CAPITOLO SETTE
Mi svegliai con
le
leccate di Wyvern. Scattai a sedere schifato e il mastino
trotterellò dalla
legittima padrona.
“Buen
trabajo, Wyvy”
Si stava
mettendo a
posto il vestito. Mi chiesi se stesse facendo quel movimento con la
spalla. Si.
Rimasi ancora un po’ a guardarla pulendomi il viso con la
maglietta, poi andai
a prendere un pezzo di pane dalla borsa. Stava finendo.
“Adesso
che siamo
fuori città come faremo a procurarci da mangiare? Mi aspetto
un’idea
brillante.”
Mi
guardò divertita.
“Non ne ho.”
Avevo sonno.
Non
avevo mai dormito fuori. Mi faceva male tutto. Nonostante
ciò mia alzai e mi
stiracchiai. Tutte le giunture della schiena mi schioccarono. Volevo un
letto.
Probabilmente cominciai a lamentarmi e non finii fino a quando non
fummo pronti
a partire, ma Zabluda non mi badò.
Mentre
camminavamo
nella luce pallida della mattina mi disse che sentiva la magia. E non
le
piaceva. Era una magia corrotta. Un potere piccolo e malato che si
annidava nel
sottosuolo e nell’essenza delle piante.
Camminammo
tutto il
giorno sotto il sole cocente. Scoprii che era la figlia di una donna di
servizio del castello. Una vita sacrificabile.
Passammo
dozzine di
campi abbandonati. Trovammo qualche mora rinsecchita e qualche fico.
Wyvern sparì
una mezzoretta e tornò con il muso insanguinato. Non volli
indagare.
Parlammo un
sacco. Io
volevo scoprire se era stata
Stavamo appunto
camminando
sul tracciato di una strada di campagna, passando da una lastra di
cemento
all’altra, quando vedemmo che il nostro cammino sarebbe
dovuto passare tra un boschetto
molto fitto e una piccola collina.
Per Zabluda non
ci
sarebbero stati problemi, ma io feci valere le mie ragioni in quanto
guida e
conoscente del territorio, anche se lì non ci ero mai
arrivato. Le mie ragioni
si riducevano a un semplice concetto di sopravvivenza: mai andare dove
non hai
vie di fuga. Piuttosto avrei fatto il giro largo, tanto non avevamo una
meta
precisa, giusto? Seguivamo la via tracciata solo per non perderci, dato
che
quella gran brava sirena e il suo mastino da combattimento si davano
tante arie
ma non avevano la più pallida idea di dove stavamo andando.
Mi spiegarono a
sputi
e ringhi che sapevano benissimo dove andare, erano guidati dal destino
nel loro
percorso e Parino ( che a quanto capii era una specie di dio protettore
del
loro popolo che assomigliava molto a Poseidone, con tanto di forcone e
coroncina ) era dalla loro parte, anche se non certamente dalla mia,
dato che
ero un miscredente e anche vantavo un intelletto notevolmente inferiore
a
quello di un uovo di squalo.
Stavo giusto
facendo
notare che magari il loro amato Parino, oltre che essere un
po’ tocco e
incapace, e forse anche sadico, date le tragedie che stavano avvenendo
a Moore,
magari non aveva poteri al di fuori del proprio mondo, quando ci
accorgemmo che
eravamo ormai arrivati all’imboccatura del bosco.
A me non
piaceva per
niente e glielo dissi. Non solo per gli animali che ci potevano essere
all’interno, sicuramente terrificanti, (avevo, e ho
tutt’ora, una paura matta
di qualsiasi cosa vivente dotata di moto proprio, se non lo avevate
ancora
capito), ma soprattutto per la possibilità di incontrare
banditi.
Ovviamente non
sapevo
niente dei banditi che infestavano le campagne intorno alla mia
città vivendo
beatamente rapinando, stuprando e uccidendo più della
metà degli incauti che si
mettevano in viaggio. Avevo solo una paura bestiale di quella cosa cupa
che ci
attendeva, piena di robe viscide e vive, e senza vie di fuga.
Nonostante
ciò persi
un buoni dieci minuti della mia vita a inventarmi storie
raccapriccianti di
briganti con lunghe barbe nere e denti d’oro.
L’unica
reazione di Zabluda
fu alzare un sopracciglio. Poi mi spinse dentro il passaggio. Ebbi
appena il
tempo di scorgere qualcosa che si muoveva sulla cima della collinetta
che gli
alberi mi soffocarono.
Questo
è un capitolo
un po’ moscio, ne son cosciente. Scusate se ho aggiornato in
ritardo. Oh, in
genere aspetto che almeno una decina di persone legga
l’ultimo capitolo prima
di postarne uno nuovo. Tranne nel caso mi arrivi una recensione, che
vale di
più di qualsiasi numero nel mio personale metro di paragone.
XD
Quindi il concetto è che se volete
leggere la prossima parte, che è parecchio più
emozionante (e non è che ci
voglia molto) commentate!!! =D
Per Prue:
c’è un
accenno di magia hai visto? ^_^ La magia risiede dovunque ci sia vita
che non
sia stata contaminata dal pensiero umano, perché gli uomini
non ci credono,
quindi le piante e la terra che crescono a stretto contatto con loro
non la
sviluppano. Ovviamente queste sono le forme naturali, minori e
intrinseche di
magia. Poi ci sono quelle cosiddette artificiali, come il potere dei
maghi, che
comunque deriva dalla vita spontanea ma riesce a sfruttarla ed
amplificarla. Questa
è una piccola chiave di lettura del mondo che ho creato,
così magari capisci
meglio i prossimi capitoli, anche se ci vuole ancora un po’
prima che entri in
gioco gente potente…