Mine ogni tanto guardava dall'enorme finestrone, dell'enorme palazzo, alto
e grigio, liscio come una lavagna appena fatta, e ugualmente asettico, se non
tetro.
e lei ci stava dentro, non era una cosa così speciale, dopo averci fatto
l'abitudine, gli uffici, le case anche, così impersonali, apparivano
normali.
Non che questo turbasse la sua mente, ora come ora.
La donna stava canticchiando su di una canzone veniva amplificata nell'enorme
stanzone che le fungeva da ufficio, una visione tutt'altro che normale, la donna
in affari, elegante e sofisticata, che ballettava per la stanza cantando, nemmeno
a voce bassa poi, coprendo la musica.
Era una visione vagamente surreale, se ci fosse stato qualcun altro avrebbe
probabilmente chiamato un ospedale psichiatrico, o qualche clinica specializzata.
Ma c’era solo Mine, con quella canzone, quella preferita da quella sciagurata.
La canzone era “missing”.. la persona, era Michelle, quella dannata,
ignobile ingrata, che aveva avuto il sadico gusto di andare contro tutti i loro
perfetti, fantastici piani e farsi uccidere, il che poi non era il lor cruccio
principale, no, più che altro il fatto che si fosse fatta uccidere davanti
al suo innamoratissimo, ed indispensabile ai loro fini, Nikolas.
Che per ripicca ora si stava scavando la tana dentro quel suo corpicino per
restarci dentro a vita, intrappolato.
Si, quella canzone sembrava fatta quasi apposta, soprattutto nei versi tipo
”prima o poi tanto ti accorgi che non ci sto più” e nei vari
“hey? Lo sai che sto qua ora e che dopo tanto non ci so più? Hey?
Notatemi, ora cghe potete..” insomma, i soliti lamenti alla Michelle,
insomma.
Ora però c’era ancora quell’altro problema, appunto, di
Nikolas.
Michelle dopotutto era stata qualcosa di piuttosto inutile, era Niko il problema,
già.
Niko che si rifiutava si “lottare” per uscire dal lettino comodo
comodo chiamato “commiserazione”.
Il problema non era nemmeno troppo risolvibile… non si può costringere
qualcuno come Nikolas a fare quello che gli dici di fare, è anzi probabile
che facciano il contrario.
Bel dilemma.
Mine intanto che pensava queste cose continuava a ballettare di qua e di là senza farci troppo caso.
Una soluzione, comunque, andava trovata.
E pure abbastanza in fretta, si disse Mine, perché altrimenti l’avrebbero
silurata, e questo, da quelle parti, di solito faceva corrispondere la “metafora”
al fatto.
E non era troppo piacevole, nono.
“Mine?” una voce piuttosto strabiliata le strisciò strascicata
alle spalle, mentre eseguiva una non troppo leggiadra e anche poco slanciata
piroetta e urlava a squarciagola i vocalizzi iniziali di una canzone.
“Uh, salve Lucas! Vuoi ballare?” chiese, iniziando a ballare, piuttosto
goffamente, girando attorno al nuovo arrivato.
“No, Min. non è troppo permessa questa cosa, lo sai” rispose,
coinciso, Lucas.
”Noioso.” Rispose lei, spegnendo lo stereo e poi appoggiando il
telecomando da qualche parte a caso, random.
”Dunque” esordì poi, avvicinandosi a Lucas con il cappotto
in mano “Cosa mangiamo oggi, per pranzo? Vermetti in scatola, servi affamati,
colleghi avidi, o capi furiosi?”
La risposta fu un laconico “Mi sa che ci toccheranno i Capi Furiosi anche
oggi” che provocò una smorfia di disappunto e un “Bhe, capisco
la tua allegria allora, Luke!” da parte di Mine.
“Oh, beh, anche noi dobbiamo mangiare qualcosa di indigesto qualche volta”
rispose una terza voce, forzatamente allegra, appartenente a quella testa bacata
che non era altro che Stefan, che si era aggiunto al duetto.
“Perché però siamo sempre noi a sorbirci i più pesi
da buttare giù?” fu la domanda di Mine, appena giunti davanti alla
scarna porta d’ingresso dell’ufficio dei capi, una semplice porta
di legno scuro che metteva soggezione giusto per il suo aspetto semplice e nemmeno
troppo moderno.
“è una domanda a trabocchetto, secondo te, Lucas?” chiese
Stefan
L’interessato non fece altro che scuotere le spalle e proferire “mah.
Entriamo?” con una delle sue facce più random che potesse trovare.
“Questa è a trabocchetto, direi.” Rispose Mine, aprendo la
porta.