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Autore: La_Sakura    12/02/2015    7 recensioni
Una notte, una madre, una figlia, un album di foto che ripercorre i ricordi vissuti fino a quel momento, pagine bianche da riempire coi ricordi che verranno. L'amore materno, l'amore fraterno, l'amore che fiorisce e quello che non trova pace. Ali spiegate verso il grande cielo, fiori di ciliegio che riempiono l'aria.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Natsuko Ohzora/Maggie Atton, Nuovo personaggio, Taro Misaki/Tom, Tsubasa Ozora/Holly
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Sakura no sora - my personal universe'
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«Oh, mi ricordo bene il giorno in cui sei tornata a casa dicendo che Misaki ti aveva chiesto di uscire.» ridacchia, e io, come sempre quando si parla di lui, mi sento avvampare, e mi manca quasi il respiro.
«Non capisco perché vi divertiate tanto a prendermi in giro, proprio voi che siete la mia famiglia.» e con voi intendo lei, papà e Tsubasa.
«Perché quando si tratta di lui arrossisci come una dodicenne, Sacchan. E sei molto bella.»
Abbasso lo sguardo e sorrido imbarazzata, non mi sono mai considerata bella: carina, simpatica, divertente magari, ma bella proprio no.
La vedo soffermarsi su una pagina in particolare, e quando mi allungo curiosa, scopro che sono le foto della nascita del piccolo Daichi. Sento le mie labbra che si allargano automaticamente in un sorriso carico d’affetto mentre vedo la foto di lui nella culla, appena nato, che stringe le manine a pugno e pare sul punto di piangere disperato.
«Questo sì che è stato un evento inaspettato.» mormoro, mentre scorro le foto scattate in ospedale.
«Ma opportuno.» aggiunge mia madre, e poche pagine dopo si blocca sulla foto della mia partenza. Sento una morsa che mi stringe il cuore, ma mia madre mi accarezza una mano e mi sorride dolcemente.
«Hai fatto bene, Sakura, non sentirti in colpa. Hai avuto un’occasione unica e l’hai colta, sarà molto importante per il tuo futuro.»
Annuisco, stringendole la mano e appoggiando la testa sulla sua spalla. 
 
Il professor Yamamoto, il docente di francese, mi ha convocata nel suo ufficio: sono un po’ in ansia ma ho la coscienza abbastanza pulita, i miei voti in francese sono eccellenti.
«Avanti. Ah Ozora, la stavo aspettando. Prego si accomodi.»
Mi siedo di fronte a lui e rimango rigida in attesa di sentire ciò che mi vuole dire, mentre con le mani stringo l’orlo della gonna scarlatta della mia divisa.
«Il suo ultimo compito in classe è stato impeccabile.» osserva, ripescandolo dalla sua cartellina.
«Grazie, Yamamoto-sensei.»
«Lei è al corrente del fatto che nella nostra scuola è possibile fare degli scambi?»
«Scambi? Di che tipo?»
«Frequentare il penultimo anno di scuola all’estero.»
Il mio cuore si è fermato per un attimo, ho percepito il contraccolpo.
«All’estero?» mormoro, ancora incredula.
«Lei partirebbe a fine agosto, e rientrerebbe a giugno dell’anno successivo, giusto in tempo per riprendere i corsi dell’ultimo anno e sostenere gli esami.»
Sono ancora incredula e osservo il professore con la bocca spalancata: lui sorride e mi allunga un opuscolo. Abbasso lo sguardo giusto in tempo per leggere Paris e la voce mi muore in gola.
«Kami…»
«Ho intenzione di mandarla a Parigi, Mademoiselle Ozora. Se non sbaglio si è già recata là quando ha accompagnato suo fratello al torneo di calcio.- annuisco tenendo gli occhi fissi sull’opuscolo, ipnotizzata dalla Tour Eiffel e dal Sacré-Coeur –Di tutti i miei studenti, lei è certamente la più meritevole. Non manderei nessun altro.»
Deglutisco a fatica mentre apro il depliant e inizio a leggere avidamente le informazioni sulla ville Lumière, uno dei posti che amo di più al mondo.
«Sono onorata, Yamamoto-sensei… ma devo parlarne con i miei genitori.»
«Su questo non ci piove!- esclama ridendo –Ma dati i suoi voti, sarebbe un peccato non cogliere quest’occasione. Noi le garantiamo la sistemazione presso una famiglia francese e l’iscrizione al migliore istituto superiore. Lei dovrà solamente andare a scuola e impegnarsi a fondo.»
Alzo gli occhi verso il professore, che mi sorride conscio di avermi già convinto a partire. Questa proposta non poteva capitare in un momento migliore, non me la lascerò scappare!
 
«Io adoro Daichi, ma in quel momento mi sentivo… soffocare. Avevo bisogno di andarmene.»
Mamma annuisce, ben sapendo che c’entrava pure Taro in quella decisione: ero convinta che il mio rapporto con lui fosse in stallo, e credendo che un periodo di riflessione facesse bene a entrambi, avevo scelto di andarmene.
«Paradossalmente Tsubasa è stato quello che ha reagito peggio, alla notizia della tua partenza. La vostra litigata è stata epocale.»
«Ero furibonda: lui era partito per il Brasile a tempo indeterminato, e si lamentava della mia scelta di frequentare un anno di scuola all’estero.»
«Credo che riversasse su di te il suo senso di colpa per aver abbandonato la famiglia: gli è dispiaciuto non essere vicino a Daichi durante i suoi primi anni di vita.»
«Gli ho dato dell’egoista maschilista… credevo facesse quel discorso perché sono una donna.»
«Ad ogni modo, penso che quella discussione abbia giovato ad entrambi.»
Guardo mia mamma con aria scettica, mentre lei si alza per prendere un pacchetto di pop corn dalla credenza per poi aprirlo e sistemarlo sul tavolo. Inizio a mangiucchiare, consapevole che quello spuntino notturno ammazzerà il mio riposo.
«Sakura, hai notato come hai forgiato il tuo carattere lontana da tuo fratello?»
Rimango con la manciata di pop corn a mezz’aria, mentre cerco di capire dove vuole andare a parare.
«Se n’è andato che avevo 14 anni, età dello sviluppo e dei cambiamenti.»
«So che non vuoi sentirtelo dire, ma fino a quel momento hai vissuto nella sua ombra.»
«Mmh..»
«In parte è stata anche colpa mia, ho permesso che lui diventasse il tuo faro, il centro del tuo mondo. Per te non era solo il fratello maggiore, era il tuo confidente, il tuo migliore amico, il tuo tutto. La sua partenza ti ha destabilizzato, ma ha anche fatto sì che la vera Sakura uscisse dal guscio e dicesse “Ehi, ci sono anch'io. Mi chiamo Ozora ma non sono Tsubasa.”»
Lo so che mia mamma ha ragione, quindi non dico nulla e scelgo la via del silenzio. Lei sorride, sapendo di avermi fatto capire come stanno le cose: sfoglia un’altra pagina e ci ritroviamo immerse nei miei ricordi parigini.
«Hai attaccato le foto che ti spedivo?»
«Certo! - conferma, entusiasta - Eri meravigliosa: guarda com’eri serena e sorridente.»
«È stata davvero un’esperienza fantastica. La famiglia Deville mi ha trattato come se fossi stata una figlia. Senza contare le persone che ho incontrato…»
 
L’aeroporto Charles de Gaulle è immenso, e all’improvviso sento un senso di angoscia impossessarsi di me: e se non ci fosse nessuno ad attendermi? E se fosse una famiglia di pazzi furiosi? E se…
Prendo la mia valigia e con decisione mi dirigo verso l’uscita: il controllo passaporti mi ha portato via una buona mezz’ora e non voglio far attendere oltre la mia famiglia ospitante.
Osservo la ressa cercando un cartello che contenga il mio nome, o il nome della mia scuola, quando in lontananza scorgo una signora bionda che parla con un signore alto e moro: costui ha in mano una cartellina con su il nome della scuola che devo frequentare, così mi dirigo verso di loro a passo deciso.
«Buongiorno.- li saluto, con la voce tremante –Sono Ozora Sakura. Lei è Monsieur Verdier?»
«Ben arrivata!- esclama l’uomo allungando la mano verso di me –Spero che il viaggio sia andato bene.»
Annuisco e rispondo alla sua stretta nel modo più deciso possibile, per non lasciar trapelare la mia ansia.
«Ti presento subito Madame Deville: sarà la tua mamma adottiva per quest’anno scolastico.»
Mi inchino verso di lei e la vedo sorridere, così mi ricordo che non siamo in Giappone e mi sollevo immediatamente, arrossendo.
«Non ti preoccupare, ti adatterai molto presto agli standard europei.» mi dice, facendomi l’occhiolino.
Li seguo fuori dall’aeroporto, continuando a guardarmi intorno ancora incredula per l’esperienza che sto vivendo: tutto mi sembra così magnifico, i colori, gli odori, il cielo terso senza nubi…
 
«Madame Deville è stata una magnifica mamma adottiva: mi aveva imposto ferree regole che però sono servite.»
«In fondo dovevi trattarla come una madre, no? È stato giusto così.»
«Ammettilo: quando ti ho parlato delle regole un po’ sei stata contenta.»
«Eccome! - ammette mia madre - Aiutare in casa e andare bene a scuola erano cose che facevi già. Ma il fatto di guadagnarsi piccole “promozioni” facendo lavoretti extra, beh, quella è stata un’idea geniale.»
«Già, tipo la scheda telefonica per l’estero, o le uscite… però hai ragione, quando ottenevo quelle cose ero fiera di me stessa.»
«Devi esserlo: sei cresciuta. Non è da tutti compiere un passo di quel tipo.»
«Solo noi Ozora…» mormoro, tornando indietro di una pagina nell’album e fissando una foto che ritrae me, Tsubasa e Daichi in spiagga a San Paolo.
 
«Quindi parti… sei decisa.»
«È già tutto pronto. - asserisco, fissando Daichi che gioca con la sabbia - Devo solo aspettare che arrivi la data stabilita.»
«Sei nervosa?» mio fratello si siede accanto a me sul bagnasciuga e inizia a fissare un punto indefinito all’orizzonte.
«Altroché, ma sono anche tranquilla. Avrò un referente, là, Monsieur Verdier, e la famiglia presso cui alloggerò è una di quelle storiche, da quando hanno iniziato gli scambi.»
«Mi spiace aver alzato la voce con te, sorellina…»
«E a me dispiace averti dato dell’egoista… - rispondo a mia volta appoggiando la testa sulla sua spalla, mentre Daichi si avvicina a noi e ci porge le formine piene di sabbia - So che non lo sei, e che per te è pesante stare lontano da noi.»
«Da te no, da lui sì!» mi prende in giro, fingendo di mangiare la sabbia nella formina e ruotando il dito più volte sulla guancia per far capire al nostro fratellino che ha “gradito lo spuntino”.
«Stupido.» rispondo, dandogli una leggera gomitata.
Mi perdo anch’io ad osservare l’orizzonte e la mia mente vaga, così non sono sicura della domanda che mi ha posto mio fratello.
«Mh?»
«Taro. Taro Misaki.» ripete con più convinzione. Arrossisco, è strano come quel nome mi provochi sempre questa reazione, e cerco di dissimulare il mio disagio.
«Sta bene, ti saluta.»
«Sacchan…»
Riconosco il tono di rimprovero, così abbasso lo sguardo sulla sabbia su cui sono seduta e mi mordo il labbro inferiore.
«Non capisco come mi devo comportare per far funzionare la cosa…»
«State insieme?»
La domanda a bruciapelo di mio fratello mi spiazza.
«Da quando sei così diretto?»
«Devo esserlo, altrimenti con te non cavo un ragno dal buco. Allora?»
«Ma tu con lui non ci parli? Non è il tuo migliore amico?» arrossisco mentre con le dita inizio a disegnare cerchi nella sabbia.
«Ti imbarazzi a parlare con me? Con il tuo fratellone? Col primo a cui hai confidato la tua cotta?» scoppia a ridere divertito, e io sono qui a sperare che un’onda anomala arrivi e mi trascini via.
«Mi imbarazzo a parlare di ‘ste robe, Tsu… tu di Sanae non me ne parli mai.»
Ho colpito nel segno, ma lui dissimula l’imbarazzo con una scrollata di spalle:
«Tra noi va tutto bene, cerchiamo di vivere la cosa in maniera serena. Ci vogliamo bene.»
«Pensi che un giorno la sposerai?»
Lo sento sospirare con lo sguardo perso nel vuoto.
«Wow… mi sa che sei proprio cotto a puntino.»
«Ma non stavamo parlando di te??» esclama all’improvviso, tornando coi piedi sulla Terra, e io mi rendo conto che non posso più sviare: sembra un caprone, ma dal punto di vista sentimentale è messo meglio di me.
«Non so, cioè… vado agli allenamenti, torniamo a casa insieme… ogni tanto usciamo a prenderci un gelato, da soli o in compagnia della squadra…»
«Vi siete baciati?»
«Tsubasa!» urlo, e stavolta mi sento proprio avvampare per l’imbarazzo. Daichi, sempre seduto vicino a noi, ripete il nome del fratello maggiore senza distogliere l’attenzione dalle conchiglie.
«Allora?» mi incalza.
Annuisco, e lui sorride.
«Però… - aggiungo, cercando le parole per spiegargli ciò che è successo - quando gli ho parlato di Parigi, ha reagito in maniera… distaccata.»
Lui si fa serio e mi osserva.
«Credevo che sarebbe stato entusiasta della cosa e invece mi ha solo detto che sarebbe stata una bella esperienza e un ottimo biglietto da visita nel mio curriculum.»
«Non vuole che tu parta.»
Dici così perché hai parlato con lui? Dimmelo, Tsu… dimmi che hai parlato con lui e non vuole che io me ne vada… ti ha detto che mi ama? Che vuole stare con me?
«E tu che ne sai…» dico infine, scoraggiata.
«Sono o non sono il fratello maggiore? Quindi sono anche quello più saggio!»
Si volta verso di me e mi fa l’occhiolino: gli sorrido, e lo abbraccio forte, facendogli perdere l’equilibrio. Scoppiamo a ridere volando lunghi distesi sul bagnasciuga: Daichi non perde tempo e ci raggiunge, appoggiandosi anche lui su di noi.


Devo ammettere che il pezzo della spiaggia, dei tre fratelli Ozora, alla vigilia della partenza di Sacchan, è uno dei miei preferiti. La famosa quiete DOPO la tempesta, dopo le litigate causate dalla scelta di lei di mettersi in gioco. 
Bisogna capire, nel rapporto tra Sakura e Tsubasa, che lui non è per nulla abituato a una sorella che commetta dei colpi di testa. La Sacchan che conosce lui è la classica giapponesina, brava a scuola, ubbidiente, eccetera, eccetera. Ma non ha fatto i conti con la sua voglia di vivere. Vede tutti, attorno a lei, che prendono decisioni che li indirizzano verso il loro futuro. Lei, al momento della partenza per Parigi, ha quasi 17 anni e non ha mai puntato i piedi per ottenere qualcosa, non sa nemmeno di preciso cosa vuole dalla vita. Ma per la prima volta in vita sua, SA che andare a Parigi è la cosa giusta per lei, anche se la reazione di Misaki non è quella idilliaca che si aspettava. 
Sulla reazione di Taro non mi dilungo, verrà il momento di parlarne ^^ 
Ora vi lascio, ho scritto fin troppo! Grazie come sempre di seguirmi, la mia Sacchan vi è grata :* e anch'io lo sono 
Sakura
   
 
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