Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Luna_R    06/02/2015    0 recensioni
Morena e Javier si conoscono da quando sono bambini. Si definiscono amici, nonostante estrazioni sociali e caratteri differenti li fanno sembrare agli antipodi. La loro vita scorre tranquilla in un paesino sperduto della Spagna, sono gli anni cinquanta del lento progresso, fino al giorno in cui Javier viene accettato in una delle accademie militari più importanti del paese e si vede impegnato a partire verso la capitale. La loro amicizia si trasforma per disperazione e inquietudine in qualcosa di più profondo, ma con una scadenza. Nel mezzo, il destino e il suo personale condimento in un vortice di intrighi, misteri e verità taciute.
Cosa accadrà loro?
Dal primo capitolo:
«Sii mio, Javier. Eternamente.»
«Tuo, Morena. Para siempre.»
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Sovrannaturale
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Image and video hosting by TinyPic

Eternamente

(para siempre)



Il mondo è rotondo e il luogo che può sembrare la fine


può anche essere l’inizio

Ivy Baker Priest Treasurer of United States.




Settembre arrivò in sordina, come le buone notizie, ad alleviare i colpi bassi della sorte.

I giorni infausti si erano susseguiti in una sarabanda affannata che avevano visto Morena al capezzale di Alfredo a tenergli la mano, confortarlo e aggiornandolo sulla situazione delle terre, ora che si era ripreso del tutto e non aveva più bisogno di essere sedato, ma con il pensiero fisso e costante sulle parole di Javier e sull'effetto di terribile angoscia che le avevano lasciato.

Non era più venuto in visita, anche se le rare volte che s'incontravano per caso in paese, egli si accertava sempre che le condizioni di Alfredo fossero buone. Si era persino dato da fare affinchè la posizione di insegnante della dottoressa Soler fosse aggiornata alle autorità, ma di fatto, evidente e appurabile, era tornato ad essere solo Javier La Fuente, un conoscente, un estraneo.

Tutto ciò era terribile e le faceva male.

Poi capì. L'aveva lasciata sola a riflettere sulla sua assenza e quanto questa influenzasse sul suo futuro, ed anche se aveva chiaro davanti agli occhi la sua sofferenza, ricordando le amare scoperte della sua vita privata con i risvolti tragici e il suo sacrificio nei confronti della comunità, era tornata a maledirlo.

Erano parenti, pensò con un brivido, ma non sapeva come ci si doveva comportare.

Dall'altra parte c'era l'uomo che aveva sposato, che l'aveva salvata e dalla quale aspettava un figlio; guardava il suo volto provato dalla ingiustizie della sorte e sentiva nel petto una carica d'affetto e stima da gettarla nello sconforto anche solo a pensare ad occhi verdi che le dicevano addio.

Le sembrava di impazzire, ed era molto stanca. Desiderava chiudere gli occhi, appoggiare la testa su un cuscino morbido e svegliarsi solo quando avesse capito cosa ne sarebbe stato del suo futuro, fino a ieri così chiaro e limpido.

Ma i tempi dell'oblio erano finiti, perciò prese un bel respiro e tornò alla realtà.


«Ahh..» Alfredo protestò dal letto della loro stanza; gli aveva punto il braccio per trovare una vena con insuccesso. «Sei distratta?»

Morena alzò il viso. «Dobbiamo controllare costantemente la tua emoglobina. Se l'ossigeno non circola a dovere..»

«Lo so.» La interrupe lui, abbozando un sorriso sarcastico. «Non morirò, sta tanquilla. Devo accompagnare Olivia all'altare.»

La donna posò la siringa sul tavolo, stizzita. «Non lo trovo divertente, Alfredo.»

Quando trovò la via si chiuse nelle spalle evitando, senza successo, lo sguardo inquisitorio dell'uomo. «Se hai bisogno di riposare, puoi sempre delegare qualche compito. Non è peccato chiedere aiuto quando si ha bisogno, sopratutto nella tua condizione. Stare quì non è necessario, prendi qualche giorno per te, dedicati a te stessa, ti prego.» Le posò una mano sul polso, accarezzandolo affettuosamente. «Olivia è sempre fra i piedi ed anche i suoi preparativi di nozze e Stella.. sa benissimo fare un prelievo. Come vedi, non sarò solo.»

«Non saprei dove altro andare.» Esalò stupefatta e tentata.

«Dove ti senti serena.» La guardò, scoprendola con gli occhi. «Perchè è chiaro che quì, ora, non lo sei.»

Morena s'illuminò e si piegò per baciargli la guancia. «C'è un piccolo seminario all'università di Salamanca sulle pratiche avanzate del parto, potrei andare lì qualche giorno, sarei comunque vicina se servisse e..»

Alfredo le posò un dito sulle labbra. «Và a quel seminario prima che ti ci spedisca io!»

La donna rilassò il viso teso ed annuì entusiasta. «Vado a preparmi, allora.»

L'uomo acconsentì, ma prima di vederla uscire dalla stanza parlò ancora. «Ti prego di non far entrare nessuno.» Quindi tentennò prima di uscire, così egli si affrettò nel placare i suoi dubbi. «Voglio riposare.»

«Come desideri.» Rispose.

Ma calato il silenzio nella stanza, Alfredo fissò il vuoto con in faccia il volto della paura.


*

«Amico mio!» Lorenzo gli venne incontro abbracciandolo affettuosamente; da quando era a Fuentesauco, Javier non aveva avuto un attimo di tempo per scambiare quattro chiacchiere con l'amico giovialmente, come erano consoni fare in quel di Madrid.

Molte cose erano cambiate da allora; il pensarci fu come se una folata di vento lo colpisse alla nuca costringendolo a rabbirividire.

Ricambiò la stretta, colpendo la spalla del ragazzo per scacciare via la malinconia. «Mi porti notizie dai campi?» Chiese poi cauto.

«Si e no.» Ammise seriamente. «Ricordi ancora che mi promettesti d'essere il mio testimone, vero?»

«Il matrimonio!» Esclamò desolato per non averci pensato subito. «Certo che lo ricordo e sono ancora per quella scelta. Perdonami se non sono tanto attivo, ma come tu ben sai ho questioni che mi assorbono tutto il poco tempo a disposizione che mi rimane. Vedrò Don Pedro il prima possibile per l'espiazione dei peccati e preparrmi a questo compito, sta tranquillo.»

«Parli proprio come un vecchio uomo d'affari.»

«A volte vorrei esserlo.» Soffiò laconico. «Che notizie dai campi?»

«La stima dei danni è un pò al di sopra della somma che tu hai intenzione di donare, tuttavia nella situazione economica in cui ti trovi, non credo tu debba alzare ulteriormente il tiro. Ancora mi chiedo perchè vuoi farti carico delle pene di questa gente. Per carità, non predermi per un uomo senza cuore, ma farsi carico di così tanti debiti..» Lorenzò arricciò il naso quasi fanciullescamente. «..lo trovo un pò avventato.»

«Il denaro va e viene, amico mio. La mia gente ha dato più volte riprova di fiducia che spenderlo per ricambiarli, non può che arricchirmi là dove nessuno può riuscire a vedere. Nell'anima.» Fece cenno al ragazzo di sedersi e con le mani incrociate proseguì. «Ho modo di credere che verrò ripagato di questa fiducia, motivo per cui ti ho chiesto di analizzare ipotetici profitti del progetto di rinascita di Villa Ortensia; sono certo che con la sinergia giusta fra la forza dei Saucani e i miei fondi, ne uscirà qualcosa di veramente grandioso.»

«Già. La tua idea di albergo di lusso. Anche quella avventata..» Lo redarguì, ma sorrise speranzoso. «Ma non posso che essere d'accordo con te. Se introdotta bene, può essere il vero colpo grosso della tua vita, Javier.»

«Ah ben detto! Ora sì che riconosco il mio amico!» Gli strinse la mano e insieme sorrisero. «Sai ho davvero bisogno di credere in qualcosa di nuovo, di pulito e sopratutto qualcosa di mio, Lorenzo; per troppo tempo ho vissuto così come mi volevano vedere gli altri, mentre adesso non sento che questa grande forza che mi spinge ad andare avanti per la mia strada, finalmente.» Inspirò e si lasciò cadere sullo schienale della sedia. Sono cambiate così tante cose.»

«Ho saputo da mia cugina Leonor che se ne andrà in Baviera. Mi dispiace così tanto per voi due.»

«Se fossimo rimasti insieme, distruggendoci a vicenda e compromettendo il futuro di Camila, allora sì che avresti dovuto dispiacerti. Siamo cresciuti in mondi e modi diversi, sarebbe potuta funzionare ed essere il matrimonio idilliaco, ma non è andata così. Mi rallegro pensando che qualcosa di buono abbiamo fatto, nonostante tutto.»

«Questa saggezza ti aiuterà, ne sono certo.» Asserì Lorenzo, estraendo dalla borsa di pelle ai suoi piedi una lista che gli porse. «Ma prima di tutto serve la fortuna. E quella non ti manca amico mio.» Indicò dei nomi su quel foglio e si soffermò a lungo su uno sorridendo. «Milagros Blanco Gravelo moglie dell'ereditiere bancario Eduardo Gravelo, è solo una degli interessati a farti un prestito. Ci pensi? E non hai idea degli altri, pare anche don Abel Vincente Del Carmen, il sindaco per divertimento, pare ricco sfondato sia interessato.»

Un'ombra scura passò veloce sugli occhi di Javier, accarezzò il primo nome con l'indice e rispose con distacco. «Gli darò un'occhiata.»

«Certo, l'ultima parola sta sempre a te don La Fuente.» Lorenzo rise bonario e l'inziale tensione dallo sguardo di Javier, scivolò via.

«Che sciocco, non ti ho neanche chiesto come sta la tua futura sposa.» Aggirò il discorso e lo sguardo di Lorenzo si sciolse.

«E' quì fuori che attende, a dire il vero.» Un leggero imbarazzo colorò le guancie del giovane che proseguì. «Sono dell'idea che i discorsi finanziari non siano argomento da trattare in presenza di donne, se mi spiego, ma ha bisogno di un tuo consulto medico.»

Javier corrugò la fronte e fece cenno con una mano di farla entrare. «Manderò a chiamarti quando avrò studiato quella lista.» Sussurrò quando una più che gravida Olivia, fece cenno d'entrare nello studio. «Signorina Herrero..» quando aprì bocca, Lorenzo uscì frettolosamente dalla stanza.

«Olivia, prego. Dal momento che tu e mio marito siete grandi amici, credo dovremmo saltare i convenevoli.»

Javier sorrise e invitò la donna sul lettino.


«Ho dei dolori atroci, il bambino ha cominciato a farsi sentire.» Piagnucolò, per poi guardare il medico quasi vergognandosi. «Lorenzo dice che sono paranoica, ma a me sembra che questa creatura si muova un pò troppo, ecco. Ed è come accadesse in più parti contemporaneamente.» Javier annuì e tastò il pancione lateralmente. «Lo so che può pensare che sono solo la sciocca apprensiva di turno, ma io sento qualcosa di strano e devo assolutamente scoprire cosa, prima che i nervi mi facciano a pezzi proprio quando dovrò percorrere la navata per sposarmi.»

«Adesso non pensare a questo.» La rabbonì, controllandole il battito e il respiro con assoluta tranquillità. «Ogni donna ha il proprio modo di reagire a affrontare la gravidanza; la buona notizia è che non esiste uno migliore dell'altro. Il corpo deve adattarsi ad ospitare una nuova vita e francamente, questo è già straordinario avvenga in maniera così naturale.» Le sorrise e la vide respirare, finalmente.

«La dottoressa Soler aveva ragione. Il dono della calma è tuo amico.» Poi sussultò. «Eccolo che ricomincia!» E gli portò la mano sulla pancia per fargli constatare di ciò che parlava. Javier auscultò dapprima con molta attenzione, poi con un lampo nelle pupille agguantò lo stetoscopio. «Allora? Non tenermi appesa con lo sguardo..»

«Hai mai pensato che il bambino in realtà.. siano due?» Olivia ammutolì fra lo stupore e la paura, ansimando. «Ti prego respira.. seguimi, respira.» La guidò con calma ad un battito regolare e quando la vide concentrata sgattaiolò a chiamare Lorenzo; il ragazzo tornò dentro e quando vide Olivia intenta a calmarsi raggelò. «Sta bene non allarmarti. Dato la circonferenza della sua pancia e ai primi sintomi da lei descritti, ho pensato subito che questa potrebbe trattarsi di una gravidanza gemellare, Lorenzo. La probabilità si può riscontrare in famiglie in cui siano già accadute circostanze di questo genere, ma questa è una domanda che faccio io a voi. Nulla di grave come vedi e.. Lorenzo!» Esclamò quando il ragazzo cominciò a vacillare; lo aiutò ad appoggiarsi al lettino dove era stesa Olivia e li rabbonì. «Ragazzi miei, dovrete essere nel pieno delle vostre capacità fisiche e mentali per affrontare questa benedizione, capisco che adesso può sembrare una catastrofe, ma così stiamo esagerando!» Sorrise guardando Olivia ora più calma. «Dovresti parlarne con Morena, lei disporrà sicuramente di argomenti più specifici.»

«Perchè non lo sai? Ha lasciato Fuentesauco stamane.»

Javier la inchiodò con lo sguardo. «Sta bene?» Chiese serafico.

«Non lo so, speravo me lo dicessi tu.» Rispose Olivia ricambiando lo sguardo. «E' andata a Salamanca per un convegno medico.»


*

Morena era partita, ripeteva mentalmente questa nenia nella sua testa e più la ripeteva, più questa le sembrava assumesse un significato intrinseco che doveva riuscire a sbrogliare; non le parlava da tempo e volutamente aveva messo una barriera fra di loro, quando aveva capito che le stava facendo soltanto del male, confondendola con sentimenti che non riusciva più a reprimere, ma adesso, non riusciva a smettere di pensare che quella partenza fosse solo una muta richiesta d'aiuto.

Una folata di vento gelido gli ricordò il motivo del suo peregrinare lungo il perimetro del paese, dagli argine del fiume ai campi martoriati, evitando Villa Ortensia, dove Leonor stava ingrossando le carrozze con i suoi averi e stava andando via con la loro primogenita al seguito. Le aveva promesso che non avrebbe offerto scene pietose al limite della decenza, perciò aveva salutato la piccola Camila alla sua maniera, giurando a se stesso che sarebbe venuto il giorno in cui avrebbe dimostrato di essere molto più, che il padre rimasto a far la guerra ai suoi fantasmi del passato nelle terre di nessuno. Calciò via un sasso e imboccò il viale per il pensionato di donna Flora.

L'aria pullulava di fermento per il matrimonio della piccola Herrero, sul prato c'era grande baccano di persone, invitati a giudicare dai pacchi che i più portavano con se come dono; in mezzo a loro, la padrona della locanda si destreggiava a gran voce con una lista delle camere assegnatarie e modi poco consoni per una di quel mestiere. Javier sorrise divertito, avvicinandosi.

«Don La Fuente?!» La donna lo inchiodò con uno sguardo che la diceva ben lunga sul suo stupore. «Cercate una camera? Perchè siamo al completo.» Rispose ruvida, per poi sbuffare e imprecare verso la porta d'entrata. «Maria! Quanto ti ci vuole per scendere per l'amor del cielo?»

«Arrivo signora!» Una ragazzotta corpulenta arrivò affannata e vestita da cameriera.

«Mi farai pentire del giorno in cui ti ho tolto dalla strada, maledetta te!» Proseguì ancora la donna. «Accompagna i signori Olivades nella camera otto. E cerca di non perderti.» La ragazza annuì prendendo in consegna gli spiti che la seguirono in rigoroso silenzio.

«Dovete cercare di mantenere la calma, donna Flora. Non vi fa bene alle arterie farvi il sangue amaro.»

«Ciò che farebbe bene alle mie arterie sarebbe la nullafacenza. Ma come vedete voi stesso, questo è impossibile.»

Javier strinse gli occhi a fessura e le parlò flautato. «Siete stata una gran lavoratrice, la pietra miliare del commercio di Fuentesauco, permettetemi di consigliarvi, tenuto conto della vostra esperienza che questa può essere incanalata in un'attività più consona alla vostra età, ecco.»

«E voi avete in mente qualcosa, giusto?» Chiese quella guardandolo dal basso verso l'alto con fare sospettoso. «Non si parla d'altro, ma sapete come siamo fatti noi gente del commercio, non crediamo fino a quando non vediamo.» Lo scansò con un mezzo sorriso, invitando i successivi ospiti a farsi avanti.

«Non sareste la donna concreta che conosco, se così non fosse.» Flautò lui. «E' per questo che tornerò a farvi visita.» Prese la via del ritorno, ma la donna lo trattenne; un sorriso giubilante gli dipinse il volto, prima di voltarsi. «Sì, donna Flora?» Domandò con un tono indefinito.

«Chi stavate cercando esattamente?» E la voce della donna sembrò una puntura di spillo.

Javier la inchiodò al suo sguardo trapassandola. «Donna Milagros Blanco Gravelo.»

Quella sembrò sul punto di spezzarsi. «Non è quì.»

«Ha idea dove posso trovarla?»

«Provi al guado del fiume, credo mormorasse così al suo avvocato.» Poi piegò la testa di lato e socchiuse gli occhi. «Deve essere un progetto ambizioso per spingere la signora a scomodarsi dai suoi affari di città.»

«Avrà modo di saperlo, se è sua intenzione ascoltare donna Flora.» Ma aveva già la sua risposta, gliela leggeva negli occhi, perciò si finse compiaciuto e quel tanto distaccato da far credere che di qualsiasi cosa stesse parlando riguardante la Blanco, sua madre, lui sapesse.

Suo padre glielo aveva insegnato. Far credere alla gente ciò che vuole sentirsi dire, perchè quando gli affari erano il fine ultimo dell'impresa, più dimostravi di possedere competenze e l'interesse da parte di un blasonato nome o rango, più avevi possibilità di spuntarla sull'altra metà; il popolo, il vero e utile consumatore. Per questo la congedò con un sorriso trionfante e il silenzio della compiacenza.


Image and video hosting by TinyPic


Chiese che gli venisse portata una carrozza per risalire lungo il fiume e dopo poco era in marcia verso il Rio Cochino.

La trovò al grande slargo dal quale si intravedeva tutto il paese, specchiato sull'acqua come un dipinto.

Era circondata da due uomini e gesticolava con tanto ardore, mentre parlava e muoveva nervosa il piede al di sotto della veste color indaco.

Quasi come un richiamo, voltò leggermente il capo alle sue spalle, lì dove se ne stava a fissarla senza fiatare; rimasero così, a parlarsi con gli occhi, fino a quando ella abbassò il capo congedandosi dai suoi interlocutori, per avanzare verso la sua direzione.

«Immagino il motivo per cui tu sia quì.» Esalò, senza staccare gli occhi dai suoi. «Non credevo avessi l'audacia per farlo alla luce del sole.»

«Ho lasciato credere che complottassimo del mio progetto.» Javier seduto in carrozza, le allungò la mano per farla salire. Il tocco della sua mano era freddo e gentile; la strinse e sentì come una strana forza attraversarlo. «Mi auguro questo non ti crei imbarazzo.»

«Nessun imbarazzo. Si tratta pur sempre della verità.» Guardò al cocchiere e poi a lui in apprensione; il ragazzo capì e lo congedò. «Ora va meglio, ti ringrazio.» Javier alzò le spalle, lei proseguì. «Sono sempre stata uno spirito libero ragazzo e Dio solo sa se non ho sempre fatto tutto quello che volevo.» Javier sorrise, le spalle tese di Milagros si rilassarono. «Mi sono innamorata di Estefan La Fuente quando era inaccesibile, ma io lo volevo con tutte le mie forze e l'ho avuto, anche se era di un'altra donna. Non ho pensato alle conseguenze del mio gesto, ero giovane e sciocca, anche se mossa da un sentimento sincero. La mia conseguenza.. è stato scoprire d'aspettarti. Sì Javier, sono io la donna che ti ha portato in grembo e messo al mondo ventidue anni fa.»

Ci fu silenzio, lunghissimo ma necessario. Javier guardò il volto di quella donna regolare e bellissimo, i suoi occhi verdi scintillanti e pieni di verità; si somigliavano, infondo, anche se il suo orgoglio fin da piccolo era riconoscere nei tratti tutto il sangue dei La Fuente.

Si soffermò sulle labbra piene e sugli zigomi fieri per poi tornare a quegli occhi dai quali, indubbiamente, aveva ereditato il colore.

Sospirò, straziato e scosso dal pensiero che quest'immagine subito rimandò. «Cosa è successo dopo?»

«Iniziamo con perchè.» Ribattè lei e capì che era arrivato il difficile. «Parlò di annullare il suo matrimonio, di voler scappare in un'altra città e che saremmo stati felici, ma la verità è che Guadalupe era ed è sempre stata sua moglie. L'unica che fosse in grado di tenerlo a se, ricucirlo e tenerlo insieme e il perdono che ne seguì è la prova di ciò che dico. Lo lasciai, girovagai per la provincia ma ero infelice e quando tornai ormai non potevo più nascondere l'evidenza, neanche sotto strati di abiti pesanti. Fu allora che presi la decisione più difficile di tutta la mia vita, ma anche la migliore.»

«La.. migliore?» Domandò, inghiottendo aria.

«Non ero capace di badare a me stessa, figuriamoci di una creatura innocente. Saltavo da un paese all'altro e non avevo abbandonato i miei sogni di uscire dall'incubo di una vita fatta dallo stereotipo di matrimoni combinati e nidiate di figli. Sentivo che c'era qualcosa lì fuori per me e che se fossi rimasta qui, rischiavo di rimanere incastrata in qualcosa che non mi apparteneva.» Prese il respiro e guardò velocemente fuori dal finestrino. «Lei non poteva avere figli, tuo padre ti amava come se ti avesse sempre desiderato.. il cerchio si chiuse con questa scelta.»

«Non un ripensamento?»

«Promisi loro che non avrei rivendicato il mio diritto su di te, se avessero permesso visite o quanto altro.»

«Non ti ho mai visto alla villa.»

«Il fatto che tu non mi abbia vista non significa che io non ci fossi, anche se con il tempo sono dimunuite le occasioni, fino a sparire completamente. La tua mente però può aiutarti a ricordare che sono stata sempre a Fuentesauco, quando accadeva qualcosa di particolare che ti riguardava.» Javier chiuse gli occhi e annuì, lasciandosi andare indietro con il peso sullo schienale. Milagros fissò il suo volto ora contratto in una smorfia di dolore e rassegnazione. «Sono stata sincera con me stessa Javier e non pretendo che tu mi capisca. Il tempo passato e gli ultimi eventi spiacevoli che ti hanno coinvolto mi hanno fatto capire che è arrivato il momento per me di fare la mia parte.. e non dico di mettermi a fare la madre, ma aiutarti.»

Il ragazzo aprì gli occhi come una sentinella. «In che modo?»

«I soldi sono un buon modo per provvedere ai bisogni di un figlio.»

«Come lo sai?» Chiese serafico.

«Quel ficcanaso del sindaco è prima di tutto un merlo canterino. E ho l'impressione che voglia arraffare anche lui una parte della torta. Non mi è mai piaciuto e ti dico questo perchè da donna con un bel pò di esperienza, non mi fiderei a fare affari con lui.»

«Sono dello stesso avviso, non darti pena per questo.» Poi sorrise, cercando con tatto, di arrivare al nodo della questione. «Per quanto mi risulti difficile ammetterlo capisco le buone intenzioni che ti muovono e non mi serve altro, come non mi servirà giudicarti, perchè tu meglio di me sai che sono invischiato in una questione analoga.»

Milagros sospirò. «Che tu ci creda o no avrei voluto vedervi insieme. Ma le scelte della tua vita non erano dettate dal mio volere, mentre per Morena.. giurai a sua madre sul letto di morte, che mi sarei presa cura di lei a qualunque costo. E così è stato. Adesso siete entrambi adulti responsabili, non sta a me ne a chiunque altro, dirvi cosa è meglio per il vostro futuro. Io veglierò sempre su di voi, volevo dirti questo se mai te lo stessi domandando; ci sono sempre stata, sempre ci sarò.»

«Non so cosa devo fare con lei. Questa è la verità.» Scosse il capo passandosi la mano fra i capelli insofferente.

«Allora fa solo quello che è meglio per te.» Gli toccò il ginocchio e sorrise. Si guardarono e Milagros spostò la maniglia della portiera verso il basso. «Un fondo a tuo nome aspetta di essere versato. Il mio avvocato risiede al pensionato, al nome di Gaudentio Roldan.»

«Aspetta.» Javier la trattenne. «Vorrei poterti aiutare, so che stai cercando di sistemarti a Fuentesauco.»

«Vuoi propormi di spostarmi a Villa Ortensia?» Chiese la donna con una punta di ironia.

«Non subito. Magari fra due o cinque anni, quando l'hotel sarà pronto potrai essere mia ospite.. fissa.»

Milagros schiuse le labbra fra lo sconcerto e la trepidazione. «Un hotel. E magari in grande stile madrileno.»

«L'idea è quella. E converrà che tu risparmi i tuoi denari per allora, piuttosto che in un acquisto a perdere.»

La donna rise di gran gusto. «Sei intrepido proprio come tuo padre!» Poi abbozzò una smorfia. «Ci penserò.»

«Ancora una parola.»

«Chiedi pure.»

«Sono nato in quella grotta, vero?»

Gli occhi di Milagros si adombrarono, ma il sorriso non scivolò dalle sue labbra; era un sorriso caldo, cordiale e sincero.

«Sei un vero Saucano Javier, forte e generoso, ti basta sapere questo.»

E gli bastava.

Milagros scivolò dalla carrozza e tornò ai suoi affari; sorrise di cuore nel vederla tornare a gesticolare con gli uomini che adesso la guardavano, vinti da chiassà quali giri di parole e menestrelli stava adoperando. Ordinò al cocchiere di tornare a bordo.


*

La diligenza era affollata come al solito, si fece spazio fra i corridoi cercando un'anima pia che la facesse sedere.

Un ragazzo balzò da un sedile, cedendogli il posto, lo ringraziò e riposta la sua borsa sullo scaffale in alto, s'accomodò.

La donna seduta di fronte, parve protestare, quando alzò gli occhi riconobbe nelle sue fattezze Leonor.

Leonor La Fuente. Ed era troppo di cattivo gusto alzarsi e cambiare scomparto.

Non disse nulla, spostò lo sguardo verso il finestrino dove il panorama aveva preso a scorrere lento e cadenzato, dalle buche sul terreno che la ruota del carro incontrava ogni dieci passi.

Camila le guardava insistente la pancia appena prominente, come se un grande segreto fosse nascosto lì dentro e ogni tanto sorrideva come sorridono i bambini scoperti a curiosare. «Non sta bene fissare le persone.» La rabbonì Leonor, guardandola sorridendo.

«Presto avrò un cuginetto.» Rispose la bambina ignorando il commento della mamma. «La mia cugina maggiore ha la pancia proprio così.»

Morena sorrise. «E se sarà una cuginetta?»

«Le metterò i vestiti delle mie bambole.» Sorrise coprendosi la bocca con le mani.

«Devo scrivermela questa, così non farai i capricci quando non li troverai.» Commentò Leonor divertita.

«Non tutti, mamma, qualcuno!» Protestò la bambina, volgendo poi attenzione alla bambola di porcellana che stringeva sulle gambe; la strinse forte a se e cominciò con lei un'ardita discussione su quanto sarebbe stato meraviglioso il loro viaggio.

Leonor le rivolse uno sguardo materno di protezione che aveva però il sapore dei sogni infranti, poi alzò gli occhi sulla donna e le parlò come se fosse di vetro, uno spettro impalpabile. «Non era così che avevo immaginato di voltare pagina.»

«Nemmeno io.» Replicò Morena, spalancando i grandi occhi nocciola.

«Mi consolo pensando che avrai anche tu la tua bella gatta da pelare adesso. E ti dirò, mi fa sentire già meglio.»

«Sono sicura che a questo punto, tu conosca abbastanza la storia, da sapere che nessuno meglio di me, può capire come ti senti.»

«Vuoi dirmi che a questo punto..» Ribatté l'altra scandendo bene la voce. «..non ti senti vittoriosa?»

Morena scosse il capo sorridendo sarcastica. «Cosa avrei vinto? Comunque andranno le cose qualcuno soffrirà o ha già sofferto. C'è un confine molto sottile fra il vincere e perdere; l'una o l'altra cosa, mostra sempre la sua doppia faccia.»

«Sei una donna con un alto valore morale, non sono sorpresa che voglia rimanerti accanto.» Agitò lievemente il capo, Morena corugò la fronte per la sorpresa. «E sei troppo arguta per non essertene resa conto. Tuttavia, non mi interessa più nulla di ciò che vuole. E nemmeno di te, senza offesa per questo viaggio che abbiamo ancora da condividere.»

«Leonor..» La richiamò con una voce flautata e soave. «Senza offesa, a me interessa ancor meno.»

E chiuse il discorso con un gran sorriso. Non era questo che avrebbe voluto dirle, ma quella donna non aveva pazienza e voglia d'ascoltare e d'altronde, non poteva che biasimarla. Dalla battaglia appena conclusa qualcuno ne era uscito ferito, qualcun'altro confuso e poi c'era chi scappava. Non erano più importanti le conseguenze, s'era fatto il tempo d'agire e di mettere fine anche alla guerra.


Un cielo terso e limpido, il cielo di Salamanca, la salutò non appena scese dalla diligenza.

S'era lasciata alle spalle quella donna e la bambina, mentre a grandi passi svelti raggiungeva il portale dell'università.

Era rimasta immutata, sebbene mancasse dalla città non da troppo tempo; le effigi scolpite nel marmo con le fattezze di alcuni dei letterati più famosi di Spagna, giusto per ricordare quanto fosse prestigiosa e la quiete una volta che si era attraversato.

Il patio interno abbracciava un fazzoletto verde di erba finemente rasata e il chiostro alternava colonne con intarsi di pregio risalenti all'epoca della sua nascita, il lontano milleduecento; proprio da sotto il portico, Eulalia, sua vecchia compagna di studi la stava aspettando con un fascio di libri al petto, diligente e ordinata come se la ricordava. Si sfilò i guanti e la salutò vigorosamente con un braccio inalzato.

Un carico di ricordi bellissimi e intensi la sconvolsero.

Era felice di trovarsi lì.


*

Adesso che nel grande mosaico che era la sua vita, qualche pezzo era stato rimesso a posto, a Javier mancava solo un'ultima cosa da fare.

In realtà erano due, ma la più importante richiedeva una forte dose di coraggio a cui avrebbe attinto in un secondo momento.

Saldò il conto e scese dalla carrozza con aria tetra.

Camminava stretto nel soprabito, riparandosi dai primi venti autunnali alle porte, cercando ordinare i pensieri e le parole ma con scarso successo.

Fu per questo motivo che quando intercettò Abel Del Carmen dietro alla casa Georgiana che era il comune, gli si avventò contro con tutte le sue forze, colpendolo al viso con un cazzotto degno di qualsiasi sobborgo di città.

«Siete impazzito, La Fuente?» Gracidò l'uomo, toccandosi il labbro dalla quale un rivolo di sangue fece capolino.

«Sono pronto a ripetermi se non avrete l'arguzia di stare in silenzio. Ho del materiale che attirebbe quì anche il gazzettino nazionale.»

Abel annuì vigliaccamente, scortandolo nei magazzini della proprietà, lontano da occhi e orecchi indiscreti. «Leonor vi ha detto tutto, dunque.» Ammise. «E' stato solo il peccato di una notte, per quanto possa servire saperlo.»

«Una notte o dieci non cambia lo stato delle cose. Siete un codardo e ignobile.» Javier lo avvicinò con fare minaccioso, gli occhi piccoli e furenti.

«Codardo?» Balbettò l'altro sorpreso.

«Codardo e lo ripeto. Vi atteggiate con le vostre sete e profumi approfittandovi della debolezza della malcapitata di turno con modi leziosi.» Alzò il pugno vicino al suo viso e lo tenne lì stretto finchè non tremò per lo sforzo. L'altro strizzò gli occhi per la paura così lo portò giù, sorridendo beffardo. «Siete una nullità, francamente mi annoia persino parlarvi, ma ho da chiarire una questione che mi sta molto a cuore.»

«Se è per la vostra signora posso assicurarvi che..» Ribattè l'altro.

«La mia signora è stata così furba da andarsene. A quest'ora è sulla via per Madrid..non lo sapevate?» Rise sarcastico e lo squadrò dal basso verso l'altro. «Non riesco a provare per voi nemmeno un briciolo di pena.» Lo vide accigliarsi per la notizia, abbassare lo sguardo intuito d'essere stato messo in scacco e infine adirato, quando finalmente levò gli occhi nei suoi.

«Cosa siete venuto a cercare allora?» Sentenziò senza alcun segno di debolezza, le spalle dritte, leggermente proteso verso di lui.

Javier incanalò aria nei polmoni. «Ascoltatemi bene, perchè non lo ripeterò una seconda volta; qualunque sia il futuro di Villa Ortensia, in questa vita o in un'altra voi non ne farete parte in alcun modo. Sono stato chiaro?»

«Come l'acqua.» Rispose fra i denti. «Ma non mettetemi i bastoni fra le ruote se non volete che io li metta voi.»

«Per me tornerete ad essere insignificante come sempre.» Javier si sistemò il colletto della camicia, poi con un sorriso ironico fece per allontanarsi. «Almeno fino alle prossime elezioni, signor sindaco.»

«Il vostro giubilo resterà deluso quando si renderà conto di quanto è forte la mia voce, don La Fuente.»

«Stremo a vedere, don Del Carmen. Chi lo sa, magari mi verrà voglia di mettermi a praticare la politica.»


E si guardarono lanciandosi una sfida con gli occhi; poi Javier abbozzò una smorfia sarcastica alla quale Abel rispose con il sorriso migliore e si congedarono voltandosi a vicenda le spalle.

Rimasto solo il ragazzo guardò alla collina alta di Fuentesauco e allora e solo allora si sentì piccolo, ma audace ed ebbro di coraggio come non era mai stato in vita sua.


*

Seguirono notti agitate e insonni, Villa Ortensia era desolata e ogni spiffero o rumore lo destavano dal già leggero sonno di cui soffriva.

Pensava incessantemente a Morena, alla sua mancanza e non riusciva a sopperire a questo disagio, continuando a ripetere a se stesso che doveva lasciarla in pace; tutto di quel silenzio urlava "prendimi" e lui voleva prenderla, stringerla a se, tentando di rimediare al passato.

Si alzò con l'alba, consumò una leggera colazione e vestito di tutto punto, decise che doveva fare qualcosa per entrambi.

Forse lo avrebbe odiato per sempre, oppure sarebbe stata sua.


Contò cento passi, quando fu in cima a Legno di Quercia.

La tenuta era addormentata e avvolta dalla nebbia del mattino, tranne per il bagliore di una grande finestra sul retro.

Fissò a lungo l'entrata, prima di decidersi a bussare con vigore.

Una voce greve palesò la figura di Alfredo, sull'uscio. «Ti aspettavo.» Proferì sommesso.

Sgranò gli occhi perplesso, ma si rese subito conto che dall'altra parte, vi era un uomo tormentato almeno quanto lui; la barba incolta gli arrivava fin sotto agli occhi cerchiati di nero e la cicatrice dell'intervento che gli attraversava la trachea di netto gli donavano un'aspetto truce, tuttavia migliore, da quando l'ultima volta giaceva esanime sul lettino dell'ambulatorio.

Alfredo distolse lo sguardo spostandolo alla casa alle sue spalle, c'era preoccupazione nei suoi occhi, s' infilò di fretta il soprabito ed uscì.

Lo condusse al ricovero dei carri poche spanne più a sud, dove socchiuse la porta, una volta soli; appoggiato alla parete incrociò le braccia al petto e in silenzio, attese di sentirlo parlare.

«Sono innamorato di lei.» Esordì Javier senza troppi fronzoli. «Sono quì perchè sono innamorato di lei e sono sicuro che anche lei sia innamorata di me.» L'altro alzò le spalle ma non parlò. «La nostra storia la conoscerai meglio di chiunque altro, quello che non sai è ciò che ho giurato di non dirti ma che mi spinge oggi a desiderare averla con me, alla luce del sole. Sono quì oggi perchè mi ritengo un uomo d'onore, ed anche se potrà sembrarti strano, penso di te la medesima cosa. Nutro per te sincero rispetto.»

Alfredo si lisciò la barba pensioroso. «Tu mi rispetti. Eppure hai fatto tanta strada per dirmi che ti sei innamorato di mia moglie. A parte le nobili questioni d'onore, mi sfugge il senso. Se sei così sicuro che lei ricambi il tuo amore, perchè sei quì a dirlo a me? Cerchi il mio consenso forse?» Sentenziò con una vena ironica nella voce. «Non credi di sapere con chi stai parlando ragazzo, e a questo punto nemmeno io.»

«So benissimo chi sei. Un uomo che si è fatto da solo e che si è preso cura della donna che ho sempre amato. Per questo, avrai sempre il mio rispetto. Chi sono io? Io sono Javier La Fuente e sono cresciuto con la certezza che avrei reso quella donna la mia compagna per la vita. Purtroppo fino ad oggi e per cause che scindono dal nostro volere, non è stato possibile. Non credere sia stato facile prendere oggi questa decisione, ma ho dovuto; siamo ad un bivio della nostra vita per cui non possiamo più tornare indietro. Mi chiedi perchè sono quì.. ebbene, perchè solo tu puoi lasciarla andare. Lei non riesce ad ammetterlo e detesta l'idea di ferirti, di sconvolgere la vostra vita, perchè tutto ciò che è lo deve a te

Alfredo vacillò. «Sono sue parole?»

«Sì.»

L'uomo strinse gli occhi addolorato. «Da quando sei arrivato in paese, non è stata più la stessa. Mi ripetevo che era stanca, poi pensavo fosse malata.. mi rendo conto che erano scuse che servivano più a me per non guardare in faccia la realtà, che a lei.» Quando li riaprì e levò il viso al suo sembrava disperato. «Non l'ho mai costretta ad amarmi o prendersi cura di me, cosa l'ha trattenuta in questa farsa?»

«Sei un uomo intelligente, hai vissuto al suo fianco per molti anni e nessuno meglio di te può sapere se giudicarla farsa o qualcosa di profondo, che va al di là del comune amore. Adesso sai che noi due ci amavamo molto più di due semplici ragazzini. Quello che non sai è che la mia famiglia in particolar modo, ci ha ostacolato con ogni mezzo possibile e che Morena è dovuta crescere molto in fretta.»

Alfredo annuì. «Francisca ed io la trovammo al fiume mezza annegata, quando partisti per la capitale. Non disse mai chiaramente che era stata lei, ma fece il nome di Guadalupe. La temeva e non ha smesso di averne paura neanche dopo.»

«Lo credo bene; quella donna è stata capace di ogni sopruso nei suoi riguardi.» Lo guardò come se volesse trapassargli l'anima, Alfredo mosse impercettibilmente il capo, memore di tanta cattiveria. «Compreso spedirmi a Madrid in piena notte appena sapute le mie intenzioni di portarla con me, depistare le nostre missive una volta lontani, fino a farci allontare completamente. Finchè ad un certo punto.. lei era sposata e non rappresentava più un pericolo per i suoi piani.»

«Di quali piani parli?» Sparò a bruciapelo.

«Quelli che mi vedevano ammogliato ad una ricca ragazza di città e non ad una contadina qualsiasi.»

Afredo inarcò un sopracciglio. «Mi risulta difficile credere che sia questa tutta la verità.»

«Lo so.» Ammise l'altro. «Ma scavare nel torbido di questa storia non ti porterà le risposte che vuoi, solo parlare con lei ti chiarirà ogni dubbio.»

L'uomo strinse nuovamente gli occhi, come se contemplasse dei ricordi molto dolorosi. «E' stata onesta fin da subito. Dal primo momento che l'ho vista ho capito fosse la donna giusta da avere al mio fianco; se ne stava in piedi al centro della stanza con il terrore appeso nelle pupille eppure con una grande dignità. So cosa significa amare e sentirsi perduti quando questo amore ci viene strappato, ma so anche cosa significa donarsi nuovamente, dare fiducia, riempire il cuore di nuova vita. Se tutto questo venisse a mancare, io non sarò certo l'ostacolo che si frapporrà fra la mia felicità o la sua.» Sospirò e fu come se un peso scivolasse dalle sue spalle. Dopo molto tempo si sentì nuovamente vecchio e stanco. «Non sopporterei veder distrutta la nostra ìntegrità di persone.»

«Se sono quì è perchè la penso esattamente come te. E parlare da uomo a uomo mi fa credere che vecchie e sterili rivalità possano appartenere solo al passato.»

Alfredo sorrise amaro. «Comunque non vi sarà più alcuna rivalità commerciale.»

«Oh no, non ci sarà.» Ammise Javier, beffardo. «Ma solo da parte mia in quanto sto riflettendo sul lascito delle mie terre alla tua gestione.»

L'uomo lo guardò con severità, come se la notizia lo indignasse più che stupisse. «Non mi farò comprare da te, La Fuente.»

«Non sarebbe nel mio stile.» Sebbene il clima cominciasse a surriscaldarsi, Javier prese la palla in balzo e sfoderò il suo sorriso più accattivante. «Tuttavia non posso non ritenerti il solo responsabile della loro conservazione, dopo l'incendio delle settimane passate e ciò che ti offro, non è altro che la somma della mia gratitudine.»

«Forse ti riferisci ai tuoi uomini e alla barricata di terra che hanno innalzato per preservarle. Loro si che si scannerrebbero per gli avanzi della tua gratitudine. Ma non io.» Commentò piccato Alfredo.

«I miei uomini non avrebbero avuto tanta fortuna, se al mulino non ci fossi stato tu.» Sentenziò Javier con tono gravoso. «La mia è riconoscenza, accettala per quella che è, Morena non c'entra nulla con questa storia.»

«Allora i dannati borbottii sulla vendita di quel mausoleo in cui te ne stai trincerato, sono veri?»

Javier rise. «Prima o poi tutti dovremmo fare i conti con il progresso. Io mi sto solo portando avanti ed offro a te, l'occasione per ricominciare. Se accetterai so che le mie terre non andranno perdute, se fosse diversamente andrei avanti lo stesso, proprio come farai tu.»

«Credevo tu fossi un' arrogante..» Protestò Alfredo con il sorriso sulle labbra. «Sono lieto di non essermi sbagliato.» Si spostò verso l'uscita e fece cenno di seguirlo; Javier capì d'essere stato affrettato e non aggiunse altro. «Non farò affari con te, forse ti prenderai mia moglie, ma non ti cederò anche la mia rispettabilità, La Fuente.» Allungò la sua mano in saluto, il ragazzo rispose prontamente al gesto.

Non dissero altro, non sarebbe servito, si limitarono a guardarsi, mai uomini più differenti fra loro e non solo per una questione anagrafica.

Javier guardò lo spiazzo e alla casa sul fondo, di legno scuro come se non fosse sufficente la sua maestosità capeggiante, nella natura intorno; vi riposava suo figlio, in quella casa, il pensiero lo commosse e lo turbò. Si cacciò in gola il tormento, non appena delle luci si accesero nel buio.

Alfredo seguì la traiettoria del suo sguardo mirando anche egli al bagliore con curiosità.

«Addio Roquez.» Esalò il ragazzo laconico.

«Addio La Fuente.»


Javier se ne andò senza voltarsi.


*

«Ma il progresso cresce veloce quanto la demografia dell'umanità. Più bambini verranno al mondo, più si avrà la costante e necessaria ambizione, di rendere questo evento una straordinaria opera scientifica.» La professoressa Irene Castillo fu celebrata con un lungo applauso dalle balconate della sala ovest del rettorato di Salamanca. Morena la guardava incantata e fiera di aver appreso lezioni dalla donna che nel suo corso, trentanni addietro, venne ribattezzata la promessa della medicina ginecologica. Avevano ragione. «E questo è tutto miei cari, al prossimo seminario, che si terrà ci tengo a riperterlo, nella primavera dell'anno a venire. Chi fosse interessato può rivolgersi alla segreteria dell'ateneo che vi fornirà tutte le informazioni necessarie. Arrivederci a tutti.»

La ragazza s'appuntò velocemente un promemoria e ridiscese in fretta i gradini per poterla raggiungere prima che prendesse l'uscita.

«Morena Roquez!» L'accolse con tono vigoroso, come la sua persona così piena di ingegno e vitalità.

«Professoressa Castillo, ci tenevo a dirle che sono una sua grande estimatrice, un domani spero proprio di seguire le sue orme.»

«E perchè dovresti sperare?» Le passò velocemente una carezza sull'estremità alta della pancia. «I figli sono una benedizione non dimenticarlo, possiamo raggiungere i nostri obiettivi anche come madri, anzi confido in te più di tutti su una buona riuscita.» La baciò frettolosamente sulle guance e riprese spedita la sua corsa verso l'uscita, con un'orda di studenti impazienti a farle da sciame.

«Ci hai parlato?» Eulalia riemerse dal nugolo di persone paonazza e con il fiatone.

«Sì.» Rispose interdetta.

«Le hai detto di venirti a trovare in ambulatorio?»

«Mi ha toccato la pancia e mi ha detto che confida in me per il futuro.» Sentenziò senza calore. «Poi è sparita.»

«Dai!» Quella l'abbracciò. «Andrà meglio il prossimo anno.»

«Quando sarò assorbita da un altro marmocchio?» Berciò dolcemente guardandosi la rotondità sotto seno. «Ci tenevo proprio affinchè trovasse del tempo per dare un'occhiata allo studio.» Alzò le spalle e sospirò, prendendo la via d'uscita.

«Perlomeno te ne torni a casa con un bel carico di nozioni, che non mi sembra poco.. e comunque non hai detto che sei seguita da un buon medico della capitale? Sei fortunata e non te ne rendi conto!»

Javier, già. Nell'estasi della partenza aveva smesso di ossessionarsi con il suo pensiero.

Ed ora che mancava poco meno di un'ora alla partenza della diligenza, sentiva il cuore stringersi in una morsa che le toglieva le forze. Sorrise a malapena, Eulalia le schioccò uno sguardo perplesso. «Ho detto qualcosa di spiacevole?»

«Ma no! Che vai a pensare, solo che.. detto fra noi, non ho proprio voglia di ritornare a casa.»


Ridiscesero il paese verso il fiume, in totale silenzio.

Eulalia acquistò dei souvenir e un biglietto per Terradillos, una frazione poco più a sud di Salamanca mentre l'altra entrò in una rinomata panetteria dove d'abitudine avevano consumato parecchie merende; si ritrovarono al Ponte de Tormes il crocevia per le destinazioni della provincia, appena fuori città.

«Morena insisto. Non ti ho mai sentita parlare così.»

La guardò sorridendo nel voltarsi a guardarla, era una ragazza lungimirante Eulalia e per questo un'ottima amica e compagna di studi.

Si appoggiò al parapetto del ponte, fissando l'acqua torbida del fiume Tormes sotto di loro e parlò con aria tetra. «Hai mai provato la brutta sensazione di riconoscere una catastrofe, prima che questa arrivi?»

La ragazza sorrise enigmatica. «Riconoscerla o volerla scatenare? Perchè sono due cose differenti.» Poi si stese con la schiena contro il parapetto e voltò il capo verso la sua direzione. «Qualsiasi sia la sensazione che stai provando, scappare dai problemi non è mai la soluzione migliore. Le paure vanno affrontate, anche a costo di soffrire.»

«Allora soffrirò.» Soffiò pungente. «Perchè il mio cuore e la mia testa vanno in due direzioni differenti e una scelta sarà inevitabile.» Con stupore ammutolì delle sue stesse parole e quasi sorvolando sull'accaduto, tirò fuori dalla sacca la focaccia per il pranzo. La divise in due parti e ne passò una all'amica, che continuava a guardarla enigmatica. «Suvvia Eulalia, non pensare a ciò che ti ho detto ma godiamo della nostra compagnia finchè ne abbiamo! I pensieri del futuro non ci riguardano ora, ed io saprò cavarmela come ho sempre fatto.»

Eulalia prese la sua parte di focaccia e l'addentò poco convinta. «Forse dovresti scrivere alla Castillo di venirti a trovare in primavera, prima del seminario. Fuentesauco è così vicina che non credo sia un aggravio per le sue finanze.»

«Sì, forse dovrei.» Asserì, ma poi pensò che avrebbe dovuto prima trovare parole sufficenti per un addio.


«Teniamoci in contatto.» L'amica era sporta al finestrone della diligenza quasi piena; il flusso di persone andava via via diradandosi, mentre si avvicinava l'ora della partenza; Morena annuiva e intanto sentiva incombere una strana ansia. «Voglio sapere quando nascerà il bambino!»

«Bambino?» Chiese divertita.

«Hai la pancia con la punta alta.» Abbassò lo sguardo, non ci aveva ancora fatto caso.

«E pensare che avrò a che fare queste cose tutti i giorni.» Scosse il capo sorridendo, l'altra addolcì lo sguardo e le restituì il sorriso.

«E' come il sarto che deve cucirsi un abito sulla propria pelle; potrebbe farlo ad occhi chiusi se si trattasse di qualcun'altro, ma avrà sempre qualche dubbio o incertezza nel farlo su di sè.» Il capo guidatore fischiò ai passeggeri di affrettarsi nelle manovre di salita, Eulalia guardò ancora Morena e la salutò con la mano. «Sei una brava levatrice. Devi solo prenderti cura di te.»

«Lo farò.» Rispose l'altra indietreggiando e ricambiando il saluto.


*

La diligenza si fermò esattamente alle porte di Fuentesauco, le lunghe distese di grano ondeggiavano al vento e lontano, nel centro, una macchia scura si allargava come un cielo notturno, in quella poesia dorata.

Strinse forte il manico della sua borsa sospirando e ridiscendendo con il cuore pesante e l'animo in tormento.

Quando la polvere della corriera si abbassò, rivelò la figura di Alfredo alla guida di una carrozza.

Sussultò per la sorpresa, avvinandosi.

Cosa era quella strana sensazione di adrenalina e paura che sentiva nascere nella testa ed arrivare in fondo alle ginocchia?

«Non mi aspettavi, lo so.» Sussurrò. La sua voce era ancora provata dall'intervento delle settimane passate; il suo bel volto non più giovane rivelava esattamente tutti gli anni che portava, ma era decisamente molto più colorito di quando si erano salutati. «Ma questa era l'ultima diligenza della giornata, se non ti avessi vista arrivare sarei venuto fin là.» Si morse il labbro al pensiero di quell'uomo nel tormento di non vederla tornare e comprese che non vi era molto altro a cui appellarsi, solo alla verità. Tremò ed Alfredo sgranò gli occhi; la barba era fatta, il viso era pulito, la cicatrice nascosta dal fazzoletto di seta, ma nulla di tutto ciò, nessun belleto o artificio, potevano più nascondere la tristezza che risiedeva nei suoi occhi. Prese gentilmente la sua borsa e la sua mano, aiutandola a salire e senza dire molto altro, guidò i cavalli verso i campi, al limitare del bosco.

Ci siamo, pensò Morena, guardando dritta davanti al lei il paesaggio cambiare e il lento moto dei cavalli cambiare andatura.

Erano dove un tempo sorgeva "Vecchia Quercia", la sua prima casa.

«Perchè proprio quì?» Chiese con tono greve, quando Alfredo entrò al coperto.

«Perchè vorrei ti sentissi libera di essere esattamente ciò che sei.» Prese posto con leggiadria, accomodandosi sulla poltrona di fronte a lei. «Javier La Fuente è stato a "Legno di Quercia" mentre tu eri via e vorrei credere che quanto gli ho sentito pronunciare, fossero solo parole dettate dalla pazzia per quanto gli è capitato ma.. io per primo non vi credo e vorrei che tu mi aiutassi a capire.»

Morena strinse le mani a pugno; Javier non solo si era tirato fuori dalla sua vita, si era messo anche a fare confessioni con quello che allo stato attuale era ancora suo marito! «Quindi vuoi sapere cosa.. se ho giaciuto con lui alle tue spalle?» Alfredo s'agitò nella seduta, Morena scosse il capo. «Non è questo?» Cominciò ad avere paura. Paura di Javier e dei suoi sentimenti.

«Lui è innamorato di te ed è convinto che se non fosse per il destino e le persone che vi sono state avverse negli anni della vostra giovinezza, voi sareste insieme adesso.» Ti ha detto questo, pensò con occhi sgranati del tutto incapace di credere a Javier così esposto, nudo per lei. Era vero dunque, lui l'amava. E lei era stata capace di dirgli solo parole terribili. Il ritorno a Fuentesauco, l'incendio, la morte della stessa Guadalupe.. quante prove ancora doveva darle per essere creduto? Non posso vivere più una vita in cui tu non ci sei. Aveva detto, sfidando la sorte, sfidando persino Alfredo Herrero Roquez! Era giunta l'ora di restituirgli quell'amore, perchè per quanto difficile, l'unica verità accettabile era quella.

Non aveva mai smesso d'amarlo.

«E' così.» Ammise quasi piangendo, con il capo che annuiva lento e metodico. Poi chiuse gli occhi per un attimo, inspirò e li riaprì guardando il mondo come fosse nuovo. «Riccardo è figlio suo.» Sentenziò. «Questo è uno dei motivi per cui saremmo insieme, ma è anche l'unico per cui ci hanno diviso. Tu lo sai, tu c'eri quel giorno al fiume.. ed io non potrò mai perdonarmi per questo.»

La sicurezza, la spavalderia, si spensero sul volto d'Alfredo e tutto ciò che vi rimase, appena le parole fluttuarno nell'aria, fu un maschera cinerea priva di emozioni e calore. «Le mie parole adesso ti sembreranno niente, ma devi sentirmi Alfredo, capisci?!» Gli strinse la mano; era fredda, come la sua figura e il silenzio che emanò. «L'ho saputo quando ormai per noi due era troppo tardi. Quelle persone hanno fatto in modo di dividerci e così è stato; ma non era abbastanza per loro, così hanno deciso di prendersi la mia vita e quella della creatura che portavo in grembo, con una malvagità che non è figlia di questo mondo, ma che tu conosci molto bene, Alfredo.» Morena inspirò e scosse il capo. Il volto contratto per le lacrime che vide scendere dalle guancie dell'uomo. «Dovevo fare una scelta.. e l'ho fatta. Ho scelto di vivere a qualunque prezzo.. finchè sei arrivato tu.. e hai rimesso a posto tutto. Mi hai fatto credere con parole gentili e sicure che tutto sarebbe andato per il verso giusto e che ti saresti preso cura di me, semplicemente. Mi hai mostrato il futuro che io stessa avevo paura di vedere, per cui non ho avuto più bisogno di guardare al passato. Mi hai fatta donna.. e ti ho amato per questo, Alfredo! E mi hai resa madre.. una seconda volta.» Spostò la mano sul ventre, ma al contatto con il suo corpo, Alfredo si ritirò e delle grosse ombre adombrarono i suoi occhi. «Credi che avrei potuto fingere questo?» Chiese sull'orlo delle lacrime. «So che ti ho spezzato, ma sono sicura che tu sai chi è la donna che hai di fronte.»

«Che lo amassi non era un mistero per me. Lo avevo accettato perchè in cambio avrei avuto te e.. la vita, la mia famiglia.» Parlò come se il silenzio non fosse mai esistito, fissandola con disprezzo. «Io ti ho amata davvero Morena, non ho accettato le conseguenze, ho semplicemente deciso di amare una donna dopo Francisca e quella donna eri tu. Hai idea di come mi senta adesso?»

«Defraudato?» Azzardò.

«Peggio!» Picchiò forte un pugno contro lo sportello della vettura, gli occhi fiammeggianti. «Illuso. Sciocco.. un debole!»

«Non sei niente di tutto questo, perchè hai avuto esattamente ciò che volevi. Me. Una famiglia. La vita! Guardami!» Intimò alzando la voce.

L'uomo guardò il suo ventre e sospirò. «Non posso accettarlo.»

«E' tuo figlio!» Gracidò.

Alfredo sorrise mero, il volto inclinato verso il basso. «Lo crescerà lui. Un figlio per un figlio.»

Morena gli mollò uno schiaffo in pieno volto. «Mentirti è stato da vile, ma non starò quì a farmi dare della sgualdrina. Ti prego di accompagnarmi da mio figlio. Quando il sangue sarà freddo, potremmo parlare ancora.» Il cuore le balzava nel petto, Alfredo lanciò un lamento. «Non ti azzardare a dire null'altro. Ce ne andremo al pensionato se esprimerai disappunto, tutto riavrai indietro, ma non la mia dignità o quella dei miei figli.»

«Non voglio scandali al matrimonio di Olivia.» Disse lui senza inflessioni di voce.

«Mi stai proponendo un accordo?» Chiarì con voce sconcertata la donna. Alfredo annuì, stanco di aggiungere altro. «Bene, fino ad allora mi comporterò come ho sempre fatto. Devo cercarmi un avvocato, Alfredo?»

«Ho poche pretese. Voglio che Riccardo continui ad essere mio figlio.»

E' dell'altro figlio che non gli interessa nulla. Morena ebbe un conato di vomito al pensiero. «In quali termini, lo deciderà la legge.»

«Nei miei termini sarà sufficente.» Ribattè sicuro. «La legge non decreterà quello che provo per lui. Ho amato quel ragazzino dal primo istante che l'ho avuto in braccio, il sangue è solo un pretesto per detestare sua madre. Ma io non sono un vigliacco, ne una bestia.»

No, solo con il figlio che mi sta crescendo nella pancia. Pensò, con disappunto la donna. «Niente legge allora. Riccardo continuerà ad essere figlio tuo a patto che tu rispetterai, da quì alla sua maturità, tutte le scelte che sua madre prenderà per lui.»

«Farai in modo che continuerà a portare il mio cognome, se vuoi che non interferisca con queste scelte.»

Morena si morse il labbro. Javier lo odierà.. pensò tristemente. «Sei sleale.» Ammise infine affranta.

«Quasi quanto lui, che ha avuto il fegato di volermi cedere le sue terre a titolo di riconoscenza.» Sfoderò un sorriso lampante, l'intraprendenza ritrovata. «Devo ammettere che quasi ci credevo. Non fosse che conosco bene la malvagità del suo sangue.»

«Forse dovresti dargli un opportunità.» Sorrise sghemba. «Sono certa non si farà troppi scrupoli a crescere un figlio non suo. Non c'è peggior sconfitta che giudicare una persona per la sua copertina.»

La incenerì con lo sguardo. «Vorrei me lo avessi detto il giorno che ci siamo presentati.»

«Avrei voluto dirti tutto. Ma ho scelto la via più facile. Adesso sta a te scegliere le conseguenze.»

«Non voglio farti la guerra, Morena. Dammi solo quello che ti ho chiesto e un giorno forse potrei anche perdonare.»

«Ma tuo figlio.. Disse toccandosi la pancia. «No.»

«Quello è un limite assoluto.»

Morena scansò lo sguardo dai suoi occhi per non piangere. «Non so che farmene del tuo perdono, allora. C'è altro?»

«Tuo padre e la sua famiglia possono restare al mulino se lo desiderano e sono sempre d'accordo con il finanziare gli studi di Stella.»

Sorrise ironica. Sarebbe finito tutto parlando della sua famiglia. «E' tutto?» Chiese fredda.

«Tieni quel damerino lontano da me.»

Allungò la mano in silenzio, lui ricambiò la stretta ed uscì senza dire nulla.

Nel silenzio della cappotta, le immagini di quegli anni, che erano stati meravigliosi e duri,sicuramente lontani da quello che aveva sempre immaginato, le passarono davanti agli occhi con un valzer melanconico e struggente. E pianse lacrime di frustrazione, gioia e disperazione.


Era finita.



Così come il caos tumultuoso di un temporale porta una pioggia nutriente, che consente alla vita di fiorire,

anche nelle vicende umane i momenti di progresso sono preceduti da momenti di disordine.

Il successo arride a coloro che sono in grado di resistere alla tempesta.

I Ching.

  
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Luna_R