Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Dragon_Flame    13/02/2015    3 recensioni
Firenze, luglio 2013.
La vita di Lidia Draghi, adolescente alle prese con l'ultima estate prima degli esami e con la fine di una relazione sofferta, prende una svolta inaspettata nell'incontro con Ivan Castellucci, padre di Emma, che deve affrontare un difficile divorzio.
Una strana alchimia li lega e la certezza di aver trovato la propria metà si fa pian piano strada nei loro cuori. L'unico problema sta nella loro differenza d'età: vent'anni. Lidia ha diciott'anni, Ivan trentotto. Aggiungiamo poi una madre impicciona, un ex-ragazzo pedante, un fratello inopportuno e pseudo ninfomane, un'ex-moglie inacidita che cerca di strappare a Ivan la loro unica figlia e mixate il tutto.
Mille difficoltà ostacoleranno la relazione segreta fra i due protagonisti, ma il loro sentimento sarà più forte del destino che sembra contrario al loro amore?
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

32.

 


 

"Mamma, dove hai messo il mio maglione color pervinca?" chiamò Eva con tono stizzito, sbuffando animosamente mentre rovistava ancora tra i vestiti del suo armadio malamente disposti sul letto.

Sara si affacciò alla porta, affaticata dal peso di due borse da viaggio che portava tra le braccia.

"Tesoro, mica parti per l'Antartide! Vai solamente dai nonni per una settimana. Puoi fare tranquillamente a meno della tua maglia: ne porti via fin troppe!" la riprese con dolce esasperazione, posando la mole sopra il tappeto centrale della stanza. "Lidia!" gridò quindi la donna, sospirando. "Vieni qui e comincia a preparare la tua valigia, altrimenti domani non avrai tempo!"

"Tranquilla, il tempo ne avrò fin troppo per prepararla... E poi si tratta solo di poche cose. Ora non posso occuparmene, ho da fare" la liquidò frettolosamente la figlia maggiore, dando un'ultima ritoccata al trucco.

Si specchiò un'ultima volta, approvando l'omogeneità del fondotinta sulla sua pelle chiara di adolescente, quindi si ravviò gli splendidi boccoli bronzei con la mano, afferrando la borsetta e scendendo al piano inferiore le scale.

Lidia si era preparata per andare a cena con i suoi amici, felice di poter vedere anche Ivan. Infatti, Céline ed Enrico, i suoi due migliori amici, erano stati ben contenti di sapere che alla cena avrebbe partecipato anche l'uomo. A loro quattro si sarebbe unito anche Heydar. La decisione era stata presa perché il trio di amici doveva rifinire il proprio piano per la sera della vigilia insieme agli altri due complici.

"Enrico ti aspetta fuori, Lilli" le comunicò il padre, che se ne stava spaparanzato sul divano a vedere alla televisione la replica su un canale sportivo di una partita della Fiorentina contro la Juventus nella stagione calcistica corrente.

"Mi saprà perdonare se lo faccio attendere cinque minuti" decise la ragazza, afferrando con la mano il giaccone e scavalcando con un salto un basso divanetto di pelle su cui successivamente atterrò a sedere.

Domenico sollevò un sopracciglio, dubbioso, ma non obiettò nulla. Si ricordava fin troppo bene della passione della figlia per la squadra di casa, tifo che condivideva con il padre. Perciò non le disse niente, permettendole di riguardare per l'ennesima volta lo straordinario successo della formazione viola contro la squadra bianconera. Proprio in quel momento passarono le immagini di Pepito Rossi che, su assist di Juan Cuadrado, segnava la terza rete della sua tripletta ai danni di una Juventus ormai fatta a pezzi da quella pesante sconfitta, e in seguito l'esultanza del bomber della Fiorentina e dei suoi compagni dominò l'intero schermo della tv per qualche secondo, accompagnata dai cori trionfanti della Curva Fiesole e dell'intero Stadio Franchi nel sottofondo.

Lidia fece finta di asciugarsi una lacrima commossa all'angolo dell'occhio, suscitando l'ilarità del padre che la osservava.

"E' sempre un'emozione rivedere il trionfo della Viola su 'sti juventini del cavolo" affermò con baldanza, balzando in piedi e infilandosi la giacca. "Papà, perché non mi hai chiamata Viola invece che Lidia? Non avresti potuto scegliere nome migliore per me" ironizzò, rivolta all'uomo sedutole accanto, che scoppiò a ridere insieme a lei.

"Va', su. Altrimenti Enrico penserà che ti sei dimenticata di lui" la incitò Domenico, salutandola con un cenno della mano. "Sei in un ritardo pazzesco."

"Sì, ora sparisco."

"Non fare tardi!"

"No, tranquillo. Ci vediamo il 25 dai nonni a Siena. Ciao!"

E Lidia sgattaiolò fuori di casa con il cellulare tra le mani, spedendo velocemente un messaggio a Ivan per scusarsi con lui del ritardo che avrebbero sicuramente fatto lei e il suo migliore amico. Quindi si precipitò nel caldo abitacolo della macchina di Tiziana, che la donna aveva prestato al suo figlio minore, e abbracciò Enrico con un sorriso impaziente.

"Scusami scusami scusami! Ma dovevo rivedermi la tripletta di Rossi ai danni della Juve" si giustificò subito, guadagnandosi un'occhiata stranita da parte del ragazzo.

"Ma sei già ubriaca alle sette della sera? Ivan ci rimarrà male nel trovarti in questo stato" la prese in giro scherzosamente, contraccambiando l'abbraccio fraterno della castana con un sorriso pieno di ammirazione e meraviglia. "Caspita, stasera sei fantastica! Lo stenderai con la tua bellezza" osservò semplicemente, squadrandola brevemente.

Lidia aveva indossato un vestito celeste di velluto morbido che lasciava scoperte fino a metà coscia le gambe, velate da sottili calze trasparenti. Le décolleté nere slanciavano ulteriormente la sua figura snella, mentre la scura cinturina essenziale che le stringeva il girovita sottolineava la curva morbida dei fianchi e del seno. Il suo sorriso era radioso e i lineamenti addolciti da un trucco acqua e sapone che esaltava le sue iridi azzurre e scintillanti. Enrico si ritrovò un po' ad invidiare Ivan per la fortuna che aveva, cioé di amare, ricambiato, una ragazza meravigliosa come la sua più cara amica. Non che il diciottenne ne fosse innamorato, ma subiva comunque il suo fascino inconsapevole.

Lidia arrossì, schermandosi un sorriso compiaciuto e leggermente imbarazzato.

"Maddài, non fare il cretino..." disse in tono fintamente minaccioso.

"Ma sono serio" protestò il biondo, distogliendo lo sguardo dall'amica per tornare a concentrarsi sulla guida dell'auto.

"Hai più visto Valentina?" gli chiese la ragazza, cambiando radicalmente l'argomento della conversazione.

Il volto di Enrico si scurì.

"L'ho incontrata ieri, in centro... mano nella mano con quello stronzo di Vittorio. Lei sicuramente mi ha visto, ma non l'ho nemmeno salutata. Chissà che il suo fidanzato non impazzisca di gelosia al pensiero che possa interagire con un altro ragazzo" osservò con amara rassegnazione.

"Mi dispiace."

"E allora perché me lo hai chiesto? Io avrei preferito non aprire questo discorso."

"Ma dovrai affrontare i tuoi sentimenti, prima o poi. Non la dimenticherai facendo finta che non esista. Anzi, così è peggio. Devi trovare il modo di fronteggiare la situazione. E magari anche parlare con lei di ciò che provi." Lidia avvertì una stretta al cuore al pensiero di ciò che stava per dire e di come l'avrebbe ferito, ma non poteva raccontargli menzogne e chiudere gli occhi di fronte alla realtà. Doveva essere sincera con Enrico, anche se ciò l'avrebbe fatto star male. "Si sta autodistruggendo, Enri. Dimagrisce sempre più, soffre nel silenzio, forse si taglia. E tu soffri con lei perché non sai come fare a tirarla fuori da questo abisso, sicuro che finiresti per fare solo peggio. Ma non scenderà nessuna mano dal cielo ad aiutarti se continui a temporeggiare. O affronti la situazione, o la lasci andare per sempre."

"Pensi che sia facile?" l'attaccò il biondo con rabbia, serrando la mascella come unico segno esteriore del suo turbamento.

Lidia sospirò pesantemente.

"No. Ma ti mantieni sospeso in uno stato di indecisione continua che ti sta solo facendo più male di quanto tu non voglia. E così è solo peggio, perciò è ora che tu faccia la scelta. Non posso neanche lontanamente comprendere cosa si prova, ma mi fa male vederti ridotto così e vorrei fare qualcosa per te, per aiutarti a risollevarti. Io dico questo per te."

"Non tenterò di parlare con lei: non mi ascolterebbe, così come fa con tutti. La dimenticherò e tutto si aggiusterà. Ma non voglio più che la nomini davanti a me. Né tu, né Céline. Ti prego, Lilì."

La voce di Enrico si incrinò quando pronunciò il nome dell'amica. La castana, senza proferire parola, allungò la mano per stringere appena fra le proprie dita la spalla del diciottenne, per comunicargli tutto il proprio sostegno.

Eppure un modo per tirare fuori entrambi da questa situazione ci deve essere. C'è sempre un modo. Lidia si arrovellò il cervello in ogni modo, sperando che la lampadina le si accendesse al di sopra della testa come per magia, portatrice di una soluzione disperatamente agognata. Ma la questione era più complicata che mai e uscirne non era scontato. Probabilmente tutto sarebbe finito molto male.

"D'accordo" acconsentì infine la ragazza, ritirando la mano.


 

***


 

"Quindi Emma trascorre le vacanze con Alessia" concluse Céline, discorrendo placidamente con Ivan.

I due, insieme a Heydar, erano già seduti al tavolo che avevano prenotato per quella serata in un intimo ristorantino che s'affacciava sul Lungarno degli Acciaiuoli, regalando la splendida vista di Ponte Vecchio adorno di decorazioni natalizie che sormontava un Arno plumbeo e sonnolento, sulla cui superficie si riflettevano tremule le luci intense di Firenze. Il profilo della Cattedrale si stagliava alto e maestoso nel cielo rischiarato da uno spicchio di luna gialla, che di tanto in tanto faceva capolino dalle pesanti nubi invernali.

"Purtroppo sì. Le sarebbe piaciuto tanto trascorrerlo con i suoi nonni e Gianluca, a casa di mia madre. Ma il giudice ha stabilito così e io devo rispettare la sua decisione. Perlomeno, il prossimo Natale lo passerà con me, e spero tanto che si tratti di un'alternanza a breve termine. Questa faccenda dell'affidamento congiunto è stressante" osservò l'uomo con ira, ondeggiando il calice che stringeva tra le mani e contemplando distrattamente lo scintillìo dell'acqua che rifletteva le luci soffuse del locale.

"Non deve essere facile per te" convenne Heydar.

"No, non lo è. Sarebbe tutto più semplice se io e Lidia ci potessimo vedere senza sotterfugi e se Alessia non si prodigasse tanto per strapparmi la custodia di mia figlia. La fine di questo matrimonio, da un lato, è stata per me una boccata d'aria, ma la paura di perdere mia figlia mi fa vivere questo periodo come se corressi sempre sul filo del rasoio."

"Hai provato a parlare con il tuo legale divorzista? Magari potrebbe rassicurarti sul fatto che non dovresti temere di perdere Emma perché la tua ragazza ha solo diciotto anni" suggerì l'iraniano con un vago sorriso d'incoraggiamento.

Ma Ivan scosse la testa con rassegnazione, infrangendo quella rosea prospettiva di futuro.

"Mi sono già informato. In ambito legale un rapporto del genere non prevede conseguenze o ripercussioni sull'affidamento: è sufficiente che la mia compagna sia maggiorenne, per non cadere nel reato di pedofilia e rischiare la decadenza della mia patria potestà su Emma - e, di conseguenza, la possibilità di poterla vedere anche solo per qualche giorno ogni anno. Ma preferisco non rischiare, perché un magistrato è sempre una persona con sentimenti e opinioni proprie. Come mi vedrebbe la gente se ufficializzassi il mio rapporto con Lidia? La reazione più spontanea sarebbe di sfiducia e sospetto. Mi crederebbero un adulto che sta con una ragazza di neanche vent'anni solamente perché è alla ricerca del mito sfumato di una giovinezza che non ha più, oppure come un irresponsabile che si diverte a rubare il cuore a una diciottenne e che la usa per sesso o altro, senza amarla realmente. Non verrei preso sul serio, risulterei inaffidabile e diffidabile, specialmente quando in gioco c'è l'integrità e la serenità di una bambina di otto anni. Cavoli, magari potessi. Sarei molto più felice e tranquillo."

"Lidia mi aveva parlato del fatto che potrebbero anche sospettare una tua tendenza alla pedofilia" aggiunse indelicatamente Céline, schiacciando ulteriormente il morale dell'uomo. Notando il suo rabbuiamento, si pentì immediatamente delle parole pronunciate, ma non poteva tornare indietro. "Scusa. Non volevo infierire..."

"No, non è nulla. Ma purtroppo hai ragione. Siamo realisti: osservazioni maligne di questo genere non sono da escludere. Per precauzione, mi verrebbe tolta la custodia congiunta di mia figlia e Alessia la porterebbe in Germania con sé, quindi non rivedrei più Emma." Al solo pensiero Ivan sentì il panico attorcigliargli lo stomaco. Deglutì rumorosamente. "E' mille volte meglio fingere di essere un bravo padre single e dedito a lavoro e famiglia. La mia ex-moglie è un'irresponsabile egocentrica che trascura molto la mia bambina e se continua così potrebbe esserle tolta la custodia a favore mio, nel migliore dei casi. Però questa situazione alla lunga mi sta logorando, e so per certo che anche Lidia soffre molto. Vorrei solo poterle garantire un po' di serenità, ma non è semplice."

Céline fece per aprir bocca, ma notò l'amica appena menzionata, scortata da Enrico, avvicinarsi al loro tavolo con una certa impazienza dal fondo della grande sala da pranzo. Quindi la bruna tacque, accostandosi più vicino a Heydar per stringere il suo corpo con un braccio.

"Guarda chi arriva" replicò enigmaticamente, aprendosi in un sorriso rilassato.

Come Ivan si voltò su se stesso, Lidia accelerò il passo per precipitarsi su di lui, senza neanche dargli il tempo di guardarla negli occhi. Lo baciò sulle labbra con slancio, avviluppandosi a lui, e si staccò solo quando Enrico, che li aveva raggiunti, tossicchiò imbarazzato.

Il biondo, superato il momento critico avuto in auto poco prima, aveva tirato fuori un sorriso di circostanza abbastanza convincente, e fu così che salutò l'altra sua migliore amica e il compagno di classe, sedendosi poi accanto a quest'ultimo.

Ivan, intanto, aveva guardato con gioia ammirata la figura di Lidia accomodarglisi accanto, squadrandola da capo a piedi in un misto di contemplazione e bramosia. Si soffermò a lungo sulle gambe nude, rialzando gli occhi a fatica.

"Sei... sei meravigliosa" balbettò incerto, facendo spuntare un sorriso malizioso sul volto della ragazza.

"Se me l'avessi detto, ne avrei messo uno anche più corto" lo provocò indicando il vestito con impudente sfrontatezza, scatenando la sua reazione scandalizzata.

"No, no, va benissimo così, eh!"

I quattro ragazzi seduti alla sua stessa tavola scoppiarono a ridere simultaneamente, guadagnandosi un'occhiata torva da parte del diretto interessato. Infine anche il moro si lasciò andare all'allegria generale, trascinato dalle risate spensierate di quel gruppo di giovani. Mai si sarebbe immaginato di condividere una cena insieme a dei diciottenni e di essere innamorato, ricambiato, di una di loro. L'avrebbe trovata una situazione assurda in altri frangenti, eppure in quel preciso istante si sentiva bene con se stesso e felice di essere lì.

"Su, ordiniamo" propose infine Cèline, mettendo fine alla questione.


 

***


 

Intorno alle nove la cena fu terminata. I cinque convitati attesero l'arrivo chi del dessert, chi della frutta, e intanto conversarono fra loro.

"Qui si mangia veramente bene" commentò con un sospiro soddisfatto l'amica di Lidia, accarezzandosi appena la pancia. "Sono satolla come un uovo" aggiunse, scatenando l'ilarità dei commensali.

La ragazza si guardò intorno spaesata, non capendo il motivo di quelle risate. Ci pensò Enrico a spiegarle la ragione.

"Si dice piena e non satolla come un uovo, Céli" puntualizzò il biondo con un sorriso divertito.

"Non lo sapevo" replicò la ragazza. "Ho sempre sentito dire satolla oppure piena come un uovo, ma combino sempre queste due espressioni fra di loro. E' un riflesso involontario, ma mi scordo sempre che in italiano si dice così."

"Questo perché in un francese colloquiale dire di essere piena, cioé pleine, significa aspettare un bambino" spiegò Lidia a beneficio di Ivan, che era l'unico tra loro a non conoscere la lingua francese e quindi non aveva afferrato il concetto.

"Ah. Non lo sapevo" confessò lui, che era rimasto perplesso di fronte alle risa degli altri tre ragazzi.

"E' facile cadere in errori simili se non si conosce una lingua per bene" aggiunse la castana, tornando poi a concentrarsi sugli altri. "A proposito: parliamo della questione che ci ha portati qui. Così almeno concludiamo la serata e ognuno se ne torna a casa propria."

"Ma noi vogliamo andare un po' in giro, più tardi... non vi unite a noi?" domandò sospreso Heydar, preso in contropiede.

La testa di Lidia oscillò dolcemente, confermando la loro assenza.

"Domattina Ivan ha un turno di lavoro e non può fare tardi. Io mi alzo presto per aiutare mamma a riordinare la casa, dato che poi staremo via per una settimana dai miei nonni a Siena. Ed Enrico non è in vena di starsene fuori fino a tardi con una coppia di fidanzati: si sentirebbe il terzo incomodo. Perciò credo che dovrete rimanere voi da soli" spiegò Lidia all'amico.

"Mi dispiace dover rimanere da sola con il mio fidanzato, Lilli. Mi dispiace enormemente. Morirò per il dolore che mi hai dato" ironizzò Céline con un largo sorriso, e tutti scoppiarono a ridere.

"Vabbé, comunque ora parliamo di cose serie" ripropose Lidia, arricciando le labbra per non cedere alle risa. "Dunque, abbiamo deciso che io non prenderò parte al cenone della vigilia di Natale per evitare sia Roberto che Gianluca, dato che sicuramente entrambi vi prenderanno parte. Tu, Heydar, perché non ti sei aggiunto?"

Il ragazzo si accomodò meglio sulla sedia.

"Be', semplicemente per il fatto che sono musulmano: non è una festa religiosa, per me, e mi sembra quasi offensivo nei confronti della mia religione prendere parte alle festività cristiane. Però vorrei anche trascorrere una serata con Céline e ho perso quest'occasione. Comunque, a parte questi dettagli, io che c'entro con il tuo piano?"

Heydar sollevò un sopracciglio con aria sospetta, invitando l'amica a farsi avanti. Lidia non si lasciò perdere quell'occasione, andando dritta al sodo.

"Prendi il mio posto" propose di punto in bianco, suscitando la sorpresa dei commensali. "Io telefono ad Antonio e dico che non sto bene, aggiungendo poi casualmente - ma neanche tanto - che anche tu mi avevi chiesto di aggregarti e che io mi sono scordata di comunicarglielo. Quindi, tu ti presenti alla festa con Céline e il gioco è fatto. Ho già pagato la quota di partecipazione: puoi prendere tranquillamente il mio posto. E io trascorro la vigilia con Ivan, a casa mia" concluse con aria soddisfatta Lidia, sorridendo ai presenti.

I quattro interlocutori sembrarono approvare, ma ad un certo punto Enrico e Heydar avanzarono delle incertezze. Fu il biondo a parlare per primo.

"Lilì, io invece che ruolo avrei nel tuo progetto?"

Lidia accavallò le gambe con tranquillità.

"Dovresti essere tu, in teoria, a passare a prendermi con l'auto davanti a casa. Semplicemente, ad un certo punto mi riporti indietro. Me lo fai questo favore?" lo pregò, congiungendo le mani a mo' di preghiera.

Ivan ridacchiò nel notare come Enrico stesse annuendo imbambolato di fronte allo sguardo della ragazza. Gli passò in mente il sospetto che potesse esserne innamorato, oppure che in passato avesse nutrito per lei dei sentimenti, ma decise di non avallare quell'ipotesi. Forse si stava sbagliando.

"Certo. Però poi voglio i dettagli piccanti della serata" aggiunse scherzosamente, guadagnandosi un'occhiata truce da parte dell'infermiere, il quale era indeciso se credere che si trattasse di una presa in giro o di una richiesta vera e propria.

"Scordatelo" lo ammonì recisamente la castana.

"Ma come farai a evitare tua madre, domani sera?"

"Mamma ha un turno di notte all'ospedale: parte alle otto e mezza la sera e ritorna il mattino seguente alle sei e mezza. Dalle otto e mezza in poi la casa è libera. Possiamo fare così, Enri: mi passi a prendere intorno al quarto, così lei mi vede partire, e poi parcheggi in una strada secondaria e attendiamo che mia madre sia partita per ritornare indietro. Mi lasci a casa e poi vai alla festa. Il cenone comincia alle nove" espose Lidia con logica chiarezza.

"Ci hai rimuginato sopra un bel po', eh?" commentò Ivan con un sorrisetto ironico.

"E tu, Ivan, arrivi da me alle nove, così siamo sicuri che mamma per quell'ora sarà già partita" aggiunse la ragazza.

"Lidia, quanto ti è costata la quota per partecipare al cenone della vigilia?" chiese Heydar.

"Venticinque euro" rispose Céline al posto dell'amica.

"Te li vorrei restituire. Mica posso farla pagare a te."

L'iraniano fece per prendere il portafogli dalla tasca dei pantaloni, ma Lidia gli fece cenno di fermarsi.

"Tranquillo, Dar. Me li ridai un'altra volta. Almeno, non adesso" replicò, imbarazzata dall'idea di farsi dare dei soldi in pubblico.

"Ok. Allora, per stasera ti offro io la cena" propose il diciottenne, ma Ivan fece segno di diniego con il capo.

"Per stasera ci penso io" gli fece presente.

"Be', allora te li restituisco la prossima volta che ci incontriamo."

"Va benissimo" concluse la castana, e i dubbi sul suo piano d'azione finirono lì.

Poco dopo, i cinque uscirono dal ristorante. Enrico lamentò un mal di testa sempre più forte, benché Lidia avesse compreso il suo imbarazzo ad essere l'unico spaiato nel gruppo, e si avvicinò alla propria macchina per tornare a casa e terminare lì la serata. La sua migliore amica si avvicinò e l'abbracciò con enorme gratitudine e affetto.

"Mi dispiace approfittare sempre della tua disponibilità... praticamente, mi copri tu ogni volta che voglio vedermi con Ivan" sussurrò mentre lo cingeva, posandogli poi un bacio sulla guancia.

Lei lo guardò con un filo di rimorso e senso di colpa riflesso negli occhi azzurri e intensi, ma lui le sorrise incoraggiante.

"Gli amici servono anche a questo" le disse, ripetendo la frase con cui lei stessa soleva replicare ogni qualvolta l'amico la ringraziasse per dei favori. "Non mi sono dimenticato di come mi hai sostenuto nel periodo prima della riconciliazione dei miei genitori, quando loro litigavano sempre più spesso. Ci sei sempre stata per me, e anche ora cerchi di essermi di aiuto nella situazione che sai, nonostante tu non possa fare molto. Tu hai fatto tanto per me, e sono felice di poterti finalmente restituire il favore" e le sorrise ancora, con fraterna amicizia, osservando le sue labbra curvarsi in un dolce sorriso.

Lo scambio di sguardi e gesti muti successivo fu più significativo di mille parole. La loro era un'amicizia bellissima: si comprendevano a vicenda, anche con una sola occhiata, e una forte empatia li legava. Il loro era un rapporto d'amicizia come quello che la castana aveva con Céline, sebbene conoscesse Enrico da neanche cinque anni. La loro era stata una simpatia a pelle, una sorta di affinità elettiva che si era consolidata tantissimo in tre anni passati insieme. La lontananza aveva acuito la forza della loro amicizia e il loro rapporto era sempre più stretto e confidenziale.

"Be', buonanotte, Enri" lo salutò la ragazza, sciogliendo l'abbraccio che ancora li legava e tornando accanto a Ivan.

"Ci vediamo domani alle otto e un quarto davanti casa tua" ripeté il biondo, salutando con un gesto tutti quanti ed entrando nell'auto della madre. Quindi partì, lasciando da sole le due coppie.

"Bene. Ora noi ce ne andiamo al cinema. Siete sicuri di non volervi aggiungere?" propose Heydar a Lidia ed Ivan.

La castana captò l'occhiata eloquente che le gettò Céline. Intuendo subito il suo significato, scosse la testa con diniego, assecondando l'amica.

"Mi dispiace, ma preferiamo tornare a casa. Grazie comunque per l'offerta" rispose, mettendo a tacere l'insistenza del compagno di classe. "Buona serata a tutti e due. E - già che ci sono - auguri di Buone Feste in anticipo" aggiunse, salutandoli con un cenno della mano.

Quindi si allontanò in direzione della Fiat 500 del fidanzato, abbracciata ad Ivan.

"Ti riaccompagno adesso?" le domandò l'uomo, una volta che furono nell'abitacolo della macchina. Nella sua voce c'era una sfumatura di delusione. "Credo sia ancora troppo presto. Preferisco riportarti a casa più tardi, quando i tuoi genitori sono a dormire, così non notano l'auto" soggiunse.

"Hai ragione. E' meglio se mi riaccompagni più tardi. E poi vorrei trascorrere qualche oretta con te" replicò Lidia con un sorriso malizioso, alzando impercettibilmente la gonna con un gesto fintamente casuale.

Ivan non mancò di registrare quel movimento e puntò lo sguardo sulle sue gambe snelle e candide, incapace di distoglierlo da lì. Conosceva ogni millimetro di pelle al di sotto di quell'abito mini e concupiva quel corpo caldo e morbido con tutto il suo animo passionale. Posò una mano sopra l'arto della ragazza, accarezzandolo con lenta bramosia, e puntò finalmente lo sguardo infiammato nelle sue iridi celesti.

"Sai, devo confessarti una cosa" mormorò il moro vicino al suo orecchio, possando un bacio sulla mascella della ragazza.

"Sì?"

La voce di Lidia era divenuta ormai un tenue sospiro.

"Da quando ti ho vista, non ho fatto altro che desiderare, per tutta la serata, di toglierti questo vestito e accarezzarti tutta quanta" le confidò a voce bassa e roca, alzando la corta gonna dell'indumento per saggiare la pelle liscia del ventre.

Lidia rabbrividì e si ritrasse un poco, posando una mano sul petto dell'infermiere.

"Ivan, hai le mani gelide. Non mi toccare ora" lo rimproverò, insistendo affinché si allontanasse da lei. "Portami a casa tua. Sei da solo, giusto? Possiamo passare lì la serata."

Ivan sogghignò appena, annuendo con convinzione a quella proposta.

"Hai sempre un sacco di idee geniali" aggiunse con una punta di ironica complicità, strappandole un rapido bacio a fior di labbra. "Metto subito in moto."


 

***


 

Ivan spalancò il portone d'ingresso con difficoltà, continuando a baciare e stringere a sé il corpo impaziente di Lidia. Richiuse l'uscio frettolosamente, spogliando senza troppe cerimonie se stesso e la ragazza dei pesanti cappotti invernali e lasciandoli scivolare a terra, mentre, avvinghiato strettamente alla giovane, si spostava lungo il corridoio della casa, diretto verso la propria camera. Entrarono rapidi, gettandosi subito sul letto a due piazze.

L'uomo denudò la ragazza dei suoi abiti, togliendole con esasperante lentezza ogni singolo indumento, baciando ogni centimetro di pelle. Senza neanche accendere la luce, si chinò su di lei e si fece sfilare il pullover rosso bordeaux che indossava e i pantaloni, rimanendo poi completamente nudo. Lidia lo cercò nel buio con mani incerte, sfiorando appena le spalle forti e il petto villoso con le dita, mentre Ivan, con tocco esperto, cominciò ad accarezzarla nei suoi punti più sensibili, strappandole sospiri di piacere.

Divaricò di un poco le sue gambe e si posizionò meglio tra esse, con la mente completamente offuscata dal desiderio del suo corpo, e continuò a stimolarla ancora un poco con le dita, mentre lei avvolgeva istintivamente le gambe intorno al suo bacino.

Lidia aprì gli occhi e, nella penombra della stanza, riuscì a scorgere le profonde iridi ambrate di Ivan che la osservavano intensamente, illuminate appena dalle luci della città che penetravano attraverso gli scuri. Ricambiò il suo sguardo pieno d'amore, sollevando il capo per baciarlo sulla bocca.

"Ivan, ti prego, facciamo l'amore" mormorò mentre si rilasciava contro i vaporosi cuscini del talamo, attendendo il momento cruciale.

"Farò piano" promise lui, premendo con il pene contro il suo basso ventre.

Stava per entrare in lei, ma un pensiero agghiacciante lo bloccò.

"Lidia, non ho preservativi con me. Tu, invece, di sicuro non prendi la pillola. Non possiamo farlo senza contraccettivi. Rischi di rimanere incinta."

Quelle parole furono come una doccia gelata per la ragazza, che trasalì al pensiero dell'imprudenza che stavano per commettere. Lei ne voleva di figli, ma non certamente a diciotto anni. La visione di se stessa, raggiante di felicità materna, accoccolata su di un letto con tra le braccia un bambino piccolo e indifeso attraversò la sua mente e lei si pietrificò. Era una percezione dolcissima, che in altri frangenti avrebbe potuto intenerirla, ma in quel momento servì solo a pietrificarla per il terrore. No, era meglio di no. Assolutamente no.

Lidia si destò dall'istante di sospensione in cui era caduta, premendo sul petto di Ivan entrambe le mani per incitarlo ad allontanarsi, mentre la presa delle gambe sui suoi fianchi si scioglieva. La piacevole pressione virile sul suo bacino sparì, poi l'uomo allungò una mano verso la parete per cercare l'interruttore della luce. Come la stanza si illuminò, la ragazza arrossì istantaneamente vedendo l'uomo che amava completamente nudo, imporporendo ancora di più al pensiero di essere anche lei totalmente svestita. Si raccolse le ginocchia intorno alle braccia e incrociò le gambe, in modo da schermare le proprie nudità. Le sue iridi azzurre si fissarono con incertezza in quelle auree dell'uomo, nelle quali si rifletteva la preoccupazione mista ad una grande delusione.

"Domani" borbottò l'uomo all'improvviso, sbuffando irrequieto.

Lidia non capì cosa intendesse.

"Domani... cosa?" e sollevò un sopracciglio con aria disorientata.

Ivan respirò a fondo, incrociando le gambe. La sua erezione stava lentamente scemando. La castana intuì al volo il motivo di tanta inquietudine e si mordicchiò il labbro inferiore con il canino, sentendosi profondamente insoddisfatta come lui.

"Domani. Ci vedremo domani sera. Io mi procuro i profilattici, così potremo mettere fine a questa continua serie di rinvii. Ti voglio tantissimo, Lilli. Ti desidero."

"E io farò in modo che nulla interferisca con la nostra serata. E' tanto che aspettiamo questo momento" promise la ragazza, sorridendo timidamente e trovando il coraggio di lasciarsi vedere nuda da lui, insicura della sua reazione.

Lui percorse il suo corpo con lo sguardo, trovandola bellissima e seducente. Posò una mano sulla sua gamba diafana, ripercorrendo con le dita la pelle morbida e liscia fino a che non le sfiorò la chiara mammella delicata, posando sul suo collo un bacio poco casto.

"Allora è deciso: domani sera. Ti prometto che sarà una bella esperienza. Sentirai forse un po' di dolore, ma dopo passerà. Ho intenzione di portarti fino al limite" sussurrò contro la cute del suo collo arrossata di baci, provocandole un brivido.

Lei gli cinse il torace con le braccia, posando la testa nell'incavo del suo collo e beandosi del tocco eccitante delle sue mani ampie e forti lungo la propria schiena. Con la mente proiettata verso la sera successiva, provò ad sognare come sarebbe potuto accadere e quella fantasia le strappò un sospiro estatico e felice.

Ci sarà mai una volta buona per voi due?, ironizzò la sua vocina interiore, e Lidia scoppiò a ridere, contando già da quel momento le ore che la separavano dalla serata successiva. Abbracciò più strettamente Ivan, che ora le aveva posato un bacio tra i capelli, e mormorò un "Ti amo" contro la pelle del suo petto, abbandonandosi fiduciosa tra le sue braccia protettive.


 

***



N.d.A.
Salve a tutti! :D
Innanzitutto scusatemi per il ritardo, ma ormai si ripeterà sempre: ho deciso di spostare definitivamente l'aggiornamento della storia ogni due venerdì e non ogni settimana, altrimenti non ce la faccio a portare avanti la fiction.
Questo capitolo è il preludio di un colpo di scena inatteso e abbastana importante che avrà luogo nei prossimi due aggiornamenti - che sto progettando -, e spero che vi sia piaciuto.
IMi dileguo subito, dato che ho sonno xD Però vorrei ringraziare tutti coloro che leggono e seguono la storia e soprattutto coloro che recensiscono! Perciò, cito controcorrente, che commenta sempre ogni capitolo con il suo tipico acume, e Hazel_Watanka.
Bon, ora sparisco davvero. Buona notte a tutti, e grazie ancora a chi leggerà.
Adieu
.

Flame
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Dragon_Flame