Fanfic su attori > Tom Hiddleston
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Autore: Clio93    11/02/2015    9 recensioni
Dal Prologo :"Quando incontro un paio di grandi e limpidi occhi azzurri, un volto dai lineamenti delicati, fanciulleschi e la fronte ampia su cui, elegantemente scomposti, ricadono boccoli bagnati e rivoli di pioggia, trattengo un singulto.
No, non può essere lui.
Non può essere…
Tom Hiddleston.
E non posso fare a meno di scoppiare nuovamente in lacrime.
Questa è stata, ed è, una giornata veramente di merda."
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Premessa: Questo capitolo è stato un parto. Scritto parecchi mesi fa, è frutto di un lavoro di rimaneggiamento che non ha eguali nella storia di questa fanfiction… ho optato per tagliare le parti che non mi convincevano che pensavo di sostituire con altre, tuttavia, rileggendolo ho ritenuto fosse completo così come ve lo propongo. Prendetelo per quello che è, un intermezzo funzionale al fine dello sviluppo della trama che si avvia alla conclusione, un modo per sciogliere l’impasse. Sfrutto questo punto per fare apologia di me stessa perché , probabilmente, risulta un espediente letterario alquanto surreale ma va beh! Questa storia è già surreale di suo.
Ad ogni modo avrei un’ideuzza che vi vorrei sottoporre: dato che non ho altri capitoli pronti e che questa storia non è nulla senza il supporto che le avete concesso, mi chiedevo… vorreste aiutarmi? La fine è già bella pronta nella mia mente però, se vi va, vi invito a scrivere quali episodi o situazioni vi piacerebbe vedere nella storia. Ribadisco: nulla che abbia a che fare con il finale. Proverò a mettere tutto quello che mi suggerirete. Non c’è bisogno che commentiate, potete anche scrivermi privatamente, non voglio forzare nessuno perché ritengo che il commento e il commentare siano un po’ come lo scrivere: serve ispirazione. Quindi siate libere di fare ciò che meglio credete.
Un bacione e scusate il ritardo ma sono oberata di libri da studiare. Buona lettura!
 
Capitolo 17
Operazione “lieto fine”: un inizio
 
 
 
 
- Oddio, Luke, partiamo tra due giorni! Sì, sì, è tutto pronto…-
L’ansia pre-partenza è una malattia comune ma Luke, seriamente, riesce a battere tutti, visto e considerato che inizia a rompere le scatole già da un mese prima, iniziando a fare liste su liste di cose da comprare, intimandomi almeno tre volte al giorno di preparare la valigia, stilando resoconti accurati delle previsioni meteo.
E’ un perfezionista e nel lavoro, esattamente come me, ci mette il massimo però, in queste circostanze, smette di essere “amico” e indossa il personaggio assai professionale e bacchettone di pubblicist e così, pur vedendolo spessissimo, mi rendo conto di quanto mi manchi, soprattutto adesso che avrei davvero bisogno di confidarmi. Non abbiamo parlato, mi ha detto chiaramente che non voleva sapere nulla, per ora, perché dobbiamo pensare al dovere e non vuole stressarsi e/o incazzarsi con me ulteriormente.
- La valigia è pronta da una settimana e…-
DRIIIN!!!
Sobbalzo, spaventato dal suono improvviso del campanello. Luke deve aver avuto il sentore di qualcosa così, preoccupato, si affretta a chiedere se va tutto bene, sentendolo pericolosamente vicino al collasso nervoso.
Mi riprendo, assicurandogli che non c’è nulla che non va e che hanno semplicemente citofonato sebbene non stia aspettando nessuno in particolare.
- No, Luke, saranno o Emma o mia madre. Cerca di calmarti e non farti saltare le coronarie e…-
- Ciao-
A questo punto cerca di non farti saltare le coronarie tu
Dimmi che non ho iniziato ad avere le visioni
No, no, ti assicuro che è lei… a quanto pare le colleghe sono riuscite a farla ragionare!
Colleghe?
Il segreto professionale mi vincola al riserbo
Idiota!
Quando sono andato ad aprire la porta tutto mi aspettavo meno che trovarmi di fronte lei.
Mi guarda fisso negli occhi, nessuna ombra di imbarazzo nell’espressione, se ne sta lì, tutta impettita e imbacuccata con una determinazione sul volto che non pensavo di averle mai visto addosso. In realtà, non credevo l’avrei mai più rivista e, invece, ancora una volta, ecco che torna a sorprendermi mentre nel petto il mio cuore ruggisce felice ed emozionato come non era da tempo.
Rimango imbambolato, con la mano artigliata alla maniglia della porta per paura che il mondo possa crollarmi addosso da un momento all’altro tanto che è lei a infrangere il momento di stasi facendo un passo avanti, costringendomi ad abbandonare l’appiglio sicuro, chiudendosi la porta alle spalle. Si toglie cappello, sciarpa e cappotto senza smettere di puntare lo sguardo dritto nei miei occhi, parlandomi, penetrandomi, spogliandomi lentamente di ogni cosa, anche di me stesso.
E mentre la voce di Luke si fa più insistente attraverso il telefono, non c’è tempo di dire o fare nulla perché Berenice è sulle mie labbra, vorace, libera, esuberante, mozzandomi il respiro, congelatosi nella gola, mentre il suo profumo di latte e cereali, di casa, scalza qualsiasi altro odore o suono, insinuandosi dentro di me.
S’è fermato tutto, solo lei si muove, unica fonte di energia rimasta nel luogo.
Afferra i miei capelli e avvicina il mio viso al suo, il bacio a farsi sempre più profondo, costringendomi a piegarmi e ad indietreggiare, intrappolandomi per paura che le sfugga, terrorizzata che qualcosa possa interrompere l’idillio.
Luke inizia ad urlare, seriamente allarmato e, in tutta risposta, avverto le labbra di Bernie schiudersi in un sorriso divertito e compiaciuto. Si scosta da me, costringendomi a mugolare quasi di dolore, cosa che so per certo la stia eccitando ancora di più, e, con estrema delicatezza, mi sottrae il telefono dalla mano, accostandoselo all’orecchio senza smettere di dedicarsi a me, con le mani, con gli occhi, con il suo corpo premuto contro il mio.
- Adesso Tom non può parlare…-
La sua risata trilla nell’aria – Te lo giuro Luke, te lo riconsegnerò immacolato…-
Mi guarda maliziosa.
- Più o meno-
Chiude il telefono e me lo ripone nella tasca dei jeans con un movimento lento e sinuoso che mi fa avvampare, riavvicinandosi al mio viso e sollevandosi in punta di piedi; sento il suo respiro incontrare il mio, le labbra così vicine da gettarmi pericolosamente vicino alla linea di non ritorno…
- Che significa?- Esalo sulla sua bocca, premendo le mie mani sui suoi fianchi snelli, insinuando le dita a lambirle la pelle, sentendola rabbrividire.
- Niente - Afferma decisa, prendendo, con piacevole sorpresa, a sbottonarsi la camicetta in modo estenuante, strappandomi un sospirp di piacere – Sto solo iniziando a riprendere possesso di ciò che è mio, Hiddleston-
Hiddleston…
Hiddleston sulle sue labbra…
Hiddleston su ogni lembo di lei…
La bacio.
La bacio con veemenza, rabbia, cieco desiderio.
La bacio con violenza.
I nostri visi cozzano dolorosamente, i miei denti affondano nella polpa morbida della sua bocca, lasciandosi dietro di sé un lieve gusto di sangue che mi annulla. Su di lei, sulla sua pelle, mi estinguo come spirito e rinasco come carne, solo corpo e senso e sentimento e emozione e niente altro.
Per i fianchi, la isso contro il mio petto, avvolgendola con le braccia mentre Bernie intreccia le gambe dietro la mia schiena, aggrappandosi a me come bisognosa di tornare a respirare dopo mesi di apnea perenne, torturandomi il viso, ringhiando quasi feroce.
Quanto mi è mancata…
 
 
 
***
 
 
Quando abbiamo fatto l’amore la prima volta è stato vorace: mordere, stringere, succhiare, baciare…
C’era tutto in quell’incontro frenetico di corpi, c’era eros e c’era thanatos, perché volevamo tornare a vivere morendo l’uno nell’altra, uccidendo la distanza, negando il passato.
E’ stato tutto un immenso gioco di ritmi discordanti, di spasmi urlati e strozzati, spinte e affondi micidiali, pronti a penetrare la carne lì dove si fa più debole e attenta.
Non c’è stata finezza, non ci sono stati passaggi raffinati, solo noi due e la nostra voglia, la voglia di riappropriarci l’uno dell’altra, la voglia di tornare a vivere e a respirare di nuovo.
Ho creduto che il cuore mi esplodesse perché non sapeva più su cosa porre lo sguardo, forse sull’emozione di vederlo ancora così voglioso quando credevo mi avesse dimenticata? Forse sulla scia bollente che continuava a sfregare sulla mia pelle quando il suo corpo toccava il mio? Forse la pienezza di sentirlo di nuovo dentro di me, a riempirmi, a colmarmi e a darmi il dono, solo per quell’attimo, di poter divenire un essere umano finalmente pieno, finalmente integro? O, forse, l’amore liberato dalla cenere della lontananza e della rabbia?
Ho ruggito, tutto di me ha ruggito.
Quando abbiamo fatto l’amore la prima volta è stato totalizzante, egoista, solipsistico, solo mio e solo suo: ma, in quella parvenza di solitudine, siamo stai io e lui, insieme.
 
La seconda volta abbiamo fatto l’amore ad occhi chiusi: è stato un lento, delicato e intimo assaggiarci. Tom si è riappropriato del mio corpo ed io del suo.
Abbiamo lasciato che i sensi si impadronissero di noi ma con calma, con una cura estrema ed attenta, saggiando le vallate disegnate e le sinuose colline della pelle. Abbiamo goduto della nostra reciproca presenza, con coscienza ci siamo conosciuti e riconosciuti in quegli atti che erano nostri e solo nostri, riprendendo possesso del respiro che si mischiava e dell’odore unico e inconfondibile nato unicamente perché eravamo e io e lui.
Ho asciugato le sue lacrime, Tom a baciato via le mie; Tom ha leccato le mie risate, io ho bevuto il suo sorriso felice; io ho nutrito il mio ventre del suo sapore, Tom ha inspirato la mia voglia di lui. Ci siamo fusi l’uno nell’altra, ricevendo senza chiedere, indagando i nostri corpi con solerzia e minuzia, come se il tempo si fosse posato su noi due, fermandosi per una volta, senza correre, senza fretta.
Abbiamo profuso amore, attenzione e gentilezza con generosità e con altrettanta generosità ne abbiamo ricevuto, affondo dopo affondo, angolo dopo angolo, senza fermarci, senza stancarci di prendere coscienza di ogni singola piega, di ogni più minuto lembo che possedevamo.
La seconda volta abbiamo fatto l’amore con i sospiri, abbondando e prodigando tutto quello che entrambi avevamo da darci, con le parole diventate carne.
 
Poi venne la coscienza mentre facevamo l’amore con le guance tinte di rosso: e tornarono i pensieri e le parole e i perché.
E’ stato cauto, ogni cosa sembrava fatta con la paura di custodire tra le mani un cristallo pregiato e fragile, pronto a sgretolarsi al nostro tocco. Ci siamo guardati per tutto il tempo e per tutto il tempo abbiamo provato la dolce timidezza delle nostre azioni, consapevoli di ciò che avevamo fatto.
Mi è sembrato quasi di tornare un fiore puro, tinto di bianco, perché ci siamo saggiati come fossimo due giovani vergini senza esperienza, con paura, con trepidazione, con quell’eccitazione nascosta dal pudore. Eppure, anche così, non avrei potuto trovare emozione più bella perché, finalmente, eravamo di nuovo presenti, e lui ed io, in tutto il nostro essere: abbiamo fatto l’amore per riconoscerci. Ci siamo specchiati vicendevolmente mentre ci toccavamo, il mio bacino che si muoveva al ritmo del suo, la sua bocca che seguiva la lenta danza della mia.
E l’ho sentito tutto, ho provato, infine, l’emozione di assaggiare la pienezza di una vita dentro di me, ritrovandolo nelle piccole attenzioni con cui cercava di non pesarmi addosso e riscoprendomi nel vederlo sussultare esattamente quando e come lo volevo io. Eravamo due vergini che facevano l’amore come se fossero stati sposati da tempo, senza che questo sminuisse o infiacchisse la vertigine che si apriva e si colmava nei nostri ventri.
Era giunta la coscienza e, con essa, anche la consapevolezza di essere di nuovo insieme, nel momento e nell’atto in cui meglio avevamo saputo, da sempre, esprimerci.
 
 
 
***
 
 
 
 
- Sei troppo magra- Le dico, tracciando con le dita il contorno del suo bacino ormai sporgente.
Bernie alza gli occhi al cielo, mettendo su un broncio deliziosamente adorabile da bambina – Non è vero, sono solo rientrata nel mio peso forma…-
- Certo, quattro chili fa!-
- Due e mezzo, ouch! Che fai, meni?-
Mi ribalta, invertendo le posizioni, lasciando che il suo corpo nudo aderisca al mio e poggiando il capo contro il mio petto. Le accarezzo la schiena, sentendola miagolare piano, rilassata.
- Bernie?-
- Uhmmm?-
Sospiro profondamente – Cosa significa tutto questo?-
Te, zitto, mai, eh?
Devo sapere!
Riuscirai mai a goderti un post-orgasmo senza doverti fare pippe mentali?
Berenice si alza di scatto, il viso incendiato da una scintilla di pura rabbia perché, evidentemente, al solito, la mia coscienza interiore ci ha visto più lungo di me; la vedo fare un respiro profondo, chiudendo gli occhi per calmarsi poi, piano, li riapre e li punta contro i miei, osservandomi attentamente.
- Voglio il lieto fine-
Aggrotto la fronte – Cosa…?-
- Sì, voglio il lieto fine, dato che non ho fate madrine e non posso stare ad aspettare che la Provvidenza si ricordi che esisto, ho reputato più salutare e fruttuoso iniziare a costruirmelo da me…-
Sorrido per questa frase così da lei e me la riporto al petto, invertendo le posizioni, coprendola con il mio corpo e lasciandole baci umidi su tutto il viso, facendola ridere allegra.
- Siamo diventate romantiche…- Scherzo, divertito.
- No, siamo diventate realiste, il che è diverso- Ribatte seria, il viso un poco incupito.
- Che c’è?- Chiedo preoccupato, stringendomela contro.
- Ho davvero desiderato non vederti più, ho seriamente pensato tutte le cose che ti ho detto perché sono stanca, tanto stanca: non voglio più combattere contro i mulini a vento-
- Pensi che non voglia anche io il lieto fine?-
- Ho paura che i nostri due lieti fine non combacino-
Mi alzo di scatto, come bruciato, mentre una fitta al cuore quasi mi fa gemere di dolore; la guardo allibito, quasi inorridito, tirandomi completamente a sedere e scostandomi da lei; mi prendo il viso tra le mani, sentendo qualcosa sgretolarsi dentro e fuori di me, un vetro rotto che frana ai miei piedi senza che possa in alcun modo intervenire.
Poi, d’un tratto, sento le piccole mani di lei prendere le mie, liberando i miei occhi, in cui prende a specchiarsi con un sorriso dolce ed addolorato, pieno di ogni cosa, di ogni sua emozione – Non ho mai pensato che fosse facile tra me e te, né prima né ora, ma non ho mai amato le cose facili… tu vali la pena e non mi tirerò indietro: non sarà più lo stesso, non lo è già più. Ci saranno giorni in cui ti urlerò addosso e ti chiederò di sparire dalla mia vita, ci saranno momenti in cui tutte le cose belle che provo per te si tramuteranno in odio profondo e ti insulterò come non sei mai stato insultato in vita tua ma non scapperò, non lo farò più. Le cose rotte quando sono belle si aggiustano, non si gettano via, magari non brillano più come prima ma certo mostrano i segni incontrovertibili della cura, dell’attenzione e dell’amore che ci abbiamo messo dentro. Le cose spezzate hanno un fascino tutto loro… voglio provare a scorgere quel fascino, quella meraviglia in noi, Tom-
Berenice si protende verso di me, donandomi un bacio a fior di labbra, inspirando forte il mio odore, traendomi nelle sue braccia, io che sono inebetito, congelato nei significati delle parole che mi ha detto, così belle, così vere quanto crude, cogenti, dure e concrete come pietre. Perché non potrò più avere la Bernie di prima, né il Tom che l’amava, quelli sono passati, trascorsi e non torneranno più, così, ora, lei mi sta chiedendo di provare ad amare lei, me, noi, come siamo ora, con l’incognita del futuro e la possibilità di perderci per sempre ma senza rimpianti perché, in fine, non potremo dire che non ci abbiamo provato.
E io sono disposto a lottare? Sono disposto a sostituire l’immagine che ho conservato gelosamente dentro di me con un’altra persona, senza sapere se sarò in grado di amarla? Ho paura di perderla, di perdere la scimmietta bisbetica che ho investito quasi un anno fa, la pazza che, credendo di non essere vista, si beveva la vodka per il nervosismo, la meravigliosa donna che mi ha rapito il cuore in una notte di dicembre…
E sto per dirle no, sto per ritirarmi come ho sempre progettato da che l’ho conosciuta, quando, sollevando il capo, disperato, incontro gli immensi e profondi laghi che sono i suoi occhi e mi perdo, annego ancora una volta, e penso che sì, lei ne vale la pena, la Berenice di carne che ho davanti è ciò che conta perché è il suo corpo che voglio continuare a stringere, le sue parole quelle che voglio sentire.
Lascio andare la bisbetica e accolgo Bernie, baciandola con foga, con tutta la voglia inesausta che ho di averla accanto.
- Resta da me questa notte- Le offro, mi offro, implorante.
- Hai capito quello che ti ho detto?- Chiede, un poco restia ad abbandonarsi.
- Certo-
- E vale lo stesso anche per te? Senti anche tu queste cose?-
- Ci rincorreremo: una volta inseguirai tu, un’altra io… forse ci fermeremo nello stesso punto e, quando e se accadrà, sapremo di aver avuto il nostro lieto fine. Però, adesso, ho bisogno di dormirti accanto-
Si accoccola contro il mio petto, lasciandosi cullare come una bambina, sentendo il suo corpo fremere di pianto, di agitazione, di passione e so, lo sento, che, per quanto mi riguarda, potrei anche cessare di correre, perché la mia meta è qui, tra le mie braccia.
- Ho paura, Tom- Mormora Bernie, facendosi piccola piccola.
- Non averne, scimmietta…del resto è quello che abbiamo sempre fatto noi due: fuggire e tornare. Ma adesso vieni a letto con me e riposati, ci addormenteremo abbracciati, come abbiamo sempre fatto, poi, domani mattina, scopriremo di non esserci mai veramente allontanati… andiamo ora, questa notte stiamo assieme e va bene così-
 
 
 
***
 
 
 
Apro gli occhi. Lo faccio così, bruscamente, senza che tra il sonno profondo e la veglia si inserisca un intervallo, uno scarto dolce per abituarsi nuovamente alla luce.
Un languore mi avvolge il petto nello scoprire che durante la notte Tom ed io non ci siamo mai veramente allontanati: l’uno di fronte all’altra, le mani intrecciate con fermezza chissà da quanto tempo.
“Non esserci mai realmente allontanati”, ne capisco ora il senso, molto più ampio di quello che si può credere, un significato che esula quasi del tutto dall’immediata fattività dei nostri corpi vicini perché, in realtà, abbiamo vissuto il nostro periodo di lontananza insieme, pensandoci, sognandoci e desiderandoci senza che vi fosse un giorno di pausa.
So che la voragine che avverto nello stomaco non dovrebbe esserci, è una nota sbagliata all’interno di uno spartito già immaginato e studiato; non dovrei sentirmi così vuota visto che sono riuscita a raggiungere, finalmente, la pienezza di riaverlo: razionalmente lo sento mio, inconsciamente lo avverto sfuggirmi. Magari non è lui, non è Tom in se stesso a sfuggirmi, forse è l’immagine che mi sono fatta di lui, forse, semplicemente, sto prendendo coscienza di ciò che ieri sera ho detto in un momento di slancio, perché quello che dicevo lo sentivo, era mio, ero io stessa; e allora non è vuoto o mancanza, è semplicemente l’angoscia del futuro, l’angoscia della scelta e del possibile che non si lascia afferrare perché è tutto un forse, una casualità che dipende da me e non solo da me…
Ho paura ma ho deciso di non farmi più paralizzare dalla paura, perché è meglio correre e cadere piuttosto che non correre affatto: mi sono fatta fregare troppe volte, troppe volte ho rinunciato a me stessa per paura. Adesso basta perché se continuo così non mi rimarrà più nulla e sarò costretta a rimanere fuori del mondo, ad assumere su di me un’esteriorità non più come scelta ma come necessità…
Non esiste un destino, esiste solo una concatenazione continua di atti, le cose non sono invariabili, c’è sempre la possibilità di intervenire.
Ecco perché devo assolutamente alzarmi e andare in bagno, altrimenti me la faccio addosso…
Sai, mi avevi quasi fregata, poi te ne sei uscita così e ti ho riconosciuta
Se devo pisciare…
Non cambierai mai
Per fortuna, altrimenti perderesti il lavoro
Scalcio via le coperte con impeto e zompo in piedi, stranamente sveglia e arzilla, talmente sveglia e arzilla da interrompere il sonno del piccolo Lord che, confuso, scatta a sedere sul materasso, guardandosi in torno cercando di capire quale sia la fonte del problema: con quei capelli tutti sparati e il viso stravolto sembra proprio un cucciolo d’uomo.
- Che succede?- Esclama, guardandomi con gli occhioni assonnati spalancati.
- Nulla- Dico rubandogli un bacio – Devo solo andare in bagno-
- Ah- Come se nulla fosse, Tom si rigetta di peso tra i guanciali, chiudendo gli occhi ed avvoltolandosi nelle coperte, assumendo l’aspetto di un “metapod” forma umana, facendomi ridacchiare per tutto il tempo.
Espleto i miei bisogni e mi sciacquo alla velocità della luce, tornando di tutta fretta dentro le pezze calde e profumate, accoccolandomi contro Tom e nascondendo il viso contro il suo collo; sento le sue braccia accogliermi e stringermi forte, sentendolo sospirare dolcemente e rabbrividire per il contatto ravvicinato con la mia pelle gelata.
- Una cosa che non mi è mancata di te sono proprio questi risvegli bruschi e frettolosi- Mormora con una nota di ironia nella voce impastata. So per certo che tiene ancora gli occhi chiusi.
- Ma se sono nel letto!- Ribatto
Sghignazza – Sei sveglia come un grillo: sai che per iniziare bene la giornata il risveglio è fondamentale?-
- Vuoi le coccole, Hiddleston?- Chiedo, sapendo già la risposta, prendendo ad accarezzargli il viso e a baciargli il naso.
- Sì, voglio tante coccole e tanti baci, così poi sarò più ben disposto a prepararti i pancakes…oddio! Così è troppo, no, Bernie! Mi fai il solletico, eheheheh. Guarda te che non si fa per la colazione a letto!-
 
 
- Che c’è da ridere?-
Tom ed io siamo ancora nel lettone, come vuole lui, due vassoi colmi di dolci e caffè, uno per uno. Affamata come ero ho concesso la mia esclusiva attenzione al cibo che, effettivamente, mi ha preparato e portato; lui, da bravo inglesuccio quale è, dopo aver finito il suo leggero passo, ha inforcato gli occhiali sottili e si è messo a leggere il giornale sul tablet, sorseggiando il suo caffè con aria alquanto aristocratica.
Mi sembra di essere finita in una di quelle sit-com in cui marito e moglie vengono inquadrati in uno di quei momenti così intimi e personali che, anche se la qualità della recitazione risulta pessima, tuttavia sono di una dolcezza così genuina da non poter non essere ritenute “belle”, anche se a modo loro.
Mi sporgo verso di lui, aggiustandogli gli occhiali sul naso e lasciandogli un bacio allo sciroppo d’acero sulla guancia – Sei molto buffo-
Tom sorride teneramente, forse, anzi sicuramente, ha colto la magia di questo momento così nostro, così piacevolmente nostro da renderci molto più rilassati e aperti al mondo. Sappiamo che non sarà sempre così, siamo entrambi consapevoli dell’impresa in cui ci siamo imbarcati tuttavia, per ora, le nubi sono passate e possiamo goderci il momento in tutta tranquillità.
Direi che mi ci potrei abituare a tutto questo, a risvegliarmi con lui, a fare colazione con lui, ad osservarlo quando è Tom “essere-umano” con i suoi capelli scombinati, i suoi occhialetti da professorino e il suo pigiama un po’ da collegiale che però lo rende, ai miei occhi, estremamente sexy. Vorrei quasi mandare a quel paese tutto quello che ho detto la sera prima ma so che non sarebbe una mossa saggia perché ogni cosa è mediazione, ogni attimo è essenziale nella totalità del processo e se voglio che tutto questo divenga realtà permanente occorre lavorare di pazienza.
- Devo partire tra poco, tornerò a fine mese ma non sarò stabile almeno sino a metà novembre- Afferma lui, osservando le mie reazioni con sguardo indagatore.
- Ci siamo giocati proprio il periodo migliore con la mia partenza, vero?-
- L’ho pensato spesso però, alla fine, se tu vuoi giocare io voglio giocare. Mi pare abbiano inventato i telefoni, o sbaglio?- Dice ridendo, citandomi quasi alla lettera.
- Ah, ah, molto spiritoso- Borbotto io, incrociando le braccia al petto, fingendomi offesa.
Senza che neanche riesca a rendermene conto, con un movimento svelto e preciso, Tom sposta entrambi i vassoi, lasciando libero il letto e prendendomi tra le braccia, premendomi sul materasso con il suo corpo.
- E’ un modo velato per dirti che avevi ragione. Non sei stata tu a sciupare il nostro “periodo migliore” ma il sottoscritto. Non ti lascio andare più, Bernie, fosse per me, a questo punto, ti chiederei di mandare a puttane il “periodo di prova” e ricominciare, subito, adesso – Mi guarda, sondando i miei occhi – Ma non lo farò, perché non sarebbe giusto, perché dobbiamo imparare a conoscerci veramente. Non siamo pronti, ci sono delle cose, poi, che devo risolvere…-
Risolvere!? Chi cazzo è la stronza?
Sì, infatti, chi è l’ “usurpatrice”?
Volete stare calme voi due! Ti vorrei ricordare, Bernie, che anche tu ti sei lasciato uno alle spalle e lo hai fatto solo e unicamente perché te ne sei tornata a Londra
Lolì, la mandiamo affanculo insieme?
Con piacere!
- Ah- Sillabo io, sentendo lo stato di grazia sfuggirmi inesorabilmente dalle dita.
- Una frequentazione, Bernie. Non fare quella faccia, non dirmi che tu sei rimasta illibata- Mi rimprovera Tom, indurendo lo sguardo e aumentando la pressione delle sue mani su di me.
- No, infatti. Se stavo ad aspettare te potevo benissimo farmi suora- Sibilo con cattiveria. So perfettamente che ha ragione però non ho mai nascosto di essere gelosa, anzi, da brava impulsiva passionale sono l’emblema e l’apoteosi della gelosia, pertanto non riesco a controllare la rabbia che sta cominciando a serpeggiare nelle mie vene, come un veleno, dritta al cuore.
- Perché devi essere così crudele? Mi pare di averti appena detto quale sia la mia scelta-
- Con il gioco delle scelte sono rimasta fregata più di una volta-
Alza gli occhi al cielo, ora visibilmente alterato – Non ricominciare con il paragonarmi agli altri, per favore, ti imploro se vuoi. Ho detto che mi impegnerò con te, per farlo, però, convieni anche tu che debba mettere a posto delle cose: sei tornata nella mia vita da pochissimo, non pretendere il cielo. E poi, voglio essere sincero al cento per cento. Potevo benissimo non dirti nulla e mettere un punto alla questione senza che tu te ne accorgessi, però ti rispetto e ti…ti ho tanto cara e desidero, con tutto me stesso, che vada bene perché voglio il lieto fine con te, solo con te-
Bacialo!
Che?
Ho detto bacialo…
Ha detto “ti ho cara” e che so’, Jane Austen?
Risguinzaglio la Cornacchia…
Alla fine lo bacio.
 
 
 
  
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