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Autore: SakiJune    08/02/2015    0 recensioni
Sto, Cintura di Casivanian. Vastra e Jenny stanno progettando di avere un figlio e il loro socio Alonso s'innamora di un certo Jack Harkness.
Terra, Sistema Solare. Gordon Stewart si è appena fidanzato con Billie, la sua amica d'infanzia, e progetta di lasciare il suo lavoro negli Stati Uniti.
Gallifrey, Costellazione di Kasterborous. Lord Jelpax, Coordinatore della Matrice, è diviso tra la sua fedeltà al Dottore e i continui ricatti del famigerato Vansell e della sua Agenzia Interventista.
E c'è un'unica finestra da cui può vedere il futuro... una finestra aperta su Trafalgar Square.
Seguito di "Stars of Kasterborous"
Genere: Angst, Commedia, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Companion - Altro, Doctor - Altro, Jenny, Nuovo personaggio, Osgood
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'From Lungbarrow to Trafalgar Square'
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Il pianeta Veltroch esiste veramente nel DWU, e anche i suoi abitanti. Ma le due signorine giostraie non appartengono a nessuna razza conosciuta, che io sappia.
Gordon non avrà altri deliri, congestioni o indigestioni nei prossimi capitoli, giuro :P


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- Direi di decidere una data già da ora. - Gordon si servì di una dose abbondante di rossetto rosa e profumo di marmellata d’arancia, direttamente dalle labbra di lei. Non si era legata i capelli e l’umidità li aveva resi vaporosi. Billie odiava avere i capelli così lunghi, ma se li avesse tagliati le sarebbe stato ancora più difficile tenerli a bada, provare per credere. A lui piaceva comunque.

- Alla mamma non andrà giù tutta questa fretta. Dirà che… ormai non c’è ragione di mettere su una pagliacciata.

Gordon aveva imparato ad accogliere frasi del genere con grazia, come se non lo colpissero allo stomaco. Gwen non aveva mai avuto un carattere semplice, ma il lutto l’aveva resa intrattabile. - E tu la pensi come lei? La vedi come una pagliacciata?

- No. Credo che… a papà sarebbe piaciuto. Sai che non vedo l’ora di avere roselline di tulle tra i capelli e tacchi assassini. - Fece una smorfia. - Ma credo anch’io che da qualche parte bisogna iniziare… Gordon?

Lui si era voltato a gettare l’incarto della crèpe in un cestino, un po' eccitato all’idea delle scarpe tacco dodici.

- Abbiamo sbagliato fermata della metro? Non siamo a Earl’s Court, vero?

Gordon non aveva mai vissuto Londra per davvero, né durante l’adolescenza né più tardi, ma conosceva le linee della metropolitana e no, decisamente non avevano preso la linea verde né quella blu. - Perché mai dovremmo essere a Earl’s… - Bastò un’occhiata all’altro lato della strada e capì cosa intendesse Billie.

Esistevano due esemplari di cabine telefoniche della polizia, a Londra. Una era appunto quella fuori dalla stazione da lei nominata, immobile e fedele sotto il sole, la pioggia e le stelle. L’altra compariva in diversi luoghi a distanza di mesi, anni o secoli, per pochi fortunati o sfortunati, e comunque ad annunciare guai. Il suo nome era TARDIS, e gli bastò attendere pochi secondi per avere la certezza che non era atterrata lì per caso.

La porta della cabina si dischiuse e ne uscì un uomo dai capelli brizzolati ma dall’aspetto, per contrasto, inequivocabilmente giovane. Li salutò, o forse stava tentando di farsi passare un crampo alla mano scuotendola velocemente.

Aveva lineamenti buffi che ricordavano un comico di varietà o un clown senza trucco. Indossava una T-shirt nera con la faccia di Louis Armstrong stampata sopra, jeans stretti e stracciati al punto giusto e guanti di pelle decisamente fuori luogo per la stagione. Ai piedi, là dove secondo la logica avrebbe dovuto indossare scarpe da ginnastica, aveva un paio di espadrillas troppo larghe.

A Billie si strinse il cuore, comprendendo ciò che quell’arrivo improvviso significava.

L’anello di fidanzamento era al suo dito da meno di mezz’ora, ma ritenne opportuno nasconderlo, fingendo di cercare qualcosa in borsetta. Allo stesso modo nascose l’amarezza, si aggrappò al braccio di Gordon e gli disse all’orecchio: - Ecco il tuo addio al celibato! Potresti immaginare qualcosa di meglio?

Lui la fissò stralunato, poi guardò il Dottore - si era rigenerato di nuovo, e sembrava proprio simpatico, e di nuovo un po’ folle, proprio come l’Undicesimo - e ancora con gli occhi pregò Billie di non concedergli il permesso di partire con tanta facilità. Ma lei sorrideva. Si portò una mano all’orecchio: - Telefona ogni tanto. Ti farò sapere come vanno i preparativi.

- No, no, no! Tornerò prima che tu abbia il tempo di dire “Raxacoricofallapatorious”.

Non era la prima volta che veniva chiamato a compiere una scelta difficile per la propria vita.

Ma non era davvero una scelta. Si trattava di pochi secondi. Non stava abbandonando nessuno,

- Non credo che ti aspetterà ancora per molto. Vai, coraggio!

Dopo averla baciata un’altra volta, finalmente si risolse a raggiungere il Dottore, che sembrava lì lì per mettersi a saltellare sul posto.

 

- Gordon Stewart! Finiti i compiti?

Rigenerazione a parte, si sarebbe detto che per entrambi il tempo non fosse trascorso. Che Gordon l’avesse seguito quel giorno di quindici anni prima, con il faccino ancora sporco di crema al cioccolato della sua torta di compleanno. Quel tempo era passato eccome, ma la manciata di centimetri in più e i baffi non erano sufficienti a dimostrarlo agli occhi del Dottore, che non vedeva alcuna differenza - il ragazzino incollato al suo libro di storia e il giovane dai capelli schiariti dal sole erano la stessa persona e voleva mantenere quella vecchia promessa. Era arrivato troppo tardi per evitargli il disincanto, però. Lo lesse in quell’unica ruga tra gli occhi che può mostrarsi a qualunque età, una volta riemersi da un tempo difficile.

 

Per lui era lo stesso?

C’era ancora malinconia, dietro quella risata aperta e accattivante?

No, non era esatto.

La malinconia è una consapevolezza che aleggia sulle piccole cose, soffiando attraverso gli spifferi.

Il Dottore aveva lasciato la porta aperta, eppure il passato restava dov’era. Né dietro ad un vetro

(no, non più)

né circondato da frammenti appuntiti

(non questo, no)

ma nemmeno stava voltando le spalle a quel passato, perché al contempo vi andava incontro…

Ma come?

A testa in giù, naturalmente, volteggiando ad occhi chiusi, quando è possibile.

 

- Non ho interrotto nulla, vero? - Il Dottore fece l’occhiolino, accennando alla ragazza che il suo nuovo companion aveva salutato con un bacio non solo amichevole.

- Anche se fosse, mi riporterai in tempo per riprendere il filo del discorso. - Non era una domanda e quella fiducia gli piacque, ma lo avvisò ugualmente: - La TARDIS ti riporterà in questo momento e luogo, se lo vorrai, ma avrai ancora voglia di riprenderlo, quel discorso?

Gordon non aveva dubbi né sull’una né sull’altra cosa. Lasciò che il Dottore azionasse il dispositivo di chiusura delle porte, chiedendosi per l’ultima volta se stesse facendo la scelta giusta.

Gli anni passati a lavorare in California non erano riusciti a cambiare i suoi sentimenti, perciò nemmeno partire con il Dottore l’avrebbe fatto. Molto semplice. Sarebbe stato impossibile per lui dimenticare anche un solo dettaglio di Billie, un modo di dire - non per forza gentile, un’espressione - non per forza serena. E dal suo ritorno erano state più le lacrime di lei, ad imprimersi nella sua memoria, erano state più le smorfie di rabbia verso il destino. No, non era piacevole affatto, ma era lei, e il discorso non era affatto concluso… era appena iniziato, in realtà. Le aveva appena chiesto di sposarlo e lei aveva detto di sì, e avevano suggellato quella promessa con una merenda dolce, ed ecco che in pochi minuti tutto era cambiato, era a bordo della TARDIS e lontano da lei. Ma l’ultima immagine che gli era rimasta era il suo sorriso, di nuovo complice, di nuovo malizioso. Era stata sincera nel lasciarlo andare… voleva davvero che vivesse quell’esperienza unica. D’improvviso, l’amore per Billie e la voglia di avventure furono una cosa sola nel suo cuore.

- Inizi già a sottovalutarmi, Dottore? E a proposito: sei il numero tredici o ce ne sono stati altri che mi hai tenuto nascosti?

Il Dottore non cambiò espressione. Un’aria truce, su quel volto, sarebbe sembrata ridicola; eppure erano parole differenti. - Ti terrò nascoste molte cose, Gordon. E tu farai lo stesso con me. Se non lo faremo, non avrebbe senso abbassare questa leva. Non avrebbe senso nemmeno partire, giusto? Sarebbe un onesto e banale scambio di informazioni. Brrr. Non voglio immaginarlo, e tu?

- Per carità, Dottore! - esclamò Gordon, mimando un estremo disgusto. La scintilla di un’intesa brillò negli occhi di entrambi.

Il Dottore gli tese la mano guantata di nero. - Sembra che andremo d’accordo, Gordon Stewart. Evviva!

 

Saltò fuori che aveva già una lista di destinazioni per i loro viaggi futuri, il che insospettì parecchio Gordon, perché ehi, il Dottore con una lista, anche questo era da brividi. Giunsero ad un compromesso: avrebbe provato con la prima tappa, e poi avrebbero deciso se continuare con la seconda o affidarsi al randomizzatore.

Era un parco divertimenti di ispirazione terrestre ma di proprietà dei nativi Veltrochni, perciò le attrazioni erano di almeno un terzo più grandi del normale. Sorgeva su un’enorme radura artificiale, mentre il resto del pianeta era interamente coperto da foreste. Erano nell’anno 5198, la rinascita della Federazione Galattica dopo secoli di distruttiva anarchia e guerre atroci che erano sembrate senza fine, e i segni della pace già si mostravano rigogliosi. Adulti e bambini di ogni razza e sistema solare si lasciavano trasportare dall’ebbrezza di quel luogo stimolante, senza timori o sospetto.

- Una cosa di cui non sono mai venuto a capo… chi ha avuto l’idea di riunire di nuovo i capi di governo e tentare una strada diversa dal conflitto?

- Magari sei stato tu.

- Non questa volta, me ne ricorderei - ridacchiò il Dottore. affascinato dalle due signorine dalle scaglie color corallo che agitavano le lunghe orecchie verso di lui per convincerlo a provare il tiro a segno. Ma passò comunque oltre e si fermò invece al banco dei pesci rossi, per aggiornarsi sugli ultimi pettegolezzi.

- Magari non l’hai ancora avuta, quest’idea - insistette Gordon.

- Mi sta venendo adesso, dopo aver visto i risultati! Ma non saprei da dove iniziare. È possibile che io non c’entri assolutamente nulla, e perché mai dovrei? L’universo va avanti anche senza di me. Sono io che non so andare avanti senza l’universo!

Sembrava entusiasta di tutto ciò che vedeva e per un po’ Gordon aveva seguito l’eco di quell’euforia, finché non gli era venuta sete… ed erano cominciati i guai.

Non erano state le montagne russe. Una parte dell’addestramento di Gordon a Los Angeles era stata simile a quello che avrebbe potuto sostenere alla NASA, in effetti. Se per caso avesse sofferto di vertigini, l’avrebbero rispedito al mittente in un bel pacchetto infiocchettato di vergogna. No, gli piaceva il rischio, quella sensazione apparentemente insopportabile ma che si trasforma in una spinta altrettanto potente mentre si risale e di nuovo ti colma di aspettativa...

E che dire di quella specie di Rotor? Era piuttosto noioso, alla fine, la copia gigante e un poco più affollata di un macchinario da esercitazione. La forza centrifuga che ti tiene incollato alla parete, come un uomo che vuole darti piacere. Aveva ripensato a Santiago, e il ricordo gli aveva strappato un sorriso e nulla di più.

Erano state le Tazze Ballerine, quelle nicchie bianche come uova sbucciate, come occhi senza pupille, occhi morti e ripieni di mosche… le luci colorate lampeggiavano, facendolo lacrimare. Le tazze giravano, ma non distingueva gli altri occupanti. Dov’era il Dottore? Le inseguiva con lo sguardo ma non riusciva a trovarlo, e la paura iniziò a farsi strada come una sostanza vischiosa dal suo stomaco…

Luce colorata che lampeggia.

Come un’ambulanza senza sirena.

 

Quel frappè gelato alla menta, bevuto troppo in fretta allo stadio un giorno più caldo del solito.

La partita non gli interessava neanche, ci era andato perché era palese che Rhys ci tenesse a condividere quei momenti. A quanto pareva, agli adulti piace divertirsi come ai bambini, solo che trovano sempre la scusa perfetta - far divertire loro.

L’aveva visto troppe volte metter su il DVD di un cartone animato e ridere di gusto mentre Billie si tratteneva dallo sbuffare apertamente; Gordon lo sapeva, avrebbe preferito un film dell’orrore, anche se poi sarebbe rimasta a rigirarsi sotto le coperte per tutta la notte, aggrappata al suo orsacchiotto. Conosceva i suoi punti deboli, doveva pur difendersi da quella piccola tiranna.

 

Ma non c’erano i pony coccolosi dei cartoni animati, adesso, c’erano le tazze e forse somigliavano un po’ al servizio di plastica che Gwen le aveva regalato a Natale, ma che lei aveva usato per mescolare i colori a tempera e ridipingere a modo suo le pareti della camera degli ospiti.

 

- Sei proprio un maschiaccio, Anwen, tale e quale a tua madre! - Mary Cooper fingeva sempre di essere molto indignata.

Oh, sì, gli adulti fingevano e dicevano bugie, però a casa Williams tutti si volevano bene, e lui riusciva a percepirlo. Erano una famiglia vera.

Per questo, qualche volta, anche se non poteva importargliene di meno, andava a vedere la partita con Rhys. Per farlo divertire, no?

- Non diciamo alla mamma che è stato male. Se lo racconta alla sua, e poi lei lo viene a riprendere e non lo fa più tornare?

Quel giorno aveva avuto l’augusta conferma che la piccola peste non lo odiava davvero.

Ma la nausea… il mal di testa… i crampi allo stomaco…

“Rhys, mi dispiace, non volevo, scusa…”

 

- Gordon, va tutto  bene. Ehi, guardami, è tutto a posto! Il Dottore gli sorrideva, affannato ma sereno, forse persino un po’ divertito. - Questo succede perché mangi dai chioschi mentre non ci sono. Mi sembrava di averti detto che non tutte le delikatessen di questo sistema sono adatte ai terrestri…

- Non me l’hai detto, veramente, se l’avessi fatto non… - Gli faceva schifo anche solo parlare, aveva un sapore orribile in bocca. - Mi hanno avvelenato? - Si rimise in piedi, cercando di riacquistare una parvenza di dignità, anche se gli sembrava che un treno gli fosse passato sopra.

- Niente di così catastrofico! Hai assaggiato la granita di berj, eh? Rossa, sa di fragole…peccato che il berj non assomigli neanche lontanamente a una fragola. Antenne a parte. Ce la fai? Schizziamo?

- Mi sembra di avere schizzato abbastanza. - Stava meglio, certo, ma non vedeva l’ora di darsi una bella lavata. Aveva parlato ad alta voce, forse… se gli fosse sfuggito qualcosa…

- Senso dell’umorismo ripristinato, mi pare? Ottimo, ti sei ripreso completamente!

Dopo una doccia ristoratrice, ancora poco incline a ingurgitare alcunché ma totalmente in forze, era rispuntato nella stanza della console e aveva trovato il Dottore appollaiato a testa in giù, dondolando, a guardare sullo scanner l’alba che incendiava le foreste di fuoco bianco.

- Si chiama Fomalhaut. Il sole, si chiama così. Lo vedi com’è la luce? Non è magica?

Lo era davvero. Bianca-azzurra, morbida, irradiava gli strati di cielo nebbioso formando diverse gradazioni.

Desiderò di poter allungare la mano e afferrare quella di Billie, per dirle “guarda”. Immaginò il suo abito da sposa, con i fiori di tulle e tutto il resto, e sognò che avesse lo stesso colore di quell’alba.

 

 

   
 
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