccupare comunque, ho smesso di correre dietro alle ragazze. Sai» sorrise «ho deciso di impegnarmi seriamente su Kami!»
«Chi? La tua partner? Ma se ti disprezza? Quella piccola intrigante ha insistito tanto per fare coppia con te solo perché è dannatamente ambiziosa, e tu, modestamente, grazie a me sei l’arma migliore di tutta la scuola!»
«Nah, fa soltanto la difficile, ma si capisce che è pazza di me! E non vorrei parlare troppo presto, ma credo proprio che lei sia quella giusta!»
«Certo, come se tu potessi rinunciare a fare il cascamorto con tutte le altre da un giorno all’altro per la prima venuta!»
«Aah, perché devi fare sempre così? Perché non mi prendi sul serio una buona volta?»
«Perchè ti conosco, e so che siamo fatti della stessa pasta noi due!»
«Mmm… ribelli? Spiriti liberi che rifiutano di essere tenuti ad un guinzaglio?»
«Ah» gli fece eco ironico Stein «vuoi vederla così? No, Spirit, intendo dire che siamo stupidi. Troppo stupidi da restare focalizzati solo su noi stessi e non capire l’importanza di chi ci sta intorno.»
«Beh, io non sarò così per sempre vedrai!» rispose agitato Spirit. «Kami è diversa!»
«Mpf, lo sono sempre…»
«Stavolta è vero! Non solo, sai che ti dico? Io la sposerò e saremo felici. E avremo pure un figlio, cui darò tutte le attenzioni di questo mondo! Per lui sarò un padre impeccabile, non farò mai nulla che possa deluderlo!»
«Un figlio dici, eh? Beh, allora, sai che ti dico? Provaci Spirit, e fammi sapere se funziona! Magari poi, ne faccio uno anche io!»
 

Note:
Nella descrizione della storia ho indicato come genere “horror” perché il mio racconto è liberamente ispirato all’opera di Edgar Allan Poe “Il cuore rivelatore”. Se non l’avete ancora letto, correte a porvi rimedio, in assoluto è il racconto del terrore migliore che abbia mai letto!
Ancora una volta ribadisco che i miei piccoli accenni di medicina e chirurgia sono totalmente inaffidabili! Avrei voluto avere il tempo di documentarmi in materia, soprattutto sul processo di mummificazione egizia, che mi sarebbe tornato utile, ma quello della scrittura è un hobby a cui ho deciso di dedicarmi da pochissimo, e stante il livello puramente amatoriale in cui mi trovo, non ho voluto dare la precedenza all’accuratezza del racconto su altre cose che devo, ahimè, fare! Mi scuso con chi ha trovato il tempo di leggere questa storia, spero riusciate a mettervi nei miei panni!
 
Come avrete notato, nella storia ho limitato al minimo le interazioni tra Stein e Marie, preferendo dare più spazio al ruolo di Spirit. Dovendo necessariamente dividere la coppia a fine racconto, e considerato che nella storia originale non si fa mai riferimento ad un grande amore intercorso in gioventù tra i due, quanto piuttosto al gran numero di ex che si è lasciata alle spalle Marie, ho preferito non dilungarmi in descrizioni romantiche, ma concentrarmi piuttosto sul perché i due si fossero lasciati, nonostante avessero caratteri compatibili, e fossero rimasti innamorati l’uno dell’altra tutto quel tempo. E ho voluto immaginare che la presenza di Spirit possa aver influito in qualche modo a farli restare amici (non so se si è capito che amo Spirit e Stein alla follia!!).
 
  
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