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Autore: Astrid lover    16/02/2015    3 recensioni
[tratto dal testo]
Era una splendida giornata primaverile. Il sole splendeva e con i suoi caldi raggi mi avvolgeva in un gradevole abbraccio. Il cielo era completamente terso, non c’era nemmeno la minima ombra di una nuvola.
Io ed Hiccup stavamo volando, con il vento che ci scompigliava i capelli e la sensazione di libertà che ci rendeva adrenalinici al massimo. Noi amiamo librarci in aria con i nostri amati draghi ed è un’impagabile emozione scendere in picchiata per fare slalom fra gli alberi dei boschi e risalire rapidamente per ritrovarsi liberi nel cielo azzurro. Be’, io stavo volando in picchiata con la mia fida Tempestosa, quando la mia draghessa cominciò ad agitarsi e le sue pupille nere come la pece si assottigliarono, diventando una piccola fessura affusolata. Cessò di avanzare nell’aria e si fermò, voltando la testa verso di me in un’espressione inquietante. Colei che amavo come una sorella mi disarcionò a tradimento, come improvvisamente posseduta da un qualche essere malvagio e mi ritrovai in caduta libera tra le braccia del vento.
Eh sì, perché in fondo è tutta una questione di fiducia.
Storia ambientata prima e durante gli avvenimenti di Dragon trainer 2
Genere: Drammatico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Astrid, Hiccup Horrendous Haddock III
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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POV. ASTRID
Era passato un mese dal nostro matrimonio e ormai io ero completamente impossibilitata nei movimenti dai miei generosi nove mesi di gravidanza. Il pancione era ben visibile e il piccolo era alquanto agitato. Tirava teneri calcetti e si muoveva continuamente. Era sera ed io ero seduta sulla sedia difronte al camino, con una coperta che mi avvolgeva tutta ed una mano sul pancione. D’un tratto un piedino del bambino calciò la pancia ed io risi.
“Hic… vieni.” Lo invitai, sorridendo. Mio marito si avvicinò e gli presi delicatamente una mano, poggiandola vicino alla mia.
“O Thor! Il bambino… sta calciando e anche forte!” esclamò baciandomi. Io annuì e mi rivolsi a mio figlio.
“Ehi piccolo… è tanto che sei dentro la mamma…. Vuoi uscire, eh? Ti capisco, fa caldo qui dentro…” sussurrai accarezzandomi la pancia. Hic sorrise e mi carezzò la guancia, per poi tornare in cucina, per preparare la cena. Quando ebbe finito mangiammo.
“Come lo vogliamo chiamare?” domandò ad un certo punto.
“Non so… se fosse maschio lo chiamerei Stoick e se fosse femmina… che ne dici di Valka?” proposi. Arricciò il naso e scosse la testa.
“No… non i nomi dei miei genitori….” Disse.
“Ok… allora… Arnora per lei e Eric per lui.” Ribattei.
“Altro? Magari Olaf per lui.”
“Hiccup! Olaf?! Ma dai, è un nome da pupazzo di neve!”
“Ehi, attenta a come parla, signorina. Guardi che i miei genitori volevano chiamarmi così!” esclamò ridendo. Mi unii a lui in una lieta risata.
“Ok… starò più attenta ma… per favore, Olaf no!” dissi gesticolando. Lui annuì.
“Che ne dici di… Ingrid per lei e… Alexander per lui?” propose balzando dal tavolo.
“Ingrid mi piace ma… Alexander… è bello ma è un nome abbastanza impegnativo…” constatai.
“Beh… Alexander il grande, il successore al trono di Berk. È… è potente.” Spiegò solennemente. Io, risi. Le sue espressioni sono sempre fantastiche.
“Ok… ho afferrato il concetto. Possiamo dire che il caso è chiuso.” Dissi continuando a mangiare con gusto. Terminato di cenare, ci dirigemmo in camera da letto e ci addormentammo, l’uno abbracciata all’altro. O almeno, lui si addormentò, perché io rimasi a guardarlo incantata e a pensare. Quanto amavo Hiccup: i suoi occhi sconfinatamente meravigliosi, il suo sorriso, il suo gesticolare e alzare le spalle, il suo balbettare quando era in difficoltà o imbarazzato, la sua protettività, il suo affetto… il suo tutto. Non c’era nemmeno una briciola, nemmeno una cellula, nemmeno un atomo di Hiccup che io non amassi. Nemmeno il più piccolo e nascosto dei quark del suo corpo. Io amavo tutto di Hiccup, alla follia. E anche se lo negavo, fin da bambina, anche in quella fascia di preadolescenza che mi ha portato a deriderlo io, sotto sotto, in fondo al mio cuore che era completamente ghiacciato, lo amavo. Ed io mi ritrovavo lì, completamente stretta nelle sue possenti braccia, baciata dalle sue dolci labbra e amata dalla sua perfetta anima. Aspettavo un bambino da lui, quello stesso bambino che sarebbe stato il neonato più fortunato del mondo ad avere come padre il grande Hiccup Horrendous Haddock III, Capo di Berk, un’isoletta abitata da vichinghi testardi che cavalcano draghi senza paura. Quegli stessi draghi che sono creature amorevoli e che lui, il mio Hiccup, ci fece conoscere. Gli donai un ultimo sguardo, un sorriso ed un bacio, poi mi accucciai vicina a lui e chiusi gli occhi. Ma non riuscii a dormire per nulla: il bambino si girava e rigirava dentro me e mi faceva male il ventre. Volevo chiedere aiuto ad Hiccup ma allo stesso tempo non volevo svegliarlo. Perciò strinsi i denti e cercai di pensare ad altro. Ma niente. Impaziente, cercavo speranza nel vedere scomparire la luna, le stelle e il nero troneggiante ed essere dolcemente carezzata dai primi caldi raggi del sole e rimanere incantata dai toni caldi ed avvolgenti dell’alba. Passò molto, prima che il mio desiderio si avverasse. Sbuffavo, carezzavo la pancia per fare calmare mio figlio, mi giravo, mi rigiravo, mi alzavo a fatica e gironzolavo per casa. Scesi in cucina e scaldai un po’ di latte di yak, poi presi un barattolo di miele ne mangiai un cucchiaio. Quando il latte fu caldo lo bevvi ed appoggiai pensierosa i gomiti sul cornicione della finestra. Finalmente la notte stava facendo spazio al giorno ed io non potevo che esserne felice. “Grazie Thor…” sussurrai sorridendo. Finii di bere la mia bevanda e lavai la tazza, poi tornai a letto. Inaspettatamente riuscii a dormire.

POV. HICCUP
Aprii gli occhi e mi girai verso Astrid. Aveva la bocca sporca di latte e i capelli tutti arruffati. Mi avvicinai a lei e glieli misi dolcemente apposto, finché anche i suoi cristallini occhi non si dischiusero.
“Buongiorno milady.” Dissi baciandola. Le sue labbra avevano un sapore dolce, un sapore di miele. “Astrid…. Hai mangiato del miele e…” esordii. Misi un dito in bocca e lo intinsi di saliva, poi lo passai sul contorno della sua bocca. “… hai bevuto latte?” chiesi quando ebbi finito di pulirla.
“Wow, Hiccup. Ci hai proprio beccato!” esclamò lei ridendo. Sorrisi e le posai una mano sulla guancia.
“Non sapevo che facessi lo spuntino di mezzanotte.” Scherzai.
“No… solitamente non lo faccio mai ma… stanotte il piccolo mi ha dato fastidio, molto fastidio, è poco che dormo.” Spiegò.
“Davvero?” chiesi. Lei annuì e allora le toccai la pancia. “Allora, piccolino. Hai dato fastidio alla mamma sta notte?” domandai chinandomi sul pancione. Lei lo carezzò.
“Sì e anche tanto… calciava e si muoveva senza contegno…” sospirò. La baciai e mi alzai per preparare la colazione. Scesi in cucina e scaldai del latte e misi sul tavolo dei biscotti che avevo preparato ieri. Tornai su dalla mia amata e la aiutai a scendere. Mangiammo e mi apprestai ad uscire.
“Dove vai?” mi domandò lei.
“Devo andare a fare il giro di ronda…” spiegai.
“Dai… mi vesto e vengo anche io.” Disse raggiungendo le scale. La fermai delicatamente per un braccio e scossi la testa.
“No, amore. Tu stai a casa e ti riposi. Non hai dormito e non è sicuro per te volare, adesso. Ti prometto che quando il bambino sarà nato e tu ti sarai ripresa dal parto faremo tanti voli insieme.” Spiegai chiaro. Lei mi guardò supplicante ma poi sospirò.
“E va bene…”
“Ci vediamo dopo, tesoro.” Sussurrai baciandola e subito dopo uscendo di casa.

POV. ASTRID
Hiccup uscì di casa e lo guardai dalla finestra montare su Sdentato. Prima di spiccare il volo mi mandò un bacio volante. Tornai a letto ma… si sa, quando io m sveglio non riesco più a dormire, perciò misi apposto le coperte e presi a cucinare la zuppa di legumi che Hic tanto adora. Se lo merita: non ho mai conosciuto una persona più disponibile di lui, così affettuosa… lo amo. Lo amo, lo amo! Non si era capito, vero? Comunque, decisi di andare a trovare Valka, è da tanto che non la vedo in giro per Berk. Mi vestii ed uscii di casa.
“Valka?” domandai bussando. Dopo un po’ aprii e mi trovai dinanzi a me un viso felice.
“Oh tesoro!!” esclamò abbracciandomi. “Entra pure.” Disse poi. Varcai la soglia e lei chiuse la porta. “Come va, Astrid?”
“Mah, va bene, tutto sommato. Anche se ho notato che il piccolo è un bel po’ vivace…” risposi toccandomi la pancia. La donna rise e si sedette sulla poltrona vicino al camino.
“Vedi, anche Hiccup si muoveva molto nella pancia era… sempre agitato. Calciava continuamente ma era sempre una gioia vedere la forma di quel tenero piedino che sbatteva contro la mia pancia… Ricordo che Stoick si commuoveva sempre, quando vedeva manine o piedini di Hic.” raccontò con aria sognante.
“Ohh…. Che dolce!!” dissi intenerita.
“E ricordo anche che quando nacque era un piccolo e tenero fagottino che pareva essere indifeso… Io ero svenuta e quando mi svegliai avevo mio figlio poggiato sul letto che mi fissava con i suoi occhioni verdi… era bellissimo…” continuò. Sorrisi e carezzai nuovamente il pancione.
“Sono veramente contenta di star per diventare nonna…” disse. Il mio sorriso si spense all’istante e si tramutò in una smorfia di stupore. I miei occhi azzurri erano fuori dalle orbite e con un cenno leggero del capo, portai il mio sguardo sconvolto verso Valka.
“O-o-o-ok…. O mi sono fatta la pipì addosso o mi si sono rotte le acque…” dissi cercando di mantenere la calma… invano. La castana si alzò di scatto e mi raggiunse.
“Dov’è Hiccup?” chiese.
“E’ andato a fare il giro di ronda…” dissi tra un respiro e l’altro.
“Non c’è tempo da perdere…” rispose aiutandomi ad alzarmi e portandomi in fretta e furia da Gothi. Per fortuna la druida abita a poco di distanza da mia suocera, perciò non feci molta fatica a raggiungerla. Entrammo nella casa e senza esitare mi distesi nel letto, mentre Valka andava a chiamare Bruta e Hiccup. Infatti dopo poco il suono di un corno risuonò tuonante nell’aria. Testa Bruta accorse immediatamente, proprio quando io stavo cominciando a perdere la lucidità.

POV. HICCUP
Avevo sentito il suono del corno e allora feci virare Sdentato e ci dirigemmo il più in fretta possibile al villaggio. Ero preoccupato e continuavo a farmi domande nella testa sul motivo di questo richiamo. Ma trovai risposta alle mie domande quando, sorvolando il villaggio, vidi tante persone ammucchiate davanti alla casa di Gothi e delle urla strazianti impregnavano l’aria. Urla che io riconobbi all’istante.
“Astrid…” sussurrai preoccupato atterrando all’istante. Mi feci strada tra la folla ed aspettai fuori dalla casa. Sapevo che quello era il momento del parto, perciò non potevo entrare nella casa. Mi sedetti sulla panchina affianco a mio cugino che mi diede una pacca sulla spalla.
“Vedrai… andrà tutto bene.” Mi rassicurò. Feci un falso sorriso, un sorriso che mascherava la paura che provavo ma anche l’emozione e la felicità di poter vedere mio figlio. Passarono minuti che per me erano interminabili, momenti di terrore che mi stavano completamente divorando dentro, finché non si sentì un ultimo urlo, il più forte, il più raggelante, quello che proprio mi trapassò l’anima. Balzai in piedi, tenuto fermo da mio cugino che lottava per farmi rimanere immobile. Mi rilassai parzialmente quando udii un tenero pianto di neonato: ciò significava che il piccolo stava bene ma… Astrid? Non ci vidi più, mi liberai dalla stretta di mio cugino ed entrai nella casa.
“Oh gli dei…” sussurrai. Bruta, mia madre e Gothi erano attorno al letto dove giaceva mia moglie e il piccolo venne messo tra le braccia di mia mamma che tremava. Si voltò verso di me e mi raggiunse.
“Hiccup… è bellissima…” singhiozzò lei dandomela in braccio. La bimba era tutta coperta da un panno tutto sporco di sangue. La scoprii delicatamente, così da poterla vedere e… lacrime.
“O santissimi dei… Thor onnipotente… ma è bellissima…” dissi facendomi rigare una guancia da una lacrima. Tra le mie braccia tenevo una bellissima neonata con i capelli castani e dei bellissimi occhioni verde prato, come i miei. In lei vedevo me stesso: così piccola e gracile, così tenera… la piccola prese il mio dito indice tra le manine e lo strinse forte. Sentii dei lamenti e corsi verso Astrid, che si era svegliata. La guardai e le carezzai la fronte.
“Amore…” sussurrò aprendo gli occhi lentamente.
“Astrid… è bellissima… è stupenda…” risposi baciandola. Lei sorrise e le mise sul petto la bambina.
“Hiccup…. Sembri tu… per forza è stupenda!” esclamò guardandola meglio. Bruta accorse ed abbracciò Astrid.
“Allora, come la vogliamo chiamare?” domandò lei entusiasta. Io e mia moglie ci guardammo.
“Ingrid. Ingrid Hofferson Haddock.” Rispose Astrid, accarezzando le guance della bimba. Dopo un po’ uscimmo dalla casa della druida.
“Signore e signori… ecco a voi Ingrid Hofferson Haddock!!” annunciai felice, mostrando al popolo la mia bambina. Tornammo a casa e Astrid mi saltò addosso.
“Sono così felice… ora abbiamo anche la nostra bambina…” sussurrò contenta.
“Le sorprese non sono ancora finite, mia cara…” dissi prendendo due oggetti coperti. “Milady… a lei lo “scartaggio” dei regali.” Invitai baciandole la mano. Privò del telo il primo mio dono.
“Oh santissimi dei! Hiccup è stupenda!!” esclamò abbracciandomi. Avevo creato una culla di legno bianco con incisioni e pitture floreali. Non so perché, ma sapevo sarebbe stata femmina. In caso contrario avevo creato lo stesso una culla con caratteri più maschili. Astrid si mise a togliere il telo anche al secondo dono.
“Oh Thor… Hiccup ma… non dovevi hai fatto così tanto…” disse baciandomi e guardando felice quel passeggino che aveva dinanzi a sé. Posizionammo la culla nella nostra stanza e vi mettemmo Ingrid, intenta a sonnecchiare. La guardammo inteneriti e poi ci baciammo, felici di essere diventato genitori di una creatura così bella.

15 ANNI DOPO
NARRATORE ESTERNO
Era una calda giornata di estate quando Eric Jorgenson e Ingrid Haddock tornarono da un bel volo con i corrispettivi draghi. È si, la nostra piccola Ingrid era diventata una bella quindicenne dai bellissimi lunghi e lisci capelli castani con due bellissimi occhi verdi smeraldo. La ragazzina faceva stragi di cuori, come la sua mamma alla sua età, del resto. I lineamenti del viso riprendevano molto quelli della madre, ma il nasino, gli occhi e i capelli erano del padre, il trentacinquenne Hiccup.
“Sono tornata!” disse a gran voce la ragazza varcando la soglia di casa. Non fece tanti passi che venne assalita da Valka, la sorellina di tre anni, Alexander, il fratellino di dodici e da Stoick, il più piccolo dei quattro, che aveva solo un anno.
“Ok, bambini. Fate respirare la povera Ingrid!” disse tra una risata e l’altra Astrid, che raggiunse la figlia maggiore per liberarla dalla affettuosa presa dei fratelli. “Com’è andata con Eric?” chiese la madre quando le acque si placarono. Ingrid sbuffò e rivolse un occhiata di supplica alla madre.
“Mamma… lo sai com’è Eric… è identico a zio Moccicoso…. È troppo esuberante e ci prova continuamente con me… non lo sopporto.” Disse Ingrid scocciata.
“Tesoro… anche io ero corteggiata da Moccicoso ma… vedi ora, sono sposata con tuo padre e non potrei chiedere di meglio… lascia perdere Eric… cioè, ovviamente sii sua amica ma rispondigli a dovere se necessario.” Consigliò Astrid appoggiando una mano sulla spalla della figlia, che sorrise. “Oh… guarda chi c’è!” esclamò la bionda che vide il marito entrare.
“Eccomi!” esclamò Hiccup.
“Papà!!!” gridò Valka correndogli addosso.
“E’ arrivato il migliore papà del mondo!” esclamò Alexander camminando fieramente verso il padre. Astrid si alzò e si diresse verso il marito, posandogli un leggero bacio a fior di labbra.
“Ben tornato, amore mio.” Sussurrò quando si separarono. Lui sorrise e le posò una dolce carezza sulla guancia.
“Allora, Ingrid, fatto progressi con Eric?” domandò Hiccup alla figlia.
“Ma ce l’avete con me?! Basta parlare di Eric, non lo sopporto!!” sbottò lei andando in camera.
“Mi scusi, signorina…” disse Hiccup quando si sentì la porta della camera della ragazza sbattere forte.
“Nessun Eric potrà mai batterti, o mio Darren, nessuno…” sussurrò la ragazza sospirando innamorata. La nostra Ingrid si era follemente innamorata di questo Darren, un ragazzo alto, magro e della sua stessa età. Aveva gli occhi azzurri come il mare e i capelli castani, come i suoi. I due si fidanzeranno? L’amore è corrisposto? Andiamo con calma, quella è tutta un’altra storia.

ANGOLO AUTORE
Bella a tutti, ragazzi! Ed eccoci qui giunti al termine di questa avventura. Mi scuso con tutto il cuore per il ritardo esageratamente esagerato, ma ho avuto impegni enormi, poi la neve, poi tutto. Spero vivamente che la storia vi sia piaciuta, perché ci ho messo l’anima a scriverla, l’anima. È stato bellissimo scrivere questa ff perché veramente, mi trovavo lì, con loro. Attraverso i miei viaggi con la fantasia riuscivo a vederli in tutto. Ed è stato bello, penso che la scrittura serva a questo, ad incantare. Perciò vi chiedo di recensire numerosissimi e di dirmi se avete provato le stesse mie emozioni.
Un bacione
Astrid
   
 
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