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Autore: _joy    02/02/2015    8 recensioni
«Dai: esprimi un desiderio!»
Io mi mordo un labbro, poi scuoto il capo.
«Ma non bisogna esprimerlo mentre la vedi cadere?»
«Come fai a sapere quando cadrà una stella? No, dai, adesso!»
«E tu?» gli chiedo «Non hai un desiderio da esprimere?»
 
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ben fatto è meglio che ben detto!

Benjamin Franklin






Il fatto è, capite, che io sono una donna dalle forme morbide.
 
Ho una 44… Ma a volte (più spesso, in realtà) anche una 46.
E sì, come dico sempre ora moltissimi brand risparmiano sulle stoffe e di conseguenza tu ti strizzi in abiti risicati… Comunque il fatto resta.
46.
Insomma.
 
Questo è il motivo per il quale sul momento neppure ho protestato troppo.
Credevo che Luna pensasse a lavoretti tipo quelli di modella per le acconciature… Ho dei bei capelli, me lo dicono tutti.
Ma mai, mai e poi mai, avrei creduto che quella fuori-di-testa stesse pensando a me come a una potenziale modella.
L’ho capito solo quando ci siamo sedute di fronte a due virago che mi squadravano come se fossi un cavallo al mercato.
Per tutta risposta, ho affondato il mento nel cappotto e ho risposto lanciando occhiate truci.
«Ecco, sì, care… capite» ha detto una «So che fare la modella è un grande, meraviglioso sogno…»
«Affatto» l’ho interrotta io «Io voglio fare l’editor, non la modella»
«L’editor?!» è inorridita lei, nemmeno avessi detto “l’astronauta” o “la kamikaze” «E che cosa sarebbe mai?! Ora, dicevo… Fare la modella è un vero lavoro. Con la L maiuscola. È sacrificio, impegno e sudore…»
«Mai quanto dodici ore di fila dietro a un libro di mille pagine da riscrivere per prima di subito, credo» ho risposto, sgarbata «E comunque c’è un errore. La mia amica ha capito male: io non voglio per nulla al mondo fare la modella»
Ho lanciato un’occhiataccia a Luna, che per tutta risposta ha sorriso serafica.
«Io penso» ha detto «Che Micol abbia l’altezza e la bellezza giuste e quindi…»
«E la taglia, soprattutto» sono intervenuta, seccatissima.
Insomma, me l’avrebbe pagata cara.
«Esistono le modelle curvy, tesoro» ha ribattuto lei, trionfante «E ho visto molte sfilate e foto varie e non è che ne siano di così belle, eh! Mentre questo è un trend in crescita!»
Per la prima volta, le due donne sono sembrate vagamente dubbiose.
«Bè…sì» ha detto una «Però non so…»
«Quanti anni hai?» mi ha chiesto l’altra, secca.
«Ventinove»
«Ventinove?!»
Sembrava inorridita, nemmeno avessi detto “settantacinque”.
«Ma sei pazza, noi lavoriamo con ragazze diciottenni, anche sedicenni…»
«Molto male» ribatte Luna, serafica «Sono troppo, troppo piccole per rappresentare delle donne. E oggi si moltiplicano i marchi di abbigliamento curvy, che però sono in generale costosi. Non sono marchi che vestono le sedicenni. Per non dire che a sedici anni non sei donna e non sai come diventerai da grande»
C’è un momento di silenzio.
Le due donne si guardano, perplesse.
«Bè, è una policy che adottiamo e quindi…»
«Senta» Luna pare seccata «Lo vede da sola che Micol non dimostra ventinove anni, ma molti meno. Se poi a voi non sta bene, troveremo qualche altra agenzia più flessibile… Meno cieca, voglio dire!»
«Nessuna agenzia è migliore della nostra!» insorge, oltraggiata, una delle virago «E proprio per questo noi non prendiamo chiunque!»
«Però è una bella ragazza» interviene la sua collega, a sorpresa.
Mi sta fissando concentrata e anche l’altra si mette a guardarmi.
Aiuto.
«Immagino di sì» concorda poi, svogliata «Ma c’è da fare qualcosa per il portamento. Che taglia hai?»
Oh, ammazzerò Luna.
«La 46» borbotto.
Loro si guardano ancora, in silenzio.
 
Ma come ci sono finita, qui?!
 
*
 
Finisce che, tra l’entusiasmo di Luna e l’atteggiamento condiscendente delle due, sono costretta a sfilare davanti a loro e a posare per delle foto e un video.
 
E, all’inizio, è un disastro.
Io sono seccata, detesto tutto e tutti e si vede.
Poi, una delle due virago ha l’idea di farmi indossare un abito di prova e io mi irrigidisco ulteriormente.
Devo ammettere, però, che l’abito non è male.
Non è nulla di volgare, o troppo corto, o troppo aderente.
È bello e femminile e il colore mi valorizza.
Mi raccolgono velocemente i capelli, mi truccano con due pennellate e…
Wow.
Sembro un’altra.
Quasi quasi dimentico di essere scocciata.
E penso si veda, perché ad un tratto le due signore sono molto meno seccate e Luna batte le mani dalla gioia.
«Sei bellissima!» continua a ripetere, trionfante.
«Bè, dai, sì… forse può andare…» commenta generosamente una delle tizie.
Ma la sera stessa, via mail, mi arriva un contratto da firmare che mi lega all’agenzia.
 
 
Alla fine, l’unica cosa che mi convince a firmarlo (a parte l’insistenza martellante di Luna, voglio dire) è la consapevolezza che si tratta di un contratto a chiamata.
L’agenzia mi rappresenta, ma io non ho doveri fissi.
Loro mi chiamano, io valuto la proposta.
Se non mi sta bene non accetto e non accade nulla.
Ok.
Devo convincermi che non è un’idea del tutto stupida.
Ce la posso fare.
 
Sono arrabbiata con Luna, ma non riesco a tenerle il muso per troppo tempo, perché le voglio bene e perché ha ragione: ho bisogno di soldi.
Inizio un nuovo stage in una casa editrice più grande, ma capisco dopo due giorni che cosa accadrà: un disastro.
Niente retribuzione, orari da galera e responsabilità come se fossi una lavoratrice contrattualizzata.
Però tengo duro e lavoro a testa bassa per un paio di mesi.
Rifiuto quattro casting dall’agenzia senza nemmeno guardare per cosa sono.
Luna si arrabbia, io fingo di non sentirla.
Poi, un giorno, non so come – forse lo stress, o la delusione, o la rabbia – ricevo una nuova mail e, stavolta, la leggo.
È la convocazione per un casting pubblicitario: sarebbero fotografie di moda.
Chiudo gli occhi per un attimo, poi, prima di perdere il coraggio, scrivo una veloce risposta affermativa.
L’ho fatto davvero.
Non posso crederci.
 
*
 
Per presenziare al provino devo fingere di essere malata con la casa editrice perché, pur essendo solo una stagista, mi fanno storie a non finire.
E questo mi fa infuriare ancora di più e mi rende più determinata.
Per fortuna, perché non è che io sia molto disinvolta in questa storia dei provini.
Mi sembra un po’ tutto un mercato delle vacche, se mi passate il termine.
Stanno a squadrarti da capo a piedi, a chiederti di vedere il profilo e ti guardano come se fossi… bè, un pezzo di carne.
Ma come fanno a dire che fare la modella è una cosa divertente?!
Insomma, dopo ore di attesa sto dentro tre minuti e vengo congedata con la simpatia di un Rottweiler.
Uscita di lì, chiamo l’agenzia e mi sfogo riversando loro addosso tutto quello che penso di questo lavoro e del sistema in generale.
Così, giusto per andare sul sicuro… Così se prima pensavano che sono antipatica, ora avranno la certezza che sono anche matta.
 
Ma, imprevedibilmente e assurdamente, io vinco quel provino.
Mi arriva una telefonata settimane dopo, quando nemmeno ci penso più.
E mi sembra folle.
Una parte di me vorrebbe tirarsi indietro: che c’entro io con modelle, casting e cose del genere?
L’altra parte è più realistica: devo pagare un affitto. Devo pagare le bollette. Devo mangiare.
Il lavoro in casa editrice (se poi mai arriverò nella mia vita a fare l’editor) di sicuro non può aiutarmi.
Quindi mi tappo il naso e accetto.
 
La notte prima non dormo: mi giro e rigiro nel letto chiedendomi se non sono per caso del tutto impazzita.
Oh, ma perché non mi sono iscritta a Medicina, accidenti a me?!
Ah, giusto: è perché mi fa schifo il sangue.
Bene, sono troppo schizzinosa: mi merito di essere nei guai e senza alternative.
 
Per fortuna Luna mi accompagna e, con lei accanto, non è così tremendo.
C’è tanto da aspettare, ma ci offrono la colazione, quindi mi truccano, pettinano e vestono.
Gli abiti che devo indossare sono bellissimi: la stylist si accorge che lo guardo bramosa e ridendo si offre di regalarmene uno a fine servizio.
Quando sono pronta sorge il primo problema: mi portano sul set, tutto bianco e pieno di gente indaffarata, e mi presentano al fotografo.
E io tremo.
«Scusa» mormoro «Ma mi sono dimenticata di avvisare che io vengo uno schifo, in fotografia»
E lui, che mi ha a malapena stretto la mano con aria seccata, all’improvviso fissa su di me due occhi increduli e poi scoppia in una risata tonante.
«Ah, questa è bella!» strilla «Piccola, nessuna viene uno schifo con me: vedrai!»
Mi strizza l’occhio e mi accompagna sul set, improvvisamente gentile.
 
 
E, in effetti, ha ragione.
Non so come possa essere possibile, ma va tutto bene.
Faccio quello che mi dice, sentendomi una perfetta idiota (e se pensate che io mi lamenti troppo state voi in piedi per ore di fronte a un tizio che vi dice cose idiote tipo “Fai una faccia sensuale”… Come si fa a fare le cose a comando?!).
Mi mettono abiti su abiti, mi cambiano trucco e pettinatura.
E il risultato – e ancora non ci credo – è incredibile.
Nel senso di incredibilmente favoloso.
Quando mi mostrano le anteprime delle foto devo sedermi: sono senza parole e mi sento svuotata.
Quella… quella ragazza sono io?!
Ma io non sono così… così bella, slanciata e favolosa.
 
Oh, cielo…. Cosa ho fatto?!



***
Buongiorno!
Allora, siccome sono una nostalgica, opto per l'aggiornamento di lunedì.
"Ragione e sentimento" (che trovate qui: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2908749&i=1) resta invece fissa al venerdì.
Per qualunque domanda, chiacchiera o scambio sapete dove trovarmi: https://www.facebook.com/Joy10Efp e  https://www.facebook.com/profile.php?id=100007339248477
Buona lettura e buon inizio settimana!
Joy

   
 
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