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Autore: TotallyOwl    21/02/2015    4 recensioni
-Tu sei un mago, Harry.-
-Un mago? No, non posso essere...un mago. Cioè..io sono Harry, solo Harry.-
Tutti conosciamo il momento in cui Harry Potter ha scoperto la sua natura, ma come sono stati i primi atti di magia degli altri personaggi della saga?
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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25 Dicembre 1931.
La giovane donna bussò tre volte alla grossa porta bianca che la divideva dall’ufficio del direttore, annunciando il proprio ingresso. Aspettando il consenso per entrare, i suoi occhi stanchi si fermarono a riposare per un istante su una delle grosse, vecchie ma pulite finestre dell’edificio e per un attimo pensò che quell’assurdo vento si sarebbe portato via anche una di quelle, oltre che al pezzo di tetto che s’era già mangiato. Un lieve assenso, proveniente dalla stanza attigua, la riportò alla realtà. Con un sospiro, aprì leggermente la porta, quel tanto perché fosse certa che l’uomo godesse della vista sufficiente per capire che fosse lei. Non che potessero essere altre persone, del resto.
-Servite il pranzo, Miss Ayle.-  disse l’uomo, lieve. Quasi come un invito, una supplica. No, Mr McCarthy non ordinava mai, piuttosto, chiedeva. Si era sempre chiesta come un uomo come lui fosse finito in tale posto desolato. Era gentile, è vero, ma allo stesso tempo era duro come un roccia. Dopotutto, forse nessuno avrebbe potuto fare meglio di lui, lì.
-Ma..Non basterà per tutti, Direttore.-
L’uomo alzò lo sguardo dalle carte in cui era immerso. Con una penna tra le mani e la calcolatrice nell’altra, guardò la giovane donna che gli si parava davanti. Aprì la bocca una, due volte, per poi richiuderla. Nel breve silenzio, la signorina Ayle pensò di poter sentire il rumore dei marchingegni del cervello dell’uomo elaborare la migliore risposta che gli fosse possibile. Poi lui parlò sereno, come sempre.
-È Natale, Miss Ayle. Fate sedere i bambini più piccoli e fate mangiare loro, poi i ragazzi. Lei e Mr Womdle accomodatevi insieme a loro. Io mangerò per ultimo. Poi portateli nella sala con caminetto, dove avete fatto l’albero la settimana scorsa, e date loro quei pochi regali che abbiamo.  Faremo bastare tutto, Miss Ayle, non temete. L’abbiamo sempre fatto e sempre lo faremo.-
Il giorno di Natale non è un giorno come un altro, neanche nel vecchio orfanotrofio nel West Side di Londra. Quell’anno è stato duro, è vero, ed il direttore McCarthy non vede l’ora che quel maledettissimo dodicesimo mese dell’anno finisca. I bambini hanno avuto fame, sete e freddo. Beh, hanno avuto più fame, sete e freddo degli altri anni. Eppure anche quell’anno la signorina Ayle, il signor Womble e lui hanno fatto il possibile perché vivessero nelle migliori condizioni possibili. Più di una volta si era dovuto recare al City Council, per chiedere il permesso di qualche spesa in più e più volte si era sentito sbattere la porta in faccia. Il direttore McCarthy sa bene che non ci sarà da mangiare per tutti, oggi. Il direttore McCarthy sa bene che non ci sarà un regalo per tutti, oggi. Sospira, si stropiccia gli occhi, torna ai suoi infinitesimalmente giusti conti.
 
-Buon Natale, Marie-
-Buon Natale anche a lei, signorina Ayle-
-Buon Natale, John-
-Buon Natale anche a lei, signorina Ayle-
E dopo Marie e John, Max, Lucy, Helene, Catherine ed infiniti altri. Quando sente il nome di Thomas, per poco non prende uno spavento, come sempre. No, è Thomas, non Tom, ovviamente. Non è mai, mai, Tom. Non c’è mai qualcosa per lui. La signorina Ayle non gli concede neanche un sorriso, piuttosto, si limita a guardarlo come se fosse una bestia scappata dalla gabbia. Eppure, il piccolo Tom continua a fare la fila, aspettando chissà cosa. Ogni anno, a Natale, non ha ricevuto nulla, da quando se lo ricorda. La scusa è sempre la stessa.
-Buon Natale, Tom. Non fare quella faccia, tra pochi giorni sarà il tuo compleanno e ti faremo una bella festa!-
Ogni anno la stessa identica scusa. Ogni singolo anno. Tom Orvoloson Riddle ha sei anni, eppure è già abbastanza sveglio da essere eternamente stanco di sentire solo ed unicamente bugie e quando è troppo, è troppo.
-Buon Natale anche a lei, signorina Ayle. Anzi, buon Natale solo a lei, perché il mio fa sempre schifo.-
sbotta, allontandosi velocemente verso una di quelle immense e sporche finestre. Nel suo percorso, si guarda intorno per qualche istante, poi abbassa il capo. Pensieri persi chissà dove. Tom sa bene che la signorina Ayle non gli darà una punizione proprio il giorno di Natale ed è proprio per questo che si è concesso il regalo di dire e fare ciò che vuole, forse anche perché sa che non arriverà nessun altro regalo né in quella giornata, né al suo compleanno. Eppure, Tom non sa quanto si sbaglia.
-C-ciao.-
Non era proprio una voce, piuttosto gli sembrò il gracchiare di una rana. Si girò velocemente e i suoi occhi cupi incontrarono il visetto di una bambina. Avrà sì e no cinque anni, eppure non è tanto più piccola di Tom. Lui è sempre stato gracile, forse per colpa del poco nutrimento dell’orfanotrofio o forse, come ha sempre pensato il Direttore, perché è debole di costituzione, proprio come sua madre, morta durante il parto.
Nonostante sia un bambino, Tom non sembra affatto uno di loro. Non ride, non scherza, non gioca. La signorina Ayle giura di averlo visto sorridere una o due volte, ma il Direttore sostiene che fosse solo uno strano riflesso, o qualcosa di simile, eppure la giovane insegnante dell’orfanotrofio non demorde. La verità, forse, è solo che Tom Orvoloson Riddle non ha mai avuto un vero motivo per ridere, scherzare, giocare. È come se fosse un adulto imprigionato in un corpo da bambino. Un adulto che non sa come usare il suo corpo da bambino. E come ogni adulto che si rispetti non gli piace perdere tempo con i bambini.
-Cosa vuoi?-
-Quando è il tuo compleanno?-
-Lasciami in pace.-
I bambini sono testardi, alle volte. Tom, questo, lo sa bene, come ogni buon adulto. Eppure, come ogni bambino, sa che essere testardo è forse l’unico modo per ottenere ciò che si vuole. Non si scompone neanche un poco, a doversi ripetere e a sentire quella piccola marmocchia ripetersi.
-Quando è il tuo compleanno?-
-Il 31 di Dicembre, ora lasciami in pace.-
Le ha dato ciò che vuole ed ora probabilmente riceverà ciò che vuole lui stesso.
-Oh. Ti chiami Tom, vero?-
No, errore di calcolo. Hai molto da imparare, Tom..
-Sì, mi chiamo Tom. Ora togliti dai piedi.-
-Allora buon Natale, Tom. E anche buon compleanno.-
Nel suo pugno, un piccolo pacchetto mal incartato. La mocciosa deve aver sentito il suo discorso con la signorina Ayle e deve aver deciso di cedergli il proprio regalo. Per un attimo, Tom non sa se essere stupefatto o offeso. Sembra un piccolo adulto, è vero, ma dopotutto è pur sempre un bambino. Afferra il pacchetto dalle ditina bianche della bimba ed un sorriso sghembo gli compare sul volto. Non è proprio un sorriso, ecco, è più una sorta di ghigno.  Lo scarta, rapido. È certo che è l’unico regalo che riceverà mai. È certo che sarà la cosa più bella che abbia mai visto. Oh, finalmente anche il piccolo-grande Tom avrà qualcosa con cui giocare!
Perplesso, si rigira quella bambola sporca tra le mani.
Non è la cosa più bella mai vista, né giocherà mai con quella roba.
Se prima si era potuto concedere il lusso di scegliere tra due sentimenti, ora non c’è spazio che per la rabbia, nel cuore del piccolo-grande Tom.
-Ooooh. È così tenera.-
Rabbia.
-Tenera, dici? Tenera tipo che vorresti riaverla?-
Rabbia.
-Mmm-mm.-
Rabbia.
-Oppure tenera tipo che vorresti sempre tenerla con te?-
Rabbia.
-Oh, sì, come sarebbe bello!-
Rabbia.
 
Una volta qualcuno, forse proprio la signorina Ayle, gli aveva detto che la rabbia non è un sentimento umano. Gli uomini, proprio perché dotati di intelletto, provano ira, e non rabbia. La rabbia, del resto, è solo ed unicamente una malattia mentale degli animali, che essi acquisiscono cibandosi di carogne in più che affermata putrefazione. Sì, gli animali si arrabbiano, gli uomini si adirano.
 E i mostri? Erano animali? O erano umani?
I mostri, a quanto pare, non potevano essere umani: lui era certo di aver provato solo rabbia, quel giorno in cui fece esplodere quella bambola di pezza in faccia a quella bimba, che dal giorno non pronunciò parola, eppure tutti parevano decisamente più certi di lui che Tom non potesse essere che un mostro. Quella logica non faceva una piega, tant’è che il piccolo-grande Tom Orvoloson Riddle non potè che essere d’accordo.
 
Mi fa sorridere che mentre questo stesso capitolo era già in lavorazione, mi è stata espressa la curiosità di vedere il primo atto di magia di Voldemort in persona. Beh, eccolo qui! (: chiedo anticipatamente scusa laddove ci fosse qualche errore di concordanza con la trama originale. Ho trovato le date di nascita dei vari personaggi online e sinceramente non ricordavo nè dove fosse l'orfanotrofio nè ero tanto sicura che la povera mamma di Voldy fosse morta di parto. Se qualcuno conosce la versione originale, non esitate a farmi sapere e correggerò prontamente! Grazie a tutti ed al prossimo debutto magico!
-A.  

 
  
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