Eternamente
(para siempre)
Il
mondo è rotondo e il luogo che può sembrare la fine
può
anche essere
l’inizio
Ivy
Baker Priest Treasurer of United States.
Settembre
arrivò in sordina, come le buone notizie, ad alleviare i colpi
bassi della sorte. I
giorni infausti si erano susseguiti in una sarabanda affannata che
avevano visto Morena al capezzale di Alfredo a tenergli la mano,
confortarlo e aggiornandolo sulla situazione delle terre, ora che si
era ripreso del tutto e non aveva più bisogno di essere
sedato, ma con il pensiero fisso e costante sulle parole di Javier e
sull'effetto di terribile angoscia che le avevano lasciato. Non
era più venuto in visita, anche se le rare volte che
s'incontravano per caso in paese, egli si accertava sempre che le
condizioni di Alfredo fossero buone. Si era persino dato da fare
affinchè la posizione di insegnante della dottoressa Soler
fosse aggiornata alle autorità, ma di fatto, evidente e
appurabile, era tornato ad essere solo
Javier La Fuente, un conoscente, un estraneo. Tutto
ciò era terribile e le faceva male.
Poi
capì. L'aveva lasciata sola a riflettere sulla sua assenza e
quanto questa influenzasse sul suo futuro, ed anche se aveva chiaro
davanti agli occhi la sua sofferenza, ricordando le amare scoperte
della sua vita privata con i risvolti tragici e il suo sacrificio nei
confronti della comunità, era tornata a maledirlo.
Erano
parenti,
pensò con un brivido, ma non sapeva come ci si doveva
comportare. Dall'altra
parte c'era l'uomo che aveva sposato, che l'aveva salvata e dalla
quale aspettava un figlio; guardava il suo volto provato dalla
ingiustizie della sorte e sentiva nel petto una carica d'affetto e
stima da gettarla nello sconforto anche solo a pensare ad occhi verdi
che le dicevano addio. Le
sembrava di impazzire, ed era molto stanca. Desiderava chiudere gli
occhi, appoggiare la testa su un cuscino morbido e svegliarsi solo
quando avesse capito cosa ne sarebbe stato del suo futuro, fino a
ieri così chiaro e limpido. Ma
i tempi dell'oblio erano finiti, perciò prese un bel respiro e
tornò alla realtà. «Ahh..»
Alfredo protestò dal letto della loro stanza; gli aveva punto
il braccio per trovare una vena con insuccesso. «Sei
distratta?» Morena
alzò il viso. «Dobbiamo controllare costantemente la tua
emoglobina. Se l'ossigeno non circola a dovere..» «Lo
so.» La interrupe lui, abbozando un sorriso sarcastico. «Non
morirò, sta tanquilla. Devo accompagnare Olivia all'altare.» La
donna posò la siringa sul tavolo, stizzita. «Non lo
trovo divertente, Alfredo.»
Quando
trovò la via si chiuse nelle spalle evitando, senza successo,
lo sguardo inquisitorio dell'uomo. «Se hai bisogno di riposare,
puoi sempre delegare qualche compito. Non è peccato chiedere
aiuto quando si ha bisogno, sopratutto nella tua condizione. Stare
quì non è necessario, prendi qualche giorno per te,
dedicati a te stessa, ti prego.» Le posò una mano sul
polso, accarezzandolo affettuosamente. «Olivia è sempre
fra i piedi ed anche i suoi preparativi di nozze e Stella.. sa
benissimo fare un prelievo. Come vedi, non sarò solo.» «Non
saprei dove altro andare.» Esalò stupefatta e tentata. «Dove
ti senti serena.» La guardò, scoprendola con gli occhi.
«Perchè è chiaro che quì, ora, non lo
sei.» Morena
s'illuminò e si piegò per baciargli la guancia. «C'è
un piccolo seminario all'università di Salamanca sulle
pratiche avanzate del parto, potrei andare lì qualche giorno,
sarei comunque vicina se servisse e..» Alfredo
le posò un dito sulle labbra. «Và a quel
seminario prima che ti ci spedisca io!» La
donna rilassò il viso teso ed annuì entusiasta. «Vado
a preparmi, allora.» L'uomo
acconsentì, ma prima di vederla uscire dalla stanza parlò
ancora. «Ti prego di non far entrare nessuno.» Quindi
tentennò prima di uscire, così egli si affrettò
nel placare i suoi dubbi. «Voglio riposare.» «Come
desideri.» Rispose. Ma
calato il silenzio nella stanza, Alfredo fissò il vuoto con in
faccia il volto della paura. * «Amico
mio!» Lorenzo gli venne incontro abbracciandolo
affettuosamente; da quando era a Fuentesauco, Javier non aveva avuto
un attimo di tempo per scambiare quattro chiacchiere con l'amico
giovialmente, come erano consoni fare in quel di Madrid. Molte
cose erano cambiate da allora; il pensarci fu come se una folata di
vento lo colpisse alla nuca costringendolo a rabbirividire. Ricambiò
la stretta, colpendo la spalla del ragazzo per scacciare via la
malinconia. «Mi porti notizie dai campi?» Chiese poi
cauto. «Si
e no.» Ammise seriamente. «Ricordi ancora che mi
promettesti d'essere il mio testimone, vero?» «Il
matrimonio!» Esclamò desolato per non averci pensato
subito. «Certo che lo ricordo e sono ancora per quella scelta.
Perdonami se non sono tanto attivo, ma come tu ben sai ho questioni
che mi assorbono tutto il poco tempo a disposizione che mi rimane.
Vedrò Don Pedro il prima possibile per l'espiazione dei
peccati e preparrmi a questo compito, sta tranquillo.» «Parli
proprio come un vecchio uomo d'affari.»
«A
volte vorrei esserlo.» Soffiò laconico. «Che
notizie dai campi?» «La
stima dei danni è un pò al di sopra della somma che tu
hai intenzione di donare, tuttavia nella situazione economica in cui
ti trovi, non credo tu debba alzare ulteriormente il tiro. Ancora mi
chiedo perchè vuoi farti carico delle pene di questa gente.
Per carità, non predermi per un uomo senza cuore, ma farsi
carico di così tanti debiti..» Lorenzò arricciò
il naso quasi fanciullescamente. «..lo trovo un pò
avventato.» «Il
denaro va e viene, amico mio. La mia gente ha dato più volte
riprova di fiducia che spenderlo per ricambiarli, non può che
arricchirmi là dove nessuno può riuscire a vedere.
Nell'anima.» Fece cenno al ragazzo di sedersi e con le mani
incrociate proseguì. «Ho modo di credere che verrò
ripagato di questa fiducia, motivo per cui ti ho chiesto di
analizzare ipotetici profitti del progetto di rinascita di Villa
Ortensia; sono certo che con la sinergia giusta fra la forza dei
Saucani e i miei fondi, ne uscirà qualcosa di veramente
grandioso.» «Già.
La tua idea di albergo di lusso. Anche quella avventata..» Lo
redarguì, ma sorrise speranzoso. «Ma non posso che
essere d'accordo con te. Se introdotta bene, può essere il
vero colpo grosso della tua vita, Javier.» «Ah
ben detto! Ora sì che riconosco il mio amico!» Gli
strinse la mano e insieme sorrisero. «Sai ho davvero bisogno di
credere in qualcosa di nuovo, di pulito
e sopratutto qualcosa di mio, Lorenzo; per troppo tempo ho vissuto
così come mi volevano vedere gli altri,
mentre
adesso non sento che questa grande forza che mi spinge ad andare
avanti per la mia
strada, finalmente.»
Inspirò e si lasciò cadere sullo schienale della sedia.
Sono cambiate così tante cose.» «Ho
saputo da mia cugina Leonor che se ne andrà in Baviera. Mi
dispiace così tanto per voi due.» «Se
fossimo rimasti insieme, distruggendoci a vicenda e compromettendo il
futuro di Camila, allora sì che avresti dovuto dispiacerti.
Siamo cresciuti in mondi e modi diversi, sarebbe potuta funzionare ed
essere il
matrimonio
idilliaco, ma non è andata così. Mi rallegro pensando
che qualcosa di buono abbiamo fatto, nonostante tutto.» «Questa
saggezza ti aiuterà, ne sono certo.» Asserì
Lorenzo, estraendo dalla borsa di pelle ai suoi piedi una lista che
gli porse. «Ma prima di tutto serve la fortuna. E quella non ti
manca amico mio.» Indicò dei nomi su quel foglio e si
soffermò a lungo su uno sorridendo. «Milagros Blanco
Gravelo moglie dell'ereditiere bancario Eduardo Gravelo, è
solo una degli interessati a farti un prestito. Ci pensi? E non hai
idea degli altri, pare anche don Abel Vincente Del Carmen, il sindaco
per divertimento, pare ricco sfondato sia interessato.» Un'ombra
scura passò veloce sugli occhi di Javier, accarezzò il
primo nome con l'indice e rispose con distacco. «Gli darò
un'occhiata.» «Certo,
l'ultima parola sta sempre a te don La Fuente.» Lorenzo rise
bonario e l'inziale tensione dallo sguardo di Javier, scivolò
via. «Che
sciocco, non ti ho neanche chiesto come sta la tua futura sposa.»
Aggirò il discorso e lo sguardo di Lorenzo si sciolse. «E'
quì fuori che attende, a dire il vero.» Un leggero
imbarazzo colorò le guancie del giovane che proseguì.
«Sono dell'idea che i discorsi finanziari non siano argomento
da trattare in presenza di donne, se mi spiego, ma ha bisogno di un
tuo consulto medico.» Javier
corrugò la fronte e fece cenno con una mano di farla entrare.
«Manderò a chiamarti quando avrò studiato quella
lista.» Sussurrò quando una più che gravida
Olivia, fece cenno d'entrare nello studio. «Signorina
Herrero..» quando aprì bocca, Lorenzo uscì
frettolosamente dalla stanza. «Olivia,
prego. Dal momento che tu e mio marito siete grandi amici, credo
dovremmo saltare i convenevoli.» Javier
sorrise e invitò la donna sul lettino. «Ho
dei dolori atroci, il bambino ha cominciato a farsi sentire.»
Piagnucolò, per poi guardare il medico quasi vergognandosi.
«Lorenzo dice che sono paranoica, ma a me sembra che questa
creatura si muova un pò troppo, ecco. Ed è come
accadesse in più parti contemporaneamente.» Javier annuì
e tastò il pancione lateralmente. «Lo so che può
pensare che sono solo la sciocca apprensiva di turno, ma io sento
qualcosa di strano e devo assolutamente scoprire cosa, prima che i
nervi mi facciano a pezzi proprio quando dovrò percorrere la
navata per sposarmi.» «Adesso
non pensare a questo.» La rabbonì, controllandole il
battito e il respiro con assoluta tranquillità. «Ogni
donna ha il proprio modo di reagire a affrontare la gravidanza; la
buona notizia è che non esiste uno migliore dell'altro. Il
corpo deve adattarsi ad ospitare una nuova vita e francamente, questo
è già straordinario avvenga in maniera così
naturale.» Le sorrise e la vide respirare, finalmente. «La
dottoressa Soler aveva ragione. Il dono della calma è tuo
amico.» Poi sussultò. «Eccolo che ricomincia!»
E gli portò la mano sulla pancia per fargli constatare di ciò
che parlava. Javier auscultò dapprima con molta attenzione,
poi con un lampo nelle pupille agguantò lo stetoscopio.
«Allora? Non tenermi appesa con lo sguardo..» «Hai
mai pensato che il bambino in realtà.. siano due?»
Olivia ammutolì fra lo stupore e la paura, ansimando. «Ti
prego respira.. seguimi, respira.» La guidò con calma ad
un battito regolare e quando la vide concentrata sgattaiolò a
chiamare Lorenzo; il ragazzo tornò dentro e quando vide Olivia
intenta a calmarsi raggelò. «Sta bene non allarmarti.
Dato la circonferenza della sua pancia e ai primi sintomi da lei
descritti, ho pensato subito che questa potrebbe trattarsi di una
gravidanza gemellare, Lorenzo. La probabilità si può
riscontrare in famiglie in cui siano già accadute circostanze
di questo genere, ma questa è una domanda che faccio io a voi.
Nulla di grave come vedi e.. Lorenzo!» Esclamò quando il
ragazzo cominciò a vacillare; lo aiutò ad appoggiarsi
al lettino dove era stesa Olivia e li rabbonì. «Ragazzi
miei, dovrete essere nel pieno delle vostre capacità fisiche e
mentali per affrontare questa benedizione, capisco che adesso può
sembrare una catastrofe, ma così stiamo esagerando!»
Sorrise guardando Olivia ora più calma. «Dovresti
parlarne con Morena, lei disporrà sicuramente di argomenti più
specifici.» «Perchè
non lo sai? Ha lasciato Fuentesauco stamane.» Javier
la inchiodò con lo sguardo. «Sta bene?» Chiese
serafico. «Non
lo so, speravo me lo dicessi tu.» Rispose Olivia ricambiando lo
sguardo. «E' andata a Salamanca per un convegno medico.» * Morena
era partita, ripeteva mentalmente questa nenia nella sua testa e più
la ripeteva, più questa le sembrava assumesse un significato
intrinseco che doveva riuscire a sbrogliare; non le parlava da tempo
e volutamente aveva messo una barriera fra di loro, quando aveva
capito che le stava facendo soltanto del male, confondendola con
sentimenti che non riusciva più a reprimere, ma adesso, non
riusciva a smettere di pensare che quella partenza fosse solo una
muta richiesta d'aiuto. Una
folata di vento gelido gli ricordò il motivo del suo
peregrinare lungo il perimetro del paese, dagli argine del fiume ai
campi martoriati, evitando Villa Ortensia, dove Leonor stava
ingrossando le carrozze con i suoi averi e stava andando via con la
loro primogenita al seguito. Le aveva promesso che non avrebbe
offerto scene pietose al limite della decenza, perciò aveva
salutato la piccola Camila alla sua maniera, giurando a se stesso che
sarebbe venuto il giorno in cui avrebbe dimostrato di essere molto
più, che il padre rimasto a far la guerra ai suoi fantasmi del
passato nelle terre di nessuno. Calciò via un sasso e imboccò
il viale per il pensionato di donna Flora. L'aria
pullulava di fermento per il matrimonio della piccola Herrero, sul
prato c'era grande baccano di persone, invitati a giudicare dai
pacchi che i più portavano con se come dono; in mezzo a loro,
la padrona della locanda si destreggiava a gran voce con una lista
delle camere assegnatarie e modi poco consoni per una di quel
mestiere. Javier sorrise divertito, avvicinandosi. «Don
La Fuente?!» La donna lo inchiodò con uno sguardo che la
diceva ben lunga sul suo stupore. «Cercate una camera? Perchè
siamo al completo.» Rispose ruvida, per poi sbuffare e
imprecare verso la porta d'entrata. «Maria! Quanto ti ci vuole
per scendere per l'amor del cielo?» «Arrivo
signora!» Una ragazzotta corpulenta arrivò affannata e
vestita da cameriera. «Mi
farai pentire del giorno in cui ti ho tolto dalla strada, maledetta
te!» Proseguì ancora la donna. «Accompagna i
signori Olivades nella camera otto. E cerca di non perderti.»
La ragazza annuì prendendo in consegna gli spiti che la
seguirono in rigoroso silenzio. «Dovete
cercare di mantenere la calma, donna Flora. Non vi fa bene alle
arterie farvi il sangue amaro.» «Ciò
che farebbe bene alle mie arterie sarebbe la nullafacenza. Ma come
vedete voi stesso, questo è impossibile.» Javier
strinse gli occhi a fessura e le parlò flautato. «Siete
stata una gran lavoratrice, la pietra miliare del commercio di
Fuentesauco, permettetemi di consigliarvi, tenuto conto della vostra
esperienza che questa può essere incanalata in un'attività
più consona alla vostra età, ecco.»
«E
voi avete in mente qualcosa, giusto?» Chiese quella guardandolo
dal basso verso l'alto con fare sospettoso. «Non si parla
d'altro, ma sapete come siamo fatti noi gente del commercio, non
crediamo fino a quando non vediamo.» Lo scansò con un
mezzo sorriso, invitando i successivi ospiti a farsi avanti. «Non
sareste la donna concreta che conosco, se così non fosse.»
Flautò lui. «E' per questo che tornerò a farvi
visita.» Prese la via del ritorno, ma la donna lo trattenne; un
sorriso giubilante gli dipinse il volto, prima di voltarsi. «Sì,
donna
Flora?» Domandò con un tono indefinito. «Chi
stavate cercando esattamente?» E la voce della donna sembrò
una puntura di spillo. Javier
la inchiodò al suo sguardo trapassandola. «Donna
Milagros Blanco Gravelo.» Quella
sembrò sul punto di spezzarsi. «Non è quì.» «Ha
idea dove posso trovarla?»
«Provi
al guado del fiume, credo mormorasse così al suo avvocato.»
Poi piegò la testa di lato e socchiuse gli occhi. «Deve
essere un progetto ambizioso per spingere la signora a scomodarsi dai
suoi affari di città.»
«Avrà
modo di saperlo, se è sua intenzione ascoltare donna Flora.»
Ma aveva già la sua risposta, gliela leggeva negli occhi,
perciò si finse compiaciuto e quel tanto distaccato da far
credere che di qualsiasi cosa stesse parlando riguardante la Blanco,
sua
madre,
lui sapesse. Suo
padre glielo aveva insegnato. Far credere alla gente ciò che
vuole sentirsi dire, perchè quando gli affari erano il fine
ultimo dell'impresa, più dimostravi di possedere competenze e
l'interesse da parte di un blasonato nome o rango, più avevi
possibilità di spuntarla sull'altra metà; il popolo,
il vero e utile consumatore. Per questo la congedò con un
sorriso trionfante e il silenzio della compiacenza. Chiese
che gli venisse portata una carrozza per risalire lungo il fiume e
dopo poco era in marcia verso il Rio
Cochino. La
trovò al grande slargo dal quale si intravedeva tutto il
paese, specchiato sull'acqua come un dipinto. Era
circondata da due uomini e gesticolava con tanto ardore, mentre
parlava e muoveva nervosa il piede al di sotto della veste color
indaco. Quasi
come un richiamo, voltò leggermente il capo alle sue spalle,
lì dove se ne stava a fissarla senza fiatare; rimasero così,
a parlarsi con gli occhi, fino a quando ella abbassò il capo
congedandosi dai suoi interlocutori, per avanzare verso la sua
direzione. «Immagino
il motivo per cui tu sia quì.» Esalò, senza
staccare gli occhi dai suoi. «Non credevo avessi l'audacia per
farlo alla luce del sole.» «Ho
lasciato credere che complottassimo del mio progetto.» Javier
seduto in carrozza, le allungò la mano per farla salire. Il
tocco della sua mano era freddo e gentile; la strinse e sentì
come una strana forza attraversarlo. «Mi auguro questo non ti
crei imbarazzo.» «Nessun
imbarazzo. Si tratta pur sempre della verità.» Guardò
al cocchiere e poi a lui in apprensione; il ragazzo capì e lo
congedò. «Ora va meglio, ti ringrazio.» Javier
alzò le spalle, lei proseguì. «Sono sempre stata
uno spirito libero ragazzo e Dio solo sa se non ho sempre fatto tutto
quello che volevo.» Javier sorrise, le spalle tese di Milagros
si rilassarono. «Mi sono innamorata di Estefan La Fuente quando
era inaccesibile, ma io lo volevo con tutte le mie forze e l'ho
avuto, anche se era di un'altra donna. Non ho pensato alle
conseguenze del mio gesto, ero giovane e sciocca, anche se mossa da
un sentimento sincero. La mia conseguenza.. è stato scoprire
d'aspettarti. Sì Javier, sono io
la donna che ti ha portato in grembo e messo al mondo ventidue anni
fa.»
Ci
fu silenzio, lunghissimo ma necessario. Javier guardò il volto
di quella donna regolare e bellissimo, i suoi occhi verdi
scintillanti e pieni di verità; si somigliavano, infondo,
anche se il suo orgoglio fin da piccolo era riconoscere nei tratti
tutto il sangue dei La Fuente.
Si
soffermò sulle labbra piene e sugli zigomi fieri per poi
tornare a quegli occhi dai quali, indubbiamente, aveva ereditato il
colore. Sospirò,
straziato e scosso dal pensiero che quest'immagine subito rimandò.
«Cosa è successo dopo?»
«Iniziamo
con perchè.» Ribattè lei e capì che era
arrivato il difficile. «Parlò di annullare il suo
matrimonio, di voler scappare in un'altra città e che saremmo
stati felici, ma la verità è che Guadalupe era ed è
sempre stata sua
moglie.
L'unica che fosse in grado di tenerlo a se, ricucirlo e tenerlo
insieme e il perdono
che ne seguì è la prova di ciò che dico. Lo
lasciai, girovagai per la provincia ma ero infelice e quando tornai
ormai non potevo più nascondere l'evidenza, neanche sotto
strati di abiti pesanti. Fu allora che presi la decisione più
difficile di tutta la mia vita, ma anche la migliore.» «La..
migliore?» Domandò, inghiottendo aria. «Non
ero capace di badare a me stessa, figuriamoci di una creatura
innocente. Saltavo da un paese all'altro e non avevo abbandonato i
miei sogni di uscire dall'incubo di una vita fatta dallo stereotipo
di matrimoni combinati e nidiate di figli. Sentivo che c'era qualcosa
lì fuori per me e che se fossi rimasta qui, rischiavo di
rimanere incastrata in qualcosa che non mi apparteneva.» Prese
il respiro e guardò velocemente fuori dal finestrino. «Lei
non poteva avere figli, tuo padre ti amava come se ti avesse sempre
desiderato.. il cerchio si chiuse con questa scelta.» «Non
un ripensamento?»
«Promisi
loro che non avrei rivendicato il mio diritto su di te, se avessero
permesso visite o quanto altro.» «Non
ti ho mai visto alla villa.» «Il
fatto che tu non mi abbia vista non significa che io non ci fossi,
anche se con il tempo sono dimunuite le occasioni, fino a sparire
completamente. La tua mente però può aiutarti a
ricordare che sono stata sempre a Fuentesauco, quando accadeva
qualcosa di particolare che ti riguardava.» Javier chiuse gli
occhi e annuì, lasciandosi andare indietro con il peso sullo
schienale. Milagros fissò il suo volto ora contratto in una
smorfia di dolore e rassegnazione. «Sono stata sincera con me
stessa Javier e non pretendo che tu mi capisca. Il tempo passato e
gli ultimi eventi spiacevoli che ti hanno coinvolto mi hanno fatto
capire che è arrivato il momento per me di fare la mia parte..
e non dico di mettermi a fare la madre, ma aiutarti.» Il
ragazzo aprì gli occhi come una sentinella. «In che
modo?» «I
soldi sono un buon modo per provvedere ai bisogni di un figlio.» «Come
lo sai?» Chiese serafico. «Quel
ficcanaso del sindaco è prima di tutto un merlo canterino. E
ho l'impressione che voglia arraffare anche lui una parte della
torta. Non mi è mai piaciuto e ti dico questo perchè da
donna con un bel pò di esperienza, non mi fiderei a fare
affari con lui.» «Sono
dello stesso avviso, non darti pena per questo.» Poi sorrise,
cercando con tatto, di arrivare al nodo della questione. «Per
quanto mi risulti difficile ammetterlo capisco le buone intenzioni
che ti muovono e non mi serve altro, come non mi servirà
giudicarti, perchè tu meglio di me sai che sono invischiato in
una questione analoga.»
Milagros
sospirò. «Che tu ci creda o no avrei voluto vedervi
insieme. Ma le scelte della tua vita non erano dettate dal mio
volere, mentre per Morena.. giurai a sua madre sul letto di morte,
che mi sarei presa cura di lei a qualunque costo. E così è
stato. Adesso siete entrambi adulti responsabili, non sta a me ne a
chiunque altro, dirvi cosa è meglio per il vostro futuro. Io
veglierò sempre su di voi, volevo dirti questo se mai te lo
stessi domandando; ci sono sempre stata, sempre ci sarò.» «Non
so cosa devo fare con lei. Questa è la verità.»
Scosse il capo passandosi la mano fra i capelli insofferente. «Allora
fa solo quello che è meglio per te.» Gli toccò il
ginocchio e sorrise. Si guardarono e Milagros spostò la
maniglia della portiera verso il basso. «Un fondo a tuo nome
aspetta di essere versato. Il mio avvocato risiede al pensionato, al
nome di Gaudentio Roldan.» «Aspetta.»
Javier la trattenne. «Vorrei poterti aiutare, so che stai
cercando di sistemarti a Fuentesauco.» «Vuoi
propormi di spostarmi a Villa Ortensia?» Chiese la donna con
una punta di ironia. «Non
subito. Magari fra due o cinque anni, quando l'hotel sarà
pronto potrai essere mia ospite.. fissa.» Milagros
schiuse le labbra fra lo sconcerto e la trepidazione. «Un
hotel. E magari in grande stile madrileno.» «L'idea
è quella. E converrà che tu risparmi i tuoi denari per
allora, piuttosto che in un acquisto a perdere.» La
donna rise di gran gusto. «Sei intrepido proprio come tuo
padre!» Poi abbozzò una smorfia. «Ci penserò.» «Ancora
una parola.» «Chiedi
pure.» «Sono
nato in quella grotta, vero?» Gli
occhi di Milagros si adombrarono, ma il sorriso non scivolò
dalle sue labbra; era un sorriso caldo, cordiale e sincero.
«Sei
un vero Saucano Javier, forte e generoso, ti basta sapere questo.» E
gli bastava. Milagros
scivolò dalla carrozza e tornò ai suoi affari; sorrise
di cuore nel vederla tornare a gesticolare con gli uomini che adesso
la guardavano, vinti da chiassà quali giri di parole e
menestrelli stava adoperando. Ordinò al cocchiere di tornare a
bordo. * La
diligenza era affollata come al solito, si fece spazio fra i corridoi
cercando un'anima pia che la facesse sedere. Un
ragazzo balzò da un sedile, cedendogli il posto, lo ringraziò
e riposta la sua borsa sullo scaffale in alto, s'accomodò. La
donna seduta di fronte, parve protestare, quando alzò gli
occhi riconobbe nelle sue fattezze Leonor.
Leonor
La Fuente. Ed era troppo di cattivo gusto alzarsi e cambiare
scomparto. Non
disse nulla, spostò lo sguardo verso il finestrino dove il
panorama aveva preso a scorrere lento e cadenzato, dalle buche sul
terreno che la ruota del carro incontrava ogni dieci passi. Camila
le guardava insistente la pancia appena prominente, come se un grande
segreto fosse nascosto lì dentro e ogni tanto sorrideva come
sorridono i bambini scoperti a curiosare. «Non sta bene fissare
le persone.» La rabbonì Leonor, guardandola sorridendo. «Presto
avrò un cuginetto.» Rispose la bambina ignorando il
commento della mamma. «La mia cugina maggiore ha la pancia
proprio così.» Morena
sorrise. «E se sarà una cuginetta?» «Le
metterò i vestiti delle mie bambole.» Sorrise coprendosi
la bocca con le mani.
«Devo
scrivermela questa, così non farai i capricci quando non li
troverai.» Commentò Leonor divertita. «Non
tutti, mamma, qualcuno!» Protestò la bambina, volgendo
poi attenzione alla bambola di porcellana che stringeva sulle gambe;
la strinse forte a se e cominciò con lei un'ardita discussione
su quanto sarebbe stato meraviglioso il loro viaggio. Leonor
le rivolse uno sguardo materno di protezione che aveva però il
sapore dei sogni infranti, poi alzò gli occhi sulla donna e le
parlò come se fosse di vetro, uno spettro impalpabile. «Non
era così che avevo immaginato di voltare pagina.» «Nemmeno
io.» Replicò Morena, spalancando i grandi occhi
nocciola. «Mi
consolo pensando che avrai anche tu la tua bella gatta da pelare
adesso. E ti dirò, mi fa sentire già meglio.» «Sono
sicura che a questo punto, tu conosca abbastanza la storia, da sapere
che nessuno meglio di me, può capire come ti senti.» «Vuoi
dirmi che a questo
punto..»
Ribatté l'altra scandendo bene la voce. «..non ti senti
vittoriosa?»
Morena
scosse il capo sorridendo sarcastica. «Cosa avrei vinto?
Comunque andranno le cose qualcuno soffrirà o ha già
sofferto. C'è un confine molto sottile fra il vincere e
perdere; l'una o l'altra cosa, mostra sempre la sua doppia faccia.» «Sei
una donna con un alto valore morale, non sono sorpresa che voglia
rimanerti accanto.» Agitò lievemente il capo, Morena
corugò la fronte per la sorpresa. «E sei troppo arguta
per non essertene resa conto. Tuttavia, non mi interessa più
nulla di ciò che vuole. E nemmeno di te, senza offesa per
questo viaggio che abbiamo ancora da condividere.» «Leonor..»
La richiamò con una voce flautata e soave. «Senza
offesa, a me interessa ancor meno.»
E
chiuse il discorso con un gran sorriso. Non era questo che avrebbe
voluto dirle, ma quella donna non aveva pazienza e voglia d'ascoltare
e d'altronde, non poteva che biasimarla. Dalla battaglia appena
conclusa qualcuno ne era uscito ferito, qualcun'altro confuso e poi
c'era chi scappava. Non erano più importanti le conseguenze,
s'era fatto il tempo d'agire e di mettere fine anche alla guerra.
Un
cielo terso e limpido, il cielo di Salamanca, la salutò non
appena scese dalla diligenza. S'era
lasciata alle spalle quella donna e la bambina, mentre a grandi passi
svelti raggiungeva il portale dell'università. Era
rimasta immutata, sebbene mancasse dalla città non da troppo
tempo; le effigi scolpite nel marmo con le fattezze di alcuni dei
letterati più famosi di Spagna, giusto per ricordare quanto
fosse prestigiosa e la quiete una volta che si era attraversato. Il
patio interno abbracciava un fazzoletto verde di erba finemente
rasata e il chiostro alternava colonne con intarsi di pregio
risalenti all'epoca della sua nascita, il lontano milleduecento;
proprio da sotto il portico, Eulalia, sua vecchia compagna di studi
la stava aspettando con un fascio di libri al petto, diligente e
ordinata come se la ricordava. Si sfilò i guanti e la salutò
vigorosamente con un braccio inalzato. Un
carico di ricordi bellissimi e intensi la sconvolsero. Era
felice di trovarsi lì. * Adesso
che nel grande mosaico che era la sua vita, qualche pezzo era stato
rimesso a posto, a Javier mancava solo un'ultima cosa da fare. In
realtà erano due, ma la più importante richiedeva una
forte dose di coraggio a cui avrebbe attinto in un secondo momento. Saldò
il conto e scese dalla carrozza con aria tetra. Camminava
stretto nel soprabito, riparandosi dai primi venti autunnali alle
porte, cercando ordinare i pensieri e le parole ma con scarso
successo. Fu
per questo motivo che quando intercettò Abel Del Carmen dietro
alla casa Georgiana che era il comune, gli si avventò contro
con tutte le sue forze, colpendolo al viso con un cazzotto degno di
qualsiasi sobborgo di città. «Siete
impazzito, La Fuente?» Gracidò l'uomo, toccandosi il
labbro dalla quale un rivolo di sangue fece capolino. «Sono
pronto a ripetermi se non avrete l'arguzia di stare in silenzio. Ho
del materiale che attirebbe quì anche il gazzettino
nazionale.» Abel
annuì vigliaccamente, scortandolo nei magazzini della
proprietà, lontano da occhi e orecchi indiscreti. «Leonor
vi ha detto tutto, dunque.» Ammise. «E' stato solo il
peccato di una notte, per quanto possa servire saperlo.» «Una
notte o dieci non cambia lo stato delle cose. Siete un codardo
e ignobile.»
Javier lo avvicinò con fare minaccioso, gli occhi piccoli e
furenti. «Codardo?»
Balbettò l'altro sorpreso. «Codardo
e lo ripeto. Vi atteggiate con le vostre sete e profumi
approfittandovi della debolezza della malcapitata di turno con modi
leziosi.» Alzò il pugno vicino al suo viso e lo tenne lì
stretto finchè non tremò per lo sforzo. L'altro strizzò
gli occhi per la paura così lo portò giù,
sorridendo beffardo. «Siete una nullità, francamente mi
annoia persino parlarvi, ma ho da chiarire una questione che mi sta
molto a cuore.» «Se
è per la vostra signora posso assicurarvi che..» Ribattè
l'altro. «La
mia signora è stata così furba da andarsene. A
quest'ora è sulla via per Madrid..non lo sapevate?» Rise
sarcastico e lo squadrò dal basso verso l'altro. «Non
riesco a provare per voi nemmeno un briciolo di pena.» Lo vide
accigliarsi per la notizia, abbassare lo sguardo intuito d'essere
stato messo in scacco e infine adirato, quando finalmente levò
gli occhi nei suoi.
«Cosa
siete venuto a cercare allora?» Sentenziò senza alcun
segno di debolezza, le spalle dritte, leggermente proteso verso di
lui. Javier
incanalò aria nei polmoni. «Ascoltatemi bene, perchè
non lo ripeterò una seconda volta; qualunque sia il futuro di
Villa Ortensia, in questa vita o in un'altra voi non ne farete parte
in alcun modo. Sono stato chiaro?» «Come
l'acqua.» Rispose fra i denti. «Ma non mettetemi i
bastoni fra le ruote se non volete che io li metta voi.» «Per
me tornerete ad essere insignificante come sempre.» Javier si
sistemò il colletto della camicia, poi con un sorriso ironico
fece per allontanarsi. «Almeno fino alle prossime elezioni,
signor sindaco.» «Il
vostro giubilo resterà deluso quando si renderà conto
di quanto è forte la mia voce, don La Fuente.» «Stremo
a vedere, don Del Carmen. Chi lo sa, magari mi verrà voglia di
mettermi a praticare la politica.» E
si guardarono lanciandosi una sfida con gli occhi; poi Javier abbozzò
una smorfia sarcastica alla quale Abel rispose con il sorriso
migliore e si congedarono voltandosi a vicenda le spalle.
Rimasto
solo il ragazzo guardò alla collina alta di Fuentesauco e
allora e solo allora si sentì piccolo, ma audace ed ebbro di
coraggio come non era mai stato in vita sua. * Seguirono
notti agitate e insonni, Villa Ortensia era desolata e ogni spiffero
o rumore lo destavano dal già leggero sonno di cui soffriva. Pensava
incessantemente a Morena, alla sua mancanza e non riusciva a
sopperire a questo disagio, continuando a ripetere a se stesso che
doveva lasciarla in pace; tutto di quel silenzio urlava "prendimi"
e
lui voleva prenderla, stringerla a se, tentando di rimediare al
passato. Si
alzò con l'alba, consumò una leggera colazione e
vestito di tutto punto, decise che doveva fare qualcosa per entrambi. Forse
lo avrebbe odiato per sempre, oppure sarebbe stata sua. Contò
cento passi, quando fu in cima a Legno di Quercia. La
tenuta era addormentata e avvolta dalla nebbia del mattino, tranne
per il bagliore di una grande finestra sul retro. Fissò
a lungo l'entrata, prima di decidersi a bussare con vigore. Una
voce greve palesò la figura di Alfredo, sull'uscio. «Ti
aspettavo.» Proferì sommesso. Sgranò
gli occhi perplesso, ma si rese subito conto che dall'altra parte, vi
era un uomo tormentato almeno quanto lui; la barba incolta gli
arrivava fin sotto agli occhi cerchiati di nero e la cicatrice
dell'intervento che gli attraversava la trachea di netto gli donavano
un'aspetto truce, tuttavia migliore, da quando l'ultima volta giaceva
esanime sul lettino dell'ambulatorio.
Alfredo
distolse lo sguardo spostandolo alla casa alle sue spalle, c'era
preoccupazione nei suoi occhi, s' infilò di fretta il
soprabito ed uscì.
Lo
condusse al ricovero dei carri poche spanne più a sud, dove
socchiuse la porta, una volta soli; appoggiato alla parete incrociò
le braccia al petto e in silenzio, attese di sentirlo parlare. «Sono
innamorato di lei.» Esordì Javier senza troppi fronzoli.
«Sono quì perchè sono innamorato di lei e sono
sicuro che anche lei sia innamorata di me.» L'altro alzò
le spalle ma non parlò. «La nostra storia la conoscerai
meglio di chiunque altro, quello che non sai è ciò che
ho giurato di non dirti ma che mi spinge oggi a desiderare averla con
me, alla luce del sole. Sono quì oggi perchè mi ritengo
un uomo d'onore, ed anche se potrà sembrarti strano, penso di
te la medesima cosa. Nutro per te sincero rispetto.» Alfredo
si lisciò la barba pensioroso. «Tu mi rispetti. Eppure
hai fatto tanta strada per dirmi che ti sei innamorato di mia moglie.
A parte le nobili
questioni d'onore, mi sfugge il senso. Se sei così sicuro che
lei ricambi il tuo amore, perchè
sei quì a dirlo a me? Cerchi il mio consenso forse?»
Sentenziò con una vena ironica nella voce. «Non credi di
sapere con chi stai parlando ragazzo, e a questo punto nemmeno io.» «So
benissimo chi sei. Un uomo che si è fatto da solo e che si è
preso cura della donna che ho sempre amato. Per questo, avrai sempre
il mio rispetto. Chi sono io? Io sono Javier La Fuente e sono
cresciuto con la certezza che avrei reso quella donna la mia compagna
per la vita. Purtroppo fino ad oggi e per cause che scindono dal
nostro
volere, non è stato possibile. Non credere sia stato facile
prendere oggi questa decisione, ma ho dovuto; siamo
ad un bivio della nostra
vita per cui non possiamo
più tornare indietro. Mi chiedi perchè sono quì..
ebbene, perchè solo tu puoi lasciarla andare. Lei non riesce
ad ammetterlo e detesta l'idea di ferirti, di sconvolgere la vostra
vita, perchè tutto
ciò che è lo deve a te.» Alfredo
vacillò. «Sono sue parole?» «Sì.» L'uomo
strinse gli occhi addolorato. «Da quando sei arrivato in paese,
non è stata più la stessa. Mi ripetevo che era stanca,
poi pensavo fosse malata.. mi rendo conto che erano scuse che
servivano più a me per non guardare in faccia la realtà,
che a lei.» Quando li riaprì e levò il viso al
suo sembrava disperato. «Non l'ho mai costretta ad amarmi o
prendersi cura di me, cosa l'ha trattenuta in questa farsa?» «Sei
un uomo intelligente, hai vissuto al suo fianco per molti anni e
nessuno meglio di te può sapere se giudicarla farsa o qualcosa
di profondo, che va al di là del comune amore. Adesso sai che
noi due ci amavamo molto più di due semplici ragazzini. Quello
che non sai è che la mia famiglia in particolar modo, ci ha
ostacolato con ogni mezzo possibile e che Morena è dovuta
crescere molto in fretta.» Alfredo
annuì. «Francisca ed io la trovammo al fiume mezza
annegata, quando partisti per la capitale. Non disse mai chiaramente
che era stata lei, ma fece il nome di Guadalupe. La temeva e non ha
smesso di averne paura neanche dopo.» «Lo
credo bene; quella donna è stata capace di ogni sopruso nei
suoi riguardi.» Lo guardò come se volesse trapassargli
l'anima, Alfredo mosse impercettibilmente il capo, memore di tanta
cattiveria. «Compreso spedirmi a Madrid in piena notte appena
sapute le mie intenzioni di portarla con me, depistare le nostre
missive una volta lontani, fino a farci allontare completamente.
Finchè ad un certo punto.. lei era sposata e non rappresentava
più un pericolo per i suoi piani.» «Di
quali piani parli?» Sparò a bruciapelo. «Quelli
che mi vedevano ammogliato ad una ricca ragazza di città e non
ad una contadina qualsiasi.» Afredo
inarcò un sopracciglio. «Mi risulta difficile credere
che sia questa tutta la verità.» «Lo
so.» Ammise l'altro. «Ma scavare nel torbido di questa
storia non ti porterà le risposte che vuoi, solo parlare con
lei ti chiarirà ogni dubbio.» L'uomo
strinse nuovamente gli occhi, come se contemplasse dei ricordi molto
dolorosi. «E' stata onesta fin da subito. Dal primo momento che
l'ho vista ho capito fosse la donna giusta da avere al mio fianco; se
ne stava in piedi al centro della stanza con il terrore appeso nelle
pupille eppure con una grande dignità. So cosa significa amare
e sentirsi perduti quando questo amore ci viene strappato, ma so
anche cosa significa donarsi nuovamente, dare fiducia, riempire il
cuore di nuova vita. Se tutto questo venisse a mancare, io non sarò
certo l'ostacolo che si frapporrà fra la mia felicità o
la sua.» Sospirò e fu come se un peso scivolasse dalle
sue spalle. Dopo molto tempo si sentì nuovamente vecchio e
stanco. «Non sopporterei veder distrutta la nostra ìntegrità
di persone.» «Se
sono quì è perchè la penso esattamente come te.
E parlare da uomo a uomo mi fa credere che vecchie e sterili rivalità
possano appartenere solo al passato.» Alfredo
sorrise amaro. «Comunque non vi sarà più alcuna
rivalità commerciale.» «Oh
no, non ci sarà.» Ammise Javier, beffardo. «Ma
solo da parte mia in quanto sto riflettendo sul lascito delle mie
terre alla tua gestione.» L'uomo
lo guardò con severità, come se la notizia lo
indignasse più che stupisse. «Non mi farò
comprare da te, La Fuente.» «Non
sarebbe nel mio stile.» Sebbene il clima cominciasse a
surriscaldarsi, Javier prese la palla in balzo e sfoderò il
suo sorriso più accattivante. «Tuttavia non posso non
ritenerti il solo responsabile della loro conservazione, dopo
l'incendio delle settimane passate e ciò che ti offro, non è
altro che la somma della mia gratitudine.» «Forse
ti riferisci ai tuoi uomini e alla barricata di terra che hanno
innalzato per preservarle.
Loro
si che si scannerrebbero per gli avanzi della tua gratitudine. Ma
non io.»
Commentò piccato Alfredo. «I
miei uomini non avrebbero avuto tanta fortuna, se al mulino non ci
fossi stato tu.» Sentenziò Javier con tono gravoso. «La
mia è riconoscenza, accettala per quella che è, Morena
non c'entra nulla con questa storia.» «Allora
i dannati borbottii sulla vendita di quel mausoleo
in cui te ne stai trincerato,
sono veri?»
Javier
rise. «Prima o poi tutti dovremmo fare i conti con il
progresso. Io mi sto solo portando avanti ed offro a te, l'occasione
per ricominciare. Se accetterai so che le mie terre non andranno
perdute, se fosse diversamente andrei avanti lo stesso, proprio come
farai tu.»
«Credevo
tu fossi un' arrogante..» Protestò Alfredo con il
sorriso sulle labbra. «Sono lieto di non essermi sbagliato.»
Si spostò verso l'uscita e fece cenno di seguirlo; Javier capì
d'essere stato affrettato e non aggiunse altro. «Non farò
affari con te, forse ti prenderai mia moglie, ma non ti cederò
anche la mia rispettabilità, La Fuente.» Allungò
la sua mano in saluto, il ragazzo rispose prontamente al gesto. Non
dissero altro, non sarebbe servito, si limitarono a guardarsi, mai
uomini più differenti fra loro e non solo per una questione
anagrafica. Javier
guardò lo spiazzo e alla casa sul fondo, di legno scuro come
se non fosse sufficente la sua maestosità capeggiante, nella
natura intorno; vi riposava suo figlio, in quella casa, il pensiero
lo commosse e lo turbò. Si cacciò in gola il tormento,
non appena delle luci si accesero nel buio. Alfredo
seguì la traiettoria del suo sguardo mirando anche egli al
bagliore con curiosità. «Addio
Roquez.» Esalò il ragazzo laconico. «Addio
La Fuente.»
Javier
se ne andò senza voltarsi. * «Ma
il progresso cresce veloce quanto la demografia dell'umanità.
Più bambini verranno al mondo, più si avrà la
costante e necessaria ambizione, di rendere questo evento una
straordinaria opera scientifica.»
La professoressa Irene Castillo fu celebrata con un lungo applauso
dalle balconate della sala ovest del rettorato di Salamanca.
Morena la guardava incantata e fiera di aver appreso lezioni dalla
donna che nel suo corso, trentanni addietro, venne ribattezzata la
promessa della medicina ginecologica. Avevano ragione. «E
questo è tutto miei cari, al prossimo seminario, che si terrà
ci tengo a riperterlo, nella primavera dell'anno a venire. Chi fosse
interessato può rivolgersi alla segreteria dell'ateneo che vi
fornirà tutte le informazioni necessarie. Arrivederci a
tutti.» La
ragazza s'appuntò velocemente un promemoria e ridiscese in
fretta i gradini per poterla raggiungere prima che prendesse
l'uscita. «Morena
Roquez!» L'accolse con tono vigoroso, come la sua persona così
piena di ingegno e vitalità. «Professoressa
Castillo, ci tenevo a dirle che sono una sua grande estimatrice, un
domani spero proprio di seguire le sue orme.»
«E
perchè dovresti sperare?» Le passò velocemente
una carezza sull'estremità alta della pancia. «I figli
sono una benedizione non dimenticarlo, possiamo raggiungere i nostri
obiettivi anche come madri, anzi confido in te più di tutti su
una buona riuscita.» La baciò frettolosamente sulle
guance e riprese spedita la sua corsa verso l'uscita, con un'orda di
studenti impazienti a farle da sciame. «Ci
hai parlato?» Eulalia riemerse dal nugolo di persone paonazza e
con il fiatone. «Sì.»
Rispose interdetta. «Le
hai detto di venirti a trovare in ambulatorio?» «Mi
ha toccato la pancia e mi ha detto che confida in me per il futuro.»
Sentenziò senza calore. «Poi è sparita.» «Dai!»
Quella l'abbracciò. «Andrà meglio il prossimo
anno.» «Quando
sarò assorbita da un altro marmocchio?» Berciò
dolcemente guardandosi la rotondità sotto seno. «Ci
tenevo proprio affinchè trovasse del tempo per dare
un'occhiata allo studio.» Alzò le spalle e sospirò,
prendendo la via d'uscita. «Perlomeno
te ne torni a casa con un bel carico di nozioni, che non mi sembra
poco.. e comunque non hai detto che sei seguita da un buon medico
della capitale? Sei fortunata e non te ne rendi conto!» Javier,
già. Nell'estasi della partenza aveva smesso di ossessionarsi
con il suo pensiero. Ed
ora che mancava poco meno di un'ora alla partenza della diligenza,
sentiva il cuore stringersi in una morsa che le toglieva le forze.
Sorrise a malapena, Eulalia le schioccò uno sguardo perplesso.
«Ho
detto qualcosa di spiacevole?» «Ma
no! Che vai a pensare, solo che.. detto fra noi, non ho proprio
voglia di ritornare a casa.» Ridiscesero
il paese verso il fiume, in totale silenzio.
Eulalia
acquistò dei souvenir e un biglietto per Terradillos, una
frazione poco più a sud di Salamanca mentre l'altra entrò
in una rinomata panetteria dove d'abitudine avevano consumato
parecchie merende; si ritrovarono al Ponte
de Tormes il
crocevia per le destinazioni della provincia, appena fuori città. «Morena
insisto. Non ti ho mai sentita parlare così.»
La
guardò sorridendo nel voltarsi a guardarla, era una ragazza
lungimirante Eulalia e per questo un'ottima amica e compagna di
studi.
Si
appoggiò al parapetto del ponte, fissando l'acqua torbida del
fiume Tormes
sotto di loro e parlò con aria tetra. «Hai mai provato
la brutta sensazione di riconoscere una catastrofe, prima che questa
arrivi?» La
ragazza sorrise enigmatica. «Riconoscerla o volerla scatenare?
Perchè sono due cose differenti.» Poi si stese con la
schiena contro il parapetto e voltò il capo verso la sua
direzione. «Qualsiasi sia la sensazione che stai provando,
scappare dai problemi non è mai la soluzione migliore. Le
paure vanno affrontate, anche a costo di soffrire.» «Allora
soffrirò.» Soffiò pungente. «Perchè
il mio cuore e la mia testa vanno in due direzioni differenti e una
scelta sarà inevitabile.» Con stupore ammutolì
delle sue stesse parole e quasi sorvolando sull'accaduto, tirò
fuori dalla sacca la focaccia per il pranzo. La divise in due parti e
ne passò una all'amica, che continuava a guardarla enigmatica.
«Suvvia Eulalia, non pensare a ciò che ti ho detto ma
godiamo della nostra compagnia finchè ne abbiamo! I pensieri
del futuro non ci riguardano ora, ed io saprò cavarmela come
ho sempre fatto.» Eulalia
prese la sua parte di focaccia e l'addentò poco convinta.
«Forse dovresti scrivere alla Castillo di venirti a trovare in
primavera, prima del seminario. Fuentesauco è così
vicina che non credo sia un aggravio per le sue finanze.» «Sì,
forse dovrei.» Asserì, ma poi pensò che avrebbe
dovuto prima trovare parole sufficenti per un addio.
«Teniamoci
in contatto.» L'amica era sporta al finestrone della diligenza
quasi piena; il flusso di persone andava via via diradandosi, mentre
si avvicinava l'ora della partenza; Morena annuiva e intanto sentiva
incombere una strana ansia. «Voglio sapere quando nascerà
il bambino!» «Bambino?»
Chiese divertita. «Hai
la pancia con la punta alta.» Abbassò lo sguardo, non ci
aveva ancora fatto caso.
«E
pensare che avrò a che fare queste cose tutti i giorni.»
Scosse il capo sorridendo, l'altra addolcì lo sguardo e le
restituì il sorriso. «E'
come il sarto che deve cucirsi un abito sulla propria pelle; potrebbe
farlo ad occhi chiusi se si trattasse di qualcun'altro, ma avrà
sempre qualche dubbio o incertezza nel farlo su di sè.»
Il capo guidatore fischiò ai passeggeri di affrettarsi nelle
manovre di salita, Eulalia guardò ancora Morena e la salutò
con la mano. «Sei una brava levatrice. Devi solo prenderti cura
di te.» «Lo
farò.» Rispose l'altra indietreggiando e ricambiando il
saluto. * La
diligenza si fermò esattamente alle porte di Fuentesauco, le
lunghe distese di grano ondeggiavano al vento e lontano, nel centro,
una macchia scura si allargava come un cielo notturno, in quella
poesia dorata.
Strinse
forte il manico della sua borsa sospirando e ridiscendendo con il
cuore pesante e l'animo in tormento. Quando
la polvere della corriera si abbassò, rivelò la figura
di Alfredo alla guida di una carrozza. Sussultò
per la sorpresa, avvinandosi. Cosa
era quella strana sensazione di adrenalina e paura che sentiva
nascere nella testa ed arrivare in fondo alle ginocchia? «Non
mi aspettavi, lo so.» Sussurrò. La sua voce era ancora
provata dall'intervento delle settimane passate; il suo bel volto non
più giovane rivelava esattamente tutti gli anni che portava,
ma era decisamente molto più colorito di quando si erano
salutati. «Ma questa era l'ultima diligenza della giornata, se
non ti avessi vista arrivare sarei venuto fin là.» Si
morse il labbro al pensiero di quell'uomo nel tormento di non vederla
tornare e comprese che non vi era molto altro a cui appellarsi, solo
alla verità. Tremò ed Alfredo sgranò gli occhi;
la barba era fatta, il viso era pulito, la cicatrice nascosta dal
fazzoletto di seta, ma nulla di tutto ciò, nessun belleto o
artificio, potevano più nascondere la tristezza che risiedeva
nei suoi occhi. Prese gentilmente la sua borsa e la sua mano,
aiutandola a salire e senza dire molto altro, guidò i cavalli
verso i campi, al limitare del bosco. Ci
siamo, pensò Morena, guardando dritta davanti al lei il
paesaggio cambiare e il lento moto dei cavalli cambiare andatura. Erano
dove un tempo sorgeva "Vecchia Quercia", la sua prima casa. «Perchè
proprio quì?» Chiese con tono greve, quando Alfredo
entrò al coperto. «Perchè
vorrei ti sentissi libera di essere esattamente ciò che sei.»
Prese posto con leggiadria, accomodandosi sulla poltrona di fronte a
lei. «Javier La Fuente è stato a "Legno di Quercia"
mentre tu eri via e vorrei credere che quanto gli ho sentito
pronunciare, fossero solo parole dettate dalla pazzia per quanto gli
è capitato ma.. io per primo non vi credo e vorrei che tu mi
aiutassi a capire.» Morena
strinse le mani a pugno; Javier non solo si era tirato fuori dalla
sua vita, si era messo anche a fare confessioni con quello che allo
stato attuale era ancora suo marito! «Quindi vuoi sapere cosa..
se ho giaciuto con lui alle tue spalle?» Alfredo s'agitò
nella seduta, Morena scosse il capo. «Non è questo?»
Cominciò ad avere paura. Paura di Javier e dei suoi
sentimenti. «Lui
è innamorato di te ed è convinto che se non fosse per
il destino e le persone che vi sono state avverse negli anni della
vostra giovinezza, voi sareste insieme adesso.» Ti
ha detto questo,
pensò con occhi sgranati del tutto incapace di credere a
Javier così esposto, nudo per lei. Era vero dunque, lui
l'amava. E lei era stata capace di dirgli solo parole terribili. Il
ritorno a Fuentesauco, l'incendio, la morte della stessa Guadalupe..
quante prove ancora doveva darle per essere creduto? Non
posso vivere più una vita in cui tu
non
ci sei. Aveva
detto, sfidando la sorte, sfidando persino Alfredo Herrero Roquez!
Era giunta l'ora di restituirgli quell'amore, perchè per
quanto difficile, l'unica verità accettabile era quella.
Non
aveva mai smesso d'amarlo. «E'
così.» Ammise quasi piangendo, con il capo che annuiva
lento e metodico. Poi chiuse gli occhi per un attimo, inspirò
e li riaprì guardando il mondo come fosse nuovo. «Riccardo
è figlio suo.»
Sentenziò. «Questo è uno dei motivi per cui
saremmo insieme, ma è anche l'unico per cui ci hanno diviso.
Tu lo sai, tu c'eri quel giorno al fiume.. ed io non potrò mai
perdonarmi per questo.»
La
sicurezza, la spavalderia, si spensero sul volto d'Alfredo e tutto
ciò che vi rimase, appena le parole fluttuarno nell'aria, fu
un maschera cinerea priva di emozioni e calore. «Le mie parole
adesso ti sembreranno niente, ma devi sentirmi Alfredo, capisci?!»
Gli strinse la mano; era fredda, come la sua figura e il silenzio che
emanò. «L'ho saputo quando ormai per noi due era troppo
tardi. Quelle persone
hanno fatto in modo di dividerci e così è stato; ma non
era abbastanza per loro, così hanno deciso di prendersi la mia
vita e quella della creatura che portavo in grembo, con una malvagità
che non è figlia di questo mondo, ma che tu conosci molto
bene, Alfredo.» Morena inspirò e scosse il capo. Il
volto contratto per le lacrime che vide scendere dalle guancie
dell'uomo. «Dovevo fare una scelta.. e l'ho fatta. Ho scelto di
vivere a qualunque prezzo.. finchè sei arrivato tu..
e hai rimesso a posto tutto. Mi hai fatto credere con parole gentili
e sicure che tutto sarebbe andato per il verso giusto e che ti
saresti preso cura di me, semplicemente. Mi hai mostrato il futuro
che io stessa avevo paura di vedere, per cui non ho avuto più
bisogno di guardare al passato. Mi hai fatta donna.. e ti ho amato
per questo, Alfredo! E mi hai resa madre.. una seconda volta.»
Spostò la mano sul ventre, ma al contatto con il suo corpo,
Alfredo si ritirò e delle grosse ombre adombrarono i suoi
occhi. «Credi che avrei potuto fingere questo?» Chiese
sull'orlo delle lacrime. «So che ti ho spezzato, ma sono sicura
che tu sai chi è la donna che hai di fronte.» «Che
lo amassi non era un mistero per me. Lo avevo accettato perchè
in cambio avrei avuto te e.. la vita, la mia famiglia.» Parlò
come se il silenzio non fosse mai esistito, fissandola con disprezzo.
«Io ti ho amata davvero Morena, non ho accettato le
conseguenze, ho semplicemente deciso di amare una donna dopo
Francisca e quella donna eri tu. Hai idea di come mi senta adesso?» «Defraudato?»
Azzardò. «Peggio!»
Picchiò forte un pugno contro lo sportello della vettura, gli
occhi fiammeggianti. «Illuso. Sciocco.. un debole!»
«Non
sei niente di tutto questo, perchè hai avuto esattamente ciò
che volevi. Me. Una famiglia. La vita! Guardami!» Intimò
alzando la voce.
L'uomo
guardò il suo ventre e sospirò. «Non posso
accettarlo.» «E'
tuo figlio!» Gracidò. Alfredo
sorrise mero, il volto inclinato verso il basso. «Lo crescerà
lui. Un figlio per un figlio.» Morena
gli mollò uno schiaffo in pieno volto. «Mentirti è
stato da vile, ma non starò quì a farmi dare della
sgualdrina. Ti prego di accompagnarmi da mio
figlio. Quando il sangue sarà freddo, potremmo parlare
ancora.» Il cuore le balzava nel petto, Alfredo lanciò
un lamento. «Non ti azzardare a dire null'altro. Ce ne andremo
al pensionato se esprimerai disappunto, tutto riavrai indietro, ma
non la mia dignità o quella dei miei figli.» «Non
voglio scandali al matrimonio di Olivia.» Disse lui senza
inflessioni di voce. «Mi
stai proponendo un accordo?» Chiarì con voce sconcertata
la donna. Alfredo annuì, stanco di aggiungere altro. «Bene,
fino ad allora mi comporterò come ho sempre fatto. Devo
cercarmi un avvocato, Alfredo?»
«Ho
poche pretese. Voglio che Riccardo continui ad essere mio
figlio.»
E'
dell'altro figlio che non gli interessa nulla.
Morena ebbe un conato di vomito al pensiero. «In quali termini,
lo deciderà la legge.» «Nei
miei termini sarà sufficente.» Ribattè sicuro.
«La legge non decreterà quello che provo per lui. Ho
amato quel ragazzino dal primo istante che l'ho avuto in braccio, il
sangue è solo un pretesto per detestare sua
madre. Ma
io non sono un vigliacco, ne una bestia.»
No,
solo con il figlio che mi sta crescendo nella pancia.
Pensò, con disappunto la donna. «Niente legge allora.
Riccardo continuerà ad essere figlio tuo a patto che tu
rispetterai, da quì alla sua maturità, tutte le scelte
che sua
madre
prenderà per lui.» «Farai
in modo che continuerà a portare il mio cognome, se vuoi che
non interferisca con queste scelte.» Morena
si morse il labbro. Javier
lo odierà..
pensò tristemente. «Sei sleale.» Ammise infine
affranta. «Quasi
quanto lui, che ha avuto il fegato di volermi cedere le sue terre a
titolo di riconoscenza.» Sfoderò un sorriso lampante,
l'intraprendenza ritrovata. «Devo ammettere che quasi ci
credevo. Non fosse che conosco bene la malvagità
del
suo sangue.» «Forse
dovresti dargli un opportunità.» Sorrise sghemba. «Sono
certa non si farà troppi scrupoli a crescere un figlio non
suo. Non c'è peggior sconfitta che giudicare una persona per
la sua copertina.»
La
incenerì con lo sguardo. «Vorrei me lo avessi detto il
giorno che ci siamo presentati.»
«Avrei
voluto dirti tutto. Ma ho scelto la via più facile. Adesso sta
a te scegliere le conseguenze.» «Non
voglio farti la guerra, Morena. Dammi solo quello che ti ho chiesto e
un giorno forse potrei anche perdonare.» «Ma
tuo figlio.. Disse toccandosi la pancia. «No.»
«Quello
è un limite assoluto.»
Morena
scansò lo sguardo dai suoi occhi per non piangere. «Non
so che farmene del tuo perdono, allora. C'è altro?»
«Tuo
padre e la sua famiglia possono restare al mulino se lo desiderano e
sono sempre d'accordo con il finanziare gli studi di Stella.» Sorrise
ironica. Sarebbe finito tutto parlando della sua famiglia. «E'
tutto?» Chiese fredda. «Tieni
quel damerino lontano da me.» Allungò
la mano in silenzio, lui ricambiò la stretta ed uscì
senza dire nulla. Nel
silenzio della cappotta, le immagini di quegli anni, che erano stati
meravigliosi e duri,sicuramente lontani da quello che aveva sempre
immaginato, le passarono davanti agli occhi con un valzer melanconico
e struggente. E pianse lacrime di frustrazione, gioia e disperazione. Era
finita. Così
come il caos tumultuoso di un temporale porta una pioggia nutriente,
che consente alla vita di fiorire,
anche
nelle vicende umane i momenti di progresso sono preceduti da momenti
di disordine.
Il
successo arride a coloro che sono in grado di resistere alla
tempesta. I
Ching.