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Autore: Sonskyn    09/02/2015    4 recensioni
«Angelina, dimmi che hai»
È Fred. E la sua voce è perentoria.
Il mio silenzio è ostinato e la mia bocca rimane chiusa. Non voglio ferirlo con la verità, non voglio che questi brutti sentimenti che mi porto dentro escano e lascino il segno, su entrambi.
O più semplicemente non vuoi dirgli la verità perché hai paura che ti veda finalmente per la pessima amica che sei.
«Angie, guardami negli occhi e dimmi che va tutto bene, che non ho niente di cui preoccuparmi e che tutto questo è dovuto solo alla stanchezza e allo stress» dice Fred. «Guardami e dimmelo»
Mi fermo e alzo lo sguardo fissandolo nel suo. I nostri sguardi si aggrappano l’uno all’altro, alla ricerca di una risposta, di una verità troppo scomoda per entrambi.
«Non posso dirtelo» mormoro. «Non posso dirtelo perché sarebbe una bugia»
Ripenso alle parole che ho appena buttato addosso a Fred come una secchiata di acqua fredda e le lacrime cominciano a sgorgare. Sento ancora il suo tono distaccato nel dirmi che sono una pessima ed egoistica amica e mi rendo conto che potrei perderli seriamente ora.
Credi che ti perdoneranno mai?
Non ne ho idea.
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fred Weasley, George Weasley, Il trio protagonista, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da V libro alternativo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Angelina P. Granger - A brand new ginger world'
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I personaggi ed i contesti contenuti nella storia non appartengono a me, eccezion fatta per il personaggio di Angelina che è stato creato e inventato totalmente da me, ma appartengono a J.K. Rowling. Ovviamente, avendo inserito un nuovo personaggio, alcuni degli eventi dei libri verranno leggermente modificati, ma in linea generale la storia segue quella dei libri.
Spesso saranno presenti interi passaggi copiati drettamente dai libri per essere più fedele; sono stati, però, leggermente modificati, come ad esempio il tempo della narrazione o l'introduzioni di alcune battute e descizioni. Ogni volta, però, saranno segnalati.

Buona lettura.
Sonskyn


 





I
 
 

 
Touch my mouth
And hold my tongue
I’ll never be your chosen one
 
-Broken Crown, Mumford & Sons
 
 


 
L'immagine originale è di Viria13, dal sito DeviantArt,
e modificata da me in seguito.




 
La neve scende silenziosa danzando nel gelido inverno, accompagnata dalle delicate raffiche di vento. La guardo cadere e posarsi dolcemente al suolo attraverso la finestra della Sala Comune, mentre il mio respiro regolare forma degli aloni sul vetro freddo.
Sono di rientro dalle vacanze e ho il timore di aver dimenticato la mia testa a Grimmuld Place. L’effetto del Natale, le risate, l’allegria e la spensieratezza nonostante il tragico incidente del signor Weasley non mi hanno ancora abbandonato e guardo oltre quel vetro cercando di ritornare ai giorni appena trascorsi insieme.
«Angie che stai facendo?»
Sobbalzo, il cuore in gola per lo spavento. Fred mi guarda con quei suoi occhi profondi, intensi, come volesse leggermi dentro. Come suo solito, è vestito disordinatamente: la cravatta allentata, il colletto della camicia all’insù, i bordi della camicia a metà fuori dai pantaloni. Tra le mani tiene il mantello invernale, guanti, sciarpa e cappello e il maglione di lana blu con la F gialla, il maglione che gli ha fatto sua mamma. La signora Weasley ne ha fatto una anche per me due Natali fa; è verde muschio con una A gialla in centro. Quest’anno, invece, mi ha regalato un paio di guanti color arcobaleno e un paraorecchie in pendant.
«Dio, Fred» rispondo portandomi la mano al petto. «Mi hai fatto prendere un colpo»
«Che fai qui da sola, come un’anima in pena a guardare oltre la finestra, quando dovresti essere fuori, tra la neve?»
Mi prende per le spalle e mi fa alzare, allontanandomi dal mio soffice rifugio, dove il cuscino aveva ormai preso la forma del mio corpo. Mi metto in piedi controvoglia, sbuffando e cercando di liberarmi dalla sua presa.
«Fred non amo stare nella neve, io amo guardarla da lontano dove non rischio di prendermi un brutto raffreddore» mi lagno.
«Smettila di brontolare e comincia ad uscire dal letargo, talpa» dice ridendo.
«Di solito si esce dal letargo quando arriva la primavera e a me non sembra proprio che sia primavera» ribatto alzando l’indice e sventolandoglielo davanti al naso.
In risposta il ragazzo mi spinge verso il varco del ritratto, recuperando sciarpa, guanti, berretta e mantello per la Sala Comune, ignorando e fregandosene dei proprietari. Me li mette in mano ed io li indosso, sospirando arresa.
È sempre così tra noi. Io me ne sto tranquillamente per i cavoli miei a pensare a tutto e a niente ed inspiegabilmente Fred - o George - salta fuori e mi trascina da qualche parte a combinare qualcosa di cui mi sento in colpa per il resto della giornata o che comunque non apprezzo. Ed io, per quieto vivere, glielo lascio fare. Ma devo ammettere che mi diverto sempre un mondo.
Comunque io sono Angelina. Angelina Granger. Anche se non dovrebbe essere esattamente il mio cognome, perché sono stata adottata. Avevo sette anni quando Robert e Louise Granger, insieme ad Herm sono venuti a prendermi.
Non conosco l’identità dei miei veri genitori. Mi hanno sempre detto di avermi trovata davanti alle porte dell’Orfanotrofio di Londra e quella è stata la mia casa per i miei primi sette anni, la mia famiglia. È stato terribile, ma era l’unica cosa che avevo. Ero la più piccola tra gli orfani, perciò gli altri bambini si divertivano a farmi scherzi e mi prendevano sempre di mira. All’inizio non reagivo, mi rannicchiavo in un angolo e giocavo da sola, ma poi dentro di me ha cominciato a nascere un’emozione forte che mi bruciava come sangue nelle vene. Era la rabbia. Fu da quel momento che iniziarono delle inspiegabili cose: i bambini che mi davano fastidio si riempivano di bubboni, le bambole delle altre bambine cominciavano a perdere i capelli. Mi spaventai a morte e anche gli altri orfani cominciarono a starmi alla larga per timore che li incenerissi. Quando alla rabbia si sostituì il senso di colpa, il desiderio di farmi perdonare per le orribili cose che ero convinta di aver fatto – senza sapere come – e la voglia di avere degli amici, a quelle inspiegabili cose si sostituirono delle altre, cose carine: le bambine si svegliavano con bambole nuove e vestiti puliti, i ragazzini in difficoltà venivano sempre aiutati da qualche oggetto inanimato accanto a loro. Gli orfani non diedero merito di quelle meraviglie a me, ma non me la presi perché ero contenta di non essere più un mostro.
Solo tre bambini, si accorsero dei miei sorrisi quando riuscivo a compiere una di quei misteriosi avvenimenti, il sorriso soddisfatto di una bambina di appena sei anni nascosta dietro ad un albero per guardare in disparte. Si chiamavano Beatrice, Prim e Simon. Erano tutti molto più grandi di me, avevano dodici anni ed erano migliori amici da che ricordavo e un giorno si avvicinarono timidamente a me porgendomi una delle loro bambole più belle (una di quelle che avevo magicamente fatto apparire) e una macchinina rossa fiammeggiante. Successivamente, gli avvenimenti inspiegabili si fecero più intensi tanto che la preside dell’orfanotrofio mi rinchiudeva nello sgabuzzino delle scope per giorni, portandomi solo il vassoio del pranzo e della cena, urlandomi insulti sulla mia natura mostruosa e dicendo che non sarei uscita da lì finché non avessi smesso di fare magie. Solo i miei nuovi amici erano gli unici a vedermi come una persona speciale e non come un mostro.  
All’età di sette anni tutto è cambiato, i signori Granger  sono venuti all’orfanotrofio con la figlia Hermione e hanno deciso di adottarmi. Sono dei genitori fantastici e mi hanno cresciuta come una figlia ed Herm… beh, lei è la sorella migliore che si possa desiderare. Perché hanno scelto me, vi chiederete, nonostante le stranezze che facevo? Beh, semplicemente perché la preside, pur di liberarsi di me, non ne fece parola.
Tuttavia, quando abbiamo scoperto che entrambe siamo delle streghe è stato un vero trauma per i nostri genitori, ma anche per Herm. Io avevo finalmente trovato la risposta alla mia “natura mostruosa”, ma, beh, insomma, chi si immaginerebbe mai che un gufo ti consegni una lettera di ammissione ad una scuola per magia e stregoneria? Anche io ne rimasi scioccata.
Ora sono al quarto anno, Herm al quinto e mi sembra solo ieri di aver scoperto la nostra vera natura. Ormai è la nostra vita, abbiamo trovato il nostro posto in questo strano mondo e siamo felici. Più o meno.
«Perché questo silenzio, Angie?» la voce di Fred alle mie spalle mi fa tornare alla realtà. «Sto solo pensando a come vendicarmi, Fred» rispondo acida.
Fred, invece, lui è tutta un’altra storia. I primi anni, quando io ero appena arrivata ad Hogwarts e lui era un impertinente ragazzo del quarto anno, la situazione era completamente diversa: lui si divertiva a stuzzicarmi, io rispondevo per le rime, lui ribatteva acidamente ed io cominciavo ad insultarlo. Tra di noi c’era una profonda ostilità che sfociava sempre in teatrali litigi, dove io sbraitavo indispettita e innervosita, mentre lui se ne stava calmo e tranquillo di fronte a me con quel suo ghigno insolente. Insomma, tutta Hogwarts ci conosceva per i nostri bisticci. O almeno, tutti i Grifondoro.
Finché, un giorno ( io ero al secondo anno) non siamo rimasti chiusi in quel dannato sgabuzzino delle scope per ore ed ore. In realtà doveva essere  una trappola organizzata dai gemelli di cui sarei dovuta essere l’unico bersaglio, ma sfortunatamente per lui è rimasto bloccato là dentro con me.
Per me fu un incubo. Mi ricordò del mio orfanotrofio, delle punizioni della Preside e del dolore di quegli anni. Gli occhi mi continuavano a diventare lucidi e le lacrime si facevano insistenti, ma non volevo piangere davanti a lui. La prima mezz’ora, l’ho passata rannicchiata con le gambe al petto, dondolandomi avanti e indietro sul pavimento di roccia umida e ostentando un silenzio pregno di tensione. All’inizio Fred pensava fosse una sceneggiata per farlo sentire in colpa, ridacchiava e faceva battute al riguardo, poi si accorse che non era niente di finto ed io ero in una crisi di panico.
Si era seduto accanto a me, mettendomi un braccio attorno alle spalle e chiedendomi con voce gentile quale fosse il problema. Io non ressi più e le lacrime cominciarono ad uscire abbondanti, la mia storia sgorgò dalle mie labbra come un fiume in piena. Fred non sapeva più che fare e si sentì in colpa per i seguenti tre mesi per quello scherzo.
Quel pomeriggio ci ha aiutato a capire quanto ci assomigliassimo, abbiamo parlato di noi e delle nostre vite per tutto il pomeriggio. Entrambi determinati, sognatori e ottimisti; acidi, sarcastici e rompi scatole. Molte anche le nostre diversità, ma con il tempo abbiamo imparato a conoscerci e farne tesoro. Dove uno manca, l’altro completa e così si è creato un meraviglioso legame. Ci stuzzichiamo ancora, ma sempre con affetto, e i litigi teatrali sono spariti. Insomma, siamo migliori amici ormai niente può più dividerci.
«Senti, ma perché devi sempre obbligarmi a fare quello che vuoi tu?» piagnucolo impuntando i piedi al pavimento.
«Perché so che mi vuoi un mondo di bene e per me faresti qualsiasi cosa» risponde e me lo immagino sorridere compiaciuto. Io sbuffo sonoramente, facendo sollevare un ciuffo rosso che ricade sul viso. Improvvisamente l’aria ghiacciata mi sferza il viso, pungendomi le guance e i denti cominciano a battere.
«Fred, ti prego. Fammi ritornare dentro» lo supplico.
«Per nulla al mondo» E prendendomi per mano comincia a correre in mezzo alla neve che ricopre il cortile, in direzione del Lago, in direzioni di un gruppo di persone impegnate in un combattimento a palle di neve.
Più ci avviciniamo, meglio riesco a distinguere i volti: Harry nascosto dietro ad un esile busto di legno rinsecchito; Ron intento a liberarsi la faccia dalla neve; infine Hermione seduta con la schiena contro un enorme masso con un libro tra le mani e un fuocherello azzurro a riscaldarla.
Sorrido dolcemente al ricordo di lei che mi legge La Sirenetta prima di andare a dormire. La sua abilità nel dare una voce diversa ad ogni personaggio, le lunghe pause tra una pagina e l’altra per mettere suspense. Da quando sono diventata parte della famiglia Granger, lei è stata la sorella ideale, la mia migliore amica e la mia seconda mamma.
Siamo molto diverse, in certi aspetti proprio l’opposto. Io sono una frana a scuola, l’unica materia in cui me la cavo è Cura delle Creature Magiche, mentre lei è la migliore del suo anno; io odio leggere, preferisco ascoltare e farmi raccontare le storie, mentre lei divora libri come fossero pop-corn; la mia camera sembra un campo di battaglia, mentre lei ordina ogni cosa con etichette e post-it; io sono spesso aggressiva e irascibile, lei, invece, è pacata e tranquilla. Insomma, non mancano i litigi tra di noi, ma ci vogliamo bene e non potrei desiderare di meglio.
Un improvviso dolore, un colpo alla testa e la neve che scivola all’interno della sciarpa, impigliandosi tra i capelli mi distrae dal filo dei pensieri. Chiudo gli occhi contando fino a dieci per calmarmi e non sbottare contro l’aggressore. Mi volto e George mi guarda con fare malandrino.
«George Weasley, giuro che me la pagherai cara» sibilo tra i denti.
«Fratello, ti conviene scappare» sussurra Fred. Ma non ha ancora finito la frase che già sono all’inseguimento del suo gemello. Grazie al piccolo anticipo, riesco a raggiungerlo e buttarlo tra la neve.
«Ang…»
Non lo faccio terminare il nome e gli riempio la bocca di neve. Poi, da dietro, sento due braccia avvolgermi e alzarmi di peso. Harry è arrivato all’improvviso e mi trascina verso il resto del gruppo.
Harry Potter, la mia prima cotta.  
Sapevo di esserne innamorata ancora prima di vederlo dal vivo, quando lo conoscevo solo attraverso i racconti di Herm e ne ero convinta anche dopo il nostro primo incontro. Alto- per una ragazza mediamente bassa come me -, occhi verdi, capelli neri e un sorriso meraviglioso. Chi non si innamora di Harry Potter?!
Ma più passava il tempo, più capivo che  quello che provavo per lui non era un amore romantico, ma lo stesso amore che provo per Hermione. Per me lui è come un fratello. Quando non c’è Hermione c’è Harry ed è la persona migliore che potessi desiderare di conoscere.
«Finalmente sei arrivata, Angelina» dice ridendo. «Ragazzi, guardate chi c’è?!»
Ron è già pronto con una manciata di neve tra le mani
«Harry, credi di potermi mettere giù?» sospiro.
Mi volto e i miei occhi si specchiano nei suoi. Verdi. Come i miei.
«Non ci provare neanche, Ron» grido, mentre lui si avvicina con una spaventosa manciata di neve tra le mani. Ma a nulla servono i miei richiami e mi spiattella la neve in testa.
«Ron!» Urlo divincolandomi tra le braccia di Harry.
Ron, il fratello minore della famiglia Weasley, con lui ho passato parte delle mie giornate ad ascoltare incuriosita le tante fiabe magiche che conosce; io sempre abituata a sentire di scarpette di cristallo e mele avvelenate, lui a raccontare di ceppi ghignanti e pentoloni salterini.
Ma la cosa che più mi rende soddisfatta è l’essere l’unica in grado di tenergli testa negli Scacchi dei Maghi. La prima volta che sono riuscita a batterlo e ho vinto una scommessa con Harry, lui si è sentito talmente umiliato da diventare di un rosso spaventosamente simile alla poltrona dove era seduto e ha rischiato di sparire tra la soffice imbottitura per la vergogna. Reazione incrementata dal mio improvvisato balletto della vittoria e dagli urli esultanti per le miriadi di Cioccorane appena guadagnate. Ma dopo quell’episodio, la nostra passione per gli Scacchi e per il cibo ci ha avvicinati.
Fino ad oggi che potrei facilmente spezzargli la testa in due. Sinceramente potrei farlo con tutti loro, visto il tiro mancino.
«Herm, potresti venire ad aiutare la tua sorellina in difficoltà?» urlo disperata. Cerco in tutti di modi di liberarmi, ma la mia figura esile non è consigliata per un corpo a corpo con chicchessia e anche un ragazzo come Harry riesce facilmente a tenermi stretta nella sua morsa.
«Finisco il capitolo!» mi urla di rimando, alzando una mano e tenendo gli occhi incollati alle pagine.
«No, ho bisogno di te.. subito!»
Urlo e mi divincolo tra le braccia di Harry, mentre Fred e George mi prendono per i gomiti e le gambe e mi fanno dondolare. Il loro intento è più che prevedibile e prendo a dimenarmi con ancora più foga.
«Ragazzi, giuro che non vi parlo più se lo fate» li minaccio. «Mi avete sentita?»
«Chiara e forte, Angie» dice George.
«Ma questo non ci fermerà» conclude Fred.
Ed io dondolo spaventosamente vicina al Lago Nero e le loro mani si aprono improvvisamente e dalla mia voce esce un’imprecazione, un urlo di odio nei loro confronti. Ormai sono spacciata, riesco già a percepire lo scontro con l’acqua gelida, gli indumenti fradici e il freddo nelle ossa.
Ma, stranamente, tutto questo non accade e i miei piedi si adagiano delicatamente al suolo.
Apro gli occhi. Hermione rinfodera la bacchetta.
«Che tu sia benedetta, cara sorella» la ringrazio saltandole al collo. «Ho veramente creduto di morire congelata in quel Lago»
«Hermione…» inizia George, con uno sguardo annoiato.
«… sei sempre la solita guastafeste»
«Zitti, voi due» ruggisco colpendo i due gemelli con tutta la forza possibile. «E non pensate di farla franca. I dormitori dei maschi sono sempre raggiungibili anche dalle femmine»
«Ragazzi, noi andiamo» dice Harry. «Punizione con la Umbridge»
«Punizione con Piton» dice sconsolato Ron.
«Siamo appena rientrati e voi già vi beccate una punizione? Mi stupite, credevo che solo i due gemelli stupidi fossero, appunto, tanto stupidi da riuscirci» dico scuotendo la testa. Percepisco Fred e George dietro di me che mi fanno le boccacce, non stupitevi li conosco come le mie tasche ed è una cosa assai prevedibile.
«Vi lascio anche io» annuncia Hermione infilando il libro nella borsa. «Devo incontrarmi con la professoressa McGranitt. Quest’anno abbiamo i G.U.F.O. e voglio parlarle per il compito della settimana scorsa»
Si avvicina e mi lascia un bacio sulla fronte.
«Ciao, Herm» la saluto sorridendo.
«Non fatela impazzire più di quanto non lo sia già» urla lei correndo sulla neve.
«Non ti preoccupare» dice George.
«Ci prenderemo cura della tua sorellina» conclude Fred spettinandomi i capelli.
Alzo gli occhi al cielo e sbuffo, mi risistemo i capelli e infilo il cappello.
«Ragazzi, credo che vi abbandonerò anche io» dico voltandomi verso i due gemelli. «Sapete, il freddo, la neve, non sono per me»
«E chi ha detto che rimarremo qua fuori?»
George mi prende sotto braccio, seguito a ruota dal fratello.
«Senza di noi, tu non andrai da nessuna parte»
«Davvero, ragazzi, voglio andare nel mio letto caldo a dormire prima della cena» piagnucolo.
«Angie, non ci sono storie»
«Tu verrai con noi»
«E cosa mi impedisce di scagliarvi una fattura?» li minaccio portando la mano alla tasca posteriore dei jeans.
«Il fatto che abbiamo noi la tua bacchetta» annuncia fiero Fred.
La tasca? Vuota!
Li guardo sbigottita.
«Come.. Come..»
«Devi stare più attenta con le tue cose, sai?» mi ammonisce George.
«L’hai persa nella neve e nemmeno te ne sei accorta»
Furibonda, mi arrendo all’evidente realtà. Sanno come prendermi, sanno come ingannarmi e sanno come farmi infuriare. Chi non vorrebbe due amici così?
«Non fare quella faccia, non ti stiamo mica portando al patibolo» dice Fred ridendo.
«No, ma passare una giornata con voi è peggio» rispondo acida.
«Così ci offendi»
«Vorresti dire che con noi non ti diverti?»
«Esattamente» dico esasperata. «Come potrei divertirmi con due idioti patentati che ogni giorno mi cacciano in un guaio diverso, quando io chiedo solamente di essere lasciata da sola a dormire sotto le coperte?»
«Angie, sei una lagna..»
«..noiosa..»
«..e antipatica.»
«Mai ricevuti tanti complimenti in un solo momento da più di un ragazzo» ribatto ridacchiando.
«Siamo quasi arrivati» annuncia George sorridendo.
Parlando non avevo notato il tragitto che avevamo fatto. Abbiamo salito le scale fino alla torre di Grifondoro e Fred ha appena pronunciato la parola d’ordine alla Signora Grassa. Solo ora mi accorgo che stiamo salendo nei dormitori maschili.
«Guardate che state sbagliando strada» dico loro. «Se stavate pensando di riportarmi nel mio amabile letto, dovete dirigervi dalla parte opposta»
«Ma infatti non vogliamo fare niente di tutto questo»
«Ti stiamo portando nel nostro dormitorio!» annuncia Fred divertito.
Mi blocco di colpo con un’espressione del viso tutt’altro che divertita, facendo trasparire il mio stupore e il mio nervosismo.
«Co-come il vo-vostro dormito-torio?!»
«Fred, sta balbettando»
«Lo so George, è un brutto segno»
I due mi si avvicinano e cominciano a sussurrarmi le parole scandendole bene, affinché riesca a percepirle.
«Angie, calmati. Non è niente, vogliamo solo farti vedere una cosa»
«È una sorpresa»
«Ed è illegale»
«Per questo non possiamo portarla fuori dal dormitorio»
«O-ok» dico deglutendo rumorosamente. «M-ma.. P-perché proprio n-nel dormitorio d-dei ma-maschi?» chiedo deglutendo rumorosamente.
«Ma che problemi hai contro il dormitorio dei maschi?» dice Fred esasperato. «Non troverai nessuno nudo là dentro»
«Né tantomeno abbiamo intenzione di spogliarci per te. Insomma, fossi stata più carina e non fossi come una sorella..»
«Forse l’avremmo fatto»
«Ma visto e considerato che sei tu»
«Non ci passa nemmeno per la testa»
«Non so se sentirmi lusingata o offesa» sbuffo.
«Ma almeno siamo riusciti a calmarti» sorride Fred. «Non balbetti più»
«Ed ora ammira»
Entro nella camera, molto simile alla nostra se non fosse per il disordine sconcertante. Letti coperti di vestiti, bauli aperti e pieni di sporcizie come carte di Api Frizzole o scatole di Cioccorane, perfino qualche libro con pagine strappate.
«Ma questo è Storia della Magia» dico incredula. «Insomma, avrà si e no una decina di pagine attaccate»
«Beh, sono servite per una buona causa»
«Guarda qua»
In un angolo, tra i loro letti, vedo un tavolo ricoperto di fogli sparsi e disegni e carte colorate. Una montagna di scatoloni di varie dimensioni a terra in una pila ordinata e stampato sopra la parola “FRAGILE, NON TOCCARE”.
«Li abbiamo incantati in modo che chiunque tenti di aprirli si riempia di pustole dimenticando di aver mai visto questi scatoloni»
«Serve per proteggere il nostro duro lavoro» aggiunge Fred. «Non vogliamo che la Umbridge ce li ritiri come le nostre scope»
I loro volti di incupiscono al ricordo della punizione inflitta.
«D’accordo. Che c’è in quelle scatole?»
«Fuochi»
«D’artificio»
«Magici» Le loro facce sono impagabili. Hanno un’espressione di pura felicità, gli occhi brillano e i loro sorrisi sono a sessantaquattro denti.
«Beh, che fossero magici non lo mettevo nemmeno in dubbio» dico ridendo.
«I migliori fuochi di tutto il Mondo Magico»
«Ma a che vi servono?» chiedo.
«Abbiamo intenzione di fare uno spettacolo che nessuno potrà mai dimenticare»
«Sì, così la Umbridge avrà una buona scusa per espellervi dalla scuola e non farvi più tornare» rispondo ridendo. Insomma è uno scherzo bello e buono, ma non sono così idioti da metterlo in atto. Non rischierebbero mai di essere cacciati dalla scuola per uno stupido scherzo… o sì?
Il loro silenzio mi inquieta e ho un bruttissimo presentimento.
«Ragazzi, non starete mica pensando di…»
«Sì, Angie»
«Vogliamo andarcene»
«Vogliamo aprire il nostro negozio dei sogni e la scuola non ci serve a niente»
«Ragazzi, voi.. voi state scherzando. Non.. non potete dire sul serio, non potete andarvene»
«Sarà la migliore uscita di scena del secolo» sussurra George.
Li guardo sbigottita, senza sapere bene se essere felice per loro o disperarmi. Decido di sorridere, incoraggiata dalla loro espressione di estrema felicità, ma sento il sorriso finto come fosse una maschera sul mio volto.
«Beh, allontaniamoci da qui prima che sfiori per sbaglio una di quelle scatole» dico, provando a scherzare, ma il tremolio nella mia voce mi tradisce. I due gemelli non sembrano essersi accorti della mia confusione, della mia strana reazione, ma meglio così. Almeno non dovrò dare nessuna spiegazione.
Usciamo dal dormitorio, Fred e George cominciano a parlare del progetto del negozio e di tutti i prodotti che hanno intenzione di vendere, i dolci già finiti e quelli ancora da sperimentare. Io sono accanto a loro, sento le loro voci concitate, ma non li ascolto veramente. Sono in una specie di limbo, dove posso sentire e vedere, ma non provo nulla e mi sento vuota. Ecco, questa è proprio la parola giusta per descrivere come mi sentirei senza di loro. Vuota.
Gli occhi mi pungono e comincio a vedere leggermente offuscato. Non voglio piangere davanti a loro, anche perché non potrei sopportare di spiegarne loro il motivo, quindi scappo, corro lontano senza fermarmi. Sfreccio per i corridoi infischiandomene della voce di Fred e di George che rimbombano sui muri. Mi fermo solo quando le sento smettere. Mi lascio cadere a terra, con la schiena contro il freddo di una colonna. Fortunatamente nessuno passa di lì, quindi mi sento libera di far scendere le lacrime. 
Come possono farmi questo? Come possono abbandonarmi in quel modo? Ma so già che non posso fare niente per impedire loro di andarsene. Non vedo le poche persone che mi passano davanti, non sento il fischio del vento dalla fessura nel muro accanto a me, non mi rendo conto del tempo che sta passando. Semplicemente, me ne sto lì, seduta con le gambe al petto torturandomi le dita delle mani e rimuginando su quanto ho appena scoperto.
Don.. don.. don.. don.. don.. don.. don… Sette rintocchi. È ora di cena.
Mi asciugo velocemente le lacrime con il dorso della mano e mi alzo. Torno alla torre Grifondoro e salgo nel mio dormitorio. Non credo proprio di avere fame e decido di starmene stesa sul letto, guardo le tende rosse del baldacchino e guardo la neve cadere delicatamente sul davanzale della finestra che ho lasciato aperta. Un soffio di vento freddo entra, portando con se un po’ di quella neve e mi copro con la coperta pesante; pesante come la consapevolezza che da lì a pochi mesi o giorni io rimarrò sola. E con questo pensiero mi addormento, lasciando che le ultime lacrime mi righino il volto.
 


 

Nda

 Buona serata a todosss... Sono, finalmente, tornata in questo magnifico mondo che è Efp. Lo so, lo so, sono stata via per... 3 ANNI?! Non mi sembrava di essere sparita per così tanto tempo!
Comunque, non so quanti se ne siano accorti e quanti, invece, lo faranno, l'importante è che io sia tornata con una nuova e scoppiettante long incentrata sul personaggio di Angelina. Probabilmente qualcuno avrà già sentito parlare di lei.. Tranquilli, avevo già postato una long su di lei, ed è stata la mia prima ff, ma l'ho rimossa per poterla rivisitare e riscrivere partendo dal quarto anno di Angelina. 
Quindi, spero che vi sia piaciuto questo primo capitolo e che vi abbia colpito o almeno incuriosito da leggere il prossimo.

Detto ciò,
lasciate un commento e qualcosa di bello vi succederà presto!

Sonskyn
 
   
 
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