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Autore: Sonskyn    17/02/2015    1 recensioni
«Angelina, dimmi che hai»
È Fred. E la sua voce è perentoria.
Il mio silenzio è ostinato e la mia bocca rimane chiusa. Non voglio ferirlo con la verità, non voglio che questi brutti sentimenti che mi porto dentro escano e lascino il segno, su entrambi.
O più semplicemente non vuoi dirgli la verità perché hai paura che ti veda finalmente per la pessima amica che sei.
«Angie, guardami negli occhi e dimmi che va tutto bene, che non ho niente di cui preoccuparmi e che tutto questo è dovuto solo alla stanchezza e allo stress» dice Fred. «Guardami e dimmelo»
Mi fermo e alzo lo sguardo fissandolo nel suo. I nostri sguardi si aggrappano l’uno all’altro, alla ricerca di una risposta, di una verità troppo scomoda per entrambi.
«Non posso dirtelo» mormoro. «Non posso dirtelo perché sarebbe una bugia»
Ripenso alle parole che ho appena buttato addosso a Fred come una secchiata di acqua fredda e le lacrime cominciano a sgorgare. Sento ancora il suo tono distaccato nel dirmi che sono una pessima ed egoistica amica e mi rendo conto che potrei perderli seriamente ora.
Credi che ti perdoneranno mai?
Non ne ho idea.
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fred Weasley, George Weasley, Il trio protagonista, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da V libro alternativo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Angelina P. Granger - A brand new ginger world'
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II



 L'immagine originale è di Viria13, dal sito DeviantArt,
e modificata da me in seguito.
 
 
 




I giorni seguenti passano lenti e grigi. Grigi per colpa del mio umore, mi sento triste e arrabbiata e abbandonata. Insomma, quei due vogliono andarsene e lasciarmi qua? Miseriaccia, come dovrei sentirmi?
Ma cerco di fingere che vada tutto bene, che abbia preso la notizia alla leggera. Passo le giornate con Fred e George come se niente fosse, scherzo e rido con loro come al solito. In realtà, dentro sto piangendo lacrime amare e non so più come liberarmene. Non credo si siano accorti di nulla, a parte qualche domanda sul perché io sia scappata in quel modo quel giorno in cui mi hanno rivelato il loro “piano”. D’altronde, mi va bene così, perché non voglio che pensino di avere un’amica egoista, che pensa solo a sé stessa e non al loro bene, alla loro felicità.
Ma, infondo, tu sei così, giusto? mi chiede una vocina sottile sottile che si insinua dentro di me ogni volta che faccio questi pensieri. Io cerco di scacciarla, ma ho paura che mi dica semplicemente la verità.
Tu sei una pessima amica.
«Che hai da fare tra… dieci minuti?» Fred mi prende alle spalle e mi stringe le braccia attorno alla vita. Appoggia il mento sulla mia testa e cammina a gambe larghe dietro di me. Rabbrividisco al contatto con il suo corpo, mi sento quasi una traditrice per i sentimenti contrastanti che provo e mi libero dalla sua stretta sgusciando via dalle sue braccia.
«Io.. ho lezione» rispondo, faccio un colpo di tosse per cercare di far tornare normale il tono della mia voce. «Ho Trasfigurazione e sono già arrivata in ritardo alla lezione della settimana scorsa, la McGranitt non chiuderà un occhio per la seconda volta.»
«Ah» dice Fred, quasi deluso, e mi guarda con uno sguardo che sembra triste e interrogativo al tempo stesso. «D’accordo, ci vediamo a pranzo allora.»
Lo guardo mettersi le mani nelle tasche, poi mi volto e stringo i libri al petto come per tenerne insieme i pezzi e corro a lezione senza voltarmi, senza dare segno di voler tornare indietro a scusarmi. Quando arrivo all’Aula di Trasfigurazioni, Grifondoro e Corvonero sono ancora in piedi: c’è chi chiacchera, chi fa volare palline di carta e chi ha il naso incollato alle pagine di un libro. Io mi dirigo verso il banco vuoto accanto a Ginny, mi siedo pesantemente sulla sedia e lascio cadere la borsa dalla spalla.
«Buongiorno anche a te, Angie» mi dice Ginny guardandomi con la fronte corrucciata. Incrocia le braccia al petto e aspetta che le dia una risposta al mio comportamento insolito. «Dormito male» borbotto in risposta. Lei alza un sopracciglio poco convinta, ma decide di lasciare perdere e liquida la cosa con un’alzata di spalle.
«Come ti è andato il compito sulle Eccezioni della legge di Gamp?» mi chiede per cambiare argomento. Mi metto le mani tra i capelli sconsolata e dico: «Per niente bene, ho scritto solo un rotolo di pergamena e mezza.»
Ginny scuote la testa ridacchiando. «Stai frequentando troppo spesso i miei fratelli, Angie, e ti stanno influenzando» ribatte. «Questo non è un bene.»
Non per molto ancora, visto che tra poco se ne andranno mi punzecchia l’odiosa vocina interna. Scuoto la testa per allontanarla, ma non riesco a smettere di pensare alla verità in quelle parole. Sbuffo sconsolata e faccio un sorrisino forzato a Ginny per evitare domande. La McGranitt entra e nell’aula cala il silenzio più totale, interrotto solamente dal grattare generale delle sedie nel momento in cui ci alziamo per salutarla.
«Buongiorno professoressa» diciamo in coro e ci risediamo.
«Buongiorno» risponde. «La lezione di oggi sarà sulla Detrasfigurazione di secondo livello»
La McGranitt si volta verso la cattedra, dove c’è appoggiata una casetta per uccelli grande quanto un cane. La professoressa punta la bacchetta su di essa e picchietta un paio di volte pronunciando: «Reverto». La casetta cambia immediatamente aspetto e torna alla sua vera natura: un vaso di Frullobulbo, con lunghi tentacoli ondeggianti.
«Ora, chi sa darmi la definizione di detrasfigurazione?» chiede la professoressa McGranitt stringendo tra le mani la bacchetta e guardandoci da sopra le lenti degli occhiali. Quasi tutti i Corvonero alzano la mano, insieme ad un paio di Grifondoro. Una di quelli è Ginny.
«Signorina Weasley»
«La detrasfigurazione permette di riportare allo stato progeneo un corpo soggetto ad una qualche applicazione trasfigurativa. Quando si parla di detrasfigurazione non si parla dell'incantesimo "Finite Incantatem": la detrasfigurazione abbraccia solo la branca degli incantesimi trasfigurativi finali, ovvero quegli incantesimi permanenti che agiscono su un essere vivente o, in certi casi, anche se rari, per detrasfigurare oggetti inanimati di piccola-media taglia» recita Ginny a memoria.
«Molto bene. Dieci punti a Grifondoro» annuncia impassibile la McGranitt. «E qual è la differenza tra Detrasfigurazione di primo e secondo livello?» chiede ancora. «Signorina Argent»
«La detrasfigurazione di primo livello può trovare applicazione sulle piante, animali e oggetti dalle taglie medio-piccole. Il secondo livello, invece, trova applicazione sulle piante, animali e oggetti di taglia più grande» risponde una ragazza dall’altra parte dell’aula.
«Molto bene» dice la McGranitt. «Dieci punti a Corvonero. Ed ora potete cominciare a detrasfigurare la vostra casetta per uccelli.»
Figuriamo se io ci sono riuscita almeno per una volta. In tutta la lezione, l’unico cambiamento che ho ottenuto è stato un tentacolo che fuoriusciva dal loculo della casetta e un occhio nero nel momento in cui quel tentacolo mi ha colpita.
Finita l’ora, mi dirigo sconsolata a lezione di Pozioni con Ginny, durante la quale il professor Piton ci fa preparare una Pozione Risvegliante. Probabilmente i miei pungiglioni di celestino non erano del tutto essiccati (alcuni ancora si muovevano) o devo avere mescolato qualche volta di troppo in senso antiorario, perché la mia pozione era di un color violaceo e sibilava e il professor Piton non è stato molto contento del risultato, ma almeno non mi ha tolto cinquanta punti come a Samantha Smith di Tassorosso per non essere riuscita a terminarla o i venti punti che toglie ad ogni Grifondoro quando non è soddisfatto. La lezione successiva è Storia della Magia e non perdo nemmeno tempo a raccontarvi quanto sia stata interessante: ho dormito per tutta l’ora.
L’orologio suona finalmente mezzogiorno e corro nella Sala Grande per il pranzo. Mi siedo accanto a Ginny ed Hermione, di fronte a me Harry e Ron. Il pranzo è già iniziato e le tavole già imbandite di ogni delizia, perciò mi riempio subito il piatto di zuppa di piselli e carote, pane integrale e formaggio grattugiato. In quel momento, vedo Fred e George entrare e correre alla nostra tavolata. Vedo lo sguardo di Fred posarsi su di me e rimanere un po’ deluso. «Pensavo pranzassimo insieme» mi dice fingendo un tono allegro.
«Scusa, devo essermene dimenticata» ribatto e metto un boccone di pane in bocca mentre lo guardo sedersi pochi posti più in là.
Non so se me ne sono dimenticata veramente o se ho finto di dimenticarmene per avere una scusa e non sedermi con loro. Credo che la mia vocina interna abbia già la risposta. Però, non ne capisco il motivo, non capisco perché una parte di me si ostini ad evitarli, mentre l’altra la lasci fare e non cerchi nemmeno di intervenire. Che diamine mi sta succedendo?
 
Il pomeriggio lo passo in Sala Comune a scrivere il saggio sulle Salamandre per Hagrid e ad esercitarmi sugli Incantesimi che ci ha assegnato Vitious.
«Che fai lì seduta a studiare?» mi chiede improvvisamente Fred. Mi ritrovo con il suo sorriso sghembo davanti agli occhi, si è seduto di fronte a me con lo schienale della sedia contro il tavolo e tiene le mani incrociate su di esso. Ha i capelli scompigliati, gli occhi vispi e allegri e le guance spruzzate di lentiggini leggermente arrossate. Probabilmente è rimasto fuori al freddo, a giocare a palle di neve.
«Non saprei, Fred» rispondo. «Ultimamente sono calata molto con i voti e indovina un po’ di chi è la colpa?»
Il ragazzo fa una smorfia e guarda in basso. «Non devi per forza fare l’antipatica» borbotta. «E comunque noi non ti obblighiamo a fare niente contro la tua volontà, quindi se la colpa è di qualcuno qui dentro è solo tua» Alzo un sopracciglio e lo guardo torva. «Ah davvero? E che mi dici del mese scorso quando mi hai legata e fatta fluttuare per i corridoi con un incantesimo solo perché non avevo voglia di venire con te nelle cucine per fare il tuo spuntino di mezzanotte? E di due settimane fa quando mi hai coinvolta in un furto nella Biblioteca e mi sono dovuta sorbire una strigliata da Madama Pince?»
Fred scuote la testa e si toglie il sorriso dalla faccia. «Ti ho detto che non devi per forza fare l’antipatica, ma se ti ostini allora mi alzo e ti lascio ai tuoi stupidi compiti» ribatte. Si alza facendo grattare la sedia sul pavimento e fa per andarsene, ma io lo fermo. «Fred, ti prego» dico. «Scusa»
Il ragazzo torna e si siede esattamente come prima, solo che si fa più vicino e quasi le nostre spalle si sfiorano. Io appoggio la penna sulla pergamena e guardo le lettere di inchiostro impresse su di essa.
«Angie, che hai in questo periodo?» mi chiede dolcemente.
«Niente, è solo che… » …che non riesco ad accettare che voi ve ne andiate, che vorrei prendervi a ceffoni finché non mi prometterete che non mi abbandonerete mai, che vorrei urlare e scalciare e piangere finché non ho più forza in corpo se questo potrebbe aiutarvi a cambiare idea. Ma tanto so che non servirebbe a niente. «..è che sono stanca e ho troppi compiti. Non riesco a stare dietro alle lezioni e ho paura di non passare il prossimo compito di Pozioni» rispondo invece. Fred mi sorride, sollevato che non sia niente di così  grave, e mi scompiglia i capelli.
«Non ti preoccupare, piccolo folletto» mi dice. «Vedrai che andrà tutto bene. E per Pozioni? Chiedi a Hermione se ti da una mano, credo ne sarebbe felice.»
Gli sorrido debolmente, felice e delusa al tempo stesso di non avergli detto la verità. «Grazie, Fred»
«Senti, se non hai troppo da fare» mi dice, dando un’occhiata alle pergamene sotto i nostri occhi. «Vieni con me, voglio farti vedere una cosa.»
Sospiro sconsolata e scuoto la testa. «No, Fred, devo finire qui» dico indicando il tavolo. «Mi spiace»
«D’accordo, sarà per un’altra volta» mormora. Sembra afflitto, ma cerco di non farci troppo caso. Non voglio sentirmi pervadere dal senso di colpa. Sei una pessima bugiarda e una pessima amica dice la vocina dentro di me.
Passo le seguenti due ore cercando di fare un buon lavoro con quel saggio per Hagrid e verso metà pomeriggio appoggio la penna e chiudo il calamaio sentendomi soddisfatta del mio lavoro. Perché non sono tutte così facili le materie? E comincio a rimettere in ordine il tavolo, cacciando le mie cose in borsa e pulendo le macchie di inchiostro. In quel momento arriva Hermione con la faccia affondata tra le pagine di un grosso tomo dall’aria pesante.
«Che stai leggendo, Herm?» le chiedo ridacchiando. Mia sorella si ritrae dalla sua lettura e alza lo sguardo dalle pagine.
«Ciao, Angie» mi saluta sorridendo. «Niente di che, ero in biblioteca e ho trovato questo libro decisamente interessante sui fantasmi e cose così»
«Non sapevo ti dessi al sovrannaturale adesso» commento divertita.
«Tutto ciò che riguarda la magia mi interessa» ribatte lei accigliata. «Quindi anche quello che tu chiami “sovrannaturale”»
«Eh dai, non prendertela» le dico facendole una linguaccia. «Ti saluto, Herm, devo andare dal professor Vitious a chiedergli una cosa su uno degli incantesimi che ci ha chiesto di imparare»
«Ferma un attimo» dice prendendomi per il gomito. «Ho appena visto Fred»
«Ah» Non so che altro dire. Quanto ha capito Hermione dal mio comportamento? Si sarà accorta di qualcosa di strano? Spero decisamente di no, altrimenti è in grado di farmi dire tutta la verità. È incredibile come questa ragazza riesca a capire quando le persone mentono.
«Sembrava giù di morale e anche oggi a pranzo ho visto come vi guardavate» dice. «C’è qualcosa che non va tra di voi?»
Molto bene, che lo spettacolo inizi. Tossisco per cercare di prendere il controllo della voce e inventare una scusa plausibile per rispondere alla sua domanda. «Certo che no, Herm» le dico sorridendo. «Fred è semplicemente turbato per le sue punizioni con la Umbridge, dice che non ha più tempo per i suoi scherzi perché ne passa di più in quell’ufficio che altrove.»
Niente male, penso. Herm mi guarda con sguardo indagatore e mi osserva. Osserva il modo in cui muovo freneticamente la gamba, il modo in cui scrocchio velocemente le dita delle mani e, non so se è perché sono stata brava a mentire o più semplicemente perché vuole che sia io a parlare senza dovermi forzare, ma lascia perdere e fa un’alzata di spalle.
«D’accordo, Angie» mi dice. «Voglio crederti, ma sappi che se c’è qualcosa che non va puoi sempre contare su di me, d’accordo?»
Le sorrido per sviare ogni dubbio. «Non ti preoccupare.»
Hermione mi sorride a sua volta e fa per andarsene, ma la fermo ricordandomi improvvisamente di una cosa. «Herm, ti andrebbe di darmi una mano a studiare per il prossimo compito di Pozioni? Ce l’ho settimana prossima  e non credo di potercela fare»
«Oh, Angie, mi piacerebbe molto, ma sto cominciando a studiare per gli esami e sono già indietro sulla tabella di marcia» risponde sconsolata. «Non c’è problema, mi arrangerò» le dico facendole l’occhiolino. Quindi la lascio e mi avvio verso i corridoio per cercare il professor Vitious.
Scendo dalla torre Grifondoro e mi dirigo verso l’Aula di Incantesimi al terzo piano. Durante il tragitto devo tornare indietro due volte per colpa delle scale che si muovono, ma dopo un quarto d’ora riesco a raggiungere la mia destinazione. Busso alla porta, ma nessuno risponde, quindi decido di entrare lo stesso. L’aula è vuota e il professor Vitious non c’è, perciò decido di scendere ancora e cercare in Sala Grande o in Biblioteca. Purtroppo non ho fortuna in nessuno dei due posti, quindi mi avvio per le scale per tornare alla torre di Grifondoro.
«Signorina Granger» una voce melliflua mi fa gelare il sangue nelle vene. Mi volto e il professor Piton mi guarda da quei suoi occhietti come due fessure, incorniciati dai lunghi capelli neri e unti. «Vedo con piacere che è in giro a bighellonare invece di stare china sui libri per studiare per il compito della prossima settimana di Pozioni»
«Professore, non… Io ero venuta a cercare il professor Vitious per chiedergli una cosa sul compito che ci ha dato» rispondo imbarazzata. «Comincerò a studiare non appena arrivo nella mia Sala Comune»
Il professor Piton mi guarda con quel suo sopracciglio alzato, la bocca serrata con gli angoli perennemente all’ingiù e le mani intrecciati in grembo. Incute timore, ma allo stesso tempo mi incuriosisce. Come sarà stato da giovane? Cosa lo avrà reso tanto scontroso e odioso? Sono domande che mi sono posta dal primo giorno che l’ho visto, ma che, ovviamente, non hanno ancora trovato risposta.
«Spero per lei che sia così» dice improvvisamente, sempre con quel suo tono annoiato. «Spero di non doverle rifilare un altro Scadente»
«Sì, signore» annuisco. Piton si volta e comincia ad allontanarsi. Improvvisamente mi passa per la testa un’idea assurda, tanto assurda che potrebbe essere anche buona. «Professor Piton?» lo chiamo e lo raggiungo. Lui mi guarda sempre con il sopracciglio alzato, nessuna emozione gli attraversa il viso, nessun movimento a parte un leggero tremolio delle labbra. «Mi chiedevo se potesse darmi ripetizioni di Pozioni» chiedo tutto d’un fiato. E Piton fa un’espressione che non gli ho mai visto fare: sembra stupito, la bocca aperta e gli occhi sbarrati. Si ricompone immediatamente, mentre io cerco di trattenermi dal ridere e dal sorridere. «Io non…» fa un colpo di tosse per recuperare il controllo e riprende: «Signorina Granger, la sua è una richiesta alquanto insolita, cosa le fa credere che a lei darei ripetizioni della mia materia?» chiede incrociando le mani davanti al petto. «Non saprei, professore, è solo che sono in difficoltà e nessuno può darmi una mano per rialzare la sua materia» mi giustifico imbarazzata. Piton continua a fissarmi senza l’ombra di un’emozione sul viso e infine risponde: «Le farò sapere al più presto la mia decisione. Ed ora fili nella sua Sala Comune e cominci a studiare prima che tolga cinquanta punti a Grifondoro»
«Sì, signore» rispondo, con mezzo sorriso sulla faccia. E così dicendo corro su per le scale per raggiungere la torre di Grifondoro, ridendo come una pazza per la strana conversazione appena avuta.
 
La sera, durante la cena, mi siedo tra Fred e George, come ero solita fare prima di tutta questa strana situazione che si è creata. O che hai creato?
I due gemelli stanno discutendo sottovoce del progetto del negozio. Parlano di scartoffie da firmare per il contratto con il venditore dell’immobile, di ordinazione dei materiali per produrre le loro creazioni nel retro del negozio, di imballaggi e mezzi di trasporto più economici. Un paio di volte ho cercato di interromperli per raccontare loro dello strano incontro con Piton, ma mi hanno sempre zittita in qualche modo e così ho rinunciato. Ora sto giochicchiando con il petto di pollo che ho nel piatto e guardo pensierosa i cavoletti di Bruxelles accanto.
«Tu che ne pensi, Angie?» mi chiede improvvisamente uno dei due.
«Mmm?!» dico spaesata. «Non vi stavo ascoltando, che avete detto?»
«Chiedevamo quale fosse il colore migliore tra il blu, il verde e il viola per il nostro negozio» risponde George.
«Ma se non te ne frega niente dei nostri discorsi sul negozio, puoi anche dircelo o andartene» aggiunge scontroso Fred. Io lo guardo leggermente colpita per la durezza di quelle parole e impulsivamente reagisco.
«Infatti» dico. Mi alzo e a grandi falcate esco dalla Sala Grande, sotto gli occhi increduli di George e l’espressione arrabbiata e delusa di Fred, gli sguardi interrogativi di Ron e quelli preoccupati di Harry ed Hermione che mangiavano poco distanti da noi. Percorro i corridoi fino alla Sala d’Ingresso ed esco dal massiccio portone, che da’ sul prato ancora leggermente innevato. Una folata di vento invernale mi sferza il viso e mi punge le guance, sento la pelle d’oca alla radice dei capelli e sulle braccia. Quindi estraggo la bacchetta e dico: «Accio mantello».
Dopo qualche secondo vedo una macchia scura attraversare il cielo e dirigersi a grande velocità verso di me. Quando si trova a pochi metri allungo le braccia e afferro il mantello al volo. Fortunatamente ho lasciato i guanti e il paraorecchie nelle tasche interne, così indosso tutto e comincio a camminare tra la neve.
Cammino ascoltando semplicemente i miei passi e la neve calpestata dalle suole degli stivali. Non mi curo del freddo che si insinua tra le pieghe del mantello ed arrivano al maglioncino di lana che indosso sotto, non mi curo del vento che si nasconde tra i miei capelli facendoli svolazzare come foglie d’autunno e nemmeno della voce che alle mie spalle chiama il mio nome. Non voglio sapere chi sia, non voglio voltarmi per scoprirlo. Semplicemente cammino e ascolto solo il rumore dei miei passi e il filo dei miei pensieri comincia a tessersi nella mia mente. Perché i gemelli vogliono andarsene? Perché hanno deciso di lasciarmi qua da sola? Perché non me ne hanno parlato prima, chiedendomi quello che pensavo? Perché non mi vogliono abbastanza bene da chiedermi di andare con loro?
Le domande si susseguono senza nemmeno darmi il tempo di provare a dare una risposta. Gli occhi cominciano a pungere, ma non ho intenzione di piangere, non ho intenzione di mostrarmi debole. Nemmeno mi accorgo che una figura si è affiancata a me, finché la sua voce non raggiunge le mie orecchie.
«Angelina, dimmi che hai»
È Fred. E la sua voce è perentoria.
Il mio silenzio è ostinato e la mia bocca rimane chiusa. Non voglio ferirlo con la verità, non voglio che questi brutti sentimenti che mi porto dentro escano e lascino il segno, su entrambi.
O più semplicemente non vuoi dirgli la verità perché hai paura che ti veda finalmente per la pessima amica che sei. Quell’insopportabile vocina si fa sentire ancora, insistente e perfida sgancia le sue parole e le lascia fluttuare finché non vengono assorbite completamente. Ma chi voglio prendere in giro? Lei ha semplicemente ragione e sono troppo codarda per ammetterlo.
«Angie, guardami negli occhi e dimmi che va tutto bene, che non ho niente di cui preoccuparmi e che tutto questo è dovuto solo alla stanchezza e allo stress» dice Fred. «Guardami e dimmelo»
Mi fermo e alzo lo sguardo fissandolo nel suo. I nostri sguardi si aggrappano l’uno all’altro, alla ricerca di una risposta, di una verità troppo scomoda per entrambi.
«Non posso dirtelo» mormoro. «Non posso dirtelo perché sarebbe una bugia»
Fred indietreggia di un passo, ma il suo sguardo rimane fisso sul mio. Non vedo odio né rancore nei suoi occhi e questo credo faccia ancora più male, perché fa nascere il senso di colpa come un pesante macigno. «Lo sapevo» dice soltanto.
Rimaniamo a guardarci senza dire una parola. Verde nell’azzurro, fili d’erba che si specchiano in un mare calmo. Finché lui non si avvicina e, troppo in fretta per potermi allontanare, mi stringe tra le braccia. Io rimango interdetta, non ricambio l’abbraccio né me ne libero, e aspetto che sia lui a scioglierlo. Quando lo fa mi guarda intensamente, tanto da farmi abbassare lo sguardo perché non riesco a reggere i suoi occhi.
«Dimmi cos’hai, dimmi che ti sta succedendo» dice, alzando il tono della voce e allontanandosi di nuovo. «Perché io proprio non riesco a capire che ti sta passando per la testa.»
«Ah davvero?» sbotto improvvisa, quasi aggressiva, quasi sputandogli le parole addosso come se fossero veleno. «Davvero non sai il perché di questo mio cambio di umore e di atteggiamento nei vostri confronti, Fred? Prova a pensare, prova ad usare il tuo piccolo cervello bacato per qualcosa che non siano i tuoi stupidi prodotti e pensa da quand’è che mi comporto in questo modo»
Inizialmente la sua espressione è di stupore per la mia reazione alle sue parole, poi diventa confusa e lo vedo nei suoi occhi mentre fa scorrere ogni giorno a ritroso per trovare la causa di tutto, finalmente la trova e i suoi lineamenti si tirano in un’espressione atterrita quasi statuaria.
«Tu non vuoi che noi partiamo, giusto?» sussurra. Il mio silenzio parla più di mille parole. «Perché non ce l’hai detto? Perché non me l’hai detto subito?» sembra ferito, tradito, e questo suo sguardo è come una pugnalata per me. Mi porto le mani al petto, mi sembra di non respirare perché la causa di quello sguardo sono io e soltanto io.
«Non volevo.. Io, non..» balbetto, incapace di trovare le parole. Faccio un colpo di tosse per rimettere in ordine i pensieri. «Credevo che fosse più giusto così, perché io non sono nessuno per dirvi quello che dovete o non dovete fare, giusto? Perché io sono semplicemente una stupida ragazzina a cui non vale la pena chiedere se una cosa le va bene o meno purché vada bene a voi, non è così?» ogni parola che esce dalle mie labbra è sempre più carica di sarcasmo, rabbia e rancore.
«Tu non volevi semplicemente che noi pensassimo che fossi un’egoista e una pessima amica» mormora. Finalmente l’ha detto, ha pronunciato le parole che dentro di me continuavo a sentire ripetere. A quanto pare lo pensa davvero.
Lo vedo aprire la bocca per continuare, ma lo anticipo e, ferita da quelle parole pesanti, gli urlo contro come mai avevo fatto prima: «Non sono io l’egoista, ma voi. Perché non avete pensato a me, non avete pensato alle conseguenze che il vostro gesto avrebbe avuto su di me. Voi siete gli egoisti, voi siete i pessimi amici.»
Quando finisco di parlare la gola mi brucia e sento il viso umido. Non mi sono accorta di essere scoppiata a piangere. Mi asciugo velocemente le lacrime con il dorso della manica del maglione e lo guardo. Lo guardo mentre rimane immobile a fissarmi, mentre se ne sta in silenzio senza dire una parola, mentre i suoi occhi non sembrano esprimere nessuna emozione: né rabbia, né dolore, né nient’altro. Semplicemente, mi guarda e sembra non vedere più la stessa Angelina di sempre, la sua Angelina.
Non riesco a sopportarlo e decido di andarmene. Sento le gambe muoversi sempre più velocemente, finché non sto correndo. Corro per il prato, verso la Sala d’Ingresso, poi per i corridoi e, infine, vado a sbattere contro qualcuno. Sono pronta a riprendere la mia corsa, ma la voce di George mi blocca. «Che è successo?»
«Va’ al diavolo, George» rispondo. E ricomincio a correre.
Solo i codardi scappano, Angelina, e tu è già la seconda volta che lo fai.
Dietro di me la voce di George chiama il mio nome, il suono mi segue fino a che non svolto l’angolo e comincio a salire le scale. Le salgo velocemente per evitare che decidano improvvisamente di cambiare e raggiungo la torre di Grifondoro. Sputo la parola d’ordine in faccia alla Signora Grassa e lei apre il varco guardandomi accigliata. Le mie gambe si muovono ancora e non si fermano finché non sentono la morbidezza del materasso del mio letto. Mi ci butto sopra come fosse l’unico appiglio nell’oceano in cui sto annegando. Mi ci aggrappo con tutta me stessa e piango come quella sera in cui mi hanno detto che stavano per andarsene. Il dolore è lo stesso, forse semplicemente più intenso e vivido, perché ora ho detto la verità a Fred ed ora lui mi odia e tra poco anche George mi odierà.
Ripenso alle parole che ho appena buttato addosso a Fred come una secchiata di acqua fredda e le lacrime cominciano a sgorgare. Sento ancora il suo tono distaccato nel dirmi che sono una pessima ed egoistica amica e mi rendo conto che potrei perderli seriamente ora.
Credi che ti perdoneranno mai?
Non ne ho idea.
 
 
 

NdA

Buonsalve bella gente!
Dopo una settimana sono riuscita ad aggiornare, non perché non avessi idee (la storia è completa da quasi un mese ormai XD) semplicemente ho avuto un sacco di impegni con la festa di Carnevale che ho organizzato e il carro che ho allestito (insieme, ovviamente, ad altre trentordicimila persone, mica sono la donna bionica!). Cooomunque.... spero che il capitolo vi sia piaciuto.. evito di commentarlo, altrimenti so che vi spoilererei troppe cose ahahhahaha

Sonskyn

P.S. se lasciate una recensioncina fate me molto felice... ah, e ringrazio chi l'ha inserita tra le preferite e chi mi ha aggiunto tra gli autori preferiti, davvero mi stavano per scendere le lacrime!! Grazie, grazie, grazie <3
   
 
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