Spoiler.
Chi non ha letto
l’ultimi capitolo della scan di Naruto, si astenga dal leggere se non vuole
conoscere nomi ed eventuali morti/nuove tecniche/nuovi personaggi. Ad ogni modo
è una mia rivisitazione, quindi non è tutto spoiler, anzi, la maggior parte è
invenzione. Vedere note finali.
Scritta tenendo Will of the
heart, soundtrack di Bleach, a ripetizione per un’ora sul pc. Andate su youtube
e ascoltatelo anche voi, se volete.
I sopravvissuti.
Sakura guardava le gocce di
pioggia sbattere contro il vetro della sua finestra, per poi scivolare
lentamente verso il basso, simili a lacrime. Tornò ad abbassare il capo,
nascondendo il viso dietro alle ginocchia, e senza rendersene conto riprese a
dondolare. [Noi siamo sopravvissute,
Sakura.]
Erano passate cinquantadue ore.
Cinquantadue orribili ore dalla fine dell’attacco a Konoha.
Alla fine, quando Pain se n’era
andato, aveva pianto. Nulla di eccezionale, il solito sfogo nervoso, si era
davvero spaventata quella volta, ed era corsa a casa per accertarsi che i
genitori stessero bene. Dopo le solite lacrime si era sciacquata il viso ed era
uscita per andare a rapporto dall’Hokage, ed allora aveva visto il resto di
Konoha.
La periferia era completamente
distrutta, l’entrata era spazzata via, moltissime case erano state rase al suolo
e le perdite erano state considerevoli ed orribili. Ma si sa, le perdite erano
sempre orribili, o almeno questo si era ripetuta, cercando di non cedere
all’angoscia e finire col piangere di nuovo. Si era diretta con passo malfermo
da Tsunade-sama, la sua seconda madre, la sua insegnante, e quando l’aveva
guardata negli occhi, aveva capito che questa volta erano state più orribili.
Lo sguardo che le aveva rivolto
era colmo di pena, tanto da averla fatta tremare.
Perché aveva compreso ancora una
volta di essere una sopravvissuta.
Era una sopravvissuta, come tutti
coloro che conosceva, alla furia del Kyubi di quindici anni prima. Era una
sopravvissuta al team sette, aveva resistito all’abbandono di Sasuke, convinta
di riportarlo indietro. E ora era una sopravvissuta al peggiore attacco che
fosse mai stato lanciato contro Konoha, neanche a dirlo, proprio per portarle
via qualcuno che amava, lasciandola in vita senza prestarle la minima
attenzione.
L’unica domanda che poteva porsi
ora era: sopravvissuta a chi?
Poi cominciarono ad arrivare
tutti: i maestri, Gai, Kurenai, Iruka, Ebisu, i bambini, Moegi ed Udon, e poi
Shikamaru, Choji, Hinata, Neji, Shino e Sai. Alcuni jonin che non conosceva, e
poi Shizune, Anko, Suzume, ed anche alcuni dei genitori dei suoi amici, come
Shikaku Nara, Inoichi Yamanaka, Tsume Inuzuka e pochi altri sconosciuti. Alcuni
confusi, altri in lacrime, altri semplicemente sotto shock.
Tornò a guardare Tsunade, senza
aprire bocca. Si era appena resa conto di essere rimasta in silenzio, senza
voce, per almeno cinque minuti. Non era neppure riuscita a muoversi, era
totalmente paralizzata. Aveva solo voltato il viso per vedere i nuovi arrivati,
ed ora era tornata alla posizione iniziale. [Ma dentro io sto
urlando.]
«Tsunade-sama…» mormorò Shizune,
e Sakura si sorprese nell’udire il suo tono sconvolto. Guardò la maestra con più
attenzione, e notò che aveva gli occhi arrossati, [Sicuramente per la stanchezza, vero?],
e che una bottiglia di sakè era rovesciata dietro i documenti, [Forse festeggia la fine della battaglia
prima di tutti, credici.], e che sembrava evitare lo sguardo della
sottoposta. [Ma lei evita sempre Shizune,
no, Sakura?]
La domanda era sempre quella, e
pesava sopra di loro.
Fu come un pugno nello stomaco, e
Sakura si voltò nuovamente a guardare i nuovi arrivati, che sembravano confusi
quanto forse appariva lei stessa fino a poco prima. Fece nuovamente l’elenco dei
presenti [Degli assenti vorrai dire]
e scosse la testa, incredula. «No.» disse, e la sua voce suonò chiara e limpida,
rispetto a quella soffocata di Shizune. Sembrava la voce di chi stava per
scoppiare a ridere. [Una risata da
pazza.]
«Sakura-sempai?» sussurrò Moegi,
spaventata. Aveva cercato invano risposte dal suo maestro, che continuava a
fissare un punto indefinito, e sembrava aver perso la
ragione.
Pur avendolo sempre saputo, dal
momento in cui aveva visto l’espressione vuota di Hinata, Kurenai si schiarì la
voce, e domandò: «Dove sono gli altri?»
Tsunade si morse le labbra, e
Sakura ebbe la netta impressione che cercasse di dominare l’impeto di scoppiare
a piangere. [Perché poi, persino
Gai-sensei lo stava facendo, e Tsume Inuzuka si aggrappava a Shikaku Nara, ed
Inoichi Yamanaka si guardava attorno sempre più rabbiosamente, e Shikamaru e
Choji avevano ancora quelle espressioni falsamente innocenti, perché dopo
Asuma-sensei pensavano di aver già dato, e Hinata ed Ebisu sembravano non avere
più un’anima, e Neji cercava di non urlare ma stava tremando di paura, e tutti
gli altri tremavano con lui, quindi perché?]
«Siamo tutti qui.» rispose
Tsunade, respirando affannosamente, sbattendo più volte le ciglia, poggiando una
mano prima sulla guancia e poi sul mento, irrequieta, incerta di come muoversi,
come parlare.
«Non capisco.» disse subito Neji,
che aveva capito benissimo.
«Alcuni di voi già lo sanno… ma
abbiamo perso molti elementi in questa battaglia.»
«Elementi.» ripeté Sakura
sprezzante. Un angolo della sua bocca salì verso l’alto, in una maschera di
amarezza che era solo voglia di scappare urlando e piangendo, andare ad
abbracciare sua madre e poi anche Kakashi-sensei, per chiedergli scusa di averlo
considerato un bastardo a volte, quando pensava a tutte le promesse non
mantenute e ai contentini, dati per tenerla buona, e anche ad Ino, a chiederle
perdono in ginocchio per tutto il male che le aveva fatto, perché in momenti
come questi tutte le colpe sono di chi rimane, e lei era lì. Ma Ino no. E
neanche Kakashi-sensei. [Siamo
sopravvissute.]
«Aburame Shibi, Hagane Kotetsu,
Hatake Kakashi, Inuzuka Kiba, Inuzuka Hana, Morino Ibiki, Namiashi Raido, Rock
Lee, Sarutobi Konohamaru, Shiranui Genma, Tatami Iwashi, Yamanaka Ino ,Yamashiro
Aoba, Yoda Tenten…» l’elenco ormai giunto al termine fu spezzato da diverse
grida, e Sakura chiuse gli occhi, perché era fin troppo essere costretta a
sentire.
Sentire il rumore delle ginocchia
della madre di Rock Lee che sbattevano contro il pavimento, mentre questa cadeva
in ginocchio, pregando di dirle che era solo uno scherzo crudele, e allo stesso
tempo incolpando Gai di ogni cosa.
Sentire Gai piangere, dando
ragione alla madre di Lee, chiedendo perdono ai genitori di Tenten, al padre di
Lee, a Neji.
Sentire Kurenai singhiozzare, e
abbracciare qualcuno e venire abbracciata, in una di quelle strette che cercano
conforto senza poterlo trovare.
Sentire Tsume Inuzuka scappare
via, alla ricerca di due figli che non avrebbero più litigato per l’ultimo
panino, che non avrebbero più riso dei piccoli incidenti del padre maldestro,
che non avrebbero urlato l’uno contro l’altra per poi finire addormentati quasi
abbracciati sul divano la sera, troppo stanchi per le
missioni.
Sentire il silenzio. Il silenzio
da parte di Neji ed Hinata, l’uno troppo ferito, l’altra assente. E ancora, il
silenzio di Shikamaru e Choji, perché era stato troppo. Semplicemente
troppo.
Sentire il proprio respiro, che
segnava la differenza tra sé e le persone che voleva vicine e che non ci
sarebbero state più.
Riaprì gli occhi, ed incontrò lo
sguardo di Shizune, che si era spostata accanto all’Hokage e le aveva poggiato
una mano sulla spalla. Le sfuggì, incapace di nascondere l’odio selvaggio che
sentiva contro di sé, contro l’Hokage perché la responsabilità era sua, contro
Pain che era venuto a distruggere l’ultimo suo angolo di pace, contro Shikamaru
e Choji per non aver salvato Ino, contro Naruto per non esserci stato.
Troppo odio, tutto assieme, per
una persona sola.
Si voltò e
fuggì.
Cinquantadue ore da quando aveva
lasciato il palazzo dell’Hokage, e si era chiusa in camera
sua.
Le gocce di pioggia le facevano
pensare al sangue, lento nello scivolare a terra e disgustoso a vedersi e
sentirsi cadere, e si tappò le orecchie, lasciando andare le gambe che teneva
strette al petto.
Era una sopravvissuta. [Perché non tocca mai a
noi?]
E lo sapeva, lo sapeva che non
poteva darsi pace, finché non avesse saputo come. Come era morta Ino? Come era morto
Kakashi-sensei? Avevano sofferto? [avresti potuto fare qualcosa?]Erano
morti da eroi o colpiti alle spalle? E gli altri?
Si alzò in piedi, ferendosi le
mani contro i pezzi di vetro sulla scrivania con cui aveva fatto leva per
alzarsi, dove la foto di un team a cui era appartenuta e in cui aveva smesso di
credere giaceva spezzata in tre parti.
Prese della garza e se l’avvolse
intorno alle mani, troppo stanca per potersi curare. Aprì la finestra, e si
lasciò inghiottire dal buio.
Camminò per le strade prive
d’illuminazione, silenziosa come un gatto, e rallentò il passo soltanto mentre
passava davanti al negozio di fiori, quasi aspettandosi che Ino uscisse per
correrle incontro, e raccontarle gli ultimi pettegolezzi. [E ti saresti finta indifferente, mentre io
avrei ascoltato entusiasta.]
Riprese l’andatura più veloce non
appena ricordò che Ino non sarebbe
più uscita, e volutamente scelse di passare davanti ai campi di allenamento,
dove tante volte aveva visto Kakashi-sensei intento a leggere i suoi amati libri. [E tu avresti mostrato indignazione. Io però
avrei sempre voluto sapere di cosa parlavano, nel
dettaglio.]
«Stai zitta.» mormorò, fermandosi
sotto un lampione spento. Non c’era ancora elettricità nelle strade.
Una volta aveva incontrato Lee,
là sotto. Le aveva portato un fiore, per ricambiare il suo gesto, quando era
andata a trovarlo all’ospedale di Konoha.
[Forse sarebbe stato meglio se tu
fossi rimasto paralizzato, povero caro Lee… e mi perdonerò mai per come ti ho
trattato al nostro primo incontro?]
Tenten l’aveva portato via
tirandolo per un orecchio, perché rischiavano di arrivare in ritardo. [Sai chi era sempre in ritardo
anche?]
«Kakashi-sensei…» sussurrò al
vento, cominciando a correre. Aveva smesso finalmente di
piovere.
Stavolta si fermò soltanto quando
fu arrivata alla meta, davanti a casa di Hinata. Lei aveva visto molto, ne era
sicura. Si avvicinò al grande cancello di villa Hyuga e lo saltò, semplicemente.
Le guardi erano quasi tutte morte, ed anche quelle rimaste non erano in
condizioni di fermarla; per evitare problemi si fermò comunque a bussare, e
attese che qualcuno venisse ad aprirle.
Uno spostamento d’aria alle sue
spalle le comunicò di non essere più sola, e voltandosi di scatto si ritrovò
davanti all’ombra che fino a pochi giorni prima era Neji, che teneva una mano
davanti al suo petto.
«Sakura, scusa.» borbottò,
lasciando cadere le braccia. «Non si sa mai.»
Lei annuì. [Dovresti
ucciderlo.]
“E perché
mai?”
[Per alleviare il suo
dolore.]
«Sakura?» ripeté Neji in tono
stanco.
La porta di casa si aprì, ed una
ragazzina simile ad Hinata, ma con occhi pieni di rancore, la fulminò sul posto.
«Chi sei?»
«Hanabi, lei è Sakura. Chiama
Hinata, per favore.» disse Neji.
«Certo, avverto la capoclan.» e
con un inchino sparì velocemente.
«Ha il veleno nella voce…»
commentò Sakura, e con stupore notò che Neji rabbrividiva.
«Sakura, stai bene? Voglio dire…»
tacque, evidentemente non sapendo neppure lui come giustificare la propria
domanda. Sakura si leccò le labbra secche, e annuì, evitando di rispondere a
voce. Qualcosa nelle sue parole lo aveva turbato, anche se non capiva
cosa.
«Sakura.» esordì Hinata, uscendo
all’aria aperta con indosso una veste preziosa che non riusciva a distogliere
l’attenzione dagli occhi rossi di pianto e il viso
sciupato.
«Ti devo parlare.» disse Sakura,
con voce leggermente cantilenante. Neji ed Hinata si scambiarono uno sguardo, ed
Hinata annuì impercettibilmente. Lui sembrò restio ad andarsene, ma
ubbidì.
«Dimmi. Ti ascolto.» dichiarò, ed
una nota disgustosamente gentile ferì le orecchie di Sakura. [Non può non essere cambiata dopo tutto
questo! La odio, la odio!]
«No.»
«Cosa no?»
Sakura inorridì, rendendosi conto
di aver parlato a voce alta, e scosse velocemente la testa. Il battito del suo
cuore aumentò a dismisura, e si sentì improvvisamente in trappola, in un
territorio nemico. Poteva esserci un altro attacco, oppure, peggio, Hinata
poteva volerla morta. Aveva sempre saputo che era innamorata di Naruto, e magari
aveva deciso di farla fuori e spacciarlo per un incidente. Le sembrava di
sentirla: ha iniziato a parlare da sola,
poi mi ha attaccata, è stata legittima difesa.
[Esatto! Uccidila e scappa!
Oppure scappa! Scappa, scappa, scappa!]
«Tu sei rimasta da Tsunade, non è
così? Vorrei sapere di Ino e Kakashi-sensei. Vorrei sapere di tutti, se puoi.»
disse tutto d’un fiato, spostandosi di qualche passo per allontanarsi da lei. Si
vide riflessa in quegli strani occhi bianchi, e per un momento vide la propria
aria da animale braccato, così distolse lo sguardo. [Secondo me sta ridendo di
te.]
Hinata era ferma e rigida. «Sei…
sicura?» domandò, portandosi inconsapevolmente una mano alla gola per
calmarsi.
«Si. Ti prego.» mormorò
implorante, incrociando le braccia per nascondere il tremore delle
mani.
[Scappascappascappascappascappascappascappascappascappa….]
«Sono morti… come eroi.» dichiarò
Hinata, alzando lo sguardo verso il cielo nuvoloso. «Kakashi-sensei ha salvato
Choji, ha fermato un nemico con il suo jutsu, combattendo sino allo stremo delle
forze.»
Sakura chiuse gli occhi, e la
testa aveva cominciato a dolerle. Aveva voglia di raggomitolarsi ancora, mentre
ascoltava la voce fastidiosamente soave di Hinata tessere le lodi del suo
maestro. [Tanto era mio!
Mio!]
“Mio?”
[Nostro.]
«Ino-chan… lei è rimasta
indietro, dicendo a suo padre che aveva già sconfitto tutti i nemici perché non
tornasse indietro. In realtà stava già fronteggiando l’Akatsuki… ha salvato suo
padre, in questo modo. Ibiki-sensei era andato a prenderla, immaginando ciò, e
così ha perso la vita.»
Non se ne rese neppure conto, di
aver iniziato a piangere. Aveva completamente perso la sensibilità del viso, e
le lacrime scivolavano giù come la pioggia, troppe e inutili, come sempre.
«Tipico di Ino, fare uscite di scena plateali.» commentò con voce stridula,
forzata. Hinata annuì tristemente, portandosi le mani al
petto.
«Per quanto riguarda Lee-san e
Tenten-san so soltanto che si erano separati da Neji-niisan, e per questo
Neji-niisan non sapeva nulla di loro. Credo di aver udito Gai-sensei dire che
hanno fatto volontariamente da esca. Persino Konohamaru ha attirato su di sé
Pain in persona, per salvare Ebisu-sensei.»
«E Kiba?» domandò crudelmente,
per vedere se riusciva a spezzare la sua aria tranquilla mentre parlava, per
quanto addolorata. Era come se la volesse sfidare, sempre così maledettamente
controllata al contrario di lei. Hinata sussultò. [Ben fatto].
“Quando te ne andrai? Quando
starai zitta?”
[Non sono mai stata zitta, perché
dovrei farlo ora? E poi io sono te. Se vuoi zittire la mia voce, sai cosa devi
fare. Muori.]
«Come loro. Lui… mi ha
s-salvata.» le rispose, coprendosi poi la bocca con una mano per trattenere un
singhiozzo. Voltò la testa, mostrandole solo le spalle tremanti, e Sakura fece
una smorfia di disappunto, poco felice della piega che stava prendendo la
conversazione. Solo allora si rese conto di piangere, sentendo il sapore salato
delle lacrime sulle labbra.
“Cosa c’è che non va in me?
Perché sono così strana? Starò impazzendo?” si chiese sconvolta. “Devo andarmene
di qui.”
«Scusami Hinata…Perdonami!»
esclamò, voltandosi e fuggendo via.
[Dove corri? Non puoi scappare da
me…]
«Basta! Ti prego, stai zitta!»
gridò, correndo a perdifiato. «Basta!»
Corse tanto da giungere a quelle
che erano state le porte di Konoha, e per un momento le parve di vedere le
figure di Kotetsu e Izumo, assonnati eppure sempre sorridenti per
lei.
[Ma loro non sono sopravvissuti,
mettitelo bene in testa, Sakura. Smettila di cercare i
fantasmi!]
Rallentò l’andatura, fermandosi
proprio sotto le porte, con attorno a sé soltanto macerie. Kakashi-sensei era
stato trovato non lontano da lì, l’aveva sentito sussurrare a qualche vicina
invadente che spiegava ai suoi genitori cosa fosse successo.
[Se vogliamo dirla tutta, Kakashi
se l’è cercata. Finiva male ad ogni missione, forse non era il gran ninja che
fingeva di essere. È sicuramente colpa sua se le cose sono andate così, poteva
evitare di fare l’eroe. Insomma, il team sette è andato a puttane adesso. E poi
già da prima, sbaglio o poteva stare più attento a Sasuke? Se n’è sempre
sbattuto di te, un po’ meno di Naruto che comunque mollava a qualcun altro, ma
visto che con Sasuke era diverso forse…]
«Non è così! Non osare parlarne
così! Lui non poteva… lui l’ha fatto per noi! Se non fosse stato per lui ora non
sarei qui…» la voce le morì in gola, rendendosi conto che proprio per questo lo
odiava più di tutto.
[Vogliamo parlare di
Ino?]
«No, non vogliamo.» ringhiò.
Estrasse il kunai che teneva sempre alla cintura e lo portò davanti al viso. Era
troppo buio per specchiarsi, così con una mano richiamò il chakra curativo, e le
scintille verdi le permettevano di vedere almeno i propri occhi del medesimo
colore. «Non vogliamo, stai zitta ora. Zitta.» le ordinò, e fu certa che gli
occhi che ricambiavano il suo sguardo avessero cambiato espressione. Sobbalzò,
spalancando la bocca per l’orrore. «Tu… ci sei veramente?» chiese,
incredula.
[Naruto ha il suo Kyubi, e tu hai
me. Una piccola, patetica versione di te stessa, più sicura, più intelligente
probabilmente. Non è un po’ triste? Anche io vorrei un qualcosa di forte dentro,
invece ci sono soltanto io, e fuori tu. Ma si fa quel che si
può.]
«Non sono debole.» la
contraddisse automaticamente.
[Lo sei sempre stata, e tutte le
volte che sei stata meno peggio, era perché lasciavi guidare me. Naruto mi
chiama la vera Sakura, tu mi hai sempre pensata come la tua vocetta interiore.
Che…]
«Ti prego, ti prego, dammi pace!»
gridò istericamente, agitando convulsamente il kunai e sparendo dalla propria
vista. Cadde in ginocchio, e la pioggia ricominciò a
scendere.
[Sai perché stavi così prima, da
Hinata? Chiedi perché, Sakura.]
Cercò di evitarlo, ma non ci
riuscì, ormai troppo stanca anche per questo. «Perché?»
[Stai diventando paranoica,
Sakura. Stiamo diventando. E peggiorerà. Non ci puoi fare
niente.]
«Come sarebbe a dire,
paranoiche?»
[Stai parlando da sola, te ne
rendi conto? Tu stai già diventando…]
«Non sono
pazza!»
[E’ troppo
tardi.]
«Mi hai sentita? Non sono pazza!
Non lo sono! Non lo sono!» strepitò, aspettando una risposta che non arrivò.
Sembrava che la voce nella sua mente avesse finalmente deciso di lasciarla
stare.
Passarono alcuni minuti di
silenzio, mentale e non, interrotto solo dalla pioggia che andava aumentando.
Lontano invece le nuvole cominciavano a diradarsi, lasciando spazio al sole che
si alzava.
Sembrava che quella notte
orribile fosse finita, e che la voce se ne fosse andata.
[Ma per
quanto?]
Scosse di nuovo la testa, in
segno di negazione, e guardò il proprio riflesso sorridere maligno. Da lontano,
un’ombra familiare. Era Naruto, lo sapeva già. Era da lui arrivare un secondo
prima della fine a salvare la situazione.
[Noi siamo sopravvissute,
Sakura.]
Questa volta però era troppo
tardi
[E questo è solo
l’inizio.]
Si puntò il kunai al petto, e lo
affondò.
Silenzio.
Pain abbassò il braccio,
lasciando cadere il corpo esanime della kunoichi dai capelli rosa, colpevole di
non aver confessato il nascondiglio del cercoterio. Un’altra kunoichi, dai
lunghi capelli biondi legati in una coda, urlò a pieni polmoni mentre un uomo la
portava via, lontano da lui.
Pain abbassò lo sguardo sul cadavere a cui aveva appena succhiato via la mente, poi riprese a camminare con indifferenza. Era tutto molto più facile del previsto contro di loro, ma se Naruto non si trovava lì, non aveva ragioni per restare.
Naruto entrò incerto,
riconoscendo a malapena il villaggio che aveva lasciato. Quella non poteva
essere la sua Konoha, non poteva.
Sentì un pianto straziato, e a
malincuore lo seguì. Aveva la netta impressione di conoscere quella voce
femminile. Saltò su un grande masso, e gli si gelò il sangue nelle
vene.
Non poteva
proprio essere.
Si avvicinò silenziosamente, ed
incontrò gli occhi di Kiba, che cercava di allontanare Ino ferita ed in lacrime
da un corpo a terra. Neji ed Hinata cercarono di raggiungerlo, l’uno che reggeva
Tenten svenuta e l’altra che aiutava Lee a camminare. Shikamaru e Choji, feriti
e seduti a terra, lo guardarono con uno sguardo che gli disse tutto quello che
[non] voleva sapere.
Naruto sussurrò un nome, troppo
piano per essere udito. Un’ondata di calore bruciante gli invase lo stomaco,ed
una presenza nella sua testa guardò la scena da dietro i suoi occhi, pregustando
il momento in cui non sarebbe più stato in grado di tenerla dentro.
Naruto fece un altro passo, e si
lasciò cadere accanto a Sakura. Le prese una mano, con gli occhi che si
riempivano di lacrime.
[Noi siamo sopravvissuti,
Naruto-kun.]
Quando alzò nuovamente il capo, i
suoi occhi erano rossi.
[E questo è solo
l’inizio.]
Poi fu solo fiamme.
Note
più che necessarie: Soltanto Kakashi finora è morto,
pace all’anima sua. Gli altri sono ancora tutti vivi, sebbene Konohamaru se la
stia vedendo brutta. [E a mio modesto parere, Ibiki Morino e gli Yamanaka sono
nei guai.] Chiunque altro sia morto è fortunatamente frutto della mia
fantasia.
Non ho messo negli avvertimenti
nonsense anche se tentata perché
secondo Recchan non lo era, e poi io non volevo fosse una nonsense all’inizio,
poi ne è uscito quel che ne è uscito. La mia idea principale era di far finire
tutto con Sakura che si suicidava, con tutta la prima parte realtà e lei
impazzita, e con Naruto arrivato
troppo tardi e trovava tutto distrutto. Poi boh… si è scritta da sola, e quello
che Sakura ha vissuto era una illusione, mentre Pain la uccideva con quella
specie di strana tecnica che usa nell’ultimo capitolo.
Forse.
La voce nella testa di Naruto era
Kyubi. La voce in quella di Sakura era inner Sakura.
Perché entrambe parlano allo
stesso modo e dicono le stesse cose? Mistero. Decidete voi cosa era reale e cosa
no, perché fossero così d’accordo innerSakura e Kyubi.
Poi fu solo fiamme.
Che Naruto sia
stato posseduto dal Kyubi è ovvio, ma se ci pensate, Kakashi è davvero morto e
non può fermarlo. Scegliete il finale che preferite.
Il modo caotico in cui è
descritta la situazione da Tsunade è dato dal fatto che era visto dal punto di
vista di Sakura. Avrei voluto soffermarmi anche su Shikamaru e Choji, sul dolore
appunto di essere sopravvissuti, ma niente da fare, ha deciso la tastiera per
me.
Che altro dire? Grazie a chi ha
letto e a chi avrà il coraggio di commentare!