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Autore: coldcoffee89    21/02/2015    2 recensioni
Penelope. Per gli amici Penny. Frivola, curiosa, rumorosa e con una sana predisposizione a combinare guai. Nutre una passione sconfinata per il caffé, i colori a tempera e le feste e ha un'immensa sfiducia nell'amore.
Daphne. Anticonvenzionale e solitaria. E' un po' allergica ai rapporti umani troppo stretti e ai gatti. E' un cubetto di ghiaccio che si scioglie quando danza. Va matta per i rompicapo e per gli horror. Colleziona guide turistiche perché le piace viaggiare, anche solo con l'immaginazione.
Entrambe si imbattono nella più grande boyband del momento: i One Direction. La vita delle cinque popstar, però, non è perfetta come sembra e ben presto le ragazze scopriranno che dietro la loro solida e scintillante facciata si nasconde qualcosa.
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Nuovo personaggio
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 7 – Words as weapons

 


 

You've got to find some way of saying it
without saying it.

Duke Ellington

 






 

Neanche per quel gelido martedì mattina di inizio Dicembre, la sveglia ebbe pietà di Penny, né di Louis, che al suo fianco stava mugugnando qualcosa contro il cuscino.
- Dannazione - bofonchiò la ragazza spegnendo quell’insistente melodia, una canzone che fino a qualche mese fa aveva adorato e che ora era diventata il suo peggiore incubo.
- Che ora è? - Louis aveva aperto gli occhi e aveva allungato un braccio per stringerla a sé.
- Le cinque.. devo andare a lavoro -
- No, non devi. Bidona Grimmy e stai con me -.
Erano passati poco più di tre giorni dalla famosa festa della BBC Radio e dallo sfogo di Louis e loro avevano ripreso le loro normali abitudini, includendo qualche appuntamento segreto nel corso della giornata e qualche chiamata notturna prima di andare a dormire. Penny aveva ben delimitato i confini e sembravano affrontare quella sottospecie di relazione nella più completa tranquillità. Eppure, la sera precedente Louis si era presentato a casa sua con le mani affondate nelle tasche e con un’espressione infinitamente stanca e sconsolata, sfinito per aver passato tutta la giornata in giro con Eleanor e a farsi paparazzare mano nella mano con lei. E Penny lo aveva fatto entrare nella sua camera e lo aveva fatto dormire nel suo letto, infrangendo la regola più importante e cioè che casa sua era off-limits.
- Non posso - gli rispose ma Louis aveva già iniziato a baciarle la spalla oltre il tessuto della camicia che la ragazza usava per dormire.
Lei si voltò a fronteggiarlo, stretta tra le braccia del ragazzo che le sorrise teneramente - Buongiorno -
- Ciao - sussurrò allungandosi verso di lui per lasciargli sulle labbra un dolce bacio mattutino, che sapeva di sogni ancora intrappolati tra le lenzuola e tra i cuscini, che sapeva di coperte calde e mattine innevate.
- Posso fare qualcosa per evitarti la radio stamattina? -
- È il mio secondo giorno, non voglio evitarla - replicò chiudendo gli occhi - Mi piace lavorare lì -
- Va bene - Louis si chinò su di lei, questa volta approfondendo il bacio che si erano appena scambiati mentre le mani erano scivolate dentro la camicia da notte ad accarezzarle la pelle della schiena, tracciando languidi sentieri lungo la spina dorsale, toccando una piccola cicatrice che Penny si era fatta da bambina durante una delle sue innumerevoli marachelle. E poi la mano di Louis scese nuovamente attraverso il fianco, accarezzando la coscia della ragazza in tutta la sua lunghezza, fino a costringerla ad intrecciarla attorno al suo corpo.
E Penelope ridacchiò contro le sue labbra prima di rivolgersi a lui con un sussurro sensuale - Hai qualcosa in tasca o sei felice di vedermi? -
- Ohh credimi, sono dannatamente felice di vederti! - replicò Louis ridendo e poi la baciò di nuovo, questa volta facendola sdraiare sulla schiena così da sovrastarla immediatamente dopo col suo corpo, tra il calore delle sua pelle così accogliente e morbida - Hai un così buon profumo - mormorò lasciando una scia di baci sul collo di Penelope, che con le mani strette ai capelli di Louis, nascose un sorriso, mordicchiandosi le labbra.
In un istante le dita del ragazzo presero ad armeggiare con i piccoli bottoni della camicia da notte di Penny, slacciandoli lentamente poco sotto il seno, scoprendo così la pancia piatta della ragazza. Si chinò su di lei per baciarne ogni centimetro, lasciando silenziosi baci attorno all’ombelico e poi scese ancora giù, baciando lentamente la pelle sopra l’attaccatura degli slip blu di Penny - Ho intenzione di farti fare tardi a lavoro - mormorò alzando lo sguardo su di lei, che con occhi profondi e caldi lo osservava in silenzio e con le mani strette alle lenzuola - E se facessimo la doccia insieme? -
- E se la doccia insieme la facessimo dopo? - la provocò Louis con leggero morso sul fianco.
Penelope sembrò pensarci un istante, valutando le opzioni possibili, ma rendendosi conto che non le importava proprio nulla delle alternative alternative, e - Spogliati, Tomlinson! -.
E fu quando Louis si leccò le labbra, pronto a sfilarsi i boxer neri, che un urlo interruppe la quiete delle cinque del mattino nel loro appartamento.
- Eve! - esclamò Penny, scansando il ragazzo e correndo fuori dalla stanza, seguita a ruota da Louis.
Quando arrivarono in salotto trovarono Eve appoggiata allo stipite della porta della cucina, con le mani a coprire la faccia - Che è successo? - le domandò Penny allarmata.
- Quante storie che fai, Eve! - e un uomo sulla quarantina uscì dalla cucina dando una pacca sulla spalla alla povera Eve, che non aveva ancora avuto il coraggio di scoprirsi il viso, e non perché avesse visto un fantasma, ma perché l’uomo in questione era totalmente nudo, se non per un cappello di lana che portava sui lunghi capelli castani, e sembrava non importargliene nulla.
Penny scosse la testa, guardandolo senza battere ciglio - Mike, che diavolo ci fai qui? -
- Casa mia si è allagata stanotte e non avevo un posto dove stare..quindi sono venuto qui -
- Ma come sei entrato? -
- La vostra serratura non è per niente sicura.. entrare è stato un gioco da ragazzi, dovreste cambiarla - spiegò l’uomo, in tutta tranquillità, grattandosi la pancia e tenendo con l’altra mano una bottiglia di latte. Poi i suoi occhi scuri intravidero Louis alle spalle di Penny che osservava la scena sbigottito - E tu chi sei? - gli chiese per poi rivolgersi alla ragazza dai capelli ramati - Quante volte ti ho detto di non far dormire i ragazzi a casa tua. È così che metti in pratica i miei insegnamenti? -
- Tu non mi hai insegnato proprio nulla - replicò lei, incrociando le braccia al petto.
Mike portò una mano al petto, mostrandosi affranto per le parole della ragazza - Così mi spezzi il cuore - aggiunse con tono melodrammatico.
- Ma chi è? - Louis aveva affiancato Penny e adesso osservava quell’uomo con inorridita curiosità.
- Non gli hai mai parlato di me? -
Penny ignorò del tutto la domanda dell’uomo e sospirò rassegnata - Mike, non potevi semplicemente bussare stanotte? Ti avremmo aperto noi e non avresti fatto venire un colpo alla povera Eve - che adesso si era ripresa dallo shock e fissava un punto indefinito sulla parete della cucina.
L’uomo ignorò totalmente Penelope e allungò una mano verso Louis per presentarsi - Io sono Miguel, lo zio preferito di Penelope -.
Louis, seppur con una smorfia di disgusto, strinse la mano di quell’uomo ancora nudo davanti a lui e poi si voltò a guardare Penny che adesso era andata a confortare la povera Eve.
- In realtà si chiama Michael - lo corresse la ragazza - Ma ha una fissa per i nostri antenati spagnoli e si fa chiamare Miguel -
- Sai, il mio bisnonno era un gitano che viveva nel Sacromonte di Granada - iniziò a spiegare a Louis, sedendosi comodamente e in tutta la sua nudità sul divano - Siediti accanto a me, ragazzo - affermò dando una pacca sul posto libero accanto a sé - Ti racconto la storia della nostra famiglia -
- Io..veramente.. -
- Gliela racconterai un’altra volta, Mike, io devo andare a lavorare e lui deve andare via -
- Va bene, allora io torno a dormire -
- E metti qualcosa addosso. O la povera Eve resterà traumatizzata a vita! - gli intimò Penny puntandogli un dito contro per poi trascinare Louis in camera da letto.
Una volta chiusi nella stanza della ragazza Louis si ributtò a letto e la osservò scegliere i vestiti da quell’armadio colmo di roba e incredibilmente disordinato - Non vuoi riprendere da dove abbiamo interrotto? - le domandò.
- Devo sbrigarmi, si è fatto tardi! E tu dovresti vestirti e tornare a casa -
- Giusto, hai ragione - Louis borbottò alzandosi dal letto. Una volta indossati jeans e maglietta si guardò intorno con una smorfia - Sai dove ho messo la felpa? -.
Penny, con i propri vestiti stretti al petto e i boccoli ramati arruffati, raccolse la felpa verde di Louis dalla poltrona che occupava un angolo della sua stanza - Eccola! - rispose, buttandogliela tra le braccia - Io vado a prepararmi, ci sentiamo -
- Ehi, ehi, aspetta - con la felpa messa per metà, Louis allungò una mano e afferrò Penny per un braccio prima che lei andasse via - Ci vediamo stasera? Vieni da me? - le sussurrò ad un soffio dalle sue labbra.
- Uhm - Penny arricciò le labbra per pensarci un po’ su ma anche per nascondere quel sorriso che proprio non aveva potuto fare a meno di prendere forma - Ci devo pensare! - e poi gli diede un bacio sulla guancia prima di scappare dalla stanza e lasciare Louis con indosso una felpa a metà e un sorriso che a metà invece non avrebbe lasciato affatto.


Harry Styles quella mattina si era alzato dal letto alle sei in punto. Si era buttato sotto la doccia più per svegliarsi che per altro e si era asciugato i capelli in fretta e furia dando vita ad una massa informe e castana che non aveva alcuna intenzione di darsi una regolata. Perciò, indossato un paio di pantaloni neri ed una delle sue tante camicie dalle fantasie indecifrabili, decise di domarli coprendoli con un cappello a tesa larga. Quando uscì di casa e fece partire la sua auto, esattamente quindici minuti dopo essersi catapultato fuori dal letto, si rese conto di non essere affatto stanco nonostante quella stessa notte non avesse chiuso occhio. I pensieri non glielo avevano permesso, perché erano stati tanti, diversi ed insistenti e lo avevano tormentato finché alle prime luci dell'alba non aveva deciso che per farli smettere avrebbe dovuto agire. All'inizio, Harry, aveva pensato a quanto la sua vita fosse cambiata in quegli anni, come faceva ogni notte prima di addormentarsi. Ma solitamente poi chiudeva gli occhi con un sorriso sulle labbra, perché in fondo stava facendo ciò per cui era stato messo al mondo e lo stava facendo con le persone migliori che potevano capitargli. Il prezzo da pagare non gli era mai sembrato un ostacolo così grande, non fino a quella notte. Fissando un punto indefinito del soffitto della sua camera da letto, allora, aveva pensato alle cose a cui aveva rinunciato. Aveva pensato a quanto triste fosse quel letto senza qualcuno con cui condividerlo, senza qualcuno da stringere e da coccolare dopo un brutto sogno; ma aveva pensato anche a Louis che era sempre costretto a fingere di condividere felicemente il suo con qualcuno che non amava.
E poi aveva pensato a Daphne, al modo in cui l'aveva conosciuta, a quanta normalità e quotidianità ci fu in quell'incontro e a quanto gli mancassero quelle cose. Lei era l'emblema di una vita che non gli apparteneva più ma che desiderava ardentemente. Harry pensò alla semplicità dei momenti che avevano passato senza tutto ciò che i One Direction comportavano. Seduti sul divano a guardare un film, o chiusi in uno sgabuzzino a raccontarsi segreti sulla propria vita. E per la prima volta Harry pensò che forse, anche solo per una notte, avrebbe scambiato la sua vita con quella di un altro. Di un ragazzo qualsiasi con uno zaino in spalla. Pensò che avrebbe bussato alla porta di quella ragazza in piena notte, senza badare ai vicini che gli avrebbero sbraitato contro, perché lui sarebbe stato solo Harry. L'avrebbe svegliata e l'avrebbe portata in un posto bellissimo senza rispondere per tutto il tragitto a domande come “Dove mi stai portando?”. Poi si chiese se la sua vita, quella vera, fosse compatibile con una cosa del genere. Se questi due tipi di vite potessero coesistere nella stessa persona senza entrare in contrasto, senza distruggersi l'una con l'altra, senza ferire nessuno. Non l'aveva mai sperimentato, però voleva farlo. E doveva farlo in quel momento, perché le acque erano calme e non aveva alcun disgustoso dovere da star da rispettare.
Harry si era persino alzato quando la luce della luna filtrava ancora fioca attraverso le persiane della sua camera da letto, ma poi si era rituffato sul materasso affondando la testa nel cuscino perché non poteva certo presentarsi a casa di Daphne a quell'ora. Non era un ragazzo qualsiasi con uno zaino in spalla e soprattutto lei non voleva vederlo. Perciò prima di piombare alla sua porta nel bel mezzo della notte doveva farsi perdonare - anche se non sapeva per cosa - e doveva trovare il modo per convincerla che Harry Styles poteva essere solo Harry.
Alla fine aveva deciso di presentarsi a casa sua di prima mattina e di prepararle la colazione, per quello prima di parcheggiare definitivamente aveva fatto una sosta in un bar e aveva preso una dozzina di cupcake. Una volta entrato in casa, in silenzio e usando le chiavi che Gemma gli aveva dato per le emergenze, Harry si era catapultato in cucina e aveva iniziato a rovistare nel frigorifero, negli armadietti e nella dispensa in cerca di qualcosa da preparare con le sue mani, perché tutti sapevano comprare dei dolcetti già confezionati.
Optò per dei pancake, la cosa che in effetti gli veniva meglio, perché riuscì a trovare della panna spray e dei frutti di bosco in fondo al frigorifero. Alla fine, sul piatto di pancake ancora caldi, spolverò anche un po' di zucchero a velo che lo fece sorridere perché quella colazione gli era venuta proprio bene. Versò il succo ai mirtilli e quello alla pesca in due brocche di vetro e le posizionò al centro del tavolo, curando anche l'angolazione dei tovaglioli. Era così nervoso che alla fine decise di lasciar perdere la tavola, così si sedette e addentò una fragolina di bosco sfuggita al suo destino ma presto si rese conto di non avere fame perché il cigolio di una porta che si apriva e lo scricchiolio del pavimento sotto i passi leggeri di qualcuno gli avevano fatto attorcigliare lo stomaco. Gli venne un groppo alla gola quando la vide attraversare la stanza sovrappensiero. Aveva indosso un paio di jeans strettissimi ed Harry deglutì rumorosamente non appena i suoi occhi caddero inevitabilmente sulla curva del suo sedere. Ma lei non si era minimamente accorta di lui, troppo presa a rovistare all'interno della sua borsetta, così il ragazzo si schiarì la voce facendola sobbalzare.
- Harry.. c-che ci fai qui? -.
Il ragazzo si alzò e si avvicinò lentamente a lei sorridendo un po' imbarazzato, perché in effetti non sapeva neanche da dove cominciare. - Ho preparato la colazione – disse indicando con un gesto della mano la penisola della cucina imbandita – Ti va di mangiare qualcosa? Ho fatto i pancake e ho preso un po' di cupcake.. -
- Harry - lo interruppe lei sospirando - Io.. devo andare, mi dispiace -.
Harry rimase senza parole, letteralmente, e immobile la osservò armeggiare con l'appendiabiti accanto alla porta d'ingresso. Poi, mosso forse dalla sua dignità di uomo, la raggiunse e le sfiorò il braccio – Io ho bisogno di parlarti, Daphne -.
Ma lei sembrava volesse addirittura sfuggire al suo sguardo, figuriamoci alle sue parole. - Senti, quello che è successo alla festa.. -
- Non c'è nulla da dire, Harry. E io devo andare, sono in ritardo – lo interruppe ancora la ragazza dai capelli castani e gli occhi verdoni che guizzavano da una parte all'altra della stanza evitando puntualmente quelli di Harry.
Lo oltrepassò e si infilò il cappotto grigio e il cappellino di lana sotto lo sguardo di Harry che seguiva ogni suo minimo movimento senza fiatare. Non sapeva cosa dire e, se avesse parlato, avrebbe potuto fare un grosso casino perché era incazzato, molto incazzato.
Era incazzato perché lei continuava ed evitarlo senza neanche dargli la possibilità di dire una sola parola, era incazzato perché Daphne fingeva che il bacio che si erano dati nello sgabuzzino non fosse mai esistito, o che non fosse importante, quando Harry sapeva benissimo quello che aveva provato. E ricordava persino la pelle d'oca i sospiri di lei, quelli non se li era di certo immaginati.
- Non mi puoi evitare per sempre, dannazione! - esclamò col tono più calmo che riuscì a tirare fuori in quel momento. Si era dimenticato della colazione e di tutto quello che li circondava. Riusciva solo a fissarla mordicchiarsi il labbro inferiore con nervosismo, con lo sguardo sempre basso e il respiro un po' irregolare.
Nonostante tutti gli evidenti segni, Daphne gli rivolse un'ultima frase - Non ti sto evitando e comunque sono in ritardo, ci vediamo -. Detto ciò afferrò la sua borsa e senza guardarlo, ancora, uscì di casa velocemente lasciandolo solo con una colazione ancora intatta.
- Fantastico - borbottò lui prima di dare un calcio al divano che provocò un tonfo sordo. Pochi minuti dopo, forse svegliata da quello strano eccesso d'ira, comparve un'assonnata Gemma che si fiondò immediatamente sul buffet.
- Hai preparato la colazione fratellino! Grazie – cinguettò sedendosi accanto a lui e scoccandoli un sonoro bacio sulla guancia prima di addentare il cupcake dalla glassa dello stesso colore dei suoi capelli. Harry sospirò e lasciò andare anche il pancake che aveva afferrato lasciandolo intatto – Serviti pure – borbottò giocherellando con la forchetta vuota.
- Ma che hai? - gli chiese Gemma masticando ancora il suo boccone, tempo un secondo e si rese conto della situazione - Ommioddio, non era per me questa colazione! -
- Che perspicacia -
- Lo sapevo che ti piaceva, lo sapevo! -
- E' una stronza - borbottò il ragazzo lasciando cadere la testa sul tavolo, mentalmente e sentimentalmente esausto.
- Non è una stronza, devi solo saperla prendere -
- Sembra che tu stia parlando di un animale -.
Gemma scosse la testa e diede un altro morso al suo cupcake -Siamo tutti animali, Harry. Daphne ha bisogno di essere spronata, devi gettarle la verità addosso -
- Se solo mi facesse parlare -
- E' questo il punto! Devi forzarla, se non vuole parlare tu la costringi a farlo. Non c'è bisogno di fare il carino con lei, così la fai scappare ancora di più! Devi solo avere le palle di tenerle testa e farti valere - Harry fissò in silenzio un punto indefinito della tovaglia di plastica e capì cosa sua sorella intendesse con quelle parole. - Allora mi odierà quando vedrà cosa le ho fatto recapitare al giornale -


Louis adorava parlare al telefono con sua madre, gli piaceva essere aggiornato sulla vita della sua famiglia, sulle scorribande delle gemelle e sulle crisi adolescenziali di Fizzy e Lottie. Si chiedeva spesso come si sarebbero evolute le loro vite se lui non fosse andato a X-Factor. Se lo chiedeva più o meno sempre e a volte anche sua madre, al telefono, esordiva con una domanda del genere. Per questo adorava parlare al telefono con lei e sorrideva quando gli parlava della gravidanza e di come si sentisse pesante con quel pancione immenso.
Ma quando, quel giorno, sua madre iniziò a parlare delle feste natalizie, il sorriso svanì quasi improvvisamente perché - Eleanor pensa di passare il giorno di Natale con noi o andrà a casa dai suoi? - aveva chiesto Jay in piena serenità.
E Louis si ritrovò a corto di risposte e si passò una mano sulla nuca con fare imbarazzato mentre varcava il portone del suo condominio - Non ne abbiamo ancora parlato - rispose qualche istante dopo in cui Jay aveva atteso respirando piano dall’altro capo del telefono - Adesso devo staccare, ci sentiamo più tardi - - Va bene, tesoro! A presto! Salutami El -.
La chiamata venne interrotta lì mentre Louis saliva sull’ascensore con la testa china e con un’incredibile voglia di parlare a sua madre di quella bizzarra ragazza che aveva fatto entrare nella sua vita e che gliela stava sconvolgendo, quella vita, o forse gliela stava solo facendo vivere un po’ di più.
Del fatto che gliela stesse sconvolgendo poi ne ebbe un’ulteriore conferma perché quando entrò in casa trovò Penelope al centro del suo salotto piegata in una sorta di posizione yoga che sottolineava una flessibilità che Louis si era ritrovato ad apprezzare inconsciamente - Ma…che stai facendo? - le chiese richiudendosi la porta alle spalle e guardandola con perplessità.
Penny rilasciò un sospiro lento dalle labbra - Si chiama posizione del piccione reale su una gamba - spiegò continuando a tenere la gamba sinistra ben piegata dietro la schiena e col piede a toccare la testa.
- Ok… e perché lo stai facendo nel mio salotto? -
- Perché come ben sai mio zio è venuto a stare da me e mio fratello ha deciso di passare il resto del pomeriggio insieme a lui, nel mio salotto, a guardare la tv, e in casa mia non c’è pace - spiegò con tono lento e modulato mentre abbassava la gamba e scioglieva l’intreccio di quella posizione che Louis non avrebbe mai immaginato fosse possibile.
- Va bene - il ragazzo si sedette sul divano di fronte a lei e la osservò mentre intrecciava le gambe tra di loro e respirava piano. Aveva ancora gli occhi chiusi e solo in quel momento ne aprì uno per sbirciare Louis e piegare le labbra in un mezzo sorriso.
Lui si limitò a ricambiare quel sorriso con uno un po’ stanco - Vedo che hai usato la chiave che ti ho dato - constatò con un po’ di sorpresa nella voce. Non pensava che l’avrebbe usata così, specialmente perché quando le aveva dato quelle chiavi solo per rendere i loro incontri più semplici, lei le aveva accettate con titubanza e un’espressione un po’ confusa.
- Sì.. - borbottò Penny - Ma ho intenzione di restituirtela - disse poi chiudendo di nuovo gli occhi.
- Perché? - domandò, nonostante un po’ se lo aspettasse, in realtà.
- Perché va contro le regole - spiegò Penelope con una semplicità tale che lo fece innervosire. Lei e quelle regole, lei e quelle distanze. Così Louis si alzò dal divano, sbuffando e dirigendosi verso la cucina perché in quell’istante aveva bisogno solo di non ascoltare altro.
- Che c’è? - la voce di Penelope.
- Niente, Penelope, niente - replicò con una nota spazientita nella voce quando la vide entrare in cucina nella sua tenuta da yoga.
- Non è niente se ti rivolgi in questo modo. Che ti prende? - lo interrogò lei, incrociando le braccia al petto e osservandolo attentamente.
Perché lei lo studiava sempre, seguiva i suoi movimenti ogni istante ed esaminava con meticoloso impegno le sue espressioni ogni volta che le diceva qualcosa. Ed era una cosa che lui non riusciva mai a sopportare perché si sentiva come se lei dovesse per forza prevedere le sue mosse in anticipo, come per difendersi da qualsiasi cosa potesse dirle o fare.
E lui non riusciva a tollerarlo.
- Senti, quelle chiavi non significano nulla, lo sai bene, non mi sto innamorando di te, stai tranquilla - ribatté infastidito mentre versava dell’acqua in un bicchiere e poi aprì la bocca per dire qualcosa ma la richiuse subito. Immediatamente dopo ci ripensò e - Hai mai pensato di vivere in modo più sereno senza dover costruire problemi su problemi nella tua testa? Senza dover costantemente stare attenta a tutto quello che fai? Hai mai avuto una relazione senza pensare a quale sia la mossa giusta da fare o la parola giusta da dire? Perché, credimi, è davvero estenuante! E poi parli tanto di regole quando invece quelle chiavi le hai usate senza che io ti chiedessi di venire a casa mia, quindi smettila una volta tanto di parlare di queste dannate regole e vivi la tua vita senza paranoie - e Louis non si era accorto neanche di aver alzato la voce, se ne rese conto solo quando notò lo sguardo sconcertato di Penelope e le sue labbra ridotte ad una linea ferma e decisa. E lui la fissò in silenzio, adirato in viso, per niente pentito di averle detto quelle cose, perché quella giornata era stata una di quelle giornate infernali, quelle da dimenticare e aspettare che finiscano, e percepiva uno smanioso bisogno di essere schifosamente sincero almeno con qualcuno. E lui con Penelope lo era sempre stato.
- Sapevi benissimo a cosa andavi incontro quando hai deciso di chiedermi di restare! - affermò la ragazza assumendo una posizione rigida e composta e alzando un po’ la voce - Hai detto che lo avremmo fatto alle mie condizioni e ok, queste sono le mie condizioni, se non sono di tuo gradimento posso sempre andare via e chiuderla qui. E questa cosa tra noi due non è neanche una relazione, non è niente. Io e te andiamo solo a letto insieme, se non sei in grado di gestirla, basta, diamoci un taglio. Non dovremmo neanche stare qui a litigare, dovremmo solo fare sesso! Solo perché hai avuto una giornata di merda non hai nessun diritto di prendertela con me. Questo puoi farlo con la ragazza che viene pagata per essere la tua fidanzata, non con me, hai capito bene? -
- Vai via - Louis lo disse piano, con tono basso e tagliente. E poi le passò accanto per uscire dalla cucina, senza neanche guardarla, senza neanche provare a sfiorarla, perché in quel momento voleva solo scaricare quella rabbia che lo faceva tremare, che gli impediva anche solo di respirare regolarmente.
Sprofondò sul divano mentre lei raccoglieva le sue cose dal pavimento in assoluto silenzio, pensando che in altre occasioni come quelle avrebbe chiamato proprio lei per calmarsi, per liberare la mente e sorridere un po’. Così si alzò dal divano e le strinse la mano attorno al polso per fermarla da tutto quello che stava facendo. E poi la baciò, senza preavviso, senza dirle nulla, costringendola a rispondere a quel bacio e stringendola a sé con urgenza, perché non voleva lasciarla andare via.
- Non puoi fare così - sospirò Penny contro le sue labbra mentre Louis cercava di riappropriarsene - Lou .. - e lei scostò il viso e la bocca di Louis si posò leggera sulla sua guancia, e il suo respiro pesante le solleticò la pelle.
- Te ne vuoi andare? - le chiese intensificando la presa su suoi fianchi, perché farla andare via era fuori discussione e perché era certo che lei non volesse andare via, non dal modo in cui si era aggrappata a lui e dal modo in cui stringeva le dita alla sua maglietta e una mano ferma sulla sua nuca, tra i suoi capelli. Lei serrò gli occhi, col respiro pesante e totalmente addossata a lui. Scosse la testa - No -
- Mi dispiace per prima - le sussurrò sincero.
- Dispiace anche a me - Penny soffiò appena tra le labbra arrossate e non ebbe neanche il coraggio di alzare lo sguardo su di lui. Se ne stava lì, irrigidita tra le sue braccia, col respiro pesante e le dita strette alla stoffa della sua maglietta.
- Che hai? - le chiese, lasciandole un lieve bacio sullo zigomo prima di scendere lungo la linea del viso e poi sul collo bianco per poi sciogliere la crocchia scomposta che teneva i suoi boccoli ramati. I capelli le scivolarono sulle spalle in una cascata che sapeva di tramonti infuocati e foglie d’autunno. - Niente - mormorò col fiato corto cercando adesso le labbra di Louis che con urgenza si posarono sulle sue, e le mani di lui sotto la maglietta la fecero rabbrividire e poi lui prese a spogliarla, lentamente attraversando il suo corpo con le dita, marcando i polpastrelli sulla sua pelle come un pittore che dipinge a mani nude su una tela bianca, pronta per essere macchiata di colore, di emozioni e di pensieri.
La spogliò piano, in silenzio, guardandola distogliere lo sguardo ogni volta che lui affondava i suoi occhi azzurri in quelli di lei, e sorridendo contro la sua fronte quando lei lo spogliò a sua volta. La baciò di nuovo, trascinandola sul divano alle loro spalle, e la trovò bellissima, seduta su di lui, con poca stoffa a coprire il suo corpo ormai quasi nudo e morbido tra le sue mani. E la trovò bellissima quando la fece distendere sul divano e lei lo accolse a sé e lei lo guardò negli occhi per davvero. Lo guardava con due enormi occhi confusi, spaesati e, per la prima volta lei gli sembrò così fragile, con l’anima a soqquadro e i pensieri sottosopra. Louis non seppe dirlo perché lei li richiuse subito quegli enormi occhi disorientati, e lo baciò, attirandolo ancora di più a sé, stringendolo con le braccia, con le gambe e con la pelle. E Louis pensò che forse quelle brutte giornate potevano anche presentarsi ogni giorno, perché se c’era Penelope ad alleviarne il peso non c’era nessun bisogno di avere paura.


- Chassé, ragazze! -
Daphne osservò le bambine provare il passo scivolato e si avvicinò a correggerne qualcuna mentre Will continuava a tenere le braccia incrociate e lo sguardo da “sei fuori di testa per caso?” fisso su di lei.
- Non guardami in quel modo – mormorò la ragazza raggiungendolo in un angolo della sala.
- E' inevitabile quando mi dici certe eresie, Daph -
Lei sbuffò e si sistemò la crocchia ormai scompigliata con un gesto della mano – Ora piquè – ordinò alle sue allieve – Senti, so che il tuo sogno sarebbe che io mi trovassi un ragazzo con cui passare il resto della mia esistenza, felici e contenti come nelle fiabe.. ma questo non è Harry Styles -
Will di tutta risposta scosse la testa rassegnato e per un attimo a Daphne sembrò che i suoi capelli di marmo super ingellati si muovessero un tantino. - Harry Styles è il felici e contenti di qualunque donna al mondo che abbia almeno un neurone -
- Evidentemente io non ne ho -
- Mi spieghi almeno perché non vuoi dare una possibilità a questo ragazzo? Cos'altro deve fare per attirare la tua attenzione? Oggi ti ha preparato la colazione e l'hai snobbato, poi ti ha fatto recapitare in ufficio un mappamondo con su una parrucca platino e un paio di baffi, con un biglietto che diceva “e tu ci verresti con me?”, segno che nonostante l'alcool della sera in cui ti ha baciata si ricorda ogni singola parola che vi siete detti. Tu sei pazza. -.
- Pirouette – fece un paio di perfette pirouette e poi si torturò le mani evitando lo sguardo del suo amico di vecchia data che, sbattendo ritmicamente un piede per terra, stava aspettando una sua risposta.
- Allora? -
- Non posso – sospirò la ragazza con un filo di voce voltandosi verso la parete di specchi. Solo allora incrociò gli occhi di Will. attraverso lo specchio. Lo vide cambiare repentinamente espressione e avvicinarsi a lei per posarle le mani sulle spalle, nessuno la conosceva come lui, questo era certo.
- Cosa c'è sotto? Perché ho la netta sensazione che questo “non posso” non sia dovuto al fatto che non ti piace o che hai un rigetto incondizionato per le relazioni? -
- Grazie per la psicoanalisi, Will – borbottò la ragazza per poi mostrare un altro passo alle bambine – Non ho bisogno di un terapista -
- Lo sai che amo psicanalizzare tutto, è quello per cui i miei genitori adottivi stanno sborsando fior fior di quattrini – disse con un sorriso che svanì un esatto istante dopo per dare spazio alla sua espressione da psicologo decennale. - Ora dimmi perché non puoi spassartela con quel figone di Harry Styles. -
Daphne fece per aprire la bocca, mentre il suo cervello era intento ad elaborare una scusa plausibile da rifilargli, ma Will le piantò un dito davanti al viso – E non accetto mugugni, parole insensate e scuse improponibili. Lo sai che di me ti puoi fidare -
E quello era vero, Will era l'unica persona della quale si fidava ciecamente. Ne avevano passate tante insieme e quando a quattordici anni era stato adottato avevano continuato a sentirsi, a scriversi email, a consolarsi (in realtà era lui a consolare sempre lei) e a vedersi almeno per un weekend al mese. Will aveva addirittura cercato di convincere la sua nuova famiglia ad adottarla ma loro non potevano permettersi di mantenere un'altra adolescente con problemi relazionali.
- Ho bisogno di soldi, Will, e per avere un posto fisso al Mirror devo fare “lo scoop del secolo” - mormorò mimando con le dita delle virgolette immaginarie. Lui la fissò per qualche secondo, forse tentando di capire cosa volesse dire con quelle parole, e alla fine quando si portò le mani alla bocca Daphne capì che aveva compreso.
- Cazzo -
Lei abbassò lo sguardo imbarazzata, perché quella non era proprio una cosa da lei. - Già -
- Ma tu vuoi farlo? -
Daphne scosse la testa.
- Allora non farlo Daph, troverai un'altra soluzione -
In testa le balenò solo una soluzione ed era davvero l'ultima cosa che voleva fare. Poi un incessante vocio e un “Porca vacca!” di Will la fecero voltare di scatto in direzione della porta.
Harry era fermo all'entrata della sala da ballo e aveva l'aria di chi sta per fare il discorso della vita. Si fissarono per qualche istante finché Will, senza alcuna grazia, non le diede una gomitata in pieno stomaco facendola tossire – Sei impazzito? - borbottò mentre ad Harry scappò un sorriso.
- Bambine la lezione è finita, ci vediamo la prossima settimana – disse accompagnandole verso la porta perché sembrava non avessero alcuna intenzione di lasciare quella stanza.
Alice, una forza della natura di soli dieci anni, saltò addosso ad Harry che barcollò per un istante prima di riprendere l'equilibrio. Lui le sorrise e poi tutte lo circondarono saltellando come se fossero a Disneyland tant'è che Will dovette aiutarla a farle uscire.
- Mi correggo, ogni essere di sesso femminile – le disse all'orecchio Will che poi si avvicinò ad Harry tendendogli una mano.
- Io sono Will, è un piacere conoscerti. Daphne mi ha parlato di te -
Harry strinse la mano al ragazzo e nel frattempo la guardò con un mezzo sorriso indagatore – Ah sì? -
E poi calò un silenzio tombale, perché Daphne non riusciva a dire una sola parola e gli occhi verdi del riccio puntati addosso non aiutavano la sua causa.
- Bè io.. devo andare – disse allora Will e Daphne lo fulminò immediatamente con lo sguardo. Non poteva lasciarla da sola con Harry perché non aveva la minima idea di come tirarsi fuori da quella situazione, men che meno aveva voglia di ascoltarlo parlare di quello che era successo la sera della festa.
- Ma.. -
- Tesoro sono un uomo impegnato io – continuò il ragazzo prima di scoccarle un bacio sulla guancia e di salutare Harry.
Nel giro di pochi secondi rimasero soli in una sala piena di specchi. Era praticamente impossibile sfuggire allo sguardo di Harry perciò Daphne si decise finalmente a guardarlo negli occhi. Lui le diede subito l'impressione di essere nervoso ma parecchio motivato, perciò incrociò le braccia al petto e tentò immediatamente di dissuaderlo da qualsiasi cosa avesse in mente: - Ti ho già detto che non ho nulla da dire a riguardo Harry -
- Io sì -
La ragazza sospirò e si avvicinò alla sedia in fondo alla sala per raccattare la felpa ed uscire in fretta da quella situazione.
- Non m'interessa se non hai nulla da dire. Io parlerò e tu mi ascolterai -
Una breve risata nervosa le fuoriuscì dalle labbra – Come scusa? -
- Ti stai comportando come una bambina! - l'assalì lui allargando le braccia – Te ne rendi conto? -
Quelle parole la colpirono particolarmente perché ogni tipo di critica che le si muoveva contro Daphne la prendeva sul personale anche se era giusta, anche se una parte di lei la pensava allo stesso modo come in quel momento.
- Bene – disse allora con aria di sfida – Parla -.
Harry respirò a fondo e ci mise qualche secondo per organizzare le sue idee, perché fino all'ultimo non ci aveva sperato alla possibilità di parlarle; era sorpreso e sopraffatto dallo sguardo intenso di lei ma aveva una voglia matta di dirle cosa pensava. - Non capisco perché tu stia cercando di evitarmi in questo modo visto che il bacio che ci siamo dati è stato molto eloquente -
- Il bacio che ci siamo dati? - ripeté Daphne – Sei stato tu a baciarmi, Harry! -
Harry sgranò gli occhi – Non ci credo che lo stai dicendo! Io ti ho baciata, sì, ma non mi pare che tu ti sia tirata subito indietro -
Daphne deglutì perché era tutto vero quello che il ragazzo stava dicendo: lei non si era tirata indietro, almeno non subito e qualcosa l'aveva provata, che fosse stata dettata dall'alcool o meno. - Io.. - mormorò abbassando lo sguardo, di cedere non se ne parlava perché lei aveva un compito da svolgere - .. ero ubriaca. Quando mi sono resa conto di quello che stava succedendo mi sono allontanata -
Harry si passò una mano fra i capelli ed iniziò a camminare per la stanza, non l'aveva mai visto così serio. Lui era il ragazzo dal sorriso facile e dalle battute discutibili e si sentì un po' in colpa ad essere la causa di quel casino. Ma che altro poteva fare se non respingerlo prima che fosse troppo tardi? Prima di provare qualcosa per lui?
- Daphne- pronunciò il suo nome con intensità tornando davanti a lei, più vicino che mai – Noi ci siamo baciati, io lo so e anche tu. Non puoi negarlo dannazione! Anche tu mi hai baciato! -
- Non vuol dire che abbia significato qualcosa -
Harry la guardò come se volesse penetrarle l'anima e – Ah no? - disse prima di afferrarle il viso con irruenza per baciarla. E Daphne non capì più nulla, di nuovo. Le labbra di Harry fecero crollare ogni tentativo di difesa e lei si abbandonò ad esse perché sembrava essere incapace di fare qualsiasi altra cosa. Fu intenso, forse più della prima volta, ma durò poco e questa volta non per colpa sua. Harry l'aveva lasciata andare così improvvisamente come l'aveva presa e lei era rimasta con le labbra gonfie e l'espressione più confusa che avesse mai avuto.
- Hai visto? - disse lui e poi senza aggiungere altro se ne andò lasciandola sola in quella sala di specchi che non faceva che ripeterle che forse era già troppo tardi.





Spazio Autore:
Holaaa!!! Abbiamo partorito! Ebbene sì, siamo riuscite a pubblicare il nuovo capitolo. La realtà è che davvero siamo a corto di tempo ma non vi tedieremo con le nostre scuse e i nostri impegni e passiamo direttamente al capitolo!
Vi è piaciuto? A noi molto! Scriverlo è stato davvero coinvolgente! Come potete vedere abbiamo due new entry: lo zio Miguel/Mike e l'amico di Daphne, Will! Sappiate già che li adoriamo da impazzire e li troverete ancora nei prossimi capitoli!
Per quanto riguarda le "coppie".. bè.. ci sono tante cose da dire, a partire dalla mattina pensierosa di Harry! Per non parlare della colazione che le prepara *___________* isn't he adorable??? E ovviamente Daphne non se lo fila -.- avrei voluto picchiarla!
Ma Harold non si arrende e la raggiunge alla scuola di danza e fa un'uscita spettacolare, da Oscar quasi! Un applauso ad Harold! Così si fa! (vorrei fare una menzione particolare alle cose adorabili che ha fatto trovare in ufficio da Daphne! La dolcezza. Sposaloooooo!!!).
Poi quegli altri due mi faranno stare male! Lo giuro! La lite mi ha tolto dieci anni di vita e poi il riappacificamento super intenso mi ha tolto altri dieci anni di vita *___________* (e vorrei fare un ringraziamento particolare a Ed Sheeran, che c'è sempre quando devo scrivere scene difficili u.u ti amo, ginger). Louis poi è davvero favoloso e adorabile e Penny sembrava davvero moooolto confusa e spaesata! Chissà cosa avrà provato in quel momento...
Adesso basta con queste note, vi abbiamo annoiato abbastanza!
Speriamo di aggiornare presto col prossimo capitolo!
Voi fateci sapere cosa ne pensate del capitolo! Se vi è piaciuto o meno! Fatelo con una recensione, che male non fa!
Ciaoooooooo

Fra&Vale

  
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