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Autore: Valpur    30/11/2008    6 recensioni
Sono tra noi.
I loro agenti camminano tra le mura antiche di Hogwarts. Dormono e mangiano con noi!
Come dite? I Mangiamorte? No, no, non ci siamo spiegati, credo. Ho detto di no! Niente mantelli neri e maschere tetre, niente cose pacchiane e -oh!- così poco chic come teschi verdi, serpenti, sangue e terrore. Siete rimasti indietro.
Il nuovo male indossa scarpe di marca, è bella e brillante, è in trasferta da un'altra scuola, ha un nome impronunciabile e attenterà alla virtù di tutti gli individui di sesso maschile in età accettabile nel raggio di venti miglia.
Avete capito di chi parlo?
Lei è giunta, e Hogwarts non è più un luogo sicuro.
Ultimo capitolo online!
Genere: Commedia, Parodia, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Alternate Universe (AU), OOC | Avvertimenti: nessuno
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28 agosto 1996, Quartier Generale

Le sedie attorno al grande tavolo ovale di metallo erano già tutte occupate.
Le due file di luci alogene sul soffitto lanciavano una luce gelida sulle pareti innaturalmente lisce dell’hangar; tutto in quella sala era asetticamente grigio-azzurrino. Persino i camici candidi degli individui accomodati sulle sedie ovoidali parevano riflettere quella tonalità onnipresente.
Gli occhi di tutti erano rivolti verso un’estremità del tavolo. Davanti ad un gigantesco, buio schermo piatto un’unica sedia rivolgeva lo schienale alla platea.
Regnava un silenzio teso: nessuno sembrava intenzionato a parlare, ma piccoli gesti – il ritmico dondolare di un piede, il tamburellare silenzioso sul tavolo – tradivano il nervosismo.
Da capotavola giunse un fruscio, seguito da un tonfo ovattato; la sedia girò lentamente facendo perno sull’unica gamba.
Gli astanti si alzarono in piedi all’unisono, compunti.
“Buongiorno, stimati colleghi,” disse la donna davanti allo schermo. Il gatto che aveva in grembo miagolò una volta.
“Buongiorno, Presidente,” fu la corale risposta.
La donna sorrise appena. Si alzò lentamente facendo sloggiare il gatto e rassettò due ciocche in disordine; il cortissimo, severo caschetto scuro e il trucco pesante ne accentuavano il viso pallido, lungo e ossuto. Gli occhi erano freddi dietro gli occhiali dalla montatura di metallo.
“Prego, sedetevi.”
I tacchi alti batterono il ritmo di ogni passo mentre marciava avanti e indietro. Il camice bianco non riusciva a nascondere gli stivali di vernice e le gambe troppo magre.
“Sapete cos’è questo?” chiese all’improvviso, lasciando cadere sul tavolo un volume.
Una donna poco distante si sporse timidamente.
“Un libro,” azzardò stringendo gli occhi. “Mi sembra… ah, certo, Harry Potter.”
La giovane rialzò lo sguardo speranzosa, ma ciò che incontrò fu un vago cenno di diniego.
“Parzialmente corretto. Questo è il nostro nuovo obiettivo. Abbiamo esteso il nostro dominio in svariati fandom, eppure non sono ancora soddisfatta dei risultati raggiunti con Harry Potter. Presto però, grazie alle mie idee e alle nostre tecniche all’avanguardia, saremo in grado di plagiare nuove giovani menti, pilotando a nostro piacimento trame e personaggi.”
“Ma… signora, se mi permette…” azzardò un ometto calvo e nervoso dall’altro capo del tavolo, “si tratta di un fandom per ragazzini, mancano gli impulsi ormonali adatti, gli istinti su cui fare leva! Si tratta di…”
“Silenzio! Non dimenticate che esistono le fangirl,” lo interruppe la donna. “Abbiamo un potenziale esercito inconsapevole che non attende altro che il nostro trionfo. Se avremo successo gli autori stessi si piegheranno al nostro volere! Useremo le pruriginose fantasie di adorabili adolescenti grafomani per minare alle fondamenta la stabilità mentale dei personaggi e la struttura del canon… e il trionfo sarà a portata di mano!”
Una vena le si contrasse sulla tempia mentre stringeva convulsamente il pugno; una ragnatela di rughe le si dipinse sulla fronte.
“Badate, non dico che sia semplice, ma la nostra arma ha delle potenzialità impressionanti. Il processo è già iniziato”, disse, sfiorando con le mani la spalliera della sedia ed avvicinandosi al grande schermo.
“Signore e signori, vi presento il progetto MS539!”
La sala trattenne il fiato per un istante.
Lo schermo divenne blu e luminoso, prima di mostrare un’immagine.
La sala di un castello.







1 settembre 1996, Hogwarts
Sala grande

“Devono darsi una mossa con lo Smistamento”, gemette Ron massaggiandosi lo stomaco. “Ho fame…”
“Ron, sei sempre il solito. Si tratta di una cerimonia importante, non è una perdita di tempo!” lo rimbeccò Hermione.
“Sarà… però potrebbero anche sbrigarsi,” aggiunse in un brontolio, guardando la fila ancora consistente di ragazzini del primo anno in attesa di essere assegnati alla propria Casa. “Senza contare che sentire “Grifondoro!” o “Corvonero!” strillato a intervalli irregolari mi sta facendo venire mal di testa!”
Hermione alzò gli occhi al cielo.
“Santo cielo Ron! Non hai fatto che lamentarti da quando ti sei seduto… sei quasi peggio di Harry l’anno scorso.”
“Eh?” disse l’interpellato, raddrizzandosi gli occhiali sul naso.
Hermione divenne molto rossa; Ron fece cadere rumorosamente la forchetta e sparì sotto il tavolo.
“Io… oh, Harry, mi spiace, sono stata orribile! Non… non volevo dire che sei stato insopportabile, lagnoso, pesante e irascibile per tutto il quinto anno. Certo, non facevi che urlarci dietro, ma ti capisco, ne avevi tutte le ragioni e… ma mi stai ascoltando?” scattò, cambiando repentinamente tono.
Harry non rispose. Aveva lo sguardo fisso verso l’altro lato della Sala, su un Serpeverde a caso, col viso aguzzo e i capelli molto biondi e molti lisci.
Ron riemerse da sotto il tavolo e picchiò la testa contro lo spigolo.
“Merda!” grugnì, massaggiandosi la parte lesa.
“Ron! Controllati!” sibilò Hermione.
“Malfoy non mi convince,” borbottò Harry massaggiandosi la cicatrice. “E’ sfuggente…”
“Più del solito?” chiese Ron.
“… secondo me trama qualcosa…”
“Cosa che ha fatto per cinque anni,” proseguì l’amico, bevendo un sorso di succo di zucca.
“E poi continuo a sognarlo.”
Ron sputò il succo di zucca prendendo in piena faccia Seamus.
“C-cosa?”
“Lo sogno,” continuò Harry. “Ma sono sogni strani, sembra che non mi appartengano…”
“Sei ancora provato dallo scontro di due mesi fa”, intervenne con molto buon senso Hermione. “Certe esperienze lasciano il segno; inoltre se continui ad arrovellarti su Malfoy è ovvio che te lo sogni anche di notte.”
Harry la guardò distogliendo a fatica lo sguardo da Malfoy.
“Dici? Bho, forse hai ragione… però lo terrò d’occhio, non si sa mai che…”
“Ehi, hanno finito finalmente!” gioì Ron tendendo il collo oltre le spalle di Calì Patil.
Harry e Hermione si girarono verso il Cappello Parlante; la fila di nanerottoli del primo anno si era in effetti esaurita. La professoressa McGranitt tese la mano per riporlo al suo posto.
Ron si leccò i baffi e si stese il tovagliolo sulle ginocchia.
Silente si alzò in piedi e sorrise alla sala.
“Bene! Ci sarà un tempo per i discorsi e le raccomandazioni, ma non è questo! Ora…”
Slam.
La porta si spalancò con gran clamore. Circa un migliaio di teste si voltarono verso la fonte del suono, ammutolendo.
Se qualcuno avesse continuato a guardare verso il tavolo degli insegnanti avrebbe notato il sorriso di Silente smorzarsi lentamente; Piton sgranò gli occhi e impallidì un po’di più e la McGranitt, ancora col Cappello in mano, scosse la testa mentre le braccia le si afflosciavano lungo i fianchi.
Ma ovviamente nessuno ci badò, perché ciò che videro in fondo alla sala fu sufficiente a catalizzare tutta l’attenzione.
Una ragazza varcò la soglia, marciando solennemente lungo il corridoio tra i tavoli.
“E quella chi è?” chiese Ginny vagamente schifata. Harry scosse la testa: un brivido gli fece tremare le membra.
“Mentecatta,” ringhiò Hermione squadrandola da capo a piedi.
E va bene, passino i capelli biondi come il grano, mossi e lucenti come onde di seta; passino anche gli occhi bicolori –uno verde giada, l’altro color dello zaffiro- (“Ma secondo te è una malattia?” si sentì bisbigliare.); passino le labbra rosse come ciliegie (“Il rossetto era vietato a scuola, o sbaglio?” chiese Lavanda a Calì.) e lo splendore perlaceo dei denti candidi. Ma a tutto c’è un limite.
“Per la barba di Merlino… che due… che… wow! Che gran paio di… di…” balbettò Ron diventando di una sfumatura di viola estremamente trendy.
Il suo balbettio non fu incomprensibile agli altri ragazzi della sala, che al pari del giovane Weasley avevano lo sguardo imbambolato sulle forme prorompenti della fanciulla (che, nonostante la quinta di reggiseno, riusciva ancora a sembrare agile e snella come una silfide).
Persino l’altero principe verde argento, il ragazzino precedentemente noto come Draco Malfoy, faticava a trattenere lo stupore.
“Che vacca!” scatto Hermione. “La divisa è d’obbligo!”
“Ehm… lei… ecco, tecnicamente credo che sia in divisa…” rispose Harry con voce atona.
Non aveva tutti i torti. Se la divisa di Hogwarts consiste in gonna a pieghe grigia, camicia bianca, maglione grigio con sui bordi i colori della Casa… ecco, la nuova giunta aveva tutto questo.
Con qualche modifica, d’accordo, ma non è che si può essere così fiscali!
Sotto gli sguardi perplessi dei giovani maschi in tempesta ormonale la giovane proseguì la sua sfilata.
“Cinque Galeoni che prima di domani ha la colite”, sibilò maligna Calì a Lavanda accennando col capo alla spropositata area di pelle che la “divisa” modificata lasciava scoperta. Non erano infatti solo le gambe ad essere rivelate da una gonna così minuscola da rientrare più agiatamente nella categoria “cinture”: la camicia era sbottonata fino a livelli facilmente intuibili, con conseguente fuoriuscita di materiale tondeggiante e ballonzolante. I castigati gambaletti neri erano stati sostituiti da un paio di vistose autoreggenti, e al posto delle comode scarpe d’ordinanza facevano bella mostra di sé due tacchi assassini –misteriosamente immuni alle fessure tra le pietre del pavimento; stampigliato sul lato della scarpa campeggiava un nome, un marchio che a nessuno dei presenti disse alcunché.
“Ma che… bleah!” si lasciò sfuggire Harry quando la nuova arrivata gli passò davanti. Si coprì il naso con le mani e guardò i due amici. “L’ho sentito solo io?”
Ron aveva seppellito il viso nel tovagliolo, ma fece distintamente segno di no col capo.
“Lillà, vaniglia, cardamomo e patchouli,” elencò Hermione senza scomporsi più di tanto. Aveva gli occhi ridotti a fessure, ma non sembrava infastidita dal profumo dolciastro che ora permeava l’aria.
LAasconosciuta percorse l’intera Sala Grande. Giunse infine davanti a Silente e, con un sorriso, parlò.
“Buongiorno signor Preside, sono Harmonya Lucrezia Christancia da Montefeltro. Sono…”
“… la nuova studentessa trasferita da una scuola straniera ed ammessa direttamente al quinto anno”, gemette Silente. Alle sue spalle, Piton si era preso la testa tra le mani (a qualche studente particolarmente vicino al tavolo dei professori sembrò di vederlo tremare) e la McGranitt stritolava con gesti furenti il Cappello Parlante (“Piano, vecchia strega, fai piano, mi gualcisci tutto!”).
Harry guardò il vecchio mago. Era pallido e gli tremavano i baffi. Sembrava sconvolto.
Per la prima volta da quando era ad Hogwarts sotto l’ala protettrice di Silente, Harry Potter non si sentì al sicuro.



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Primo capitolo di una breve storia-intermezzo, qualcosa con cui voglio semplicemente divertirmi. Mi cimento per la prima volta in una storia comica (o quantomeno non tragica e densa di meditazioni sofferenti), ma sapete che amo le sfide!^^
Perché una Mary Sue è per sempre, e non si può non volerle almeno un po’di bene.
Non è nulla di profondo, ma voglio solo strapparvi un sorriso!
Bri

   
 
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