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Autore: butterfly_heart    19/02/2015    1 recensioni
Contiene spoiler fino a "Il Professor Layton e l'eredità degli Aslant"! Vostra scelta se leggere o no!
Parla di Jean Descole, e della sua storia. Attenzione: aspetti e avvenimenti che non sono descritti nel videogioco sono completamente inventati da me, quindi la mia versione della vita di Descole sarà probabilmente diversa da quella ipotetica creata dalla "Level 5"!
Tratto dalla storia (capitolo uno):
Lo vedo allontanarsi da me, accompagnato dai suoi nuovi “mamma e papà”, titubante e pauroso come non mai. Perchè? Perchè deve andarsene? Il mio Theodore...
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hershel Layton, Jean Descole, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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*Arriva di corsa, ansante, con dei fogli tutti scarabocchiati fra le braccia, e l’aria distrutta*
Salve! Da un po’ che non ci si vede. Finalmente ecco qua un altro capitolo (:3).
Come avevo anticipato nel precedente, questo è di grande svolta per la storia; insomma, se non ci fosse questo, tutto avrebbe preso una piega diversa.
Ringrazio e saluto __Sapphire_ e GreenBlood_ per le loro recensioni <3 <3.
Ma basta con le presentazioni, iniziamo subito con il capitolo! (Credo di essere troppo ansiosa di sapere cosa ne pensate ^^’)

Dunque, buona lettura!

 

 

 

 










«Hahahaha! Non ci credo, gli hai davvero risposto così?» chiese Crystal, che stava piangendo dal ridere.

«Certo! Che altro potevo dirgli, scusa?» Hershel alzò le braccia in segno di resa, sorridendo.

L’ennesimo, dolce appuntamento. Ormai era diventata un’abitudine: quasi ogni giorno, il ragazzo portava l’altra a fare un giro per prendere una boccata d’aria, fra un turno di lavoro e l’altro.
Un caffè, due chiacchere (qualche bacio qua e là) e poi via.
I due erano felicissimi...o meglio, Crystal lo era. Hershel...beh...

Non completamente.

Lui si sentiva in colpa.

E il motivo era molto semplice: Crystal stava con un ragazzo falso, non vero. Stava con Desmond, non con Hershel. Si era innamorata (o almeno così il giovane sperava); ma di qualcuno che, in realtà, non esisteva.

Era forse giusto?

Da tempo Hershel ci stava pensando, e ogni volta, inesorabilmente, arrivava sempre alla stessa dannatissima conclusione: doveva dirglielo. Doveva assolutamente dirle che in realtà lui non si chiamava Desmond Sycamore, ma Hershel Bronev; che lui non era figlio unico (come le aveva detto una volta, per non dover raccontare di Theodore), ma che aveva un fratellino; ora quel bambino insicuro e timido aveva 14 anni...chissà com’era cambiato. Chissà se aveva la fidanzata, come era adesso per Hershel.

Lui aveva una ragazza bellissima e dolcissima.

Che sapeva farti arrossire come un bambino che ha appena combinato una marachella, colto sul fatto. E, tra l’altro, semplicemente per mezzo del suo sguardo, così casto.

Pura come l’acqua, leggera come il vento ma capace di farti ardere come il fuoco.

Una ragazza che un bugiardo non meritava.

Quindi, alla fine dei conti, le strade erano due: o lui si allontanava da lei, o le diceva la verità. A Hershel non piacevano nè l’una nè l’altra opzione, ma ammise che la prima era senza alcun dubbio fuori questione.

Così, optò per la seconda.

 

 

Ad inizio pomeriggio erano entrati in un bar della città, “Costa D’Avorio”*, si erano seduti ad uno dei divanetti rossi del salotto e avevano ordinato due cioccolate calde. Mentre un buon numero di signori fissava attentamente il televisore posto giusto sopra il bancone del barista, intenti a seguire una partita di calcio in corso, i due chiacchieravano amorevolmente.

Ma ad un certo punto, Hershel, ricordando quello che doveva dire a Crystal, disse:

«Crystal, senti...dovrei...dovrei dirti una cosa» si guardò le mani: tremavano. Quante volte aveva provato questa sensazione? Quando quegli uomini in divise blu avevano fatto irruzione a casa sua, o anche quando aveva incontrato Crystal per la prima volta, si rispose.

Crystal era sorpresa da quell’improvviso cambiamento nei modi di fare di Hershel:

«Va bene, dimmi»

Il ragazzo volse lo sguardo a terra; si sentiva un po’ impacciato: “E ora? Come inizio? Cosa le dico?”

Un boato improvviso riempì la stanza: gli omini in maglia rossa** alla TV avevano segnato, e alzavano i pugnetti in segno di esultanza; i tifosi nel bar avevano agito di conseguenza, urlando esclamazioni (o, nel caso di qualcuno, imprecazioni, alcune delle quali irripetibili) e spintonandosi scherzosamente fra di loro.

Un filo di imbarazzo si creò fra i due, che decisero di pagare ed uscire, per continuare la conversazione altrove.


Camminando per le vie della città, mano nella mano, i due osservavano le vetrine dei negozi, illuminate nonostante fosse ancora chiaro, essendo le 15:00 del pomeriggio.

«Allora Desmond...che dovevi dirmi?»

Oh, no.

«B-beh...è complicato...molto complicato» replicò Hershel, balbettando in modo quasi peggiore di quando parlava a Crystal le prime volte.

Come inizio, constatò, non era molto promettente.

«Prova, tesoro. In fondo, sai che a me puoi dire tutto, no?» quale forza avevano le sue amorevoli parole!

I due si sedettero ad una panchina della via; mentre la gente passeggiava per la strada, loro si tenevano le mani, e si guardavano intensamente negli occhi.

«Va bene. Allora, Crystal...mi prometti che, qualunque cosa io adesso ti dica, mi crederai?» le chiese Hershel. Senza una premessa del genere, non sarebbe riuscito a continuare.

Lei si agitò un po’; com’era strano, ora...non era il solito Desmond.

«Lo sai che credo sempre alle tue parole» replicò così. Cos’altro avrebbe potuto dire?

L’altro annuì. Poi disse: «Dunque, per prima...per prima cosa, io n-non mi chiamo Desmond Sycamore, ma Hershel Bronev»

In quel preciso istante, Hershel sperimentò cosa si prova ad essere imbarazzato fino in fondo all’anima. Lei, sbalordita, aveva un' espressione talmente sorpresa che fece desiderare al ragazzo di non aver mai pronunciato quelle parole.
Nonostante ciò, non poteva fermarsi. Non adesso. Se lo avesse fatto, l’avrebbe persa per sempre; doveva spiegarle ancora molte cose, e doveva farlo subito.

«Ho cambiato nome perchè sono stato adottato...avevo una mamma, un papà, e un fratellino, Theodore» si fermò un attimo, per vedere se Crystal voleva dire qualcosa; a quanto pare voleva sapere di più, perchè non fece alcun tipo di commento, semplicemente lo guardava negli occhi. E così, Hershel continuò:

«I miei genitori erano entrambi archeologi. Un giorno...quando io avevo 7 anni e Theodore 3, degli uomini in divisa blu fecero irruzione in casa e...rapirono la mamma e il papà, lasciando me e il mio fratellino da soli»

Crystal si portò le mani alla bocca, e in un sussurro di terrore disse: «Oh mio Dio...ma perchè?»

L’altro si limitò ad osservare la sua reazione, per poi continuare:

«Come ti ho detto, i miei erano archeologi...stavano lavorando entrambi su un’antica civiltà, gli “Aslant” credo, o qualcosa del genere...io penso che quei tizi volessero che i miei genitori lavorassero per loro a questa ricerca, perchè quando li portarono via, uno fra loro, il capo probabilmente, per persuadere mio padre a seguirli, gli disse: “Avanti, paparino, non vorrai che i due mocciosi ci rimettano...gli Aslant ci attendono”. Io studio archeologia al solo scopo di leggere almeno una volta di questi “Aslant”, ma niente da fare. Non vengono minimamente menzionati da nessuna parte; neanche fra i libri che i miei tenevano a casa, probabilmente perchè quei signori avevano portato via tutto ciò che poteva essere collegato con quel popolo»

La ragazza, con grandissimo stupore da parte di Hershel, disse: «Aslant, hai detto...io...io...beh, credo di averli già sentiti»

L’altro si alzò di scatto, gli occhi sbarrati.
Non era possibile.
Lui per anni aveva cercato notizie su quella civiltà, e non erano neppure accennati, e lei li conosceva così?

«Stai scherzando? Cioè, tu li hai già sentiti? E dove?»

Dove?
Come?
Perchè?
"Perchè tu si e io no?"

Fa’ qualcosa, Hershel!

Crystal mise le mani giunte sul proprio petto, e volse lo sguardo a terra; ci mise qualche secondo prima di rispondere.

«Da mio padre...li ho sentiti nominare da mio padre»

 

 


*Costa D’Avorio: nome completamente inventato sul momento, senza alcun tipo di logica (:P)
**Adoro il calcio ma non lo guardo (per niente, tra l'altro), e quindi il colore della maglietta non è collegata ad alcuna squadra in particolare, nel caso ve steste chiedendo :)

   
 
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