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Autore: TonyCocchi    04/12/2008    6 recensioni
“Mi dispiace Naruto…” mugolò scuotendo il capo “… è troppo tardi.” (NaruHina)
Quando colui che si è sempre aspettato arriva solo quando non è più possibile tornare indietro.
Genere: Triste, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hinata Hyuuga, Naruto Uzumaki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Don't let love to wait - NaruHina Ciao a tutti! Questa fanfic risale alla fine di questo ottobre, il mio regalo ai lettori prima della partenza per il Lucca Comics 2008. 

Mi è stata ispirata da Orazio col suo famoso “carpe diem” che ho studiato in latino, ed anche da un doujin visto su you tube (però lì la coppia era differente da quella di cui leggerete qui). Avviso: all’inizio potrebbe essere un tantino strappalacrime ç_ç…

Auguro buona lettura a tutti voi nuovi lettori di questo sito! Spero vi piaccia! Commentate!

 

(Canzone consigliata per l’ascolto durante la lettura: “Out of reach” di Gabrielle... o comunque qualcosa di malinconico)

 

PS: NARUTO X HINATA ORA E SEMPRE!

 

 

 

 

Carpe diem (“Cogli l’attimo”)

 

 

In quel luogo un po’ indistinto, ed anche un po’ riconoscibile come un angolo del suo villaggio, con quel ponticello tra le case e gli alberi, ed in quel momento senza un quando, ma ormai nel cuore della sua vita, lei aprì bocca e la sua voce incredula era più flebile del fruscio delle foglie.

“Perché?” chiese.

Lui stette in silenzio, preferendo prendere tempo, lasciandola a sfogarsi ancora:

“Perché ora mi dici queste cose?”

Erano passati troppi anni perché potesse ancora sperare di sentirle. Talmente tanti che non voleva più neanche sentirsele dire da lui.

Parole di apprezzamento e di affetto diverse dalle altre, parole che ti innalzano a qualcosa di veramente speciale.

 

Finalmente lui si mosse mettendo una mano dietro la nuca, tirandosi un po’ i capelli: “Perché sono vere, ed io sentivo di volerlo fare. Di doverlo fare.”

“No! Non dovevi!” rispose alzando la voce.

Si accigliò e sbuffò: “Ascoltami, per favore. Io ti ho sempre considerata e ti ho sempre voluto bene, sin da quando eravamo ragazzini. Però tu già allora stravedevi per me, dico bene?”

Diede uno sbuffo spacciandolo per una risata di scherno: “Oh, e da quando lo sai?”

“Me l’ha detto un amica comune...”

“Già, ovvero la donna del tuo cuore, giusto?” disse ironica, incrociando le braccia.

La sua faccia tradiva che aveva fatto centro in pieno; per nulla intimorito da quei freddi occhi, strizzati da quella che sembrava rabbia e puntati su di lui, continuò:

“Perché credi me lo abbia detto? Ha notato anche lei che da un po’ di tempo nella mia testa ci sei tu e non lei!”

 

La donna si voltò. Non ci era voluto molto perché la dura maschera del suo viso andasse in cocci, quindi meglio non darlo a vedere.

“E credo anche che da un po’ di tempo tu non sia solo nella mia testa… ma anche nel mio cuore.”

Restando girata, a quelle parole si morse le labbra più forte che poteva, trovando quel dolore stranamente lieve al confronto dell’altro che già sentiva.

 

“Perché?” ripeté ancora con un filo di voce.

“Perché mi sono accorto tardi di quanto tu potessi essere… così adatta a me! Così capace di comprendermi, di tirarmi su di morale, così desiderosa di essere riconosciuta dagli altri, proprio come me.”

 

Fece una pausa: “Ti prego credimi: in questi ultimi mesi sei entrata nella mia vita in un modo che non avrei mai potuto immaginare quando ero un ragazzino idiota.”

 

Forse lo era ancora un ragazzino idiota, per essere andato a dirle quelle cose proprio in quel momento. Proprio quel giorno, o meglio proprio quella sera: la sera prima.

 

Deglutì. Il niente che lasciò scivolare in gola era amaro eppure dolcissimo. Si decise a girarsi:

“Ero innamorata di te. Hai idea di quanto abbia sofferto per colpa tua?”

“Mi... dispiace…”

Si, era un ragazzino idiota se in una simile situazione non sapeva dire altro.

Eppure, come solo lei riportò a mente quel periodo della sua vita, egli la vide sorridere, radiosa, anche sotto quegli occhi mesti e rassegnati. Essere riuscita finalmente a farsi amare da lui leniva il dolore, e al contempo lo acuiva.

Ancora una volta si chiese il perché. Perché solo ora?

“Tu sei ancora innamorata di me, non è così?”

Non volle rispondergli, allora lui le prese le spalle.

“Non sono l’unico che è stato bene in questi ultimi momenti in cui siamo stati vicini: anche tu eri felice come me ora che abbiamo avuto finalmente l’occasione di stare vicini.”

Era come irrigidita dal suo tocco, ed il suo sguardo sordo vagava un po’ qui e un po’ là mentre le parlava. Ma era tutto vero: l’aveva vista sorridere tante di quelle volte che aveva perso il conto. Non poteva mentire a sé stessa di quanta felicità avesse riscoperto accanto a lui.

“Io credo che tu mi ami ancora!” alzò la voce, per ricordarglielo, perché se lo mettesse bene in testa, perché con quella sua supplica la convincesse.

“Ed ora che me lo hai detto? Avanti, dimmelo… cosa vuoi che faccia ora?”

Si aspettava di zittirlo, ma lui invece rispose subito, e così facendo le infilzò involontariamente un pugnale nel petto.

 

“Voglio che tu non lo faccia!”

 

Era a bocca aperta.

“C-come hai detto?” balbettò lei.

Cominciò a scuoterle le spalle, e ad urlare, in realtà in modo parecchio agitato: “Mi hai capito bene: non farlo! Ora che so che mi ami e che mi hai sempre amato, ora che sai che posso amarti anch’io non devi farlo! Non puoi!”

In realtà era spaventato.

Lei girò il capo, non voleva guardarlo in faccia: “Non posso?” chiese con una debole, falsa risata.

“No, perché le cose sono cambiate adesso. Adesso… adesso possiamo essere felici, come hai sempre desiderato!”

“Che ne sai tu di cosa ho sempre desiderato? Tu non l’hai mai capito… ed io non te l’ho mai fatto capire.” concluse lei, con una punta di rammarico.

“Ma ora lo so! Ti prego, Hinata non farlo! Sposa me!”

 

Sussultò. Cercò di farsi indietro, ma Naruto, che ancora le teneva le spalle, le impedì che lo facesse.

“Ma… ma… noi…”

“Direi che siamo abbastanza grandi ed abbastanza innamorati tutti e due per farlo, no?” continuò ad arrancare lui. Era solo apparenza la sicurezza nelle sue parole, simili più a quelle di chi, scosso, cerca di convincere un suicida sul ciglio del baratro che la vita continua, che il sorge sorgerà ancora, e che la felicità è ancora a portata di mano.

 

Ma Hinata aveva un peso, già incatenato stretto alla sua caviglia, a facilitarle la caduta; e quel peso faceva paura a Naruto, perché temeva non sarebbe riuscito a scioglierlo.

“Domani non presentarti, manda tutto a monte, fai qualunque cosa… ma sposa me; ti giuro, farò di tutto per renderti felice, per essere all’altezza dei tuoi sogni, lo giuro!”

Ma non lo stava neppure guardando.

Naruto ansimava, non sapendo più che altro giurare, ma pronto comunque e farlo, e lei continuava imperterrita, a far finta di nulla.

Ormai esasperato, era pronto per continuare con un altro discorso: avrebbe trovato altre parole.

“Hinata…”

Ma quando la scosse per l’ennesima volta, emise un rantolo acuto.

 

Il lamento della luna che suo malgrado vuole essere lasciata ad eclissarsi dalle nuvole cupe della notte, dove il sole non potrà più farla brillare.

“NO!” gridò liberandosi dalla sua stretta, e facendo fare anche a lui un passo indietro.

 

“Mi dispiace…” riuscì a dire tra le lacrime grondanti sul suo viso.

Sgranò gli occhi azzurri, paralizzato dalla sua reazione. Ma ancora di più da quello sforzo immane che faceva per sorridergli dolcemente nonostante tutto:

“Mi dispiace Naruto…” mugolò scuotendo il capo “… è troppo tardi.”

 

“Anche se posso ancora amarti tanto dopo tutto, quello che mi chiedi di fare non posso proprio farlo… Perché gli voglio comunque troppo bene per fargli una cosa simile… per abbandonarlo proprio ora. Lui è importante per me, molto… e non voglio che soffra per colpa mia!”

Proprio ciò che Naruto aveva temuto sin dall’inizio. Che non riuscisse ad essere abbastanza egoista da cambiare tutto all’ultimo istante. Perché era troppo altruista per poter far soffrire qualcuno, a cui teneva molto, semplicemente per poter essere felice.

Anche a costo di essere infelice per il resto della vita, non sarebbe tornata indietro arrivata a quel punto.

Era troppo buona, troppo onesta e sciocca per farlo.

Il biondo sentiva una morsa al cuore. Ma la soffrì più che volentieri: meritava questo ed altro per aver sconvolto Hinata a quel modo, per essere arrivato unicamente quando aveva smesso di aspettarlo.

 

E mentre si dannava, lei nella mente e nel cuore paradossalmente lo ringraziava, per essere riuscito a farla innamorare di nuovo, e per quella verità che gli aveva detto, così dolce e così amara.

 

Lo guardò negli occhi: “Grazie lo stesso… ma è troppo tardi.” ribadì decisa.

Lui chinò il capo, in segno di resa.

Quel sorriso così difficile da mantenere sparì, e rimasero solo le lacrime.

 

Naruto sussultò quando rialzando gli occhi non vide né uno sguardo in cui fissare, né un viso dolce ed affranto, né sorrisi, né lacrime. Perché stava andando via.

“Hinata!”

 

Doveva correre? Non lasciare che la raggiungesse? Non poté concentrarsi a risolvere quell’arduo dubbio comunque, visto che la raggiunse subito. E lei subito si voltò.

 

Per un attimo, anzi, ben più di uno, la luna ricomparve da dietro le nubi.

Almeno per un istante, entrambi vollero che il sogno di lei, ed ora di entrambi, si avverasse, e si baciarono.

Durante il bacio, con gesto improvviso la donna gli si strinse, e per un po’ si sentì veramente contenta, forte, felice, e con il cuore in pace.

Fu ugualmente lei la prima a staccare le labbra. Dopodiché non gli rivolse un altro sorriso, a malapena un piccolo sguardo.

 

E mentre la guardava andare via, illuminata dai lampioni al lato della strada, gli sembrava di vedere allontanarsi un triste fantasma del suo passato, che a testa alta usciva dalla sua vita per sempre.

Incapace di sopportare quello strazio, grugnì e sbatté forte i pugni contro la ringhiera oltre il quale scorreva il fiume, chinandosi poi su di essa, sconfitto.

“Perdonami!” disse. E poi, girandosi verso la figura che si rimpiccioliva ad ogni passo, lo urlò di nuovo con tutte le sue forze:
“Perdonami, Hinata! Perdonami!” 

 

“Oh, Naruto…” Fermatasi un attimo, sospirò e lasciò scorrere libere altre lacrime prima di riprendere a camminare, fino a sparire nelle ombre, oltre l’angolo di una strada.

 

 

 

Il giorno dopo era il giorno del suo matrimonio.

Nell’ampia e sfarzosa dimora della sua illustre famiglia si sarebbe tenuta la cerimonia.

Splendidamente vestita con l’abito tradizionale, con i lunghi e setosi capelli scuri ben acconciati, profumata ed incantevole come una principessa o una dea, Hinata fece il suo ingresso nella sala. Tutto era lì pronto in funzione di lei: gli invitati, già inginocchiati in direzione dell’altarino dove il bonzo pregava e compiva gli ultimi preparativi, e dove attendeva ovviamente lo sposo.

Il velo del cappellino le scendeva davanti gli occhi, bianco e splendente alla luce del sole mattiniero di quella bella giornata, e copriva il suo volto spento e il suo sguardo vacuo, nascosto dietro il trucco che avrebbe dovuto esaltare ed innalzare ancora di più il suo splendore pallido e timido.

 

Tutto quel sole, quella luce, quella bellezza a cui controvoglia col suo aspetto meraviglioso prendeva parte… non era mai stata così adatta eppure così fuori luogo.

Con il padre al fianco cominciò a camminare a piccoli passi sul rosso tappeto del corridoio tra le due ali di invitati, verso di lui.

Colui che per primo aveva chiesto la sua mano.

Lei si chiedeva chi fosse, perché per quanto si sforzasse non riusciva a vederlo, a focalizzarlo, se non come una sagoma scura.

Era Kiba? O Shino? Qualcuno dei suoi vecchi compagni?

Neji?

O qualche altro uomo, che aveva conosciuto e che le aveva dato tanto amore da farle accettare di essere lì quel giorno?

Non ricordava. Non vedeva. Invece, tra le tante facce, le tante teste lì inginocchiate, altrettanto indistinte e sconosciute, aveva individuato subito la sua: la quinta fila da dietro, il posto giusto sul corridoio che stava percorrendo.

Così, una volta arrivata lì, rapida riuscì a far cadere sulle sue gambe un bigliettino, senza che nessuno notasse alcunché, passando poi oltre con finta naturalezza.

 

Naruto senza pensarci su due volte lo prese e lo aprì.

Non una lettera, un semplice pezzetto di carta ripiegato con qualche parola che Naruto immaginò scritta tra innumerevoli singhiozzi.

Non era stato così. Aveva scritto quelle lettere senza una lacrima, con l’impassibilità rassegnata di chi si sente sconfitto da un destino che si è creato da solo.

Lesse.

 

Se esiste un'altra vita dopo di questa

io ti prometto che non avrò paura,

e che ti farò capire subito quello che provo

tu però

promettimi che ti accorgerai di me

e che verrai da me per primo

a chiedermi di sposarmi

 

Hinata

 

 

Si chinò in avanti per nascondere il volto, e in un attimo lasciò uscire tutte le lacrime non versate quella sera prima.

Era colpa sua: perché era stato troppo cieco per accorgersi di lei, e perché nonostante il ritardo aveva cercato comunque di ottenere un lieto fine che non poteva più essere ormai.

Non solo si era ridotto in quello stato pietoso, ma la cerimonia doveva ancora iniziare: non era il caso di rimanere.

Si asciugò gli occhi, si alzò, ed arrivò all’inizio del salone nell’istante in cui lei giungeva a destinazione davanti l’altare.

Si girò e lo vide: gli occhi arrossati, ma niente affatto tremante mentre la fissava con uno sguardo serio, serio come deve essere chi accetta una promessa.

Con un sospiro mosse il leggerissimo velo bianco, mentre congiungeva le mani tremando e singhiozzando.

No, era colpa sua: perché avrebbe dovuto fargli capire prima cosa provava per lui anziché nascondersi sempre, invece con la sua codardia, aveva condannato entrambi ad una vita infelice. Non se lo sarebbe mai perdonato.

E del suo pianto sembrava che nessuno si curasse, lì in quella idillica atmosfera, irreale, piena di luce, dove tutti erano riuniti per il lieto evento. Sguardi indifferenti, come quello che aveva ora Naruto.

Riuscì ad emettere un filo di voce: “No…”

Mosse la testa, prima piano e poi con decisione: “No, no…


Era così che doveva finire dunque?

“No… No, no, no!”

E continuò a piangere, e a ripetere.


“No.”

 

 

 

Vedeva ogni cosa offuscata. Che stava succedendo? Perché tutta quella luce era sparita? Quando si asciugò gli occhi cominciò a capirci qualcosa.

Ansante e smarrita si guardava freneticamente intorno, e poi guardò sé stessa, il suo corpo, le sue mani.

Si accertò così che il seno non le era cresciuto né si era allungata di qualche centimetro con gli anni, né era il giorno del suo matrimonio.


Era la sua stanza, in una mattina come tante altre della sua giovinezza. Ce ne voleva ancora un po’ di tempo prima di essere adulta e pronta al grande passo…

Toccò il cuscino, ancora bagnato: davvero una brutta nottata quella.

Prese qualche respiro profondo, cercando di rilassarsi.

Ma scoprì non riuscirci fino in fondo.

 

Di solito, una volta che si prende coscienza che il sogno era un sogno, ci si sente sollevati, ma quella volta no; quel sogno era stato troppo realistico.

Non perché l’aveva coinvolta al punto da inondare il cuscino, ma perché sentiva che anche se era riuscita a sfuggirgli, esso era ancora lì, vivo, come un ombra sul suo futuro, pronta a diventare la crudele realtà del suo sogno.

Come poteva continuare come nulla fosse dopo ciò? Avrebbe corso un rischio simile?

 

Si lanciò letteralmente giù dal letto, e con gesti rapidissimi, quasi automatici, si mise in ordine e si vestì. Corse giù per le scale, ed oltrepassò la cucina con il suo invitante profumo della colazione.

“No!” urlò decisa, lasciando perplessi i domestici che la videro letteralmente fuggire via dal portone della casa.

 

“Non voglio!”

Corse e chiese in giro, finché non ebbe saputo dove dirigersi, ma doveva sbrigarsi.

Quella mattina, saltò anche l’incontro con la maestra e i suoi compagni per raggiungere con quanta forza aveva nelle gambe la grande porta di legno del villaggio.

 

Yamato si girò e scrutò uno per uno i suoi compagni di squadra: “Allora, pronti?”

“Prontissimi!” rispose il biondo.

Sakura sospirò: “Come fai a mantenere un simile entusiasmo ad una tale ora del mattino?”

Sai si limitò a grattarsi il capo senza commentare. Poi un rumore attirò la sua attenzione:

“Quella chi è?” chiese.

“Hinata?”

“Accidenti, sembra abbia fretta; non sarà successo qualcosa di grave?” si chiese la rosa.

“Aspettate!” gridò, confermando che il “bersaglio” erano proprio loro, o meglio, uno di loro.

La Hyuga si fermò davanti a Naruto. A malapena stava in piedi per lo sforzo, e china appoggiata sulle ginocchia respirava a fatica.

“Hinata, calmati, riprendi fiato.”

“Na… Na… ru… to…” spizzicò tra un affanno e l’altro…

Il biondo, perplesso, chiese: “Tutto a posto?”

“Si… è solo che… che…”

 

Si rimise di nuovo dritta, ma non finì la frase.

Afferrò la felpa nera ed arancione del ragazzo, lo tirò a sé ed incollò le sue labbra con le sue.

 

!!!

 

Sakura: “EEEEEHH?!?!?!?!?”

Sai inclinò la testa confuso e guardò Yamato con aria interrogativa, come se ci avesse capito qualcosa lui!

Hinata tolse la presa e riprese a respirare velocemente, mentre il biondo, con occhi vacui provava inutilmente a balbettare qualcosa.

A quella domanda non posta, Hinata rispose con un abbraccio.

“Ehm… Che… cosa…”

 

Sprofondò la guancia e il sorriso nel suo petto, pensando di essere veramente nei guai: vai a trovare qualcosa da dirgli per spiegargli il perché di quei suoi insani comportamenti ora!

 

Ma col senno di poi, non si pentì mai di quella decisione.

 

Non bisogna lasciare aspettare l’amore: egli è capriccioso, và e viene, e bisogna saperlo cogliere al volo. Se non si ha questo coraggio si è destinati al rimpianto.

Quindi mai avere paura, mai mettere a tacere le urla del proprio cuore. Mai.

 

Stringendolo, sussurrò, con voce beata: “Si!”

 

 

 

Che bella! Commovente e triste all’inizio, dolce e positiva nel finale! Lo so che non tutte le storie possono finire bene, si veda il sogno di Hinata innanzitutto, ma a me piace pensare che dopo il dolore, il destino e la pioggia, torna sempre la gioia, la fortuna e il sereno: io lo so ^__^

Accidenti se è stato difficile trovare un titolo per questa one-shot! Devo dire che la mia scelta non mi soddisfa al cento per cento, voi che ne pensate?

Vi ho commosso nella prima parte? Spero proprio di si! Avevate perso le speranze, eh? Però cari lettori prima o poi scriverò una storia completamente negativa e allora vedrete! Per il momento sono contento che questa si sia risolta al meglio, e voglio sperare che voi lettori ne abbiate tratto un importante insegnamento.

In amore, ma anche in ogni altro aspetto della vita, mai lasciarsi sfuggire l’occasione, mai rimandare ma affrontare le cose belle e le cose brutte della vita per non avere rimpianti.

Commentate! Alla prossima! ^___^

 

PS: NARUTO X HINATA ORA E SEMPRE!

FINE

 

 

  
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