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Autore: Clairy93    13/02/2015    10 recensioni
[Seguito di “Mi avevano portato via anche la luna”]
Trieste. 1950.
La guerra è terminata ma quella di Vera Bernardis è una battaglia ben più difficile da superare. E’ sopravvissuta all’abominio dei campi di concentramento, è divenuta un’acclamata scrittrice e ora ha una famiglia a cui badare.
Ma in certi momenti quel numero inciso sulla sua carne sembra pulsare ancora e i demoni del suo passato tornano a darle il tormento.
Situazioni inaspettate sconvolgeranno il fragile mondo di Vera ponendo in discussione ogni cosa, anche se stessa.
Genere: Drammatico, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Olocausto, Dopoguerra
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Mi avevano portato via anche la luna'
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Calcolare per quanto tempo io abbia percorso avanti e indietro la mia stanza, sarebbe un’impresa.
E’ notte fonda. Il silenzio avvolge ogni cosa con il suo manto invisibile.
Viene interrotto solo dal cigolio prodotto dai miei passi sulle assi di legno.
Da quando mi sono rintanata nella mia camera, ho camminato così tanto che temo di aver lasciato i solchi sul pavimento.
Sembrava l’unico modo per scacciare la tensione.
Sdraiarmi sul letto e provare a riposare? Impossibile.
All’improvviso mi trovo nella più totale oscurità.
Si è consumata l’ennesima candela. Apro il tiretto per accenderne un’altra ma mi fermo.
Il buio non è poi così male.
Forse perché l’oscurità della notte pare in sintonia con il mio stato d’animo.
Ho sbagliato tutto.
Mi sono fiondata qui, egoista e pretenziosa, sottovalutando quanto male io abbia inconsapevolmente procurato. Come biasimare Massimo, per aver pronunciato quelle parole di veleno.
Sfinita, crollo sulla poltroncina di vimini accanto al comodino e mi abbandono sullo schienale.
Socchiudo gli occhi, giusto per un attimo, non più in grado di reggere al peso delle mie palpebre.
Quando le riapro, una palla di fuoco ferisce con i suoi fasci luminosi i miei occhi.
E’ già mattina.
Mi sistemo sulla sedia, massaggiandomi la schiena indolenzita.
La ragione che m’incita ad alzarmi da questa poltrona, è il dolce pensiero di rivedere presto il mio Tommaso.
Lavo rapida il volto impastato di sonno e lacrime, poi scendo al piano di sotto.
“Oh buongiorno Vera! Dormito bene?”
Amelia mi accoglie con una tale esuberanza che quasi mi infastidisce. Ma provo comunque a mostrarmi cordiale, ignorando l’insopportabile torcicollo.  
“Caffè?” mi offre lei, porgendomene una tazza fumante.
La afferro quasi con bramosia, inalando l’aroma caldo ed invitante.
Mi siedo al tavolo, ammirando lo splendido spettacolo fuori dalla finestra. Il sole inonda con i suoi raggi la campagna circostante, creando incantevoli giochi di luci ed ombre.
Dischiudo gli occhi, mentre una brezza leggera sfiora il mio viso. Sento l’odore dell’erba fresca, del pane tostato, del caffè.
Sa di cose buone.
Sa di casa.
Vedo mia madre…e papà accanto a lei. Poi c’è la zia Baba… E anche Tommaso, accanto alla gonna della nonna che non ha mai potuto conoscere…
Avverto gli occhi inumidirsi e subito li spalanco, pervasa da un senso di logorante nostalgia. E di paura, per essermi abbandonata così spontaneamente tra i ricordi, quando mi sono imposta tante volte di non farlo.
“Amelia.” la chiamo, e lei si volta inquieta, forse cogliendo l’insolito tremolio nella mia voce “Quando può accompagnarmi in stazione?”
“Ma oggi è domenica cara!”
“Non capisco...”
“Non scendo in città di domenica.” risponde lei, con ovvietà disarmante “Il panificio è chiuso.”
Vorrei ribattere, ma le parole muoiono sulle mie labbra non appena scorgo Massimo entrare in cucina con passo fiacco, fregando gli occhi con una mano.
Io mi alzo di scatto, con il cuore in gola, mentre tutto attorno a me pare ovattarsi. Tranne la sua figura, così nitida e tangibile.
Lo stridio della sedia sul pavimento richiama la sua attenzione e, accorgendosi della mia presenza, tronca subito lo sbadiglio e s’irrigidisce.
“Ben alzato Massimo!”
Al brioso saluto di Amelia, lui bofonchia un impacciato buongiorno di risposta.
“La colazione è pronta.”
“Sono di fretta.” risponde lui, lapidario.
Massimo afferra un frutto, palleggiandolo spavaldo tra le mani prima di addentarlo.
Poi, inaspettatamente, posa il suo sguardo su di me.
Solo per un momento, giusto un’occhiata, prima di darmi le spalle e uscire dalla cucina.
Tale però, da sentire le farfalle divorarmi lo stomaco.
Non sono riuscita a proferire parola, imbrigliata com’ero nel mio groviglio di reticenza, e ho permesso a Massimo di guardarmi ancora una volta con quella fredda impassibilità.
Scuoto il capo, stanca e frustrata, per rivolgermi di nuovo ad Amelia.
“Cosa vorrebbe dire che non scende in città di domenica?”
“Significa, Vera cara, che ti darò un passaggio nel tardo pomeriggio.”
“Signora Amelia.” inspiro, ricacciando indietro le lacrime che già mi bruciano negli occhi “Aveva promesso che mi avrebbe riaccompagnata.”
“E così farò.”
“Questa mattina!”
Il mio prepotente tono di voce la infastidisce. Amelia mette decisa le mani sui fianchi mentre i suoi occhi si riducono a due impenetrabili fessure.
“Senti cara. Io questa mattina non mi muoverò di qui. Le vedi quelle?” dice, indicandomi una catasta di frutta “Devo sbucciare mele e pere per prepararci le conserve. E poiché tra noi due sono io quella con la macchina, ti darò un passaggio più tardi. A meno che tu non voglia andare a piedi, ma in questo caso ti consiglio di trovarti un bel paio di scarpe comode perché la strada è lunga e fangosa. Nel frattempo però, puoi darmi una mano con la frutta. Un aiuto sarebbe ben accetto.”
Ci squadriamo in cagnesco per qualche istante.
Amelia non desiste, conserva quel sorriso che ostenta con fierezza.
Di primo acchito vorrei davvero alzarmi e scappare, scarpe adatte o meno. 
Tuttavia scarto subito l’ipotesi. Mi sto comportando come una sciocca e la sua lavata di capo è stata chiara al riguardo. Molto chiara.
Mi alzo, afferro con gesto deciso qualche mela e le poso sul tavolo.
Torno a sedere, seria e composta.
“Mi può dire dove trovare un coltello o devo cercarlo da sola?”

Dopo un’intera giornata a sbucciare montagne di frutta, mi ritrovo con i polpastrelli raggrinziti ma con la consolazione di poter finalmente scendere in città.
Mi sto recando in camera a prendere i miei abiti, per poi raggiungere Amelia nella sua auto.
Lei mi ha consigliato di salutarlo, prima di partire.
Io invece, dubito sia una buona idea.
Penso di essere l’ultima persona con cui Massimo voglia avere a che fare...
Persa nei miei pensieri, non mi rendo subito conto di essere finita da tutt’altra parte rispetto alla mia stanza. Quando mi volto per tornare indietro, scorgo Massimo venirmi incontro.
Lui alza il capo.
Mi ha vista.
Ma pianta subito gli occhi a terra.
Imploro che dica qualcosa, che mi guardi.
Ti prego, parlami!
Niente.
Massimo mi passa accanto, ignorandomi.
Punto i piedi a terra. Mi giro e con poche falcate sono alle sue spalle.
“Massimo!”
Lo afferro per un braccio per farlo voltare.
Lui corruga la fronte, sorpreso di fronte al mio gesto istintivo.
Ad essere sincera, ne sono sorpresa anch’io.
Massimo sta per dire qualcosa ma questa volta, sono più svelta.
“No! Non dire niente. Lasciami parlare. Dopo potrai decidere di non rivolgermi più la parola e, se vorrai, la finiremo qui. Ma prima, ti prego, ascoltami.”
Lui incrocia le braccia al petto, spostando il peso sull’altra gamba.
Ma non si allontana.
Non so se abbia scorto qualcosa nei miei occhi, se le mie suppliche lo abbiano in qualche modo impietosito, oppure tutto ciò sarà per lui la riprova definitiva per porre la parola fine.
Eppure Massimo mi sta guardando, finalmente. Ed era quello che volevo: una possibilità.
“Quando ho deciso di partire per Roma, ciò che speravo di trovare era un posto che potessi di nuovo chiamare casa, dove stare bene con gli altri e con me stessa…” sospiro “Ma per quanto Roma sia meravigliosa, mi sono sempre sentita fuori posto. Ero convinta che tornando a Trieste, sarei stata di nuovo serena, avrei colmato quel senso di vuoto…”
“…Ed è stato così?” chiede lui, ostentando un’impassibilità che i suoi occhi tradiscono.
Scuoto il capo, accennando un lieve sorriso.
“No, non è stato così. Quando ieri ti ho visto invece, è stato in quel momento che mi sono sentita a casa. Perché tu sei la mia casa Massimo, lo sei sempre stato.”
Lui distoglie lo sguardo, allentando però la tensione alla mascella.
“Ma me ne sono resa conto troppo tardi...” continuo io “Sei stato disposto a tutto per me, persino sacrificare la tua vita. E quando mi hai proposto l’opportunità di ricominciare da capo, insieme, io sono scappata. Da grande egoista, non mi sono nemmeno fermata a pensare quanto tu potessi soffrire. O quanto già avessi sofferto, per causa mia… Quando ti ho detto che non ti amavo è stata la cosa più difficile, e stupida che io abbia mai fatto. Ero così spaventata... Ma quello che più mi fa paura adesso, è immaginare la mia vita senza di te al mio fianco.”
Cerco implorante il suo sguardo ma Massimo sembra ignorarlo di proposito, mantenendo gli occhi ancorati a terra.
“Sono stata così presuntuosa. Ho sempre pensato alla mia esistenza come una perenne salita, durante la quale il mio passato sarebbe sempre tornato a darmi il tormento. Tu invece, ti sei sempre offerto di accompagnarmi, condividendo un peso che non avrei mai potuto portare da sola. E ora capisco che quando sono con te, quel peso non c’è più. Mi dispiace, immensamente. E se non vorrai più vedermi, lo capisco ma…”
Ma non so cos’altro potrei dire. Massimo non reagisce.
La voce mi si spezza. Ho fallito. Sono sul punto di crollare.
Ma non accade.
Perché lui inaspettatamente prende il mio volto tra le mani.
E mi bacia.  
Le sue labbra, calde e familiari, sciolgono come raggi di sole il gelo annidato da tempo nelle mie ossa.
Ora tutto è più limpido. In questi anni, non ho vissuto realmente. Sono rimasta sospesa in una sorta di limbo, in cui io stessa ho deciso di relegarmi, dove mi sembrava di stare bene solo perché abituata al grigiore che vi regnava.
Adesso sento di aver ritrovato la strada. La vedo, chiara e precisa, che mi conduce verso Massimo.
Le deviazioni, i bivi e gli ostacoli sono parte del cammino, ma in questo momento, tra le sue braccia forti ed accoglienti, so per certo che i nostri percorsi saranno sempre destinati ad incontrarsi.
“Non sei arrabbiato?” gli domando, ormai inebriata dalle emozioni più dolci.
Massimo sfiora le mie guance con i pollici.
“Lo ero, molto. Tu e la tua indecisione stavate per farmi diventare matto! Ma sei tornata da me, come potevo non perdonarti.”
“Oh Massimo!”
Gli getto le braccia al collo.
Rimaniamo stretti, ebbri uno dell’altra, in un abbraccio che sa di casa, senza bisogno di parlare perché i nostri respiri già riempiono ogni distanza.
“Ma se non ti avessi fermato?” gli domando, allarmata “Mi avresti lasciata andare?”
Massimo posa la sua fronte sulla mia.
“Mai. Avrei bloccato quell’auto con le mie mani piuttosto.”
“Dio quanto ti amo!”
Lo bacio ripetutamente finché lui non s’impossessa delle mie labbra, divorandole con un fremito che mi toglie il fiato.
“E questa volta, qualsiasi sia la scusa a cui vorrai appigliarti, non ti permetterò di allontanarti di nuovo da me.” minaccia lui, in tono bonario.
“Non voglio più scappare. Ho rischiato di perdere tutto. Di perdere te.”
Massimo fa scorrere le dita tra i miei capelli.
“Vera Bernardis, giura che resterai.” mormora serio, scandendo ogni parola come volesse imprimerle in modo indelebile nelle nostre anime.
“D’accordo ma…su cosa possa giurare?”
Lui abbassa lo sguardo, assorto, quando il suo interesse è catturato dal fascio di luce riflesso sul pavimento.
Massimo sfodera un sorriso raggiante, prende la mia mano e mi trascina alla finestra. Cingendo i miei fianchi, mi fa sedere sul davanzale.
“Giura sulla luna Vera.” dichiara lui, indicando con il dito l’eterea sfera nel cielo “Come lei, che ogni sera appare e attenua anche le notti più buie, giura che da oggi fino alla fine dei nostri giorni, saremo uno la luce dell’altra.”
Prendo il suo volto tra le mani e mi chino sulle sue labbra.
“Lo giuro.”




Angolino dell'Autrice: Ciao miei caramellosi biscottini croccanti!
Siete contenti che è venerdì? Io spero di avervi tenuto compagnia e aver reso la vostra giornata un po' più...dolce!
Mancano solo due capitoli alla conclusione e come vedete stiamo per decretare un bel lieto fine!
Vi ringrazio infinitamente per starmi vicino. Voi siete la mia luce, grazie di cuore!
Buon fine settimana! Ve amo 'na cifra!
Se volete fare un salto sulla mia pagina FB e fare quattro chiacchere --> https://www.facebook.com/pages/Clairy93-EFP/400465460046874?ref=hl
   
 
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