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Autore: Better_Than_Words    18/02/2015    1 recensioni
“Come facciamo, noi umani, a capire se siamo innamorati seriamente?”
Questa è la domanda che si pone Lea, una ventenne londinese che cerca solo di vivere la vita nei migliori dei modi.
La storia tratterà delle varie fasi che conducono verso l'amore:
- Attrazione Fisica.
- Infatuazione.
- Legame Affettivo.
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Nuovo personaggio
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO XVII
LEGAME AFFETTIVO, PARTE II
 
 
Inutile dire che il giorno dopo mi svegliai con la febbre.
Harry ricambiò il favore con me, accudendomi per tutta la giornata, anche se c’era mia madre, ma lui non smise un attimo di fare esattamente quello che gli feci io il giorno prima.
Certo, stavo messa meno peggio di lui, ma alla fine sentirlo vicino a me era meraviglioso.
«Mi è venuta voglia…» non mi fece finire che mi saltò addosso.
Eravamo sul mio letto, perciò in camera mia e con la porta aperta, con mamma al piano di sotto a parlare con mia zia.
Lo avevo già detto che Harry somigliava ad un maniaco sessuale?
Sì?
Beh, continuerò a dirlo!
Aveva iniziato a baciarmi il collo, succhiandolo, leccandolo, torturandolo! Sembrava assatanato!
«Cretino! Ma che hai capito!?!»lo scostai con una botta sulla spalla «Mi è venuta voglia di vedere “Dawson’s Creek”!»
«Ahh…Scusa» sghignazzò «Hai le video cassette?» mi domandò.
«No…Però possiamo cercare su internet» gli feci gli occhi dolci, dato che il computer portatile non lo avevo e perciò dovevamo usare il suo, per non spostare il mio dalla scrivania; ma il suo era a casa sua…
«No, Lea. Fa freddo»
«Ti prego…» feci gli occhi dolci.
«No, ho detto di no!» incrociò le braccia.
«Allora cosa ti va di fare? Mi annoio…»
«…Io avevo un’idea ma tu l’hai bocciata sul nascere!» si lamentò.
«Tu volevi studiare!» dissi sconvolta.
«E beh?! Cosa c’è di male?!»
«Ma levati, va!» mi alzai dal letto per andare verso la scrivania e prendere un blocchetto di post-it piccolini e una penna.
«Cosa vuoi fare?» domandò mentre si sistemava meglio sul letto poggiando la tazza con il tè sul comodino. Tornai a sedermi al suo fianco, posando sul materasso i foglietti.
«E’ un giochetto che ho visto fare su You Tube…In pratica io scrivo di nascosto una cosa, come…Pallone! Ti attacco il post-it in fronte e tu hai due domande da farmi per capire cosa sei, più una jolly» sorrisi compiaciuta della genialata, anche perché dovevamo passare altre cinque ore insieme e dovevamo fare qualcosa nel frattempo «Allora…Ci stai?» lui mi guardò per un po’ poi mi baciò tenendomi la testa con entrambe le mani «Lo prendo per un sì…» sorrisi dopo che si staccò da me prendendomi dalle mani i foglietti.
«Inizio io» si girò di spalle e iniziò a scrivere.
Quando si rigirò aveva l’aria da psicopatico, allungò le braccia verso di me e attaccò il foglietto in fronte per poi iniziare a ridere, beccandosi da parte mia uno schiaffo sul braccio.
«Fa che non sia “pene” o “vagina”, altrimenti ti picchio come non mai!» lo minacciai.
«Tranquilla…Vai con le domande» si ricompose.
«Ehm…Sono una persona?» annuì.
«La conosco questa persona?» domandai, giocandomi la seconda domanda.
«Forse..» fece il vago.
«Ma come forse?!?!» mi alterai.
«AH! Hai sprecato la domanda jolly!» sbottò indicandomi.
«COSA?!?! NO!! Non era una domanda, domanda!» strabuzzai gli occhi.
«A casa mia quella è una domanda»
«Sì, ma sei a casa mia e quella non è una domanda!» feci la sapientina.
«Dai, su. Fammi l’altra domanda, ma che non accada mai più!» mi puntò l’indice contro.
«…Ehm…E’ qui in questo momento?»
«Sì» sorrise.
Bene, eravamo in quattro in casa, io, Harry, mia zia e mamma.
«Sono mia madre?» provai a dire.
Lui allungò di nuovo la mano, tolse il foglietto dalla fronte, lo guardò un po’, e alla fine lo girò verso di me.
«No, sei semplicemente te stessa» continuò a sghignazzare.
«Non so se sono più idiota io a non averlo capito prima, o te che hai scritto il mio nome…» feci finta di pensarci su.
«Dai tocca a te!!» si sporse verso il mio comodino per afferrare il mio elastico e legarsi i capelli.
Il gioco andò avanti per un’ora dopo di che, esausti di stare in “piedi”, collassammo sul letto e dormimmo per l’intero pomeriggio e l’intera notte, senza pensare a nulla.
Lo sentivo al mio fianco anche se dormivo pesantemente, sapevo che lui era lì con me.
 
La mattina dopo era ancora nel mio letto, entrambi sotto le coperte e con il letto pieno di borse dell’acqua calda, eravamo faccia a faccia, tutti e due girati di lato. Sbattei varie volte le palpebre cercando di fare mente locale: Harry aveva dormito con me, nel mio stesso letto, e mamma lo aveva lasciato fare, tanto che si era preoccupata di metterci dentro il letto al caldo.
Ancora un po’ confusa, ma con la temperatura corporea adatta, mi alzai lasciandolo ancora a dormire, dato che, dopo avergli sentito la fronte, mi accorsi che scottava ancora un po’.
Andai in cucina salutando mamma e papà che erano a fare colazione.
«Buongiorno, tesoro…Stai meglio?» domandò mamma.
«Sì, la febbre mi è scesa…Ma dimmi una cosa…» presi posto a tavola «Come mai hai lasciato dormire con me Harry?» corrucciai la fronte.
«Dormivate così bene che mi sembrava una cattiveria svegliarvi. Così ho avvisato Anne che Harry sarebbe rimasto da noi, anche perché ieri sera faceva molto freddo…» sorseggiò il tè dalla sua tazza.
«Ah…» dissi solamente.
Mi alzai da tavola, presi due tazze le riempii di tè bollente e tornai in camera mia, posando la tazza di Harry sul comodino vicino a lui per poi andare sul mio lato di letto e mettermi seduta sotto le coperte ancora calde.
La camera era completamente avvolta dall’incredibile odore di eucalipto e balsamo di tigre, mia madre aveva comprato anche uno spruzzino profuma-ambiente all’eucalipto, che spruzzò come una matta in tutta la casa ripetendo “MUORI! MORITE TUTTI! BATTERI!”. Sì, era matta.
Harry si mosse nel letto attirando la mia attenzione, sembrava un angelo, con il naso rosso e irritato e i capelli arruffati sul viso.
Si era messo a pancia all’aria, posizione adatta per tossire, cose che accadde.
Ad un certo punto credetti che gli stesse venendo la tosse convulsa, poi piano piano gli passò, tossendo solo qualche volta.
Respirava male, aveva il naso tappato il che rendeva difficile respirare con la bocca chiusa.
Posai la tazza sul mio comodino e aprii il cassetto per prendere la crema per respirare meglio. La stappai e la tenni in mano, mentre mi mettevo sopra le sue gambe, poggiai la confezione sul mio cuscino e con le mani, senza farlo svegliare, gli tolsi la felpa, lasciandolo a torso nudo. Ripresi la confezione con dentro la crema e cominciai a massaggiargli il petto facendo in modo che la sua pelle assorbisse la sostanza profumata.
Gli accarezzai le due rondini, poi scesi fino alla farfalla, che non si trovava  nella zona interessata, ma morivo dalla voglia di accarezzargliela. Riuscii a vedere gli altri due capezzoli e mi venne da ridere pensando che Gemma, quando Harry me ne stava parlando, lo chiamò “frisona da latte”. Gli passai intorno, accarezzandoglieli con i polpastrelli, sentii che trattenne il fiato e il cuore gli iniziò a battere sempre più forte.
Così, per non svegliarlo e lasciarlo ancora vagare nel mondo dei sogni, tornai sul petto per mettergli altra pomata e massaggiare per bene fino al completo assorbimento.
Quando finii, mi tolsi dalle sue gambe e gli misi il lenzuolo e le tre coperte di lana e pile sul corpo coprendolo per bene. Andai in bagno per lavarmi le mani e quando tornai era ancora a dormire. Aveva passato tutte le vacanze a studiare e se anche dormiva, non lo faceva completamente perchè sempre occupato a pensare all’università.
Tornai a mettermi sotto le coperte e sorseggiare il tè ancora molto caldo.
Ronfava piano piano. La respirazione era tornata quasi normale e respirava con il naso, non più con la bocca.
Fuori il sole cercava di farsi spazio tra i nuvoloni che minacciavano l’intera Londra con un grigio scuro da temporale e pioggia intensa. Era presto, erano solo le sette della mattina e io me ne stavo nel letto con l’uomo che amavo. Sorrisi a quel pensiero, e ancora di più quando mi girai verso di lui e lo vidi sorridere nel sonno, come se avesse sentito i miei pensieri. Lentamente e delicatamente gli scostai i capelli dal viso e gli accarezzai la guancia ricoperta da una leggera barba incolta.
Quel povero naso era diventato tutto rosso e screpolato, a causa del continuo soffiarselo con la carta igienica.
Io ero messa decisamente meglio di lui, anche perché era da un solo giorno che stavo male mentre lui da tre e il primo giorno lo aveva passato veramente male.
«…Che ore sono?» domandò con la bocca impastata.
Avevo una mano fra i suoi capelli e glieli accarezzavo dolcemente, mentre con l’altra mano tenevo la tazza. Mi girai verso il mio comodino e guardai l’ora sul cellulare.
«Sono le otto…» gli sorrisi inclinando la testa di lato.
Si stiracchiò e a quel punto fui costretta togliergli la mano dai capelli. Dopo aver finito di sgranchirsi le ossa intorpidite, si lasciò andare con un lungo e forte sospiro.
«Come mai sono mezzo nudo?...Hai abusato di me mentre dormivo?» mi guardò dal basso, dato che io ero seduta e lui ancora steso.
«Guarda che non sono malata di sesso come te…Ti ho solo messo la crema, stavi tossendo e respiravi male….Sai, non volevo un morto al mio fianco» gli sorrisi, per poi prendere un altro sorso di tè, mentre mi portavo verso il petto le gambe.
Lui allungò una mano accarezzandomi con l’indice la coscia, facendo su e giù, per poi posarla definitivamente sulla mia carne ricoperta da un leggins nero.
«Tua madre ci ha fatti dormire insieme» sorrise leggermente, con l’espressione assonnata e un po’ da scemotto.
«…Sì, ma non ci fate l’abitudine» mamma entrò in stanza con un vassoio pieno di cose, che posò sulla mia scrivania.
Posai la tazza sul comodino, mentre Harry, con molta fatica, si metteva seduto al mio fianco, ricercando la sua felpa dispersa tra le coperte acciavattate messe sul letto.
Mamma lo guardò malissimo, quando scoprì che era a petto nudo così mi affrettai a spiegare, prima che lo cacciasse di casa a pedate.
«Gli ho solo messo la crema. Nulla di più» allora lei si rilassò e riprese ad armeggiare con delle bustine e pasticche.
Quando Harry fu di nuovo vestito, poggiò la testa sulla mia spalla e chiuse gli occhi. Era ancora un po’ a pezzi e la cosa mi preoccupava, non tanto per la febbre, ma per il fatto che continuasse ad essere privo di forze e stanco.
«Ho chiamato il dottore… Tra cinque minuti arriverà e vi controllerà. Questa notte non avete smesso un attimo di tossire e la febbre era alta, soprattutto quella di Harry» disse la mamma, alquanto preoccupata.
Da quanto avevo capito Anne aveva dato il via libera a mia madre di preoccuparsi di Harry, che per quanto potesse nascondere, gli voleva bene come un figlio, così aveva chiamato il dottore per venirci a controllare.
«Intanto mi ha detto di darvi l’antibiotico e qualcosa che vi faccia passare la tosse momentaneamente» ci passò ad entrambi delle pasticche: una era l’antibiotico da ingoiare con l’acqua, mentre l’altra era da sciogliere in bocca, ed era per la tosse.
Quando le prendemmo entrambe, Harry tornò a posarsi sulla mia spalla, ma avendola un po’ indolenzita, dovetti farlo poggiare sul mio grembo, iniziando ad accarezzargli la testa, lo sentii rilassarsi e chiudere gli occhi.
«Pensi sia grave?» domandai sussurrando a mia madre.
Lei si poggiò ai piedi del letto prendendo un bel respiro per poi rispondere con calma.
«Non lo so, ha questa febbre alta…» il campanello risuonò in tutta la casa svegliando Harry.
La mamma scese di sotto e andò ad aprire.
«Buongiorno!» le voci arrivavano ovattate, ma comunque ben udibili.
«Salve signora Kallen….Allora…Dove sono i fanciulli?» domandò il signore, probabilmente il dottore.
«Sono di sopra…Venga» sentii i loro passi sulle scale, così mi affrettai a svegliare Harry o almeno ad avvisarlo.
«Harry…?» gli mormorai nell’orecchio.
«Mh…» anche quel “Mh” gli uscì con un grande sforzo.
«Sta arrivando il dottore…Alzati» lo aiutai a mettersi seduto al mio fianco. Sembrava completamente a pezzi.
Dalla porta entrò mia madre seguita da un uomo sulla sessantina, brizzolato, alto e dal fisico asciutto con una borsa tipica da dottore.
Mi sorrise, mentre posava la pesante borsa sulla mia scrivania. La mamma si mise in un angolino senza disturbare, mentre il dottore cercava i suoi strumenti.
«Ciao, Lea…Non ti ricordi di me?» domandò sorridendo, mentre si avvicinava al letto.
«E’ il dottore che hai conosciuto quando hai fatto la prima prova di ammissione all’università…» s’intromise la mamma.
Giusto, era un uomo simpatico e si trovava lì per fare una lezione a quelli del terzo anno e io lo conobbi grazie a mio padre che gli chiese informazioni sui risultati.
Era stato molto gentile con me.
«Ho saputo che sei riuscita ad entrare. Brava, te lo sei proprio meritato» mi fece segno di alzare la manica per prendermi la pressione.
Aveva un’espressione di cacca dopo aver visto in che condizioni fossi, ma alla fine che mi potevo aspettare? Stavo male.
Dopo di che mi sentì i polmoni, i battiti del cuore e misurò la febbre e ad ogni controllo appuntava delle cose su un blocchetto.
Quando finì con me, fece il giro del letto e andò da Harry, che a parer mio era svenuto.
Stava di nuovo sudando e tremava, la febbre gli si era alzata di nuovo. Sembrava stare così male che quasi mi misi a piangere disperata. Non mi piaceva vederlo in quel modo, mentre io non avevo nemmeno la febbre (più o meno…)!
«Come si chiama il ragazzo?» domandò il dottore.
«Harry» rispondemmo all’unisono io e la mamma, che per la preoccupazione si avvicinò al letto.
«Harry…Harry, svegliati. Fatti prendere la pressione…» il dottore gli diede qualche leggero schiaffetto sulle guance per svegliarlo.
Harry aprì leggermente gli occhi, continuava a sudare e tremare sempre di più.
«Signora Kallen, può andare a riempire una bacinella con dell’acqua fredda? E mi porti anche una pezza di cotone» il dottore iniziò a prendergli la pressione, e quando l’appuntò su un nuovo foglio fece un’espressione un po’ contorta, che non riuscii a decifrare. Con il mio aiuto lo alzammo e gli scoprimmo la schiena per sentirgli i polmoni, faceva una fatica pazzesca a respirare e lì mi preoccupai maggiormente.
Non sentì nemmeno i battiti, era sciuro che non stesse bene. La mamma entrò con la bacinella piena d’acqua e una pezzetta fra le mani.
Il dottore gliela fece posare sul comodino vicino ad Harry e incaricò me di inzuppare la pezza nell’acqua, strizzarla bene e poi mettergliela sulla fronte, per abbassare la febbre.
Prima che iniziassi prese il termometro, lo disinfettò e glielo mise sotto l’ascella.
Dopo tre minuti lo tolse e lo guardò iniziando a scrivere qualcosa sul blocchetto.
«Come sta…?» domandò mia madre che si era fatta piccola, piccola in un angolo remoto della stanza.
Il dottore storse la bocca mentre fissava me che mettevo la pezza sulla fronte di Harry, che in quel momento cominciò a balbettare.
«Nulla di preoccupante…Hanno la mononucleosi, solo che la ragazza ha reagito abbastanza bene, ma il ragazzo no…» rimise nella borsa gli attrezzi e poi la chiuse.
«E questo vuol dire…?» domandai leggermente spazientita.
«Vuol dire che deve fare una settimana intensa di antibiotici e di assoluto riposo….Vale anche per te Lea» m’indicò.
Annuii mentre con la mano destra massaggiavo la cute capillare ad Harry che smise di farneticare.
La mamma e il dottore uscirono lasciandoci soli. Scesero le scale in silenzio e solo quando furono all’ingresso parlarono.
«Le va un tè, Richard?» domandò mia madre, leggermente rattristata.
«Grazie…» rispose lui «Ma Lea e quel ragazzo sono fidanzati?» domandò sempre lui.
«Sì…Devo comprare medicine?» domandò la mamma.
«Sì, le ho scritto tutto nella ricetta. Le vada a comprare subito» lo sentii sorseggiare.
«Quante volte devono prendere l’antibiotico?»
«Due volte al giorno per sette giorni…Per Lea serve il primo che ho scritto, mentre per il ragazzo il secondo che è molto più forte…Tra una settimana dovrebbero stare bene entrambi» la rassicurò.
Sentii la tazza posarsi sul tavolo.
«Bene…grazie per il tè. Appena c’è un miglioramento o un peggioramento mi chiami, e arriverò subito» sentii la porta di casa aprirsi.
«Grazie per essere venuto subito» disse la mamma.
«E’ il mio dovere. Ci sentiamo presto, signora Kallen»
Distolsi l’attenzione da di sotto per tornare con la mente ad Harry. Era ancora steso al mio fianco, con gli occhi chiusi.
La mamma salì le scale per poi sbucare in camera, per andare dritta da Harry e accarezzargli una mano.
Si preoccupava più del mio ragazzo che di me!
«…Vado in farmacia e torno subito. Ho il cellulare acceso, se succede qualcosa chiamami» venne da me, dopo aver lasciato un bacio sulla fronte, momentaneamente liberata dalla pezzetta, ad Harry, poi passò a me lasciandomi un bacio sulla guancia.
Se ne andò dalla cameretta. Sentii la porta di casa aprirsi e poi chiudersi e infine la sua macchina correre via.
Cambiai la pezzetta ad Harry, e mentre lo feci, gli vibrò il cellulare. Allungai il braccio e lo presi, era sua madre.
«Anne…? Sono Lea…» risposi.
«Ehi! Ciao! Come sta Harry?» in sottofondo si sentiva una gran confusione.
«Ha la mononucleosi…»
«CHE COSA?? ASPETTA!» urlò così forte che dovetti scostarmi il cellulare dall’orecchio.
Più si spostava e più la caciara di sottofondo svaniva.
«Dimmi tutto…» disse con un leggero affanno.
«E’ appena venuto il dottore e ha detto che ha la mononucleosi e che è un po’ grave…Ma con una settimana intensa di antibiotico e completo risposo dovrebbe rimettersi…»
«Ha detto altro?» domandò preoccupata.
«No…Solo questo»
«Mh…Te come stai, tesoro?»
«Ho anche io la mononucleosi, ma non avanzata come quella di Harry…»
«C’è Emily?»
«E’ uscita per comprare le medicine…Tra venti minuti dovrebbe essere qui…Se vuole le dico che ha chiamato»
«Grazie…Questa sera dovrei tornare prima…Lo vengo a prendere così me ne occupo io, senza che vi occupiate anche di lui…Quando sta male è un peso…»
«Oh, no, Anne. Assolutamente! Non è un peso per noi» sorrisi girandomi verso di lui riprendendo ad accarezzargli il cuoio capelluto.
«Se serve qualcosa, chiamami ho il cellulare acceso, e salutamelo» aveva la voce un po’ rotta, stava per piangere? Insomma, sì era ad uno stato avanzato, ma era pur sempre mononucleosi! Porca vacca! Il bello era che anche io mi stavo per mettere a piangere!
«Ma certo Anne…Ci sentiamo più tardi…» tagliai corto, non volendo consolare anche lei.
Misi il cellulare vicino al mio. Mi assicurai che andasse tutto bene e così andai in bagno per fare i miei bisogni e darmi una lavata, cosa che doveva per forza fare anche Harry.
Mi lavai per bene il corpo, e quando uscii me lo ritrovai davanti a me e con la testa piegata in avanti, come un morto, e le spalle incurvate, ed ondeggiava leggermente. Mi spaventò vederlo lì davanti a me.
«Harry!» gli andai incontro mentre mi avvolgevo nel mio accappatoio e lo raggiungevo per riportarlo in camera, ma lui non si mosse.
«Harry…» lo chiamai ancora abbassandomi leggermente per vederlo in viso.
«Devo fare pipì» disse alla fine.
«Ma certo…» lo lasciai libero.
Andò verso il water, alzò la tavoletta e si calò i pantaloni con i boxer, dopo di che si girò verso di me e si mise seduto sulla tazza.
Lo guardai tra il preoccupato e il divertito. Non sembrava un ragazzo da pipì seduta…
«Smettila di sorridere…» disse più cupo che mai, così cessai all’improvviso di sorridere, più che mai per rispetto «Solitamente la faccio in piedi, ma non volevo ridurti il bagno una porcilaia…» ammise.
Beh, ondeggiava in continuazione così dedussi che la mira facesse un po’ cagare…
Mi girai verso lo specchio per mettermi sul viso un po’ di crema, mentre Harry si risistemò e scaricò lo sciacquone, per poi raggiungermi, prendermi per i fianchi con i polsi per non toccarmi e spostarmi per lavarsi le mani.
Mi spalmai la crema in eccesso sul collo e quando finii io e Harry ci guardammo attraverso i riflessi, lui mi sorrise leggermente mentre finiva di asciugarsi le mani sull’asciugamano in cotone écru.
«Ti senti meglio?» domandai posando le mani sul lavandino, continuando a fissarlo attraverso il riflesso.
«No, mi sento una merda» sorrise lievemente.
«Vieni, che ti accompagno in camera…» mi feci mettere un braccio attorno le spalle e così lo scortai fino al letto, risistemato alla bene e meglio.
«Mi faresti un massaggio con la crema all’eucalipto?» domandò leggermente esausto.
Ancora in accappatoio, presi la crema e mi rimisi nella posizione che avevo un’ora prima, solo che un’ora prima ero vestita e non praticamente nuda.
Si tolse la felpa e mi lasciò massaggiare delicatamente il petto. Sotto il mio tocco si lasciò andare facendosi sfuggire un sospiro di sollievo, interrotto da una tossetta fastidiosa.
«Salteremo entrambi gli esami…»cominciai a parlare.
Lui aveva gli occhi chiusi, però era sveglio, solo che si stava godendo quel momento rilassante.
«Ho sentito…»
«Tutta quella fatica per poi rimandare l’esame a Marzo!» mi lamentai.
«Lea..?» mi chiamò all’improvviso, aprendo gli occhi per guardami bene.
«Mh..?» lo guardai anche io.
«Ti amo» disse per poi riprendere a tossicchiare.
Appena finì di tossire lo baciai, tanto stavamo tutti e due male, perciò…
Lui nemmeno riusciva a muovere bene le labbra lasciando fare tutto a me, e ne fui quasi felice, era un bacio così dolce e puro che quasi mi fece sciogliere.
«Anche io, Harry. Con tutto il cuore» sussurrai facendogli il solletico sulla guancia con la punta del naso che muovevo circolarmente.
Sentii le sue mani accarezzarmi la schiena per poi stringermi a lui. Percepii un lieve accenno di forza e la cosa mi fece tranquillizzare.
Sospirai leggermente, per poi staccarmi da lui e alzarmi dal letto per vestirmi.
«Copriti! Ti si vede tutto!» disse lui ancora steso, che sorrideva sornione.
«E tu dormi, malato» gli risposi andando verso il comò per prendere l’intimo e infilarmelo.
Non mi sentivo del tutto sana, ma in confronto ad Harry lo ero.
Aprii l’armadio cercando un pantalone della tuta decente con una felpa pesante. Quando finii di vestirmi tornai affianco ad Harry e lo strinsi a me.
Eravamo stesi sul mio letto. Lui a pancia all’aria e io avvinghiata alle sue gambe e al suo busto, così io tenevo caldo lui e lui teneva calda me.
Sentimmo la porta di casa aprirsi e poi richiudersi, poi i passi della mamma avvicinarsi sempre di più alla mia stanza, e quando entrò sorrise leggermente nel vederci in quella posizione “intima”, e quasi mi meravigliai di quel sorriso, insomma era la prima a dirci che non dovevamo avere comportamenti “intimi” in casa sua!
Senza levarsi il giaccone prese dalla bustina della farmacia due scatoline, una bianca e l’altra multicolore, la prima la diede a me, e l’altra, che doveva essere di Harry, le diede lo stesso a me.
«Dovete prenderne una la mattina stomaco vuoto e una le sera sempre a stomaco vuoto» c’informò, mentre leggeva la ricetta del dottore che le aveva lasciato. Annuii mentre con le braccia facevo leva per alzarmi e mettermi seduta.
Presi la tazza di tè, ormai freddo, e ingoiai la pasticca che somigliava di più allo Space Shuttle! Con quasi un litro e mezzo d’acqua riuscii ad ingoiarla, lasciandomi però un sapore in bocca amaro come il fiele.
«Harry, alzati così prendi l’antibiotico….» sembravamo due vecchietti malati.
Lo sentii sbuffare, poi, con il mio aiuto, si alzò e prese in bocca la sua pasticca che ingoiò con il tè che gli porse mamma, che gli era affianco più preoccupata che mai.
Quando ingoiò anche lui lo Space Shuttle, mamma portò via le tazze vuote e se ne andò lasciandoci soli.
 
Verso le sette mi chiamò Anne avvertendomi che tempo quaranta minuti e sarebbe stata da noi per prendere Harry. Non mi diede il tempo di dirle che Harry non ce la faceva a camminare e che molto probabilmente sarebbe rimasto da me anche quella notte.
Si era ripreso un po’ con l’antibiotico, ma non del tutto. Continuava ad avere forti momenti febbrili che lo facevano delirare, costringendo me ad alzarmi e mettergli pezzette fredde sulla fronte.
Gli avevo appena dato la seconda botta di antibiotico quando il dottore tornò per visitarlo.
Disse che non c’era da preoccuparci e che l’indomani sarebbe stato già meglio, ma era difficile credere che sarebbe stato meglio così presto. Era di nuovo sudato e per andare al bagno aveva bisogno del mio aiuto (solo per accompagnarlo). Io stavo meglio, molto meglio, la febbre era sparita e stavo reagendo bene all’antibiotico.
Anche la mamma era preoccupata per Harry, così il dottore ci disse che se continuava ad avere la febbre in quel modo alta sarebbe stato meglio portarlo all’ospedale per controllarlo meglio.
«…Chi è?» mi risvegliai dal sonno così da poter sentire mia madre parlar con qualcuno al piano di sotto «…OH! Anne! Vieni entra! Harry è di sopra…Gemma! Ciao, bellissima» la sentii esultare «Venite, vi accompagno…» iniziarono a salire le scale.
«Come stanno?» domandò Anne.
«Lea sta molto meglio….Harry non tanto bene, ha ancora la febbre alta»
Ero stesa e attaccata ad Harry, come se avessi  paura che qualcuno me lo portasse via. Ero sveglia e con gli occhi aperti, ma non volevo muovermi, ero stanca, anche perché avevo appena un po’ di febbre e avevo passato l’intera giornata in piedi per accudire Harry.
Le vidi tutte e tre sbucare in camera mia, che somigliava più ad una stanza d’ospedale, però profumata.
Anne e Gemma vennero verso di me, vedendomi sveglia. Anne si sedette sul letto e mi accarezzò il viso.
«Come stai, tesoro?» domandò premurosa.
Chiusi gli occhi come per dire “sono ancora viva”. Gemma fece il giro del letto fino ad arrivare da Harry. Sembrava quasi che stesse per morire e che i parenti più cari gli andassero a dare l’ultimo saluto.
«Harry….Harry, svegliati, andiamo a casa» gli scosse leggermente la mano che teneva sopra la pancia.
Lentamente aprì gli occhi e cercò di mettere a fuoco, in quel momento pregai così tanto che non me lo portassero via che quasi mi aspettai di vedere il Signore scendere dal cielo dicendomi “Calmati che nessuno lo vuole!”.
«Mh…no….» mugugnò tornando a dormire.
«E’ tutt’oggi che fa così…Dorme e parla di cose senza senso» disse preoccupata mia madre.
«SONO A CASA!» mio padre urlò da di sotto, facendo voltare mamma, Anne e Gemma.
Sentii i suoi passi avvicinarsi alla mia (non più) cameretta. Si arrestò all’entrata vedendo tutta quella gente attorno al letto. Fu il primo, dopo Anne, che venne verso di me realmente preoccupato.
«Tesoro…Cos’hai?» mi accarezzò la testa, mentre Anne si scansava per lasciargli spazio.
«Ha la mononucleosi….» rispose per me mia madre.
Non lo avesse mai detto. Alzò lo sguardo e lo portò verso Harry, che poverino era mezzo morto al mio fianco, e lo guardò malissimo.
Tutti, dentro quella stanza, erano al corrente che la mononucleosi veniva anche gergalmente chiamata la “malattia del bacio”, ma comunque papà dovette fare la sua piccola scenetta muta, senza dire niente a parole, ma dicendo tutto con lo sguardo. Anche lui era affezionato a Harry, ma comunque io ero sua figlia e se qualcuno mi faceva del “male” doveva pagare prima o poi.
«Harry…Sono la mamma, alzati così andiamo a casa…» Anne provò a chiamarlo, ma questa volta lui nemmeno si scomodò a delirare.
«Lasciatelo qui…Domani vediamo come sta…» suggerì mamma.
Anne e Gemma si scambiarono una veloce occhiata preoccupata e alla fine annuirono lentamente.
Quando se ne andarono papà e mamma tornarono di sopra da noi, io non mi ero mossa di un millimetro e Harry nemmeno.
La mamma portò in camera una brandina mentre papà andò a letto a dormire. Quella fu la giornata più pesante e snervante della mia vita, tranne quando Harry mi disse che mi amava.


-Spazio Autrice-
Vi giuro ragazze che non vedo l'ora di farvi leggere il finale *-*
Personalmente lo trovo bello, ma solitamente mi sbaglio LOL
Comunque, ho aggiornato più in fretta del solito, come potete vedere.
Lea si è presa la mononucleosi, come Harry del resto! 
C'è la comparsa di Richard, che se tutto va bene e il mio cervello collabora, sarà un personaggio abbastanza importante nella storia ;)
Devo dire che fa tenerezza Harry, saperlo malato e mezzo morto mi fa impressione...Ma c'è Lea con sua madre, perciò... ;)
Lasciatemi qualche recensione, sarò felice di rispondervi, anche perchè siete una buona scusa per smettere di studiare cinque minuti e parlare con qualcuno :*
Sul serio, non mordo mica LOL

Baci Xx
  
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