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Autore: Hoshimi_    08/02/2015    3 recensioni
Ian si è iscritto a West Point, campus nel quale sogna di allenarsi sin da bambino per poi andare a combattere nell'esercito. Paura e ansia lo accompagnano in questo luogo fino a quando un ragazzo -Mickey Milkovich- non si offre di aiutarlo ad ambientarsi, sebbene in maniera sarcastica e disinteressata. Un ragazzo solo all'apparenza sicuro di sè, che cercherà una modo per essere salvato in Ian.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Ian Gallagher, Mickey Milkovich
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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La riabilitazione sembrava procedere positivamente: sebbene Ian fosse ancora costretto ad usare le stampelle per camminare, ogni giorno si dedicava alla fisioterapia senza mai lamentarsi nonostante il dolore evidente che essa gli causava.
Mickey sapeva che ce la stava mettendo tutta per riuscire ad essere presente ed in forma alla cerimonia dei cadetti che si sarebbe tenuta a settembre: l'autunno portava infatti giovani reclute e apriva le porte ad un nuovo inizio.
Il ragazzo dai capelli rossi si alzava all'alba, già pronto per incominciare ad esercitarsi quando Mickey lo raggiungeva con la colazione. A quest'ultimo non era più permesso dormire nella stessa stanza di Ian dal momento che si era ripreso, perciò tornava ogni sera in dormitorio e la mattina si ripresentava lì dove sapeva ci sarebbe stato il sorriso di Ian ad accoglierlo.
Una notte però, durante un temporale, era riuscito a sgattaiolare nella camera dell'ospedale per fare una sorpresa all'altro.
''Ian!'' Esclamò preoccupato sulla porta, vedendo il ragazzo rannicchiato su se stesso che si copriva la testa con il cuscino, scosso da brividi di paura: quello, non appena avvertì la sua presenza, si calmò lasciandosi scivolare tra le braccia di Mickey, che si distese vicino a lui sul lettino e lo cullò per il resto della nottata.
Non avevano mai parlato apertamente di quello che era successo, ma era certo che la pioggia gli ricordasse la notte in cui l'aveva portato in ospedale.
Da allora, ogni qual volta piovesse, egli si presentava sulla soglia della porta e trovava Ian ad aspettarlo con le braccia tese verso di lui e uno sguardo implorante in volto.
Mickey, d'altra parte, aveva il bisogno fisico di stringere a sé l'altro, di sentire l'aria uscire dalla sua bocca contro la propria pelle senza l'aiuto di nessun macchinario, di percepire le sue labbra scorrere dolcemente sul proprio petto, di passare le dita con delicatezza lungo il suo corpo per accertarsi che tutto andasse bene.
Nel tempo che gli era stato concesso per visitare Ian, Mickey aveva incontrato solamente in due occasioni i suoi fratelli accompagnati ogni volta da una persona diversa: i due sembravano molto preoccupati, nonostante non sapessero del suo coma o del motivo per il quale era stato ridotto in quelle condizioni.
Erano molto legati e al ragazzo dai capelli rossi faceva piacere sentire i racconti su come andavano le cose a casa, le storie di Debbie sui vicini o le malefatte di Carl, che rideva nascondendo il capo nell'incavo del collo del fratello.
Una volta Debbie aveva puntato un dito verso Mickey, che in quell'occasione si era ritirato in un angolo della sala d'attesa, ma che risultava ben visibile dal letto di Ian:'' E quello chi è?''
Quello allungò la testa accennando ad un sorriso:'' E' il ragazzo che mi ha salvato.''
''E cosa ci fa ancora qui, stai meglio no?''
''Continua a salvarmi ogni giorno.'' Disse sprofondando tra i cuscini e fissando Mickey che, seduto in maniera scomposta, stava sfogliando distrattamente una rivista.


Terry Milkovich stava sistemando delle carte sulla scrivania quando il figlio Joe bussò alla porta del suo ufficio:'' Volevi parlarmi?''
''Sì, c'è una questione piuttosto urgente che va sistemata.'' Disse il Generale facendogli cenno di sedersi su una delle due sedie di fronte a sé.
''Si tratta di Mickey.''
Il ragazzo prese posto stringendo le labbra nell'udire il nome del fratello.
''I provvedimenti che abbiamo preso sino ad ora non hanno portato ad alcun risultato.''
Joe abbassò il capo: gli occhi di Terry sembravano indagare la sua mente e scovare l'esitazione che aveva avuto mentre lui e gli altri picchiavano Ian.
''Stai diventando come lui.
Ti stai rammollendo.'' Proferì in tono dispregiativo, sputando le parole una dopo l'altra.
Si alzò di scatto:''Non''
Si mise davanti al figlio tirandogli uno ceffone in pieno volto.
''Ti permetterò'' seguito da un altro schiaffo.
''Di rovinare tutto.'' La terza sberla lasciò un segno rosso sulla guancia di Joe che rimase seduto composto senza emettere alcun suono.
''Ti ho insegnato la disciplina, l'ordine. Ed è così che mi ripaghi?''
Lo guardò negli occhi.
''Vuoi fottere qualche ragazzo anche tu?''
Non rispose.
''RISPONDI SOLDATO.''
''No signore.''
''Hai intenzione di ubbidire ai miei ordini?''
''Sì, signore.''
''Dimostra per una volta di essere mio figlio.''
Il Generale si allungò verso un cassetto dal quale estrasse una calibro 45 che fece scivolare verso Joe lungo la scrivania.
''E questa volta vedi di non esitare.''


Era pomeriggio quando Mickey fece capolino nella stanza di Ian, il quale gli dava le spalle, affacciato alla finestra e intento ad osservare il cortile dell'ospedale immerso nella luce del sole estivo.
Il ragazzo si avvicinò silenziosamente fino a stringere tra le mani i manubri della sedia a rotelle su cui era seduto l'altro, sussurrandogli all'orecchio:'' Che ne dici se ti porto fuori?''
Ian, destato dai suoi pensieri, sobbalzò al suono della sua voce ma accolse l'invito con un sorriso e la gioia negli occhi; insistette inoltre per prendere le stampelle, con l'intenzione di mostrare a Mickey quanto era migliorato durante quelle settimane.
Quest'ultimo spinse la carrozzina fino all'ingresso, seguendo poi un sentiero di ghiaia che conduceva ad un giardino con due salici piangenti alle estremità: quel luogo era uno dei pochi del campus in cui la vegetazione cresceva spontaneamente in modo tale che la zona risultasse tranquilla e isolata.
Una volta giunti al limitare del cortile, Ian fece segno all'altro di fermarsi:
''Ti faccio vedere una cosa.'' Si girò per prendere le stampelle da dietro la carrozzina e le strinse forte tra le mani sotto lo sguardo dubbioso e insieme preoccupato di Mickey.
Appoggiò la gamba sana sul prato e tenendo sospesa l'altra si sollevò aiutandosi con le stampelle.
''Visto?'' Guardò con aria fiera e con un sorriso stampato in volto il ragazzo dagli occhi azzurri che sembrava pronto a soccorrerlo da un momento all'altro.
Si diresse zoppicando verso uno degli alberi lì vicino: ogni passo richiedeva uno sforzo immane ed era perciò grato di dare le spalle a Mickey il quale non poteva così accorgersi della sofferenza sul suo volto.
Si trovava ormai a pochi metri dal tronco dell'albero quando scivolò e cadde ritrovandosi a terra.
Mickey, che l'aveva seguito con lo sguardo per tutto il tragitto, corse velocemente verso di lui:'' Ian stai bene?'' chiese accucciandosi di fianco al ragazzo che giaceva supino.
Questo non aprì bocca, ma facendo leva sul braccio destro si alzò a sedere.
Mickey si allungò per aiutarlo ma si bloccò alle parole:'' Faccio da solo.''

L'altro i aggrappò alla corteccia con le mani e si issò con l'aiuto della gamba sana contro il tronco: aveva il respiro accelerato e un rivolo di sangue sgorgava dal ginocchio che si era sbucciato.
''Lascia che...'' Mickey non sapeva come soccorrerlo.
''Ce la...'' Disse con voce strozzata l'altro.
''Faccio.'' Concluse, appoggiato ora interamente contro il tronco.
Mickey lo squadrò da capo a piedi, indeciso se tornare indietro a riprendere la sedia a rotelle o meno, quando lo vide spostare la gamba malata e quasi cadere: prima che potesse succedere si avvicinò a lui in maniera da premere il proprio petto contro il suo e tenerlo in equilibrio tra le braccia.
''Vacci piano, army.'' disse sorridendo.
Ian alzò il mento, osservando i lunghi rami ricchi di foglie dalle quali filtrava la luce del sole: sentì una lacrima scendere silenziosa lungo la sua guancia e attraversare il collo; il proprio petto iniziò poco dopo a sobbalzare senza che lui potesse avere il minimo controllo su di esso o sul nodo che si era formato nella gola.
''Non...''
La voce di Ian si spezzò.
''Non ci riesco Mickey.''
Silenzio.
''E se tu non mi vuoi...''
Inspirò
''Io non...''
Mickey affondò il proprio viso nella clavicola dell'altro aderendo al suo corpo.
''Ian...'' Sospirò scuotendo il capo.
Mise una mano attorno al suo collo e si allungò verso le sue labbra: la bocca dell'altro accolse la sua lingua in un gesto di disperazione, avvolgendo intorno la propria e lambendola accanitamente. Aveva bisogno di quel contatto fisico, di sentire Mickey così intimamente: la lingua calda sulla sua, l'aroma che gli pervadeva il palato, i respiri che si intrecciavano e le pelli che si sfioravano. Non gli permise di staccarsi nemmeno per un attimo afferrandolo per il bacino e stringendolo a sé.
Mickey si fermò solamente per avvolgere le braccia intorno alle gambe e alla schiena di Ian e sollevandolo portarlo in braccio in un punto del prato in cui l'erba era più fitta, dove poi lo adagiò con delicatezza.
Ian cercava in continuazione gli occhi azzurri dell'altro, incapace di distogliere lo sguardo dal suo volto nemmeno quando sentì il proprio corpo aderire al terreno. Mickey si era chinato per per mettergli di stendersi comodamente, ma Ian, che teneva le braccia intorno al suo collo, fece in modo che si piegasse fino a raggiungere le sue labbra per sfiorarle nuovamente con le proprie.
Mickey sorrise e si ritrasse di poco, appoggiando la fronte contro quella dell'altro e sospirò solleticando con l'aria la guancia di Ian.
Nonostante quest'ultimo lo trattenesse sopra di sé, il ragazzo si liberò dalla stretta e si distese di fianco a lui piegando una gamba e mettendo un braccio dietro alla propria testa per fissare il cielo.
Ian fece altrettanto, coprendosi gli occhi: sentiva il tepore del sole riscaldare la propria pelle, mentre braccia e gambe erano solleticate dall'erba che lo circondava.
Cercò la mano di Mickey e la circondò con le dita, intanto che con l'altra si schermava la fronte sfiorando la benda che gli avvolgeva la testa: così immobile quella garza sembrava essere l'unica cosa fuori posto.
Mickey aveva notato l'espressione angosciata sul suo volto:''Va tutto bene.'' Disse.
Ian annuì aumentando la stretta nella sua mano.
''Va tutto bene.''


''No.'' Joe distolse lo sguardo dalla pistola argentata a pochi centimetri di distanza.
''Come hai detto?'' Sibilò in Generale.
''Pensi davvero che farei questo a mio fratello? A tuo figlio?''
''Lo hai già fatto. O te ne sei dimenticato?''
Il ragazzo abbassò la testa sapendo che aveva ragione: era colpevole quanto gli altri, se non ancora di più.
''Non intendo ripetere questo sbaglio.''
Si alzò dalla sedia con veemenza:'' E non troverai nessun altro disposto ad assecondare le tue idee malate.'' Urlò andandosene.
Terry rimase a fissare il vuoto lasciato dal figlio, immerso nel propri pensieri: prese la pistola rigirandosela tra le mani.
''Vorrà dire che ci penserò io.''


                                                                                                                    ***

Il giorno della cerimonia rappresentava una tradizione al campus: docenti, famiglie e alunni si radunavano nello spiazzo centrale circondato da edifici, dove ogni anno veniva allestito un palco per la premiazione dei cadetti e sistemate numerose file di panche.
Gli allievi di West Point erano tenuti ad indossare la divisa ufficiale per l'evento che durava dalla mattina fino a sera e si concludeva con un consueto spettacolo di fuochi d'artificio.
Ian si stava provando l'uniforme per l'ennesima volta quella sera guardandosi con ansia allo specchio e controllando che tutto fosse in ordine mentre Mickey lo osservava divertito dal letto:'' Se continui così domani sarà tutto rovinata.''
''Stai zitto.'' Rispose l'altro fingendosi offeso.
Quasi tutti i compagni di stanza di Ian erano usciti a festeggiare l'ultimo giorno all'accademia, perciò avevano piena libertà quella notte.
''Che te ne pare?'' Chiese girandosi di fronte a Mickey.
''Mi pare.'' Disse quest'ultimo passandosi la lingua sulle labbra :'' Che tu sia un po' troppo vestito.''
Allungò il braccio verso la cravatta di Ian e la strattonò in modo che egli si piegasse sopra di lui: aprì le gambe e il suo corpo vi scivolò in mezzo distendendosi poi sul suo torace.
''E' la nostra ultima notte qui. Tanto vale godersela.''

Ian si svegliò all'alba, le braccia avvolte intorno a Mickey che gli dava le spalle:
''Hey, è ora di alzarsi.'' Gli sussurrò all'orecchio.
Quello emise un lamento e premette la faccia contro il cuscino, deciso a rimanere a letto.
''In piedi solato.'' Gli urlò ridendo l'altro, tirandogli via le coperte e guardando il suo corpo nudo disteso sul letto.
''Se vuoi possiamo fare un altro round..'' Propose.
''Devo ancora riprendermi da questa notte.''
Il ragazzo si mise a sedere rassegnato, passandosi una mano sui capelli spettinati e lungo il volto stanco.
Ian aveva già iniziato a prepararsi, raccogliendo i vestiti disseminati sul pavimento.
Mickey si diresse verso il proprio dormitorio per prendere a propria volta la divisa, che indossò contro voglia per poi tornare da Ian.
L'espressione del ragazzo dai capelli arancioni si riempì di stupore non appena vide l'altro: sembrava nato per portare l'uniforme, la quale gli conferiva un atteggiamento maturo e un fascino particolare.
Si avvicinò per sistemargli il nodo della cravatta, ridendo quando alzò gli occhi azzurri al cielo.
''Possiamo andare?'' Chiese prima che potesse mettersi a lucidargli le scarpe.
Non che fosse contento di prendere parte a quella manifestazione, alla quale gli anni precedenti aveva accuratamente evitato di assistere; Ian, d'altra parte, sembrava considerarla un evento importante, perciò l'avrebbe accompagnato.
Poteva sempre proporgli di evadere e tornare in camera.
Si avviarono verso il punto di ritrovo, raggiungibile solamente attraverso la strada principale: avevano appena iniziato a scorgere il palco in lontananza quando Mickey fermò Ian:
''Aspetta..''
Lo prese per un braccio e si mise davanti a lui fissandolo dritto negli occhi:'' Ti devo dire...''
Ian sbattè le palpebre per un secondo.
Un respiro.
Un infinitesimale lasso di tempo.
Non comprendeva perchè avesse smesso di parlare: Mickey lo stava guardando ora con occhi pietrificati, l'azzurro di poco prima stinto e cereo.
Perchè stava cadendo all'indietro?
Ian impiegò qualche attimo a realizzare che il proprio volto era imbrattato di sangue.
Non capiva da dove provenisse.
Troppo sangue.
Non si arrestava più.
La divisa dell'altro si tinse di rosso.
Il cuore di Ian batteva velocemente, il sangue sbatteva contro arterie e vene: fermati.
Ne ha bisogno Mickey.
A me non serve.
Datelo a Mickey.

Mise le mani sopra il suo cuore: il liquido rosso sgorgava caldo e denso; presto la propria pelle si colorò di magenta.
Perchè non smetteva di uscire? Non ne sarebbe rimasto più.
Una pozza vermiglia si era creata sotto di lui mentre in ginocchio da solo cercava di arginare con gesti disperati quel liquido rosso che non voleva tornare al suo posto.
No, deve tornare al suo posto.
Tornerà al suo posto.
Mickey tentò di parlare ma il sangue iniziò a fuoriuscire a fiotti anche dalla sua bocca, lo sguardo vitreo incapace di vedere.
Tornerà al suo posto.
Ogni respiro sembrava annegarlo.
Per un attimo il ragazzo sembrò ritrovare la lucidità: guardò Ian con sconforto, sapendo che quella sarebbe stata l'ultima immagine che avrebbe avuto di lui.
Ian prese il suo volto tra le mani, mentre l'altro tossiva sangue tra le sue dita nel tentativo di comporre una frase.
''Sistemeremo tutto.'' Mickey annuì mentre le lacrime gli rigavano le guance.
Va tutto bene.''

''Va tutto bene.''
 

  
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