Storie originali > Soprannaturale > Vampiri
Segui la storia  |       
Autore: Lady Asia_20    13/02/2015    0 recensioni
Toby è un ragazzo tranquillo, serio e responsabile, che vive ad Amandil, una cittadina del Canada, a ridosso del Lago Manitoba. Si divide tra la scuola, i suoi due amici di sempre, Cheveyo e Marc, il lavoro visto che all'improvviso si ritrova solo al mondo.. Sarà l'arrivo di Nicholas e Riley a sconvolgere la sua vita. Ma loro nascondono un segreto...che condizionerà inevitabilmente la vita di Toby..
Genere: Drammatico, Introspettivo, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Amandil 2

Capitolo due.

 

E quando l’ombra dilegua e se ne va,

la luce che si accende diventa ombra per altra luce.

E così la vostra libertà, quando spezza le sue catene,

diventa essa stessa catena di una più grande libertà.

Kahlil Gibran

 

-Devi stargli lontano…- mi dice il mio fratellino protettivo…

-Quale è il tuo problema!?- gli dico scocciato…

-Nessun problema…ma voglio stare tranquillo…- mi dice lui tassativo…

-Il problema è Tobias….no!?- dico guardandolo fisso e sorridendo, riconoscendo in me un fare quasi demoniaco…

-Quando fai così mi spaventi…lui ci odierà se solo sapesse…- mi spiegò lui, mentre sapevo perfettamente quali sarebbero stati i suoi sentimenti nei nostri confronti… -Promettimi che gli starai lontano…-

Sorrido sonoramente, lo guardo con provocazione sapendo che non posso mantenere quella promessa…

Per quanto potessi volerlo, non ci riuscivo..

-Mi spiace…- gli dico avvicinandomi e guardando attentamente i suoi occhi cristallini.. –Non posso farlo…-

Lo sento voltarsi verso di me, fa qualche passo per raggiungermi, ma sento il suo aroma ed è troppo potente il richiamo per ignorarlo…

-Ryan…- mi volto un poco, gli sorrido e velocemente scompaio nella nebbia mattutina…

 

Osservo attentamente la figura che a poco a poco, si fa sempre più definita.

Il cuore mi batte vigorosamente, l’idea di combattere contro qualcosa o qualcuno mi rendeva inquieto. Riposi il talismano nella tasca e non so per quale motivo ma era come se la sua energia, si fosse quadruplicata. Sentivo il battito accelerato, convulso, frenetico e un dolore lancinante alla sinistra del collo. Come una lama che mi trafiggesse da parte a parte. Cercai di abituare gli occhi al quel buio fitto che non lasciava intravedere quasi nulla. Socchiudo gli occhi per un secondo mentre nel buio della foresta, una figura umana si fa spazio.

E per la seconda volta…rivedo quel misterioso ragazzo. Quei suoi occhi da cerbiatto, con quelle ciglia folte e inarcate, quelle iride così nere..

Sembra assurdo, ma nello stesso istante in cui lo vedo rimango come incantato, come irrigidito. La sua presenza mi incuriosisce, ha intorno a se un’aura di mistero che mi rende desideroso di conoscerlo e allo stesso tempo timoroso. Ma sono impaziente…come se sapere chi è possa cambiare il corso delle cose. Si para dinnanzi a me, guardandomi con quello sguardo intenso, singolare. Non so letteralmente che cosa dire.

-Ci rincontriamo…- mi dice con quel sorriso attraente..

-A quanto pare…- gli rispondo non curante, come se vederlo non mi procurasse alcun problema…

-Mi stai seguendo…!?- mi chiede divertito..

-Potrei dirti la stessa cosa..- gli dico io glaciale..

-Non amo seguire i ragazzi, preferisco le donne…- mi dice con un ghigno provocante... –Sono delle prede….eccitanti…-

-Prede!?-  esclamo con un sorriso sarcastico… -Parli come se fossero degli animali… hai davvero uno strano modo di considerare le persone…-

-Siamo tutti animali..- mi dice lui con sguardo tenebroso, talmente oscuro che mi innervosisce… -In un modo o nell’altro, riusciamo tutti a comportarci come bestie!! È nella nostra natura…-

-Abbiamo facoltà di scelta…- rispondo io non condividendo il suo pensiero.. –C’è sempre una seconda scelta... Noi possiamo pensare e agire di conseguenza…-

-L’animale che ti stava puntando poco fa….- mi disse con tranquillità… -Aveva già scelto quale fosse la tua sorte…-

-Ma non l’ha fatto…sono qui e sto parlando con uno sconosciuto…- gli dico io con sguardo affilato…

-Ma è stato solo un caso…- mi disse con disarmante semplicità… -Sei stato semplicemente fortunato… A quest’ora avrei potuto raccogliere il tuo corpo senza vita..-

-Forse è la testimonianza che ogni essere vivente ha un’anima…- gli dico io seguendo il suo girarmi attorno, mentre come un cacciatore mi osserva profondamente..

-Ne sei così sicuro!?- mi chiese con un sorriso perfido.. –Potresti stupirti della malvagità degli uomini e degli esseri viventi se solo fossi meno disincantato…-

-Non ti seguo..- gli dico con sempre più difficoltà nel seguire i suoi ragionamenti criptici.. –non capisco nemmeno cosa ci abbia portato a discutere di questo…-

-Semplicemente gli eventi…- mi risponde lui con facilità.. –Stavi per essere divorato…e…ti stavo spiegando che è nella natura di tutti gli esseri viventi essere malvagi…-

-Anche tu…?!- chiedo inclinando il viso verso di lui…

-Sei troppo curioso Tobias…- mi dice sorridendo… -Ma…anche tu potresti riscoprirti più malvagio di quanto pensi…-

-Tu sai chi sono…- gli dico socchiudendo leggermente gli occhi e sentendomi improvvisamente fragile… -Perché io non ti conosco…?!-

-Suvvia…Amandil non è poi così grande Tobias…- mi disse lui sorridendo..

Mi si avvicinò leggermente al viso, guardandomi come sempre con attenzione. Aveva qualcosa di oscuro intorno a se, potevo percepirlo con facilità. Era come se dentro di se, qualcosa urlasse.

Dal canto mio, dentro la mia anima, qualcosa mi diceva di fuggire il più lontano possibile, mentre la parte più curiosa, affascinata, si sentiva attratta verso quel ragazzo indubbiamente poco limpido.

-Qual è il tuo nome!?- gli chiedo semplicemente.. –Tu sai chi sono io… Ma io non so nulla di chi sei tu..-

Lui si avvicinò, mi guardò per un istante serio mentre il nero dei suoi occhi sembrava diventare parte integrate di me stesso. Sorrise misteriosamente, chissà per quale strano motivo, come se leggesse dentro di me qualcosa o semplicemente ricordasse avvenimenti che lo faceva divertire.

-Adesso stai diventando un pò troppo curioso…- mi disse con quella sua voce mansueta, ma quasi tagliente..

Non parlai, stavo cercando di capire quanto fosse ancora risoluto nel rimanere avvolto nel mistero. Ma i suoi occhi, così severi e duri a volte, adesso sembravano meno decisi, meno convinti nel mantenere una posizione netta. Cercai il modo per avvantaggiarmi di quell’improvviso smarrimento nei suoi occhi, ma quando provai a richiederlo per una seconda volta, sentii la voce di Cheve chiamarmi lentamente, mentre sentivo i suoi passi più vicini.

Mi voltai lentamente per vederlo arrivare, mentre in lontananza la sua grande figura cominciava a comparire. Mi chiamava adagio, con voce quasi impercettibile, tanto che mi stupii di averlo sentito. Temeva che l’animale, sentendo troppo rumore si sarebbe irritato, deciso ad attaccare.

-Cheve…tranquillo…- gli dico a gran voce.. –Se n’è andato…-

Mi voltai nuovamente verso il misterioso sconosciuto, convinto a non lasciarlo andare finché non mi avesse detto il suo nome, ma quando mi girai, mi resi conto che…non c’era più!! Mi aveva fregato!!

Si era approfittato della mia distrazione per andarsene e probabilmente, per mantenere l’anonimato. I discorsi che aveva fatto con me, fino a pochi minuti fa, mi avevano colpito. Non era da tutti sentirsi dire cose del genere, sembrava una di quelle persone che dopo aver patito sofferenze e delusioni, aveva cominciato ad avere una visione della vita e del mondo che lo circondava, assai negativa, disincantata.

Era sparito così all’improvviso, velocemente…mi guardai un pò attorno, per capire se fosse ancora nei dintorni ma…non c’era proprio traccia. Mi voltai verso Cheve che sorridendo rilassato stava arrivando verso di me. Vedendomi confuso, mi guardò per bene prima di parlare poi si avvicinò a me posandomi una mano sul braccio.

-Tutto ok!?- mi chiede con preoccupazione..

-Si si…- gli dico sorridendo e facendo finta di nulla.. –Tutto a posto, alla fine probabilmente non era così affamato…-

-Dovremmo stare un pò più attenti Toby d’ora in poi..- mi dice Cheve… -Non si sa mai cosa potrebbe accadere nelle terre di Amandil…-

-Ricominci!?- gli dico sorridendo…

-Una leggenda del mio popolo raccontava che un tempo, in queste terre vivevano due clan contrapposti…- mi disse Cheve pensieroso…

-Due clan!?- gli chiedo io con stupore… -Che tipo di clan!?-

-I miei antenati li chiamavano i Clan delle Tenebre e il Clan della Luce…- mi disse lui vago.. –Sembrerebbe che i due gruppi, contrapposti, per un lungo periodo abbiano convissuto tra di loro in pace ed armonia…-

-Non sai altro!?- gli chiedo io curioso, mentre percorrevamo la strada del ritorno…

-Poi un giorno gli equilibri si sono rotti e…da quanto la mia gente ha compreso, c’è stata una feroce guerra durata secoli…- mi disse lui sorridendo e chiaramente divertito…

-Non ci credi?!- gli chiedo io con un sorriso ironico…

-Ti sembro il tipo da credere a simili idiozie!?- mi chiede con un sorriso travolgente.. –Toby, i nostri antenati hanno sempre raccontato leggende per intimorire noi bambini curiosi.. Gli spiriti captano qualcosa, ma…non sono chiromanti…-

Rido di gusto, mentre ripenso a quella strana leggenda. Mi ricordava qualcosa, forse anche a me anni fa avevano raccontato qualcosa di simile. Ma è passato troppo tempo per ricordarsi di tutto questo, i miei ricordi in temi di leggende, di racconti su Amandil era davvero poco chiari e parecchio sfocati.

Mentre saliamo in macchina, Cheve parla continuamente, è bello guardarlo agitarsi mentre gesticola e mi racconta le sue disavventure con la sua famiglia. Mi piace ascoltarlo parlare di sua madre, di suo padre, dei suoi numerosi fratelli, ci mette tutto il suo cuore, esattamente come farei io se li avessi ancora con me.

Mi sentivo parte della famiglia di Cheve, loro mi amavano immensamente e spesso, si erano presi anche cura di me, delle mie ferite del mio dolore. Ma l’affetto e il calore della famiglia, quello mi mancava molto. I miei genitori mi mancavano molto. Per quanto fossi forte, coraggioso, quello era l’argomento che più mi faceva male dentro. Sentivo un peso opprimermi il cuore ogni volta che pensavo al dolce sorriso di mia madre o agli occhi buoni e trasparenti di mio padre.

Cheve, era molto sensibile quando si trattava di me, era come se fosse il mio fratello maggiore, che si preoccupava e dava da fare per farmi sentire meno solo. Nonostante questo senso di protezione fortissimo, aveva un anno in meno di me e il suo atteggiamento, tradiva una maturità allucinante considerando i suoi diciotto anni.

Cominciammo a parlare del più e del meno, mentre decidevamo come strutturare la festa che avevamo organizzato per il pomeriggio, sul tardi. Avevo chiesto a Justin se mi dava un giorno di festa, Cheve non me lo avrebbe mai perdonato se avessi deciso di dargli buca dopo una settimana che mi chiedeva di essere presente. Se conoscevo Marc, una buona parte delle cose era già stata organizzata.

Sapevo per certo che si sarebbe occupato della musica e del cibo, aiutato da Nicholas. Marc amava fare baldoria, l’unico problema era che a quelle feste invitava sempre un sacco di gente, spesso anche poco raccomandabile. Più di una volta eravamo stati sul punto di arrivare alle mani con gente che voleva vendere della droga alle nostre feste e il tutto, come sempre, finiva con tanta rabbia e con un nervosismo allucinante. Questa volta eravamo stati chiari, poche persone e che soprattutto conoscevamo. Quindi eravamo finiti con raccogliere una trentina di ragazzi, tutte affidabili per passare una serata allegra e senza intoppi.

Non ci mettemmo molto ad attraversare la fitta foresta che contornava la mia casa al lago e arrivare sulla spiaggetta attigua. Mentre percorrevo quella piccola parte di sterrato per arrivare a casa, notai Marc sbracciare nella nostra direzione e Nicholas, intento a mettere a posto qualcosa che non capivo cosa fosse.

Marc, a poco a poco, si avvicinò a noi, mentre io e Cheve posteggiammo l’auto.

Subito ci corse incontro e ci salutò calorosamente. Trascinò Cheve con se, chissà per quale motivo e li vidi salire in casa con tutta tranquillità. Ormai la mia casa era come un porto di mare, entrava e usciva chi voleva, ma finché erano i miei amici la cosa non mi turbava.

Nicholas tranquillo osservava il lago, dopo aver montato quella che da lontano non ero riuscito a definire. Marc aveva preso delle potenti casse per amplificare i suoni e le aveva posizionate intorno a quel piccolo palco in legno posizionato in mezzo alla spiaggetta.  

-Ehi…- gli dico posandogli la mano sulla spalla..

-Non ti ho sentito…- mi disse confuso… -Pensavo fossi con gli altri…-

-Eri qui solo Nicholas…e poi…hai sempre questo sguardo così…- mi interrompo…

Adesso rischiavo di essere indiscreto. Nicholas spesso mi angosciava, i suoi occhi così belli, così espressivi, così sinceri e limpidi mi mettevano tristezza. Lo osservavo mentre con un sorriso enigmatico, perlustrava quel bellissimo panorama naturale che si apriva di fronte a noi. Si voltò verso di me, mentre con uno sguardo confuso e grato mi sorrideva tranquillo.

-Non ho mai incontrato uno come te Toby..- mi dice con trasporto…

-Perché!?-

-Mi conosci a mala pena e ti preoccupi…di come mi posso sentire…- mi risponde con un sorriso ampio e felice..

-Oh beh…- esclamo imbarazzato.. –Sai…solitamente cerco di essere un pò più discreto!! Forse è che tu mi sei particolarmente simpatico…-

-Quindi devo sentirmi…onorato…- mi dice con naturalezza…

Distolgo lo sguardo, troppo intenso per poterlo sorreggere. A volte, la potenza dello sguardo degli altri mi manda in crisi. È come sentirsi disarmati, completamente deboli di fronte a qualcosa che riconosci come molto più potente di te. E Nicholas aveva una potenza nello sguardo che mi confondeva. Era come perdersi in un mare in tempesta e io non avevo gli strumenti adeguati per tenermi ancorato al salvagente.

-Che ne dici di finire di organizzare il tutto…!?- gli dico toccandomi nervosamente la testa…

-Buona idea…- mi dice lui sorridendo…

Ci avviciniamo a quel palco improvvisato mentre con attenzione cerchiamo di posizionare e di azionare le casse per la musica. Cerco un argomento di conversazione che non sia troppo imbarazzante e che possa permetterci di parlare un pò per conoscerci meglio.

-Ti sei trasferito qui con la tua famiglia!?- gli chiedo tranquillo…

Lo vedo irrigidirsi un poco, mentre per un istante quasi infinito smette di respirare.

Bingo….prima domanda e ho già fatto danni…

Solitamente la domanda sulla propria famiglia è abbastanza neutrale, o almeno da parte mia non mi era così difficile parlarne, ma…non eravamo tutti uguali e forse prestare attenzione a chi si ha davanti, mi avrebbe aiutato a comprendere che Nicholas, sembrava solo quanto me. Non avevo mai visto con lui qualcuno, ma fondamentalmente erano solo due giorni che ci conoscevamo.

-Non fare quella faccia Toby…- mi dice sorridendo.. –Non hai fatto niente di male… Volevi solo conoscermi un pò di più…-

-Non volevo di certo essere invadente o toccare un tasto dolente…- gli dico sforzandomi di giustificare un atteggiamento forse inaccettabile..

-Non lo sei stato..- mi dice lui sistemando i cavi per collegare l’amplificatore e rivolgendosi verso di me.. –Semplicemente non vado molto d’accordo con la mia famiglia… Siamo troppo….diversi….-

Diversi!? Cosa vuol dire!? Siamo tutti diversi gli uni dagli altri, ma…specialmente dove c’è affetto, bisogna avere la forza di accettarsi per quelli che si è. Io, che non avevo più una famiglia, pensavo che avrei avuto la forza di perdonare o accettare qualsiasi cosa pur di averli ancora lì con me. Ma forse…esistevano cose che non potevano essere perdonate. Forse…il fatto di essere rimasto solo, non mi permetteva di accettare la mia condizione e probabilmente pur di averli lì, sarei stato disposto a tutto.

-Nicholas…- gli dico avvicinandomi… -A volte non è così male essere diversi…-

-Non puoi capire..- mi dice sorridendo rassegnato.. –Ci sono cose…che anche volendo non puoi accettare…-

-Non so cosa dirti…- gli dico io confuso.. –io credo che sarei disposto a tutto pur di averli ancora con me..-

-La tua famiglia…- mi dice lui con sguardo quasi colpevole… -non c’è più!?-

-Sono tutti morti…- gli dico annuendo..

-Mi spiace…- mi dice lui angosciato, come se percepisse chiaramente il mio dolore.. –Come…è successo!?-

-Sai…non ne ho la più pallida idea…- gli dico guardando dritto davanti a me..

-Come!?- mi chiede stupito.. –Nessuno te lo ha mai detto!?-

-Avevo…all’incirca sette anni quando i miei genitori sono morti…- gli dico osservandolo, mentre i suoi occhi si fanno vigili… -Una mattina, mi hanno svegliato.. Mi hanno dato un bacio sulla guancia e mi hanno detto che sarebbero partiti per un viaggio di qualche giorno ma….non sono più tornati…-

-Dev’essere…- disse lui con un smorfia agonizzante..

-Devastante!?- gli chiedo io annuendo col capo.. –Si…lo è… E la cosa peggiore è non avere idea di come sia successo.. ho come dei vuoti, delle mancanze che nessuno ha mai voluto colmare…-

-Forse è meglio così…- mi dice lui deciso..

-No…loro erano la mia famiglia…- gli dico io deciso, risoluto.. –Ho il diritto di sapere perché e come se ne sono andati!! Dove sono morti, perché…-

-Forse è stato un banale incidente…- mi dice lui cercando di stemperare la tensione..

-E allora perché mantenere segreta la vicenda!?- chiedo io spazientendomi.. –Che problema c’era nel parlarmi chiaramente senza alimentare tutti questi dubbi!?-

-A volte quando si ama qualcuno molto…- mi dice lui guardandomi intensamente.. –Si è disposti a tutto Toby…anche a mentire…-

Quello sguardo, per un istante rimasi agghiacciato, senza capirne il motivo. Ingoiai la saliva, senza rendermi conto che un qualcosa nella mia mente si era mossa. Cercai di scuotere la testa, aprendo e chiudendo più volte gli occhi, mentre mi passava nella testa una frase, la voce di mia madre e quel suo timbro dolce, musicale e allo stesso tempo terrorizzato.

“Corri….corri Toby….” Nebbia…fitta…non vedevo nulla… Le sue urla disperate perché fuggissi…

-Toby… Toby…- mi sentii chiamare ripetutamente, mentre svegliandomi da quello strano sogno, ritrovavo il viso di Nicholas accanto al mio, questa volta preoccupato..

-Scusami…stavo pensando…- gli dico per giustificarmi…

-Stai bene?!- mi chiede con apprensione…

-Si…si…- rispondo mentre mi dirigo verso casa.. –Vieni…raggiungiamo gli altri…-

Cerco disperatamente un momento di quiete, mentre vedo Nicholas raggiungere in salotto gli altri e io mi dirigo al piano superiore dove mi chiudo in bagno. Di nuovo, ricomincio ad avere un dolore lancinante al collo, come se qualcosa di appuntito e affilato mi stesse trafiggendo. Cominciai a toccarmi il collo, sentendo ancora più dolore appena sotto l’orecchio destro, mentre i polpastrelli delle dita fredde mi provocavano una sofferenza meno intensa. Cercai di stare tranquillo, mentre aprivo l’acqua gelida e immersi le mani dentro ad essa, lasciando che tutto riprendesse a scorrere come sempre.

Quelle confuse immagini continuavano a travolgere la mia mente. Quella nebbia, l’umidità, le goccioline di pioggia, rendevano tutto confuso, solo quelle urla erano chiare nella mia mente, distinte..

Perché dovevo fuggire!? Da cosa!? E poi…che era accaduto!?

Cos’erano quelle sensazioni negative, quelle energie così devastanti da avere così potere su di me!?

Presi dalla tasca quel talismano…lo osservai per qualche istante… Quel liquido che avvolgeva la farfalla imprigionata all’interno, era cambiato di colore. Era…leggermente rosato, mentre quelle strane onde che si percepivano nel tenerlo tra le mani, si stavano potenziando. Lo scaraventai a terra, mentre un tonfo sordo e secco, lo fece sbattere contro il pavimento. Mi buttai sotto il gettito gelido, bagnandomi il viso, il collo che sembrava ardere con violenza. Quando mi voltai e mi osservai allo specchio, girai lentamente il capo mentre con una mano ispezionavo la parte di pelle sotto l’orecchio e mi spaventai terribilmente.

Stava comparendo qualcosa…linee piccole e trasparenti, cominciavano a creare un disegno che non riuscivo a comprendere in quella posizione e il dolore, cresceva fino a diventare lancinante. Mi voltai con rabbia, mentre con crescente disperazione osservavo quel talismano giacere a terra inanimato, ma nonostante ciò al culmine della sua forza. Mi chino verso di esso e lo riprendo in mano, mentre il mio cuore, palpita velocemente, senza sosta. Mi sento battere il cuore in gola, rumoroso ed agitato.

Sento Nicholas e Marc correre fuori per portare il tavolo del buffet, in cui avremo sistemato il cibo e le bevande. Guardo fuori dalla finestra, mentre trovo Nicholas con lo sguardo perso, che osserva verso la finestra del bagno. Sembra pensieroso, mi guarda diritto negli occhi, esattamente come prima. E di nuovo un dolore sempre più potente al collo mi costringe a piegarmi su me stesso, mentre con forza stringo tra le mani l’asciugamano appeso proprio affianco a me.

Respiro profondamente, mentre con difficoltà, cerco di mantenere la calma. Il collo sembra quasi indolenzito, come se un fuoco mi stesse dilaniando la carne, intorpidendola fino a quasi non sentirla. Cercai di aggrapparmi alla doccia, mentre ansimando profondamente combattevo contro quell’incendio che sentivo dentro. Quando all’improvviso sentii aprire di colpo la porta del bagno rimasi agghiacciato.

-Toby…ma ti muovi?! È da un pezzo che…- quando mi vede la sua espressione cambia del tutto..

Si precipita vicino a me, prendendomi di peso, mentre le sue possenti braccia mi circondano la vita.

-Toby…cos’hai!?- mi dice preoccupato.. –Toby!?!?!-

-Cheve…non mi gridare nelle orecchie…- mi lamento toccandomi la testa già abbondantemente in confusione.. –Guarda che ti sento…-

-Mi spieghi che cazzo hai!?- Mentre apre la porta per portarmi in camera..

-Non lo so ok…- gli dico scocciato.. –Poco fa…ho avuto….come una vertigine…-

-Che tipo di vertigine!?- mi chiede lui ansioso…

-Mio dio Cheve…cosa vuoi che ne sappia…- gli dico con rabbia.. –Sento la testa pesante, come se stesse per prendere fuoco.. E il collo…mi fa male…è rovente…-

-Il collo!?- mi chiede lui mentre subito lo sfiora con la mano..

-Cheve…- gli dico con aria preoccupata.. –Mi sta succedendo qualcosa…qualcosa che io non capisco…-

Lui mi prende per le spalle, cerca di tranquillizzarmi mentre la mia mente corre veloce. Sono troppo confuso, troppe cose stanno accadendo senza apparente motivazione. E per la prima volta in vita mia, ho paura…

-Cos’è!?- chiedo al mio amico che a poco a poco cambia espressione…

Mi osserva, il suo sguardo è un misto di confusione e terrore. Non so spiegare quella sensazione, non riesco a dare un significato a quello sguardo pieno di apprensione, mentre il mio collo a poco a poco continua ad ardere con vigore. Ansimando cerco conforto negli occhi di Cheve che inghiottisce rumorosamente e mi guarda con quegli occhi scuri e penetranti come la notte.

Sono nervoso, estremamente spaventato. Prendo Cheve per le spalle e lo scuoto violentemente, mentre i miei occhi si appannano immediatamente.

-Cheve…- grido con forza.. –Allora?! Cos’è!?!-

-Toby…calmati..- mi dice lui cercando di riprendere il controllo di se stesso.. –Non devi fare così…qualunque cosa stia succedendo noi l’affronteremo assieme.. –

-Cheve…- gli dico mentre cerco di raggiungere la porta del bagno per capire da solo..

-No Toby..- mi prende il viso tra le mani per impedirmi di entrare e  mi costringe ad osservarlo, mentre le sue possenti mani cercano il modo di farmi sentire protetto e rassicurato.

Appoggia la sua fronte alla mia mentre i suoi occhi mi diffondono un istante di tranquillità, il respiro sempre affannato e gli occhi spaventati però non mi permettono di calmarmi del tutto. Lo osservo un istante mentre con lo sguardo cerco conferme che non posso avere, scuoto la testa in segno di disapprovazione e mi libero di quella stretta ferrea. Entro in bagno come una furia e mi appoggio al lavabo, mentre carico su di esso tutto il peso del corpo. Osservo le gocce d’acqua sulla parete del lavandino e poi velocemente mi guardo allo specchio. Cheve, dietro di me mi osserva preoccupato.

Quello che vedo sul mio collo non mi piace…il pugnale e sopra di esso la farfalla blu adagiata sul filo della lama.

Rimango per qualche istante ammutolito, quel tatuaggio è impresso sul mio collo, è parte di me ne sono certo, Cheve mi osserva a pochi passi di distanza e tremando cerco il suo sguardo.

-Cosa vuol dire?- gli chiedo con apprensione..

-Lo stemma della tua famiglia…- risponde incredulo.. –Com’è possibile Toby?-

-Cheve c’è qualcosa che mi sta sfuggendo di mano..- risposi con affanno.. –E sono certo che la responsabilità sia di quell’amuleto..-

Cheve recupera l’oggetto dal pavimento e lo maneggia con cura. Mentre lo osserva nota che i colori della farfalla intrappolata nell’amuleto sono diventati molto più vividi, come il liquido color porpora che la contorna.

-Toby è collegato a te…- disse osservandomi con occhi sgranati..

-Cosa vuol dire?!- mi avvicino con cautela..

-È lui che ti sta cambiando…- mi disse con una consapevolezza che mi ghiacciò le vene.. –ne sono sicuro..-

-Come può essere?- rispondo allarmato.. –Cheve è una cosa assurda, lo capisci vero?-

-Certo che lo capisco..- mi dice agitato.. –Ma sono sicuro che sia così! Questo affare cambia colore, intensità, emana un’energia…oscura Toby!! Ed ora sul tuo collo…-

-Cosa devo fare?!- mi appoggio al lavabo, il viso osserva il soffitto.. –Forse devo disfarmene..-

-Toby, non sono sicuro che tu possa farlo..- rispose avvicinandosi a me con passo incerto..

Mi prendo il capo tra le mani e mi sorreggo a fatica, mi faccio strada verso la camera e mi siedo con stanchezza. Sono sconvolto e spaventato, inutile negarlo. Non ho idea di quella che sarà la mia vita da qui in avanti e quella consapevolezza, annidata tra le mie ossa nel profondo, mi rende confuso. Questa percezione mai percepita, da dove arrivava?

-E se ci fosse davvero qualcosa che i tuoi familiari ti hanno nascosto?- mi chiese guardingo e afflitto..

-Io so che c’è qualcosa che non conosco..- dissi sicuro.. –L’ho capito da quel giorno, quando i miei nonni mi hanno proibito di entrare in quella stanza..-

-Cosa c’è in quella stanza?- mi chiese sospettoso.. –Cosa non dovevi trovare Tobias?-

-L’amuleto..- risposi.. –Non dovevo trovare l’amuleto con lo stemma di famiglia! Non so perché ma sono certo che sia così..-

Cheve osservò fuori Nicholas e Marc, mentre con tranquillità iniziavano ad accogliere i primi ragazzi invitati alla festa. Mi osservò con apprensione e quando guardai i suoi occhi, vi trovai l’angoscia, la preoccupazione, proprio quello che non avrei voluto fargli provare.

-Cosa facciamo?- mi chiese smarrito…

-Niente..- gli dico incerto.. –Adesso ci occuperemo di questa festa, al resto penseremo dopo..-

-Sei sicuro?- mi chiese.. –Cavolo io non ho per niente voglia di festeggiare amico…-

-Lo so..- risposi annuendo.. –Ma…non voglio che Marc sospetti qualcosa..-

-Ok…sarà il nostro segreto?- chiese chiudendo la mano a pugno..

Chiusi la mano io stesso e spinsi il mio pugno contro il suo.

-Il nostro segreto..-

Quando uscimmo di casa, nulla sembrava fosse accaduto. Cheve camminava baldanzoso accanto a me e il suo sorriso stampato sul viso non tradiva la minima preoccupazione. Pensai che nessuno avrebbe notato dei cambiamenti in me, quella specie di tatuaggio sotto l’orecchio era coperto da un cerotto che avevo messo preventivamente per evitare domande. Sapevo che non avrei potuto nasconderlo per sempre, ma per il momento non volevo rispondere a domande.

Nel mentre era arrivata una gran bolgia in quelle terre così silenziose, molti ragazzi popolavano la spiaggia accanto alla mia casa, mentre la musica spadroneggiava tutta intorno a noi. Marc aveva pensato a tutto, aveva portato musica di tutti i tipi, aveva pensato di fare un pò di karaoke, senza contare il cibo a fiumi che aveva comperato per la serata. Cheve mi aveva portato una bottiglietta di birra, se non lo avessi conosciuto fin troppo bene, avrei detto che nulla lo turbava in quel momento. Invece il suo sguardo era fisso, immobile, statico, sembrava in allerta. Nonostante avesse un atteggiamento critico nei confronti degli spiriti che guidavano la sua gente, ero convinto che Cheve avesse ereditato la stessa capacità di  Adahy, suo padre, di percepire i cambiamenti che ci circondavano.

-Lo senti anche tu?- chiesi con sguardo impassibile..

-C’è qualcosa che non mi piace Toby..- disse osservandosi intorno.. –Sta per accadere qualcosa..-

-Qualcosa che cambierà gli equilibri…- dissi sicuro..

-Senza dubbio…- disse annuendo.. –Lo percepisco con ogni singola cellula del mio corpo…-

Quando lo osservai, capii che quella sensazione era reciproca. Forse io e Cheve eravamo talmente uniti da percepire le stesse cose, eppure una brivido freddo mi colse impreparato, forse non ero il solo a cambiare. O forse era quell’amuleto a indurci a provare quelle percezioni così nitide e precise.

Sentii non molto lontano la presenza di uno sguardo fisso su di me, era incredibile come i miei sensi fossero così allerta e sensibili, non mi ero mai sentito così influenzabile. Quando mi voltai quella sensazione non mi abbandonò, ma non poco distante da me, Desy mi stava osservando smarrita. Quando incontrò i miei occhi, sembrò ridestarsi e arrossì con evidenza. Lasciai il suo sguardo per qualche istante, poi decisi di avvicinarmi.

-Ciao…- dissi urlando per farmi comprendere..

-Ciao Toby…- mi disse con un sorriso raggiante.. –Come stai?-

-Bene..- dissi guardandomi un pò attorno.. –Ti diverti?-

-Si…- rispose con tenerezza.. –Marc si è dato piuttosto da fare..-

-Non sai quanto ha tormentato me e Cheve per questa festa..- risposi alzando gli occhi al cielo..

-Lo immagino..- rispose sorridendo.. –Lui è ingestibile quando si mette qualcosa in testa..-

Sospirai, mentre l’imbarazzo mi assaliva. Avevo lasciato Desy mesi fa e ancora mi sentivo in difetto, avevo cercato di essere il più sincero possibile con lei, il mio sentimento non era arrivato a quel punto in cui ti permetteva di lasciare da parte tutte le incertezze.

-Toby?- mi dice sfiorandomi il braccio..

-Dimmi…- risposi con un senso di timore nella voce..

-Vorrei tanto che non mi tenessi lontana..- disse con tristezza.. –So quali sono i motivi che ti spingono a farlo ma…mi rende così triste non poterti stare vicino..-

I suoi occhi si riempirono di lacrime ed io mi sentii l’ultimo uomo sulla faccia della terra. Quando le sue mani coprirono la sua piccola bocca, provai davvero uno strazio infinito, avrei voluto proteggere quella ragazzina da ogni cosa. Appoggiai la birra al tavolino accanto a Desy e con decisione mi avvicinai a lei, cercando di abbracciarla con dolcezza.

-Perdonami..- dissi stringendola con tutta la delicatezza di cui ero capace.. –Io non volevo ferirti..-

-Non mi escludere dalla tua vita Toby…- mi disse cercando di riprendere coraggio..

-Voglio solo proteggerti Desy..- dissi sfiorandole la guancia..

-Proteggermi da te?- disse esterrefatta.. –Non ce n’è bisogno, tu sei la persona più buona che conosca..-

Avrei voluto dirle che con me non avrebbe mai dovuto temere nulla, che l’avrei protetta da tutto e da tutti, ma ultimamente avevo quasi più la sensazione che fossi io la persona più pericolosa per lei. Quando la strinsi ancora per qualche istante a me, lei si rilassò e sorrise felice. Mi staccai con riluttanza e quando la musica terminò, mi guardai attorno felice di aver potuto parlare con Desy. Marc stava ancora cercando di inserire musica da discoteca che animasse i corpi infreddoliti, quando improvvisamente percepii dei movimenti al limitare del bosco. Cheve si era impercettibilmente avvicinato a me, quando mi voltai verso di lui capii che captava qualcosa, esattamente come me. Non riuscii a spiegarmi come avessi potuto percepire quei movimenti così lontani, in mezzo a quella folla di persone che chiacchieravano, ma sentivo un peso gravarmi sul petto.

Dopo qualche istante un ringhio selvaggio e delle urla strazianti, echeggiarono intorno a tutti noi. Il panico ben presto la fece da protagonista, c’era chi fuggiva in tutte le direzioni, chi si affaccendava intorno alle macchine, chi cercava di farsi coraggio. Il mio istinto fu di lanciarmi nel bosco, immediatamente.

Quando sue braccia mi strinsero forti, mi ritrovai con Desy aggrappata a me che tremante scuoteva il capo.

-Toby non andare ti prego..- ansimò spaventata..

-Qualcuno potrebbe avere bisogno..- gli dissi amorevolmente.. –Torno presto, stai tranquilla..-

Presi Marc per un braccio e lo trascinai accanto a Desy, sembrava paralizzato ma doveva scuotersi non c’era tempo per tergiversare.

-Stai con Desy! Portala in casa e non aprire la porta a nessuno..- dissi impartendogli quei pochi comandi decisi.. –Non lasciarla mai sola, hai capito Marc?-

Lui annuì con decisione e con tenerezza spinse Desy verso casa.

Quando fui sicuro che Desy era al sicuro con Marc, mi voltai e mi resi conto che a parte chi si era disperso in gruppi, Nicholas e Cheve erano rimasti con me, guardavano verso la foresta. Quando iniziai a correre, a poco a poco percepii i loro passi dietro di me e in breve tempo entrammo nel fitto del bosco. Subito la sensazione di essere osservato si  fece più potente, sentivo la presenza di qualcosa che non riuscivo a definire e una sensazione di disagio crescente, mentre un odore pungente mi aggrediva le narici. Nicholas mi era affianco, da quando mi ero inoltrato nel bosco non mi aveva allontanato per un istante, ma non per un senso di timore o paura. Il suo sguardo era risoluto, affilato, quasi di ghiaccio tanto che sembrava indossasse una maschera di fredda efficienza.

-Qui intorno c’è qualcosa…- dissi a Cheve che si era avvicinato a me arrivando dalla parte opposta in cui mi trovavo..

-A ovest non ho trovato nulla nei dintorni…- rispose con sicurezza..

-C’è qualcosa di strano qui intorno..- ripetei nuovamente con convinzione.. –Dobbiamo stare attenti…-

Feci qualche passo inoltrandomi ancora di più nel bosco, ma all’improvviso, quell’odore metallico che avevo avvertito poco fa al limitare del bosco, si era fatto molto più intenso, quasi insopportabile. Quando arrivai in una piccola radura, vidi l’albero secolare dove giocavo sempre da bambino e fu in quel momento che notai un corpo a terra. Cercai di aggirare un albero, per vedere meglio, ma alla fine mi resi conto che quello era un corpo martoriato, insanguinato dalla testa ai piedi. Provai un’angoscia impossibile, quando mi risvegliai dal torpore iniziai a correre per raggiungere quella ragazza straziata a terra.

-Dove vai?- mi bloccò Nicholas, il suo sguardo guardingo..

-Potrebbe avere bisogno…- dissi confuso..

-Toby non c’è più niente da fare per lei…- mi disse sicuro delle sue parole.. –Non avvicinarti, potresti ritrovarti nei guai se la polizia rinvenisse qualche impronta tua sul suo corpo..-

Lo osservai incerto, come poteva sapere con certezza se fosse morta? C’era penombra e nel buio non si riusciva a capire molto, ripresi a guardare la ragazza e poco dopo, benché fossi molto lontano da lei mi resi conto che il suo corpo era completamente immobile. Nemmeno un sussulto del respiro.

Presi il cellulare dalla tasca e mi rassegnai al fatto che non avrei potuto fare altro per lei, se non chiamare la gendarmeria e assicurarsi che il suo assassino fosse ritrovato il prima possibile.

Al di là della cornetta il centralinista rispose con vigore e mi chiese di fornire le mie generalità.

-Tobias Cohen…- dissi con tristezza.. –Abbiamo trovato il corpo di una ragazza, non ci siamo avvicinati ma presupponiamo che ormai sia…morta…-

-Dove siete?-

-La casa sul lago di Manitoba…- ribattei immediatamente.. –avevamo organizzato una festa tra amici..-

-Manderemo delle pattuglie, a breve saranno lì..- rispose l’uomo con fredda efficienza.. –Allontanatevi dal luogo del delitto e aspettate l’arrivo dei miei colleghi..-

Furono le ultime decisioni che ci vennero impartite e con incertezza comunicai agli altri di lasciare subito quel posto, come suggerito dal poliziotto. Mentre mi voltavo per andarmene, mi resi conto che Nicholas guardava ancora quella figura poco lontana e i suoi occhi erano due fessure severe. Immobile come una statua osservava l’area circostante, scrutando l’ambiente con aria diffidente.

-Nicholas…- lo chiamo e lui sembra risvegliarsi da quel torpore..

Si avvia per raggiungermi e quando arriviamo al limitare del bosco, in lontananza, sento il boato delle auto della gendarmeria che si avvicinano. Sospirai pesantemente e mi chiesi se quello che era accaduto c’entrasse con tutti i cambiamenti che percepivo in me.

-La polizia sta arrivando..- dico rivolgendomi a Cheve..

-Come fai a saperlo?- mi chiede confuso..

-Non hai sentito le sirene?- gli chiedo imbarazzato..

-No…non ho sentito assolutamente nulla..- mi risponde sicuro delle sue parole..

Cercai di sospirare con moderazione, Nicholas affianco a me mi osservava con attenzione. Quando mi voltai verso di lui i suoi occhi mi scrutavano con intensità, sembrava…cercasse qualcosa. Distolsi lo sguardo imbarazzato, quando Nicholas mi osservava così provavo quel disagio tipico di chi si sentiva sotto esame.

Dopo qualche minuto le auto della polizia sgommarono alla fine della strada e i fari ci illuminarono il viso. Potei vedere chiaramente il volto di Cheve stupefatto e incredulo.

Nicholas si avvicinò alle auto, precedendoci di molti passi.

-Toby…- disse bloccandomi Cheve visibilmente scosso.. –Come facevi a sapere che erano vicini, che stavano arrivando..-

-Non è il momento per parlarne Cheve..- gli do una pacca sulla spalla..

Quando arriviamo accanto a Nicholas, il poliziotto aveva annotato sul suo taccuino quello che il nostro nuovo amico doveva avergli raccontato, pensai che doveva essere stato piuttosto persuasivo perché non ci chiese granché della dinamica del ritrovamento del cadavere. In effetti non avevamo molto da raccontare, nessuno di noi aveva visto molto, avevamo solo sentito un urlo straziante e poco dopo, ci eravamo avventurati nel bosco per aiutare chiunque fosse stato aggredito.

-Ragazzi tenetevi a disposizione..- ci raccomandò un poliziotto.. –ora metteremo sotto sequestro la zona della foresta dove è stato rinvenuto il cadavere ed eventualmente penseremo di interrogare tutti i ragazzi che erano qui con voi..-

Ribadimmo che eravamo a disposizione della giustizia, eppure nel mio cuore provai la straziante sensazione che in questo caso la polizia avrebbe potuto fare ben poco. Quando ripresi il cammino verso casa, arrivai al portico e appena percorsi le scale, sentii spalancarsi la porta e Desy precipitarsi tra le mie braccia. Sorpreso la strinsi leggermente, intensificandola quando mi resi conto che stava piangendo. Provai un senso di smarrimento enorme sentendola disperarsi tra le mie braccia, la sollevai di peso, portando un braccio sotto le sue ginocchia e issandola senza problema. Lei sgranò un pò gli occhi troppo scossa per rifiutarsi e si aggrappò alla mia maglia stringendola con forza.

-Toby ero spaventata..- mi disse rimproverandomi.. –Marc non mi faceva uscire e non sapevo dov’eri..-

-Shhh…- gli dissi con tenerezza.. –Ora sono qui, non avere paura Desy! Sei al sicuro..-

La portai in casa e l’adagiai sul divano. Gli porsi un fazzoletto per asciugarsi le lacrime e un bicchiere d’acqua perché si calmasse.

-Va meglio adesso?- gli chiesi accarezzandole una guancia..

Arrossendo annuì col capo e sembrò tranquillizzarsi. Mi sedetti accanto a lei e nuovamente percepii lo sguardo di Nicholas appoggiato su di me, mentre mi prendevo cura di Desy.

-Grazie Marc..- dissi rivolgendomi al mio amico..

-Figurati…- disse lui alzando le spalle..

Mi alzai per guardare oltre la finestra, anche  l’atteggiamento della polizia sembrava singolare, non ci avevano portato in centrale per interrogare tutti i presenti, non avevano sollevato alcun dubbio circa le nostre parole.

-Cos’è successo là fuori?- chiese Marc curioso..

-Beh…- disse Cheve a disagio.. –non una bella cosa..-

Mi appoggiai alla parete a gambe conserte, soppesai le parole da dire non volevo turbare Desy ancora di più.

-Abbiamo visto il corpo di una ragazza..- dico vagamente.. –così abbiamo chiamato subito la polizia, non poteva essere altrimenti..-

Decisi che non era più il caso di aspettare oltre, c’erano molte cose che non avevo chiare e desideravo parlare con Cheveyo. Ma non potevo farlo con troppi testimoni, sarebbe stato assurdo e stupido. Volevo avere la possibilità di rilassarmi e di pensare a tutti questi avvenimenti strano e inconsueti. Stasera una ragazza era  stata uccisa, non potevo dire di sentirmi tranquillo.

Un animale?

Un assassino?

Qualcosa mi diceva che ero lontano dalla verità, dentro di me sentivo il mio sangue respingere quelle parole insinuandomi il dubbio che ci fosse altro da valutare. Scossi la testa impercettibilmente perché non avevo nessun’altra possibilità razionale da prendere in considerazione.

-Desy credo sia ora che ti riporti a casa..- gli dissi delicatamente..

-Si credo sia una buona idea..- rispose lei ancora scioccata..

-Potremmo portarla noi Toby..- mi disse Marc con tranquillità.. –Nicholas ed io dobbiamo comunque andare in città visto che abitiamo lì, tu invece faresti un viaggio inutile..-

-Ha ragione Marc..- disse Desy pacatamente.. –Abitiamo più o meno tutti in zona, andrò con loro..-

-Sei sicura che vada bene?- gli chiesi guardandola in volto..

-Certo..- sorrise con dolcezza..

Nicholas si avvicinò a me con aria decisa, appoggiò una mano sulla mia spalla. Nello stesso istante in cui lo fece, riversò in me una scarica elettrica, con un’ondata fulminea di immagini nuovamente sfocate.

Nebbia…una pioggerellina fitta…un movimento fulmineo…e ancora quelle urla…

“Corri…Corri… Tobias corri…non ti fermare tesoro mio…”. E un urlo, glaciale e terrorizzato. Il silenzio.

Cercai di mantenere i nervi saldi, mentre quelle immagini nuovamente mi sconvolgono la mente. Cheve sembra preoccuparsi, ma quando deglutisco e faccio finta di nulla, non dice niente e rimane al suo posto.

-Stai tranquillo, ci prenderemo cura di lei..- disse con calma rassicurante.. –L’accompagniamo a casa, sulla soglia in modo che anche lei sia più serena..-

Desy sorrise con riconoscenza a Nicholas, che in risposta strinse ancora di più la mia spalla, per poi lasciarmi andare. Mi resi conto di essere in istintiva allerta mentre Nicholas mi toccava, provai quell’assurdo senso di proteggermi, mentre era chiaro che lui non aveva assolutamente intenzione di farmi del male.

Ma questo mi fece riflettere, cosa percepiva veramente il mio corpo?

E soprattutto, questi miei apparenti cambiamenti, cosa volevano farmi capire?

-Mi arrendo..- dissi ancora scosso dalle ultime immagini vissute..

Quando si alzarono Desy mi si avvicinò riconoscente. L’abbracciai con tenerezza e fui felice di essermi lasciato un pò andare con lei, costringermi a starle lontano non era servito a nessuno dei due. Era come una sorella per me, volevo proteggerla ed starle vicino. Mi sorrise e a turno salutai il resto della combriccola che se ne stava andando. Nicholas mi rivolse un sorriso tirato, quasi colpevole e i suoi occhi bellissimi sembravano talmente tristi che mi lasciarono sconcertato. L’aria malinconica di Nicholas, non faceva che infittire l’aura di mistero che lo avvolgeva. Gli sorrisi con calore, Nicholas mi era istintivamente simpatico, era come con Cheve, mi ero affezionato a lui nel giro di pochissimo tempo, non mi sarei stupito se fosse accaduta la stessa cosa con lui.

Quando uscirono sul porticato vidi Marc raggiungere l’auto e a turno salirvi sopra. Desy sembrava esitante, ma Nicholas si avvicinò a lei e la rassicurò, vidi che le sue spalle si rilassarono vistosamente e le rivolse un sorriso pieno di gratitudine. Cheve era rimasto a casa mia, succedeva spesso che restava a casa a farmi compagnia e questa sera avevamo molte cose di cui parlare.

-Toby…- percepii distintamente la sua voce anche se era un sussurro.. –cosa sta succedendo?-

-Non lo so…- dissi scuotendo il capo.. –non lo so..-

-Controlliamo il tatuaggio..- mi disse con voce ansiosa.. –Magari non c’è più..-

Scrollai il capo in senso di diniego. Sentivo ancora il calore che si era propagato attorno alla zona in cui era comparso lo stemma di famiglia.

Tolsi la garza  con cui avevo coperto il tatuaggio e lasciai che Cheve controllasse l’evoluzione dello stemma di famiglia, rimase zitto per un tempo che per me fu infinito. Questo silenzio forzato non lasciava molto spazio all’immaginazione.

-È esattamente come nell’amuleto..- disse ipnotizzato.. –Ha gli stessi colori vividi e ammalianti..-

-Che non è  esattamente quello che speravo che mi dicessi…- sentenziai dopo qualche secondo..

Lo lasciai in mezzo al salone, ancora confuso e sbalordito. Mi osservò avvicinarmi alla finestra mentre osservavo distrattamente quello stemma impresso sulla mia pelle, ero talmente confuso da non riuscire a trovare un filo logico in quella situazione.

-Come hai fatto a sentire la polizia..- disse tranquillo.. –insomma a sentirla così in lontananza Toby…-

Rimase in silenzio così a lungo che mi chiesi se fosse necessario spiegargli cosa percepivo, come sentivo in quel momento il mio corpo.

-Non so come spiegartelo Cheve..- dissi consapevole che qualcosa di grande mi stava cambiando..

-Provaci..- disse raggiungendomi.. –Tobias ci conosciamo da sempre e io sento…sento che sei qualcosa di diverso..-

-Sento i rumori con molta più intensità rispetto a prima, ho percepito chiaramente dei rumori al limitare del bosco mentre eravamo lì, tutti insieme con quel gran casino e la musica che rompeva i timpani..- risposi sinceramente.. –Non appena siamo entrati nella foresta ho sentito un odore metallico e pungente pizzicarmi il naso, ho seguito quell’odore perché qualcosa mi diceva che era quello che stavo cercando.. Quando ho visto la ragazza ho capito cosa fosse quell’aroma così forte, era il suo sangue…-

Cheve si era accasciato sulla sedia, improvvisamente sembrava che la sua mole fosse troppo pesante da sorreggere con la sola forza delle sue gambe. Mi guardò angosciato e incredulo, tanto che impallidì a poco a poco.

-Ci sono momenti che rivivo delle immagini..- dico con allarmismo adesso.. –Immagini confuse in cui vedo una foresta, una nebbia fittissima, sta piovendo e sento la voce di mia madre che mi grida di correre, di non fermarsi per nulla al mondo..-

-Pensi che voglia dire qualcosa?- mi chiese serio e lucido adesso..

-Non lo so…- risposi con incertezza.. –Insomma, ti sembra che ci sia qualcosa di razionale in quello che ti sto raccontando? Forse sto solo delirando..-

Cheve mi osserva con attenzione, so che sta cercando di capire meglio quello che gli ho spiegato. Ma sembra anche lui ad un punto morto, non riesce a spiegare con razionalità quello che mi sta accadendo.

-Sono arrivato alla conclusione che quello che mi sta accadendo non può essere spiegato con una teoria logica e razionale Cheve…- dissi con gravità..

-Era quello che temevo mi dicessi..- disse con sguardo perso..

Si alzò con decisione dalla seggiola, camminava avanti e indietro, provava sgomento e consapevolezza per quelle parole, ma cercava di non dargli troppo peso. Temeva che se avesse dato ragione a quella parte impulsiva di se stesso, che gli diceva che gli spiriti avevano captato qualcosa di strano, tutte le sue certezze sarebbero crollate.

-Pensaci Cheve..- dissi cauto.. –Tu sai dare una spiegazione razionale a quello che sento?-

-Toby cavolo..- disse voltandosi verso di me.. –noi due abbiamo sempre sostenuto che le dicerie dei nostri vecchi saggi fossero delle grandi fesserie! Quante volte abbiamo riso delle loro chiacchiere melodrammatiche?-

-Qui non si tratta di credere o meno al fatto che quelle leggende, che nemmeno ricordo, siano state parte della realtà di Amandil..- ribattei con fermezza.. –Ma mi stanno accadendo delle cose Cheve e tu sei in grado di avanzare delle ipotesi logiche che le spieghino?-

Quando lui si bloccò, lasciando posto alla sua solita lucida freddezza, compresi che a breve avrei ricevuto una risposta, sicuro che il mio unico fratello, mi avrebbe detto solo e la più spietata verità. Perché era quello che gli stavo chiedendo, volevo la sua obiettività.

-Non ho risposte Toby..- disse afflitto.. –Io non riesco a darti una spiegazione razionale su quello che sta accadendo! Ma non è detto che non ci sia..-

-Lo sai anche tu che non è così..- risposi sconfitto.. –Cheve non dobbiamo dimenticarci di un dettaglio importante! Fino alla morte dei miei genitori, i miei nonni continuavano a raccontarmi leggende e storie che riguardavano Amandil e le sue terre selvagge. Con la morte dei miei genitori è come se quei ricordi fossero stati all’improvviso strappati dalla mia mente..-

-Tu non ricordi nulla?- mi chiese esasperato..

-No, nulla che mi  possa aiutare..- dissi con incertezza.. –Ricordo solo vagamente quei due nomi di cui parlano anche i vecchi saggi, il Clan della luce e il Clan delle tenebre, ma solo perché tu ne hai parlato..-

-Mio padre non ha mai più parlato di queste cose con me, o i miei fratelli  e sorelle..- rispose certo.. –E quando vengono per caso pronunciati quei nomi, dice che sono tutte sciocchezze che i vecchi saggi hanno inventato per i bambini dispettosi..-

-Secondo me c’è qualcosa che nascondono..- dissi con serietà.. –Qualcosa di cui faccio dannatamente parte Cheve..-

-Come facciamo a scoprirlo?- chiese con rassegnazione.. –Nessuno della mia tribù sarà disposto a parlare di cose tanto assurde..-

-E per il momento non dovremmo farlo Cheve…- risposi con certezza.. –Non voglio che altri vengano a conoscenza di questa cosa almeno finché non sono sicuro che non sia nulla di rischioso..-

-Pensi che siamo nei casini?- rispose senza il minimo timore..

-Qualunque cosa sia Cheve, porta guai…- dissi sicuro di queste parole.. –Ho qualcosa che mi opprime lo stomaco da qualche giorno, è come se qualcosa di grave mi incombesse sulla testa..-

Lui sospirò, sempre più incerto su cosa pensare. Sapevo che c’era solo una cosa che potessi fare in questo momento. Non avevo moltissime possibilità per risalire alla verità, se la mia famiglia nascondeva qualcosa dovevo partire da me stesso e da quello che mi circondava.

Ovviamente non ero sicuro di voler sapere cosa stesse accadendo alla mia vita, fino a poco tempo fa sopravvivevo nell’inconsapevolezza e dovevo ammettere che adesso mi sembrava più allettante dell’incertezza che mi dilaniava. Guardai Cheve con occhi sicuri e decisi.

Avevo deciso e nulla mi avrebbe fermato. A costo di passare giorni e notti a cercare, io avrei scoperto la verità. Avrei ricomposto i pezzi del puzzle che sembravano mancare nei miei ricordi e alla fine, forse, avrei avuto qualcosa su cui pensare. Su cui ragionare.

Cheve era pronto, sapevo che attendeva qualsiasi cosa gli dicessi.

Era la persona più cara che mi rimaneva, sarebbe stato al mio fianco, qualsiasi cosa fosse accaduta.

  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale > Vampiri / Vai alla pagina dell'autore: Lady Asia_20