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Autore: xwilliamseyes    06/02/2015    6 recensioni
"Io credo negli inizi che non trovano una fine.
Credo negli sguardi destinati ad incrociarsi e mai più a lasciarsi.
Credo nella pelle che si confonde e sente di non averne mai più abbastanza.
Credo nelle affinità di cuore e di mente, nelle affinità di ricordi e di futuri.
Credo nei sorrisi, nelle lacrime, nelle urla, nei silenzi condivisi perché in due tutto è diverso, tutto è più colorato.
E c'è il verde, il rosso, l'arancione.
E l'azzurro dei tuoi occhi.
Dei tuoi e di nessun altro, Louis.
Che risplendano da sempre nei miei e da sempre si rispecchieranno nei miei.
Siamo noi quell'inizio che non trova fine.
Siamo noi quell'amore perpetuo che dà forma ai nostri sorrisi.
Ai tuoi e ai miei.
Unici, inseparabili, infiniti."
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Take a breath
 
I could stay a little bit
I could stay a little bit more
But I just wanna take a breath
and keep it on the floor
Like a sayonara to the world

 
Scossi il capo e allontanai frettolosa il professore da me. Abbassai il capo e tenni stretta la mia testa fra le mani. Cercavo in qualche modo di scacciare l'immagine di Louis dai miei pensieri, ma sembrava tutto impossibile e forse involontariamente iniziai a piangere. Una mano mi si poggiò sulla schiena.
"Signorina, che succede?"
La sua voce rendeva trasparente un velo di sincera preoccupazione e questo mi convinse ad alzare il volto verso di lui, dopo aver cercato di asciugare qualche lacrima.
"Troppi pensieri, scusatemi professore"
Mi ricomposi alla meglio e accennai un sorriso. Lui, però, continuava a guardarmi con uno sguardo disorientato e direi un po' spaventato. Si grattò il mento e puntò gli occhi oltre le mie spalle. 
"Le serve qualcosa?"
Disse improvvisamente, poggiando per una seconda volta una mano sul mio corpo, sulla mia spalla.
"No, stia tranquillo"
Mi sorrise a sua volta. Mi prese poi sottobraccio e a bassa voce, dirette nel mio orecchio, pronunciò flebili parole.
"Le voglio offrire una cioccolata calda, mi segua"
Non esitai, anche se ancora un po' in preda ad una specie di shock. 
Attraversammo lunghi corridoi, percorremmo scale fino al trovarci davanti ad un distributore. Notavo in lui una sorta di grande fiducia, diretta al mondo e a tutte le persone, un sentimento che mi sembrava trasferibile a chiunque. E in quel momento infatti mi sentii meglio e lo osservavo curiosa e meravigliata. Introdusse con delicatezza una monetina nella macchina e ne estrasse alcuni secondi dopo la bevanda.
"Ecco a lei"
La avvicinò alle mie mani, la afferrai e con fare altrettanto attento e concentrato la portai alle labbra. Lui, intanto, si portò verso la grande finestra e osservò il giardino sottostante. Continuai a puntare l'attenzione verso i suoi gesti fin quando decisi di accostarmi lenta a lui. Si girò e mi rivolse un ennesimo sorriso. D'un tratto percepii che la fiducia che inizialmente era tutta sua stava iniziando ad essere anche mia.
"Professore, perché trovo tanto difficile provare indifferenza per una persona?"
Mi guardò, scoppiò in una risata e strofinò successivamente gli occhi con i polpastrelli.
"Perché siamo maledettamente istintivi, Gabrielle. Non c'è una spiegazione logica a questo rifiuto del tuo cervello perché il cuore ha le sue ragioni, che la ragione non conosce. Purtroppo lui prevale su tutto il resto"
"Ma il mio non è amore"
Lo interruppi, allarmata.
"E chi ha mai parlato d'amore? Il cuore non prova solo amore, giusto?"
Abbassai la testa e mi resi conto dell'orrenda figura che avevo appena fatto. Posò un dito sotto il mio mento e lo alzò.
"Quindi è amore?"
Non capivo. Gli avevo appena detto che non era amore, in alcun modo, e ora lui stava chiedendo se lo era. Non era stupido, di certo, eppure quella domanda sembrava dimostrare il contrario. Rimasi, però, cupa nei miei pensieri quando lui prestò ad arretrare di qualche passo.
"E' difficile, lo so"
Profetizzò, forse non a me ma fra sé e sé. Queste ambigue parole attirarono la mia attenzione e con gli occhi spalancati seguii i movimenti delle sue mani che si giravano, si intrecciavano, si allontanavano in continuazione. Non comprendevo il perché di tutta quell'ansia inattesa e stranamente poggiai una mano sulla sua, inconsciamente, incurante di quali fossero gli abissi tra me e lui.
"Forse lo so anch'io"
E i nostri occhi si incrociarono, si immerso gli uni negli altri, trovando una simbiosi perfetta perché le nostre storie erano simili. Sentivo affinità ma allo stesso tempo un senso di inopportunità. Ci sorridemmo così insieme e i nostri animi in quell'attimo erano diventati sicuramente più leggeri avendo trovato un compagno con cui dividere le pene. 
"Siamo simili, molto simili, Gabrielle"
Continuammo quel nostro contatto fin quando il disarmante suono della campanella portò via quella magia e ci riportò alla realtà e ai miei occhi non era più Alex, il mio compagno, ma il Signor Turner, il mio professore di psicologia.
"Grazie professore, mi ha fatto..."
Improvvisamente una mano si intromise tra di noi, una mano a me fin troppo conosciuta, la mano di Louis. 
Seguii quell'arto fino a raggiungere il suo volto coperto da uno strano sorriso.
"Gabrielle, guarda cosa ti ho portato"
Alzò le sopracciglia, invitandomi ad osservare nuovamente la sua mano. Lo feci, e in effetti teneva stretto un mazzo di banconote. Non riuscivo a pronunciare una singola parola o a dimostrare una qualsiasi espressione ad eccezione di quella della confusione. Quelle immagini che turbavano da giorni i miei neuroni ora erano diventate realtà e sovrastavano dinanzi a me.
"Che fai, non le prendi? Mi hai scocciato per mesi"
Le presi ed iniziai a guardarle fisse. Alzai lo sguardo e ancora vi era il professore, inerme. 
"Grazie, Louis"
"Era ora, ti va di andare a fare quattro chiacchiere o?"
Iniziò a guardare il professore con uno sguardo, a mio avviso, infastidito e disprezzato, quasi a voler dire che la sua figura era indesiderata fra di noi.
"Ora ho una lezione, a presto signorina Stock e...signor Louis"
Portò una mano verso di lui, incitandola a stringerla. Louis lo accontentò, soddisfatto della sua prossima ritirata.
E in un attimo la figura di Alex si mischiò a quella di tutti gli altri studenti quando tra me e Louis le cose si stavano facendo sempre più chiare.
"Vieni qui dai"
Aprii inaspettatamente le braccia e mi invitò a recarmi fra di loro.
"Cosa vuoi?"
Provai fastidio per lui, per tutti i suoi gesti ma soprattutto per quest'ultimo.
Mi guardò spaventato e si ricompose, portando le mani nelle tasche della tuta.
"Chiederti scusa"
E forse lo stava facendo per davvero. Aveva ceduto lui e non io. Musica era quelle due parole alle mie orecchie e iniziai a sentirmi più forte che mai. Tuttavia non mi preoccupai di dargli una risposta a quello che molto probabilmente era un invito.
"Sono stato uno cretino e ho capito di averti fatto del male"
Velocemente portò le mani verso il mio collo e mi abbracciò, poggiando la testa sulla mia spalla sinistra e poi passare delicatamente il naso sul mio collo. Rabbrividii in mezzo secondo e divenni di pietra. 
"Gabrielle, sei l'unica che mi è davvero vicina a questo mondo"
E i brividi si fecero sempre più insistenti mentre quelle parole arrivavano lente alle mie percezioni e il suo respiro sfumato alla mia epidermide. Dovevo essere al settimo cielo ma semplicemente non lo ero. Ero frastornata e turbata e quello che doveva essere un momento di grande intimità, ero sicura, lo avrei trasformato in un momento di pura follia. Lo scansai con forza, staccando una ad una le sue dita appiccicose.
"Tu sei pazzo, te lo ripeto"
Ma il cuore iniziò a battere furioso e incurante di ciò che la mia ragione effettivamente voleva. Sentivo che la calma si sarebbe presto trasformata in qualcosa di disarmante per entrambi. Lui, al contrario, aveva già perso quel briciolo di ragione e ormai agiva esclusivamente ascoltando l'istinto: un attimo primo era sicuro di tutto ciò che faceva, l'attimo dopo sembrava smarrito.
"Gabrielle, ma che ti succede?"
Non so il perché quelle parole mi fecero del male. Non contenevano insulti, aggettivi inopportuni o critiche, eppure sentivo qualcosa nel mio petto andare in frantumi. Sentivo che un pezzo di me era sul punto di essere perso per sempre se non fosse stato salvato in tempo. Gli avrei voluto rispondere così tante cose, avrei voluto sorridere e piangere allo stesso tempo, avrei voluto urlare e saltare, avrei voluto abbracciarlo e baciarlo per cercare in qualche modo di sentirmi meglio, ma mi limitai a contenere tutte quelle emozioni contrastanti in una singola emozione.
"Ho paura, Louis"


-SPAZIO AUTRICE
Salve gente! Il mio piano era solo di abbozzare qualcosa oggi e di finire il tutto domani con calma, ma è stato più forte di me...ho scritto l'intero capitolo, avevo (quasi) tutte le idee! Comunque, che dire...Gabrielle sta cercando di combattere con tutta se stessa contro la figura di Louis, una figura che le provaca esclusivamente dolore e nient'altro, questo perchè eccessivamente in opposizione ai suoi, chiamiamoli, "principi morali". Louis, come abbiamo potuto ben notare in questo capitolo, è a sua volta abbastanza confuso. Un giorno ha occhi solo per Vanessa e il giorno dopo è pronto a chiedere scusa a Gabrielle, insomma anche lui ha delle emozioni contrastanti che non riesce a domare. Saranno, per entrambi, troppo potenti e difficili da decidere? Vi lascio a qualche riflessione personale e spero come sempre che vi sia piaciuto!
Un bacio.
-Manu 

p.s. titolo e citazione iniziale riprendono la canzone di Madh - Sayonara. E' una settimana che non faccio altro che ascoltarla e non potevo evitare di dedicarle il mio capitolo. Poi, la citazione in corsivo nel mezzo della storia è del grande matematico, fisico, filosofo e teologo francese Pascal.

 
- LOUIS -

     
  
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