Storie originali > Soprannaturale > Vampiri
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Autore: lapoetastra    12/02/2015    3 recensioni
Un vampiro.
Un passato da dimenticare.
Un presente da vivere.
Una promessa da mantenere.
Genere: Drammatico, Horror, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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< Mi… mi dispiace per il vostro bambino >, mormorò Donald, e Joseph si ritrovò per la seconda volta a sbattere le palpebre confuso, riscuotendosi dai ricordi che gli avevano dominato la mente.
< Anche a me >, sussurrò in risposta.
< Dai Georgie, vai dentro, adesso. Fa sempre più freddo qui fuori >, sentì poi dire l’uomo rivolto al piccolo, che lo guardava ancora con gli occhi lucidi per la febbre spalancati.
Il fanciullo annuì, e dopo aver accennato un timido saluto a Joseph trotterellò un po’ traballante all’interno della casa.
< Ha la febbre gialla anche lui >, confidò Donald, piano, come se dicendolo più ad alta voce avrebbe significato accettarlo definitivamente.
Joseph rimase interdetto, fermo, immobile come una statua di marmo.
L’unico gesto che la sua mano fredda riuscì a compiere fu di accarezzare la spalla dell’uomo quando egli scoppiò in un pianto a dirotto, angosciato e privo si speranza, esattamente come quello che aveva fatto trascorrere a lui lunghe notti insonni, tempo prima.
Il vampiro avrebbe voluto piangere con l’anziano uomo, ma le lacrime non volevano arrivare.
Probabilmente le aveva consumate tutte al capezzale di Rickon.
< Le cure… le cure sono troppo costose >, balbettò tra i singhiozzi Donald, quasi a voler giustificare la sua impotenza di fronte alla lenta ed inesorabile decadenza fisica del figlio.
Joseph sussultò.
Non si era ricordato, sul momento, che gli anni erano trascorsi e che la medicina aveva fatto straordinari progressi, nonostante le cure per le malattie più gravi fossero riservate soltanto ai più abbienti.
E Donald di certo non lo era.
Joseph lo fissò a lungo negli occhi, quegli occhi spenti e grigi, e si congedò da lui, promettendogli che tutto sarebbe andato per il verso giusto e che non doveva preoccuparsi di niente.
Scomparendo nel buio della notte che ancora ammantava il piccolo borgo, sorrise.
Aveva giurato, tanto tempo prima, che qualcuno avrebbe pagato per la morte del suo adorato Rickon.
Ed ora era giunto il momento di rispettare quella promessa.
Solo che non avrebbe vendicato il figlio.
Ancora meglio.
Lo avrebbe riscattato.
E poi sarebbe stato libero, libero finalmente di unirsi a coloro che più amava al mondo.
Una volta tornato a casa, costituita ancora dal lussuoso palazzo nel quale aveva da sempre abitato con la famiglia, prese un grosso borsone con le toppe che trovò in un armadio semidistrutto e lo riempì fino a renderlo traboccante.
Una volta terminata l’operazione, uscì nuovamente nella cittadina appena illuminata dalla luce tenue e rosata dell’alba.
 
 
Quella mattina, Donald si svegliò di buon’ora.
Dopo aver baciato dolcemente la fronte sudaticcia di Georgie, ancora addormentato, e le morbide labbra della moglie, uscì di casa.
La giornata si prospettava tiepida e soleggiata, perfetta per andare alla ricerca di buon pesce fresco da mangiare e vendere al mercato cittadino.
Ma non fece neanche in tempo a varcare la soglia che inciampò su qualcosa che gli bloccava la strada.
L’uomo sussultò, guardando in basso.
Ai suoi piedi c’era un borsone.
Enorme.
Liso e scolorito, come se avesse almeno cento anni.
Lo aprì, incuriosito, e rimase a bocca aperta dallo stupore.
Era pieno, completamente ricolmo di monete d’oro, luccicanti e brillanti come diamanti alla luce accecante del Sole mattutino.
Donald lo prese, con mani tremanti.
Era pesante.
Ed era per lui.
Non c’era ombra di dubbio, perché l’aveva trovato sulla porta di casa, e nessuno poteva averlo perso lì.
Doveva essere il dono di qualche benefattore, venuto a conoscenza della condizione precaria della salute del suo bambino.
O forse di un angelo.
O magari di tutti e due insieme.
Non gli importava.
Riusciva solo a pensare che c’era ancora speranza, che avrebbe potuto permettersi le cure per salvare la vita di Georgie.
Con le lacrime agli occhi dalla gioia e dalla sorpresa, Donald rientrò nella sua misera dimora, per condividere con la famiglia la straordinarietà di quel miracolo così gradito ma allo stesso tempo così inaspettato.
Nella sua allegria assolutizzante, non si accorse di ciò che c’era accanto al borsone, sul terreno freddo.
Non che si vedesse chiaramente, in realtà.
Ma c’era un mucchietto di cenere grigia, che già stava iniziando a disperdersi nell’aria primaverile.
Era tutto ciò che rimaneva di colui che aveva finalmente espiato la sua colpa più grande: quella di non essere a riuscito a salvare il proprio bambino.
Ora, però, aveva rispettato il suo giuramento ed evitato che quella immane tragedia capitata a lui anni ed anni prima si ripetesse, spezzando il cuore di un padre e rapendo la vita di un fanciullo innocente.
Era la cenere di un benefattore.
O forse di un angelo.
O magari solo di un vampiro.
   
 
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