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Autore: Maya98    09/02/2015    1 recensioni
1891: è passato un anno da quando Moriarty ha preso potere in Inghilterra e Sherlock Holmes è stato sconfitto. Oscure vicende si tessono e sfilano tra loro davanti a Baker Street: mentre Sherlock ha da patire la sorte peggiore, fa il suo arrivo a Londra John Watson, ex-medico militare che avrà il potere di cambiare le carte in tavola. Mary Morstan, spia di Sherlock, è costretta a contrarre un matrimonio involuto con la pupilla di re Moriarty, Irene Adler. Mrs Hudson e Molly Hooper organizzano un movimento di rivolta per liberare Sherlock e Greg Lestrade il traditore, spogliato di ogni cosa, fa da narratore alle vicende che hanno come sfondo la nostra Londra Vittoriana.
Perché per combattere serve un motivo.
(Notre Dame de Paris; Musical!AU – Spiegazioni all’interno)
Nota: questa storia era stata originariamente pubblicata in un unico capitolo. Per esigenze di modalità è stata divisa in capitoli. Verrà aggiornata settimanalmente.
Genere: Introspettivo, Song-fic, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: John Watson, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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Capitolo 4.
Medico militare
https://www.youtube.com/watch?v=6fjQjVtRJEY
 

Partiti all’assalto i soldati, James Moriarty volta le spalle al massacro e se ne va, accompagnato dalla guardia privata. Il suo passo è così leggero in confronto al baccano che i soldati fanno nell’andare all’assalto, e il duro, crudo rumore dell’acciaio contro la carne, delle pallottole fuori dalle loro canne, il volto sonoro della mischia, con uomini e donne che urlano, si contorcono e ferite cadono a terra, lasciandosi indietro una scia di sangue. Mary comanda il suo manipolo con determinazione, ma non serve avere coraggio per affrontare un esercito armato alla buona. I più determinati non demordono, assaltando le porte del 221 per liberare il prigioniero che vi è dentro, ma i bambini, o i più anziani, iniziano lentamente a disperdersi. Tranne Mrs Hudson, sempre in prima linea, sempre con il suo sorriso e la luce negli occhi, e un solo nome sulle labbra: “Per Sherlock”.
Mary si fa strada nell’ammasso di corpi sudati che abbattono colpi l’un sull’altro, fingendo di sgominare la sua stessa gente, quella per cui lavora. Per non essere scoperta è costretta ad assestare qualche calcio, infliggere qualche ferita leggera, ma quando si tratta di uccidere, finisce semplicemente i sofferenti per terminare la loro pena. Infligge colpi sempre precisi, a destra, a manca, sentendo il furore dell’adrenalina scorrerle nelle vene come se fosse fuoco. Finché non si trova davanti un uomo, a terra al lato della strada su uno dei feriti, nel tentativo di aiutarlo. Appoggia a terra una gamba sola, ferito evidentemente nell’altra, ma le sue mani sono precise nell’operare, e l’equilibrio è impeccabile. I suoi occhi espressivi sono puntati unicamente sul volto del ferito, ceruleo, ma Mary ha come l’impressione che le orecchie siano tese a captare ogni singolo suono, in attesa del pericolo. Rimane ferma lì davanti, catturata per qualche motivo ignoto da quell’uomo dai capelli corti e biondo scuro, ascoltando le parole di conforto che quella voce ruvida regala al ferito.

 
Da dove vieni, invalido zoppo?
Viso sporco di sabbia e terra,
con un così bel sorriso…
che vieni a fare tu qui?

Sistemato l’uomo, che ora ha ripreso un po’ di colore in volto, lo zoppo si volta verso di lei. Mary si sente a disagio, nell’avere quei profondi occhi scuri puntati su di lei.

Mio padre andò una volta in guerra,
lasciando a casa me e mia madre.
Tornò con sabbia fra le mani,
dei monti dell’Afghanistan.
Dei monti dell’Afghanistan.

Poi partii io e fui ferito,
e ora ritorno al mio paese.
Ma qualche cosa ho perso, là
sui monti dell’Afghanistan.
Non so cos’è, ma non è qua.

Medico,
aiutavo la gente, laggiù.
Militare,
è la morte la madre mia.
Medico militare.
Non so più come agisco e perché.
Medico militare.
La mia mano trema, perché?

La ferita alla spalla brucia,
ma è la gamba che cede e indugia.
Per un medico Londra è grande,
manca qualcosa.

E continuo ad andare avanti,
tra i miei incubi e volti sfatti.
Da soldato girai il mondo.
Girai il mondo.

E c’è
qualcosa che
mi strazia il cuor.
Mi strazia il cuore.

E c’è
in Afghanistan
qualcosa che
rimase là.

Medico,
io aiuto ma chi aiuta me?
Militare,
quella era la vita mia.
Medico militare.
Non so più come agisco e perché.
Medico militare.
La mia mano trema, perché?

La mia mano trema, perché?
 
La voce nasconde un dolore oscuro, macchiato di vergogna e dispiacere. Nei suoi occhi, fili scarlatti come le vite che ha rubato si attorcigliano a stelle dalle code argentate, le vite che ha salvato. Mary ha la sensazione di trovarsi davanti ad un uomo pieno di contrasti: un ossimoro vivente, e le piace pensare di aver avuto il privilegio di notarlo. È come un regalo, in mezzo a quell’oceano di dolore.
-Piacere, Mary Morstan.-dice in risposta, a bassa voce. L’uomo le regala un bellissimo sorriso, incantevole, e la donna pensa che in fonda avrebbe bisogno solo di un po’ di gentilezza, per guarire le ferite che ha nell’animo. La bontà, d’altronde, si ripaga con la bontà. Poi, la folla la trascina via con il suo ritmo sanguinario.


















Note:

(Perché non riuscirò mai a vedere John ballare danze gitane con la gonna)
L’idea originale era di fare “soldato” e “medico”. Ma “soldato” rompeva la metrica. “Militare” ci sta perfettamente, perciò ho pensato direttamente di dargli la sua definizione.
“Tornò con mani pien di sabbia”: non è inteso nell’accezione della morte del padre. John sta raccontando del fatto che suo padre è tornato vivo con dei ricordi dell’Afghanistan, e che per via dei suoi racconti anche lui ha deciso di arruolarsi.
“Ma qualcosa ho perso là”: l’immagine di John che abbiamo in ASIP è quella di una persona terribilmente noiosa che ha perso il senso della sua vita. Poi arriva Sherlock che sconvolge ogni cosa e lo trascina fuori dal fango – ma qui abbiamo lo stesso John appena tornato dalla guerra, che ha solo voglia di suicidarsi perché la vita è estremamente monotona e vuota.
“La mia mano trema, perché?”: riferimento al tremore che John ha alla mano sinistra, sempre in ASIP. È un tremore psicosomatico anche quello, infatti cessa quando è sotto stress da adrenalina. Per questo motivo qui si interroga sul perché lo abbia, questo tremore. Se ci riflettete, è una frase devastante. John è perso, isolato, confuso: non sa nemmeno perché ha questo problema, si sente menomato, con un handicap. È davvero triste.
“E c’è in Afghanistan qualcosa che rimase là”: una parte di lui l’ha persa laggiù. O almeno, secondo la mia interpretazione.
 
Scusate se ho saltato l'aggiornamento di settimana scorsa. Sono presissima da esami e concerti che devo preparare e quindi non ho avuto un attimo di tempo. Appena sarà finito tutto dovrei tornare ad aggiornare regolarmente.
Un ringraziamento a chi legge e soprattutto chi commenta: mi date vita, davvero, e mi fate tornare a credere in questa storia.
 
  
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