Anime & Manga > Axis Powers Hetalia
Segui la storia  |       
Autore: General_Winter    08/02/2015    1 recensioni
Germania, in confronto con altre Nazioni europee, è molto più giovane. Deve perciò studiare la storia che è avvenuta prima della sua nascita come Impero Tedesco nel 1871. In una di queste cacce alle informazioni si ritroverà costretto ad ascoltare, dal suo magnifico fratello, un racconto, che, però, riaprirà profonde ferite nel cuore del prussiano.
[OC! Ducati germanici]
Genere: Malinconico, Slice of life, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Germania/Ludwig, Nuovo personaggio, Prussia/Gilbert Beilschmidt
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Ed ecco, a grande richiesta (?) il tanto atteso (?) terzo capitolo di Familie 

CAPITOLO III

14 Gennaio 1871, Schloss der Mittelweg, Sassonia

 
Il quadro era definitivamente pronto. La velocità e la bravura di Feliciano non avevano eguali.

Tutti i soggetti erano riusciti magnificamente. Le vesti, i volti, i capelli erano incredibilmente simili agli originali. Anche gli occhi, constatò Gilbert, osservando se stesso. Le sue iridi blu rispecchiavano perfettamente la tristezza di un terribile segreto celato.

« Perché mi hai disegnato uno sguardo del genere, Veneziano? » domandò all’altro occupante della stanza,  che sorseggiava del the da una tazzina di porcellana, seduto ad un tavolino.

Nord Italia abbassò la ceramica dalla bocca, guardando serio e triste l’amico « Scusami, Gilbert, ma non sono riuscito a disegnarti del tutto falso. I tuoi occhi erano talmente tristi che non era possibile ritrarli completamente normali »

Prussia annuì.
Nelle due settimane precedenti il prussiano era stato tutto il tempo vicino ad Italia, poiché in sua compagnia Sassonia e Baviera non si avvicinavano, troppo infastiditi dalla presenza del tenero italiano.

« Prussia? »
« Sì, Feliciano? »
« Io, fra poco, dovrò partire. Hai intenzione di tenere tutto nascosto per tre giorni? Vuoi davvero tenerli all’oscuro di tutto fino alla fine? »

Il biondo chiuse gli occhi « Sono arrivato fino a qui, non vedo perché non dovrei andare fino alla fine »
L’italiano posò la tazza sul tavolino « Ho capito. Non sono nessuno per impedirtelo »

Gilbert esplose in uno scatto d’ira « Prova a metterti nei miei panni, Italia! Tu non potrai mai capire! »
Quella frase, detta con rabbia, ebbe l’effetti di spaventare il Nord Italia, che si era rannicchiato sulla sedia, con gli occhi chiusi e le mani a coprire la faccia, come se temesse che il prussiano lo volesse colpire.

Prussia sospirò, avvicinandosi all’amico, inginocchiandosi di fronte a lui, abbassandogli le mani e abbracciandolo forte.

Rimasero in silenzio senza dire nulla, stretti insieme, cercando di sostenersi a vicenda.
Il prussiano inspirò il fresco profumo di Veneziano, di olive e agrumi. Strinse di più la stoffa  tra le dita, affondando maggiormente il viso nella spalla dell’italiano.

« Herr Beilschmidt, la carrozza di herr Vargas è arriv- » il domestico si bloccò nel vedere il padrone immerso in un intimo abbraccio con l’amico, il quale si staccò, guardando in basso con un po’ di imbarazzo, prima di mormorare « Arrivo ».

Veneziano se ne sarebbe andato, Gilbert sarebbe rimasto solo per ancora due giorni per poi ritrovarsi ancora più solo. Si maledì per quei pensieri, per quella situazione e per non poterla impedire.

Accompagnò l’italiano fino alle scale, per poi vederlo rivolgergli un sorriso stanco e triste e scendere.
Proprio appena arrivò in fondo, Italia fu letteralmente investito dai restanti fratelli, tutti rattristati dalla sua partenza.

« Parti di già? Che peccato … » si lamentò il piccolo Karl « Ti va di restare ancora un po’? il posto non ci manca! » lo invitò Wurttemburg « Esatto! Resta ancora qualche giorno, mon petit! » gridò Annie.

Feliciano scosse la testa, nervoso « Purtroppo non posso, devo andare subito! » glissò le domande Italia.
« Va bene, allora. Però, mi raccomando, torna a trovarci presto! » lo invitò Hesse, dandogli un bacio.
« Ve, non so se sarà possibile … » mormorò quasi impercettibilmente, ma quel sussurro non passò inosservato da tutti.
« E perché mai? Se posso chiederlo, herr Vargas … » una voce profonda, baritonale, sicura e sospettosa bloccò il brusio di tutti i presenti: Baviera era appena alle spalle di Nord Italia, seguito dall’immancabile sorella Andrea.

Il ragazzo deglutì « No è che … in questo periodo sono molto impegnato … sa, la riunificazione … »

« Eppure questo non le ha impedito di venire fino a qui per fare un semplicissimo ritratto che poteva benissimo fare un giorno in cui sarebbe stato libero da impegni politici. Infondo, noi abbiamo tempo … » disse assottigliando gli occhi.

« Sì, ma io non volevo farvi aspettare troppo » si giustificò l’italiano, sempre più incerto, mentre Gilbert se ne stava zitto, in cima alle scale, sperando che l’amico non si lasciasse sfuggire nulla.

« Feliciano, non devi andare? » lo esortò con un sorriso tirato. Christian lo impedì « No, fratello, voglio conoscere la risposta di herr Vargas. Lo sai che detesto non sapere le cose. Come per esempio il fatto che ci stai tenendo nascosto da due settimane … che c’è pensavi non sapessimo che moriremo tra una settimana? » chiese retorico, fermando il fiato di tutti i presenti con quella rivelazione, rallentando il tempo e creando un irreale silenzio nell’atrio tanto che si sentì il flebile sussurro di Veneziano « Due giorni, in realtà … ».

Sassonia lo guardò impietrita, mentre Baviera chiuse gli occhi e si massaggiò le tempie, bisbigliando tra sé « Allora è peggio di quanto pensassi … grazie dell’informazione, herr Vargas, ora può pure andare … » lo lasciò libero.

Prussia rimase immobile a quella rivelazione. Come faceva Christian a saperlo? Eppure aveva cercato di tenere tutto nascosto, di stare il più lontano possibile dai due fratelli più sospettosi … allora come …?

Il lampo di un’idea lo colse nella mente, fin troppo assurda come fin troppo plausibile « Hai bluffato, vero, bruder? T-tu non sapevi nulla, hai solo tentato la sorte … »
« Pensavo ci arrivassi prima, Gilbert … è parecchio tempo che ci conosciamo … » fece, duro e sarcastico.
« Ve, scusami Gilbert, perdonami »
« N-non importa, Feliciano … vai a casa »
« Ve, ma io … »
« VATTENE, ITALIA! » urlò furioso, ma con se stesso, non con il povero Feli.

Quando il portone si chiuse tutti gli occhi si posarono su Prussia, incapace di pensare ad alcunché. Timidamente, una voce perplessa si levò alle spalle dello stato più esteso « Gilbert, rispondici: è vero quello che ha detto Feliciano? » il biondo non si degnò nemmeno di guardare sua sorella Hesse. Non voleva vedere il suo dolce viso stravolto dall’incertezza e dal dolore. Poteva sentirle su di sé, le lacrime non versate dagl’occhi orgogliosi dei fratelli Beilschmidt.

No, non voleva vedere i loro volto sconvolti e offesi.

Vergognandosi di se stesso, Gilbert fece un respiro profondo, chiudendo gli occhi e correndo lontano da quell’incubo che era diventato l’atrio del suo castello. Corse e non si voltò indietro. Non voleva sapere nulla: non se lo stavano seguendo per chiedere più spiegazioni, non se lo volevano insultare, non se erano infuriati con lui. Prussia voleva solo sparire e ridare la vita ai fratelli con la sua morte.

Si rinchiuse in camera, ignorando in tutti i modo le lacrime che avevano cominciato a rigargli il viso. Mai si era sentito più sporco e vile. Mai si era sentito più debole.

Si accasciò con la schiena contro la porta, appoggiando la mano sugli occhi, in un patetico tentativo di fermare il pianto. La bocca gli si era seccata e forti singhiozzi gli risalivano per la gola.

Si rese conto in quel momento quanto grande era stato l’errore di tenere nascosto il tutto. Ora, probabilmente, i fratelli lo odiavano, reclamando una spiegazione che non avrebbe avuto il coraggio di dare. Già li immaginava, mentre lo guardavano con disgusto, per togliere definitivamente lo sguardo da lui, andandosene con il rimpianto di non poterlo portare con loro verso la fine. Già li vedeva mentre, pieni i rancore, lo abbandonavano per sempre.

Era proprio quello che non poteva sopportare, Gilbert: la solitudine. Il pensiero di restare con la sola compagnia di se stesso lo faceva star male. E sapere che chi lo aveva lasciato lo aveva fatto con odio, gli stringeva il cuore in una dolorosa morsa che non accennava a smettere.

All’improvviso un sussurro che sembrava provenire da un mondo onirico, e non da dietro la porta, squarciò l’aria. Una voce che Prussia aveva sentito solo poche volte, in occasioni estremamente rare. Una voce tanto sottile e delicata che sembrava il dolce canto del vento tra i germogli primaverili. Eppure le parole avevano la furia di un uragano, la durezza del diamante e l’amarezza dell’inferno

« Sei un debole, Gilbert. Un debole ed un vigliacco »

Prussia sentì il pianto pervadere quella frase e le lacrime tornarono ad inondare anche le sue guance « Hai ragione. Perdonami, Sassonia … »
 

 

 

 

15 Gennaio 1871, Schloss der Mittelweg, Sassonia.

 
Si era addormentato lì, contro la porta. Ora la schiena e ogni arto gli rimproveravano quella stoltezza. Si sentiva tutta la spina dorsale bloccata. Con dei sinistri “crack” lungo tutto il corpo, si rimise in piedi. Con gli occhi ancora bagnati di pianto e sonno, guardò la pendola: erano le tre del mattino. Probabilmente nessun altro era sveglio. Meglio: nessuno lo avrebbe rimproverato. La catena dei suoi pensieri si spezzò  non appena arrivò al motivo per cui si era segregato in camera sua.

Sentì di nuovo lo stomaco contrarsi. Voleva dimenticare tutto, anche solo per qualche ora.

L’idea arrivò all’improvviso e, nonostante sembrasse quella giusta, Gilbert si fece ribrezzo da solo per quanto fosse caduto in basso.

Prussia uscì dalla sua stanza, stando ben attento a far meno rumore possibile: voleva lasciar dormire i fratelli che ancora ci riuscivano, dopo la notizia ricevuta il pomeriggio precedente.

Si diresse verso le cucine, contento nel constatare che nessuno dei domestici si aggirasse da quelle parti a quell’ora.

Frugò sulle mensole e tra gli scaffali, cercando il suo boccale da birra. Sorrise, trovandolo in alto su una mensola. L’aquila nera si stagliava lucida sullo smalto bianco puro.

Contò mentalmente tutti i boccali dei fratelli, corrugando la fronte: ne mancavano due.

Scosse la testa, scendendo dalla sedia sulla quale era salito per raggiungere la mensola.

Scese le scale che portavano alla cantina.
Accese una lanterna, rabbrividendo per il gelo che aleggiava nell’aria. Il suo fiato si condensava ad ogni respiro.

Botti e botti di legno vuote o piene di birra correvano lungo i muri sia a destra che a sinistra: il segreto più interessante di Schloss der Mittelweg era appunto la riserva sotterranea che nascondeva, a detta di Prussia, una delle birre migliori fatte tra tutti i ducati germanici.

Posò la luce su un tavolo vicino ad una botte, aprendo il boccale, pronto a spillare la birra, quando una voce raggiunse le sue orecchie « Quella che ti farò provare, Andrea, a mio parere è la migliore! » la voce tranquilla, quasi divertita, di Christian fece sobbalzare il biondo, che voltò la testa.

Sassonia e Baviera si stavano dirigendo verso di lui e non appena lo notarono, si fermarono nel bel mezzo del corridoio della cantina, con i propri boccali ben stretti in mano.

Il silenzio calò come una pesante cortina su tutti i presenti e Prussia distolse immediatamente lo sguardo, maledicendosi per la sua debolezza.

« Cosa ci fai qui, Prussia? » domandò il moro guardandolo.

Il biondo deglutì: lo aveva chiamato “Prussia”, non “bruder” « Ho un magnifico motivo per essere qui … voi invece? » chiese, cercando di deviare il discorso.

Christian scosse la testa « Fidati, il nostro motivo è migliore del tuo! » disse, spillando la birra da una botte e portandosi la ceramica al volto, bevendo un lungo sorso di quel nettare divino.

Appoggiò poi il suo boccale sul tavolo, prendendo quello della sorella, riempiendolo e passandoglielo, mentre lei continuava a fissare insistentemente con fare arrabbiato Prussia.

« Ah! La birra tedesca è la migliore di sempre, non pensate? » disse Baviera entusiasta, sorprendendo entrambi con il suo tono allegro.

A Gilbert si strinse il cuore. Le lacrime stavano tornando a sgorgare dai suoi profondi occhi blu. Si morse il labbro inferiore, tentando in tutti  i modi di non versarle e di mantenere un tono di voce saldo « Mi dispiace … mi dispiace per tutto … avrei dovuto impedirlo si da subito» si scusò Prussia, piegando la testa e guardando a terra, troppo impaurito dallo sguardo e le ingiurie che avrebbero potuto lanciargli i fratelli.

Una mano si posa sulla sua spalla. Confuso, Gilbert alza lo sguardo: Baviera e Sassonia sono seri, ma nessun aria di rabbia o odio pervade i loro occhi.

Quella constatazione è una pugnalata al fianco per il biondo « Bruder, noi non siamo arrabbiati per ciò che ci sta per accadere; siamo solo infastiditi dal fatto che non ce l’hai fatto sapere. Ti fidi così poco di noi? Cosa pensavi che avremmo fatto? Ucciso i capi di stato? Impedito la venuta dell’Impero Germanico? Siamo nazioni, Gilbert … per quanto ci decantiamo immortali, le decisioni degli uomini condizioneranno per sempre la nostra esistenza. Noi abbiamo vissuto a lungo, io e Andrea in modo particolare. Abbiamo visto andarsene per sempre Svevia e Franconia e non ci siamo mai illusi che non avremmo fatto la loro fine, un giorno o l’altro. Quel giorno è ormai arrivato e non ha senso per noi farci l’animo cattivo contro qualcosa che non possiamo impedire »


« Non voglio che mi lasciate da solo. Io mi faccio tanto grande e magnifico, ma anch’io ho paura di qualcosa e questo qualcosa è la solitudine. Non potete andarvene, non voglio restare da solo, non potrei sopravvivere … »

Christian rise leggero, come fa un amorevole genitore quando sente i grandi e insensati sogni del figlio
piccolo « Tu non sarai da solo Gilbert. Sta per nascere un nuovo stato, un nuovo fratello. Ci sarà lui a farti compagnia … »


Il biondo sbuffò « Un nuovo fratello al prezzo di dieci: un affare » in una singola frase riversò tutto il sarcasmo, l’amarezza e la tristezza che quella situazione stava portando nella sua vita.

« Sarà un bambino, Gilbert: dovrai prenderti cura di lui finché non sarà maturo per prendere le sue decisioni. Fino a quel momento sarai così impegnato che non ti renderai nemmeno conto del tempo che starà passando, fino a quando non ti volterai indietro e ti accorgerai che di noi sarà rimasto solo un vago ricordo che ti farà sorridere il cuore. Non puoi lasciarti andare, bruder. L’Impero Tedesco conta su di te per poter esistere … »

Il sorriso tranquillo e quasi rassegnato del fratello fu la goccia che fece traboccare il vaso di Gilbert.
Il pianto sgorgò, ma non fece nulla per fermarlo.

Aveva messo da parte l’orgoglio, non gli importava nulla della sua magnificenza. Si sentiva solamente uno stupido per aver sprecato le ultime settimane di vita della sua famiglia per scappare dal fantasma della paura di perderli.

Con uno scatto abbracciò i due ducati, stringendoli forte a sé. Dopo un attimo di sorpresa, i due ricambiarono silenziosi quell’effusione di affetto, versando anche loro calde lacrime al pensiero di non poter vedere ancora per molto il loro caro Prussia.

 « Siete i fratelli più magnifici che una nazione possa desiderare. Siete migliori di me, sono io con la mia codardia che merito di andarmene, non voi » affermò il prussiano.

Andrea lo spinse distante, guardandolo come se fosse pazzo, per poi sorridere in modo dolcissimo. Baviera, che la conosceva dalla nascita, interpretò per il fratello quegli sguardi « Non devi pensare minimamente ad una cosa del genere. Ora però devi andare anche dagl’altri. Saranno sicuramente ancora svegli. Sono i nostri ultimi giorni, non vorrai certo farli passare scappando ancora, no? »

Gilbert li abbracciò di nuovo « Certo che no! » affermò con la sua solita spavalderia appena tornata, seppur con gli occhi ancora rossi di pianto.

Afferrò il suo boccale ancora pieno, alzandolo al cielo per fare un brindisi  « A chi se ne sta per andare, ma non per sempre. Sono certo che, dovunque si troveranno, continueranno a guidare i miei passi! Prost! »
 

 
 
LA TANA DEL LUPO:
Eeeeee sono tornata con questo capitolo e probabilmente pubblicherò anche una One-shot rossa che, sono sicura, piacerà a pochi.
Ringrazio Frosty lily che ha recensito anche l’ultimo capitolo. Tenete duro! (?) Alla fine non mancano che due o tre capitoli.
Baci Lupus_in_fabula.

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Axis Powers Hetalia / Vai alla pagina dell'autore: General_Winter