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Autore: sorrisidistrutti    15/02/2015    0 recensioni
Quando la ragazzina di soli sedici anni, cresciuta da un padre assente viene improvvisamente affidata ad una madre malata dall'idea di perfezione nessuno si aspetta che più in là, all'età di diciannove anni, vinca così tanti concorsi di bellezza. Eppure Aeris con la sua devastante bellezza riesce a vincere tanti di quei premi fino a iniziare a dubitare di se stessa, anche se sa di non aver mai smesso di farlo. E, fino a quando lo scrittore Harry Styles viene incaricato di scrivere un articolo di fondo sulla valletta tanto amata dal pubblico non si aspetta di certo di trovarsi davanti un pezzo di ghiaccio pieno di mura da abbattere, e le cose si fanno più difficili per l'omonimo scrittore.
***
«Le consiglio di andare, di sparire, le vallette superficiali non fanno per lei.»
«Ti odierò, se posso; se no, t'amerò contro voglia»
[Attenzione! La storia potrebbe essere soggetta a scene di droga esplicite; doped!¡]
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan, Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Non avevo mai amato la periferia. L'avrei odiata fino alla fine dei miei giorni. 
Mi sarebbe mancato il ghetto, l'odore della terra, del marcio, della mia non educazione. Mi sarebbe mancato perché faceva parte di me; un mondo senza regole, un mondo marcio al quale affidarsi a se stessi era tutto quello che potevi fare. Ma stavo bene. 
Mentre traversavo la strada con quella donna fin troppo truccata non mi importava di come fosse finito nella merda mio padre, affatto, mi importava più che altro che mi avrebbero affidata ad una presunta madre che nemmeno sapevo esistesse. 


Quando la vidi, tutto quello che volevo fare era prendermi a schiaffi, per essere certa che quello che mi stava succedendo non fosse realmente vero. I conati di vomito si fecero sentire e iniziò a girarmi la testa. 

Improvvisamente la mia vita cambiò. Cambiò in un modo radicale. 

A Catrine piaceva la bellezza, l'apparenza, amava i trucchi, le parrucche, amava farsi le unghie di un colore rosso pacchiano. E adorava, impazziva, per i concorsi di bellezza. Io la guardavo storto, perché io ad essere femminuccia proprio non ci riuscivo. E mi guardavo in giro. Erano tutte delle stupidi rondini con il guinzaglio.

Si vestivano di perfezioni, loro. 

Mi vestivo di imperfezioni, io. 

Alcune cose ce le hai nel sangue. E t'ammazzano, uno di quei Mali silenziosi, ti uccidono dentro, pian piano, e non te ne accorgi.

E la bellezza era quel tipo di male.

E non mi importava.

Il sipario fece spazio ospitandoci con applausi di tutti i tipi. Andavano dai fischi agli urli; C'era chi si limitava semplicemente a battere leggermente i palmi tra loro. Sorridevo al pubblico, tanto per fare, s'intende. Alla gente piacevano le vallette che sorridevano--Era una specie di strategia per ottenere applausi assieme allo sguardo rassicurante. Attimi fuggenti. 

Me lo aveva insegnato lei, questo. Per me era solo il primo concorso, che ne sapevo io. Io semplicemente odiavo, c'era solo questa sensazione dentro di me, come un fuoco di odio che ti brama dentro. Odiavo, odiavo allo stremo, non c'era amore, non c'era dolore, c'era solo questo vuoto e l'odio ad uccidermi. 

E allora la vidi, laggiù in un angolo con la faccia scheletrica dalla malattia, la corrodeva pian piano. 

A me non importava mai. Nè degli applausi, ne del trucco in eccesso. non mi importava di Grant, che ogni giorno si ostinava a difendermi. Non mi importava del dolore che mi provocava quel corsetto fin troppo stretto all'altezza della vita per farmi il bustino stretto. Non mi importava dello sguardo annoiato e freddo che mi rivolgevano gli altri. Non mi importava delle acconciature, dei trucchi, di farmi bella. Non me ne fregava assolutamente niente. Ma ogni giorno la vedevo sull'atrio, con la bomboletta dell'ossigeno a fumarsi una sigaretta con gli occhi segnati dalla tristezza. E allora, iniziò ad importarmi, solo un pò. 

E quegli applausi iniziarono ad avere un senso, i complimenti ad essere un punto di riferimento, e la superficialità ad impossesarsi di una diciassettenne con il moccio al naso. 

La sera stessa in cui mi premiarono, ore dopo Catrine era scappata più in fretta che poteva da questo mondo di merda -- bel modo di levarsi dal cazzo gli avrei voluto dire. Con tutte le persone a portare fiori alla sua stupida tomba incorniciata dai suoi trofei e dalle sue medaglie vinte. Viveva di attimi e di treni persi, lei. Quindi quando si decise a prendere uno di quei treni che vedeva sfecciargli davanti, prese quello sbagliato. Lo stavo facendo anche io. Sembravo perfetta al fare la parte della superficiale stronzetta egoista piena di sè. Lo sapeva anche lei da quando varcai la soglia della porta di casa. Lo sapeva Sin dall'inizio, quella stronza. 

E non mi importava.

Era il 1987 quando se ne andò. Non faceva male o cose che dicevano quegli altri poveri disgraziati sul perdere un caro. Si muore tutti, giovani o vecchi, poverino ricchi, tutti crepiamo in un modo o nell'altro. 

Semplicemente, Ci sono infiniti più grandi di altri infiniti. 

Le persone si aggrappavano a me gettandomi le braccia al collo piangendo ed io me ne stavo impassibile, non versai una lacrima. L'avrebbe riportata indietro? No. Mi avrebbe fatto bene? No. E allora che dannato senso aveva? Nessuno.

«Era una bella persona» Cominciò il prete. 

Io facevo finta di pregare. Che brutta persona che ero.

Anni dopo il mio successo continuò ad espandersi, tutti parlavano della mia presunta bellezza. Mi chiamavano per feste importanti, grandi eventi e cazzate del genere. A me bastava guadagnare. Vedevo la mia faccia in giornali, le ragazzine impertinenti volevano autografi ed io volevo solo dirgli Autografi? Volete autografi da una stronzetta come me? Ed Anche loro erano bambine con ancora il moccio al naso.

«Peccato che i tuoi occhi ti tradiscano» Rise nel mio orecchio un uomo, una risata roca, strana, cupa prima di scattare una foto con la sua macchina, non vidi il suo viso. 

La sua lunga figura si fece più lontana, lo seguii con lo sguardo fino a quando non lo vidi superare il vicolo e svoltare a destra.

Qualcuno mi chiamò. 

Mi voltai, e alle mie spalle non c'era nessuno.
   
 
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