Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: ShioriKitsune    02/02/2015    2 recensioni
[AU!,Riren, in cui Levi ed Eren hanno solo 7 anni di differenza]
Dal primo capitolo:
"Il freddo arrivò tutto insieme, così come la sensazione di dita che mi tastavano il polso, probabilmente alla ricerca del battito. Quella voce parlò ancora, ma le sue parole erano senza senso. Mi fu puntata una luce agli occhi e nonostante il fastidio ne fui grato, perché riuscii finalmente a socchiudere le palpebre.
La prima cosa di cui mi resi conto, fu di essere steso sull'asfalto nel bel mezzo del nulla.
La seconda, furono due grandi occhi verdi che mi fissavano".
Genere: Angst, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Eren Jaeger, Rivaille, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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nda: ricordo che il corsivo è usato per i dialoghi in francese!
Buona lettura :3

 

Capitolo tre – Nuove conoscenze

 

«Oi, moccioso, alzati dal mio letto».

Eren mugugnò qualcosa, ancora addormentato, poi si voltò dall'altra parte.

Sospirai, decidendo di scavalcarlo e lasciarlo lì, visto che sembrava non avere nessuna intenzione di aprire gli occhi. Controllai che fosse ancora vivo, ma evidentemente aveva soltanto il sonno pesante.

Mi ero svegliato stanco, ma restare tutto il giorno a letto non sarebbe stato da me. Inoltre, avevo urgentemente bisogno di una doccia.

Stavo per uscire dalla stanza, quando qualcosa – forse la mia coscienza? - mi costrinse a voltarmi di nuovo verso il moccioso addormentato.

Era rannicchiato, sembrava che avesse freddo e, per quanto insopportabile fosse, non potevo lasciarlo così. Roteando gli occhi, lo coprii con il lenzuolo e me ne andai senza ulteriori indugi.

Durante la settimana trascorsa non ero uscito dalla mia camera molto spesso se non per andare in sala da pranzo o alla toilet del piano di sotto, ma il posto era decisamente grande e mi ritrovai a guardarmi intorno alla ricerca del bagno.

«Perché diavolo le porte sono tutte uguali?», borbottai. Non avevo nessuna intenzione di entrare in camera di qualcuno, dovendo poi scusarmi per l'intrusione.

Così, decisi di scendere in cucina, sperando di trovarvi Carla. Lei era una persona con cui non avevo problemi a rapportarmi, a differenza di tutti gli altri mocciosi.

Ma non avrei mai immaginato che, quella stessa mattina, avrei conosciuto qualcuno che avrei definito decisamente più insopportabile del moccioso Eren.

L'anta del frigorifero era aperta, una figura femminile trafficava al suo interno.

«Carla?».

Quando una testa spuntò, mi resi conto che quella non era Carla.

Il viso della ragazza parve confuso per qualche attimo, poi s'illuminò come quello di un bambino il giorno di Natale. «Tu devi essere Levi!».

«Uhm...».

Due secondi dopo, mi ritrovai stretto in un abbraccio mortale. «Che cazzo...?»

«Oh, perd- ehm, perdonami, Levi!».

Ricominciai a respirare, mentre la nuova-seccatura si allontanava di qualche passo. «Però, aveva ragione Eren quando ha detto che sei basso».

Non capii, ma non m'interessava. Incrociai le braccia al petto, alzando un sopracciglio in attesa di una qualche spiegazione.

Passò circa un minuto, prima che la ragazza si rendesse conto che doveva dire qualcosa. «Oh, mi dispiace tanto! Io sono Hanji, abbiamo la stessa età – più o meno - e sono così felice di conoscerti! Quando mi hanno detto che era arrivato un altro coetaneo saltellavo dalla gioia! Sai, siamo soltanto io ed Erwin da un po' e iniziavamo ad annoiarci, ma ora che ci sei tu potremmo diventare un trio! Oh, sarà così divertente! Potremmo costruire una casa sull'albero, ubriacarci guardando le stelle, giocare ai videogio-».

La interruppi con uno sguardo mortale, spaventato dal fatto che una tizia così fastidiosa potesse parlare quasi perfettamente il francese. «Quattrocchi», la apostrofai «non ho nessuna intenzione di giocare al migliore amico con te e questo Erwin. Quindi, se non ti dispiace, starei cercando Ca-».

«Carla è uscita poco fa! Ha detto che sarebbe rientrata presto, ma per qualsiasi cosa posso aiutarti io!

Ho studiato francese a scuola – lo studio ancora, in realtà – e mi è sempre piaciuto un sacco, soltanto che qui non c'è molta gente con cui posso fare pratica ma adesso sei arrivato tu e le cose saranno decisamente diver-».

«Sta' un po' zitta!», sbottai, sgranando appena gli occhi. Non avevo mai conosciuto qualcuno che potesse parlare così tanto e così velocemente: ero in sala da pranzo da meno di cinque minuti e già sentivo di avere mal di testa. «Volevo solo trovare il bagno, torna pure a fare qualsiasi cosa tu stessi facendo».

Così dicendo mi affrettai ad allontanarmi, ma Hanji mi seguì circondandomi le spalle con un braccio. «Siamo un po' asociali, eh?», ghignò. «Ma non temere, d'ora in poi la tua vita sarà super movimentata! Sai, sarei volentieri venuta prima a cercarti ma Grisha ha detto di lasciarti in pace – ha detto che posso essere assillante e spaventare la gente, come ha potuto? - e quindi ho aspettato, e aspettato, sperando di vederti comparire prima o poi. E adesso... eccoti! Oh, il bagno è da quella parte».

Sentivo l'irritazione montarmi dentro. Feci tutto ciò che era in mio potere per non esplodere, ma si rivelò ben presto più difficile di quanto sembrasse.

Hanji rimase dietro la porta del bagno per tutto il tempo. Io me l'ero presa comoda, sperando che prima o poi se ne andasse, ma lei era ancora lì e ciarlava, ciarlava, ciarlava.

Sentivo che avrei commesso un omicidio entro l'ora di cena.

«...e così, Erwin ed io siamo finiti nella stessa classe. È parecchio intelligente, sai? Il suo senso dell'umorismo lascia un po' a desiderare ma con il tempo ci si fa l'abitudine. Comunque, ti stavo raccontando di quella volta in cui Eren ha iniziato a tirare pomodori a Jean e poi ha dato la colpa ad Annie. Lei si è così arrabbiata che lo ha preso a calci – quella bambina è davvero in gamba – e poi è tornata a giocare con Mikasa e le sue bambole come se niente fosse. E poi Eren ha iniziato a ridere, e Jean a piangere, ed era tutto un gran casino! Ti rendi conto di quanto possano essere pestiferi certi bambini? Quando è successo non avevano nemmeno otto anni!».

Aprii la porta del bagno, i capelli ancora umidi ma che si sarebbero asciugati presto. Avevo provato ad escludere la voce della quattrocchi dalla mia testa, ma era quasi impossibile. In ogni caso, finsi di non vederla e proseguii dritto per la mia strada, verso il cortile.

Quando non ci fu nient'altro che il silenzio sospirai, pensando di essermi finalmente liberato di quella radio.

Tirai fuori un pacchetto di sigarette dalla tasca -fortunatamente Grisha era stato tollerante, su questo – e me ne accesi una, sedendomi sul gradino più basso della scalinata d'ingresso.

Da quanto avevo capito di quello che aveva detto Hanji, lei ed Erwin andavano a scuola.

Avrebbero mandato a scuola anche me?

Certo, non che la mia intenzione fosse di restare per chissà quanto tempo.

Buttai fuori una boccata di fumo.

«Ma chi voglio prendere in giro».

Non avevo un altro posto in cui andare e, dopo aver vissuto per un'intera settimana in una casa, con dei pasti regolari e una sottospecie di famiglia, l'idea di tornare per strada non era più tanto allettante.

Certo, se fossi restato probabilmente sarei impazzito in non poi così tanto tempo, ma forse...

«Levi!».

Oh, no.

E non era sola. Un ragazzo biondo – che sembrava più un fotomodello che un normale diciottenne – la seguiva sorridendo, vagamente imbarazzato.

«Levi, lui è—Oh, Levi! Il fumo fa male! Comunque, dicevo, lui è Erwin! Anche lui parla francese – non bene quanto me, ovviamente – ma sono sicura che diventerete ottimi amici. Quindi, vi lascio fare conoscenza!».

E, detto questo, sparì all'interno nel giro di mezzo secondo.

Oh, allora sa essere veloce quando vuole.

«Ehi», salutò il biondo, sedendosi accanto a me.

«Ehi».

Rimanemmo seduti in silenzio per un po', fin quando della mia sigaretta non rimase che la cicca. Stavo per alzarmi ed andare via – il tizio era evidentemente di poche parole, ma a me andava benissimo così – quando questi parlò.

«Io sono Erwin».

«Sì, l'ha detto Hanji».

Ridacchiò. «Scusala, è fatta così. Con il tempo ti ci abituerai».

Roteai gli occhi. «Com'è che siete qui?».

Mi resi conto che la mia domanda non era delle più appropriate, ma non me ne fregava abbastanza per sentirmi in colpa.

Erwin non rispose per un po', e arrivai a pensare che non lo avrebbe fatto. Ma alla fine lo fece. «Hanji è qui da più tempo. Non so bene il perché, ma penso che i suoi genitori siano morti in un qualche tipo di incidente. Che io sappia, è arrivata quando aveva undici anni. Io sono qui soltanto da cinque anni, avevo tredici anni quando i miei sono morti e nessun parente prossimo era disposto ad occuparsi di me. Il dottor Jaeger mi ha accolto come uno di famiglia», sorrise. «Condividiamo tutti lo stesso destino, qui dentro».

Non tutti, pensai, ma non lo dissi ad alta voce. Il mio passato era una delle poche cose che doveva rimanere tale, se avevo davvero intenzione di ricominciare.

«Capisco».

«Sai, posso aiutarti con la lingua», propose, sorridendo appena.

Oh sì, era decisamente la versione più giovane del tizio che recitava nel ruolo di Capitan America.

«Sicuramente anche Hanji vorrà dare una mano, e devo dire che è un'ottima insegnante».

Avevo un commento sarcastico proprio sulla punta della lingua, ma decisi di ingoiarlo. Annuii, rendendomi conto che mi sarebbe servito imparare la lingua in fretta, poi mi alzai per tornare in camera e cacciare quel coso dal mio letto.

«Ah, Levi?».

«Mh?».

«Se qualche volta ti andasse di uscire, fare un giro o non so, la mia camera è la seconda porta sulla sinistra, subito dopo le scale. Bussa quando vuoi, sono sempre in casa se non quando sono a scuola».

Mi voltai, guardandolo per un secondo.

C'era una luce particolare nei suoi occhi, ma non sapevo dire se mi piacesse oppure no.

Di certo, quel tizio mi incuriosiva.

«Mhm», mormorai, chiudendomi la porta alle spalle.

 

«Hai sbavato sul mio cuscino?».

La voce mi si alzò di un'ottava, e finalmente Eren si ridestò dal suo sonno. Mi fissò, gli occhi grandi e i capelli ridotti in una massa scompigliata e indefinita, mentre un rivolo di bava ancora gli colava dalla bocca.

Disgustoso.

«Uhm? Ehm, oh... buongiorno», sbadigliò, mettendosi seduto.

Sospirando, presi il cuscino con la punta delle dita e lo buttai sul pavimento. Avrei anche potuto bruciarlo, ma non mi sembrava il caso di farlo in casa.

Eren saltellò giù dal letto, tirando fuori il dizionario da non-so-bene-dove e iniziando a sfogliarlo.

«Cosa... fare... stamattina? Per favore, parlare... piano... semplice».

Sbuffai. Stavo davvero per farlo?

Beh, quel moccioso si stava impegnando parecchio per comunicare; era come se un po' glielo dovessi – anche se ne avrei fatto volentieri a meno.

«Conoscere, Hanji, Erwin».

«Oh!», incontrò il mio sguardo all'udire i nomi familiari, sorridendo. «Essere... simpatia?»

Simpatia?

«No».

Lui ridacchiò.

«Erwin sì. Un po'», aggiunsi.

Dopo aver cercato le parole, qualcosa cambiò nel suo viso. Fu quasi impercettibile, ma quel moccioso era molto semplice da leggere. «Erwin... preferire a...me?».

In quel momento avrei riso. «Preferirei chiunque a te, moccioso rompipalle».

Eren mi guardò, inclinando appena la testa. Così, con uno sguardo divertito, gli dissi semplicemente «».

Lui gonfiò le guance per un attimo, poi chiuse il dizionario con uno scatto. «Antipatico», borbottò, quasi tra sé.

Se non fosse stato così noioso comunicare con lui, gli avrei detto di alzare il culo e andare a giocare da qualche altra parte. Ma, date le circostanze, mi limitai a far finta che non ci fosse, magari prima o poi sarebbe andato via.

Ma, così come Hanji – c'era qualcuno in grado di capire quando la sua presenza non era desiderata, in quella casa?! - rimase attorno a me per più tempo del necesario.

Quando Carla ci chiamò per cena, lo incitai a scendere prima di me.

Era rimasto a sfogliare il vocabolario per tutto il pomeriggio, sembrava anche parecchio stanco. Così, si limitò ad alzarsi e avviarsi verso le scale ma, prima di chiudere la porta alle sue spalle, si voltò e mi fissò.

«Tu cambiare idea. Su Erwin e me».

Non ebbi il tempo di rispondere che la porta fu chiusa.

Nella solitudine della mia stanza, mi concessi il lusso di ridacchiare.

Dove diavolo sono finito?



Note:

Buonasera e scusate per l'immenso ritardo, mi sento tremendamente in colpa ma ho avuto tanto da fare, soprattutto con la scuola ç_ç
Allora, ho introdotto uno dei miei personaggi preferiti in assoluto, Hanji! Non stavo più nella pelle, eheh.
Penso che il prossimo capitolo avrà un salto temporale più lungo rispetto all'ultimo, anche perché la vera storia inizierà quando Eren ha 17 anni. Ma non temete, ci arriveremo presto, devo solo far sviluppare un altro paio di cose u.u
Comunque, che ne pensate del capitolo?
Grazie a tutti per le recensioni, e grazie a chi ha inserito la storia tra le ricordate/seguite/preferite <3
Alla prossima!

 

   
 
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